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LE VALLI DEI MONACI
Atti del Convegno internazionale di studio
Roma - Subiaco, 17-19 maggio 2010
a cura di
LETIZIA ERMINI PANI
FONDAZIONE
CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO
SPOLETO
2012
FONDAZIONE
CENTRO ITALIANO DI STUDI
SULL’ALTO MEDIOEVO
SPOLETO
2012
MARCELLO GARZANITI -ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
INSEDIAMENTI MONASTICI
NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO
I. I
PIÙ ANTICHI CENOBI ED EREMI
1
Il cristianesimo bizantino-slavo fin dalle origini si è orientato
alla tradizione del monachesimo orientale. Il primo presule della
Grande Moravia, Metodio (†885), consacrato a Roma alla fine
degli anni sessanta del IX secolo, era stato igumeno in un mona-
stero sul Monte Olimpio in Bitinia, famosa tebaide nell’Asia mi-
nore
2
. Durante il suo lungo episcopato, secondo la Vita paleosla-
va, Metodio avrebbe fatto tradurre il cosiddetto Libro dei padri, che
si può identificare con uno dei Paterika diffusi in area bizantina
3
.La
1. La prima parte di questo contributo, scritta da M. Garzaniti, si colloca all’interno
di una ricerca sulla concezione dello spazio nel mondo bizantino-slavo i cui primi risul-
tati sono stati presentati nel corso della L Settimana di studio del Centro italiano di studi
sull’alto medioevo: M. G
ARZANITI, Alle radici della concezione dello spazio nel mondo bizanti-
no-slavo (IX-XI sec.),inUomo e spazio nell’Alto Medioevo. Settimane di studio CISAM, L
(Spoleto 4-8 aprile 2002), Spoleto, 2003, pp. 657-707.
2. La carica di igumeno corrisponde sia pure approssimativamente a quella dell’aba-
te della tradizione occidentale. Per un’introduzione alla vicenda cirillo-metodiana alle
origini del mondo bizantino-slavo si veda A.-E. N. T
ACHIAOS, Cirillo e Metodio. Le radici
cristiane della cultura slava, a cura di M. G
ARZANITI, Milano, 2005.
3. Vedi Vita Methodii XV, 5 (trad.it. di M. G
ARZANITI,inTACHIAOS 2005 (nota 2),
p. 221). Sulla complessa questione si veda R. P
OPE, Preface,inThe Old Church Slavonic
Translation of the ’Andro¯n Hagio¯n Biblios’ in the Edition of N. Van Wijk, a cura di D. A
R-
MSTRONG -R.POPE - C.H. VAN SCHOONEVELD, The Hague, 1975, pp. 1-24; per una di-
versa interpretazione si veda A. N
AUMOW, Idea-immagine-testo. Studi sulla letteratura slavo-
ecclesiastica, a cura di K. S
TANTCHEV, Alessandria, 2004, pp. 27-33.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
116
sua versione slava doveva offrire consolidati modelli al nascente
monachesimo slavo.
Non conosciamo, tuttavia, gli esordi del monachesimo slavo
in Moravia, e sono assai scarse le notizie che abbiamo sulla sua
diffusione nell’impero bulgaro, dove trovò rifugio la prima gene-
razione dei discepoli di Metodio dopo la morte del presule. Fra
loro si ricordano in primo luogo Clemente di Ocrida (†916), le
cui spoglie riposano nel monastero di san Pantelejmon, da lui fon-
dato, e Naum (†910), i cui resti sono venerati nell’omonimo mo-
nastero sulle rive del lago di Ocrida, dove trascorse gli ultimi anni
della sua vita
4
.
Ci possono aiutare le testimonianze archeologiche che ci of-
frono sia la vecchia capitale Pliska, come pure la nuova, Preslav,
in cui dopo l’893 si trasferì lo zar Simeon. Dopo ripetute campa-
gne di scavo nel secolo scorso, è stato possibile accertare che in
entrambe le città, il nucleo urbano possedeva salde mura e al suo
interno oltre al palazzo dello zar numerose erano le chiese e i
monasteri
5
. Nella città di Preslav si contavano almeno otto mo-
nasteri, fra cui il più importante era accanto al palazzo del
sovrano
6
.
Si deve, tuttavia, ricordare che nei vasti territori del primo
impero bulgaro il monachesimo era diffuso già in epoca tardo an-
tica, con la presenza di eremi e monasteri
7
. Nonostante le inva-
sioni slave avessero distrutto i maggiori centri urbani e gran parte
delle popolazioni li avesse abbandonati, rimanevano le vestigia
delle chiese e dei monasteri, che con la conversione delle popola-
zioni protobulgare e slave ritornarono spesso a essere luoghi di
culto. La crescente influenza bizantina nel primo impero bulgaro
dovette favorire il processo di recupero dell’antica eredità cristia-
4. Si vedano le voci dedicate a questi due personaggi in Kirilo-Metodievska enciklope-
dija, red. P. D
INEKOV -L.GRAS
ˇ
EVA -S.NIKOLOVA, I-IV, Sofija, 1985-2003.
5. Vedi a questo proposito A. T
SCHILINGIROV, s.v. Pliska,inEnciclopedia dell’arte me-
dievale, IX, Roma, 1998, pp. 578-580; A.T
SCHILINGIROV, s.v. Preslav,inEnciclopedia del-
l’arte medievale, IX, Roma, 1998, pp. 738-741.
6. Si veda T. T
OTEV, Dvorcovijat manastir v Preslav,S
ˇ
umen, 1998.
7. Sul monachesimo in area balcanica si veda il capitolo dedicato a questo tema in
G. P
ODSKALSKY, Theologische Literatur des Mittelalters in Bulgarien und Serbien 865-1459,
München, 2000.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 117
na, che si manifesta chiaramente sia nell’organizzazione delle dio-
cesi, sia nel rinnovato culto dei santi locali di epoca paleocristiana,
testimoniato dalla dedicazione delle chiese e dai libri liturgici
slavi
8
.
Diversa era la situazione nel mondo slavo orientale, dominato
dalla dinastia dei Rjurikidi, che si convertì al cristianesimo solo
nel 988 al tempo del principe Vladimir. Nelle terre della Rus’
non si conservavano vestigia del cristianesimo antico e tanto meno
del monachesimo bizantino. Proprio per stabilire un legame della
Rus’ con l’età apostolica la prima cronaca russa, la cosiddetta Cro-
naca degli anni passati (d’ora in poi Cronaca), narra il mitico viag-
gio dell’apostolo Andrea nelle terre slave orientali. Il santo avreb-
be percorso la cosiddetta via dei Greci, attraversando la Rus’ dalle
foci del Dnepr’ fino a Novgorod e avrebbe poi raggiunto per ma-
re Roma, circumnavigando il continente europeo, come facevano
a quel tempo le navi vichinghe. L’anonimo autore, descrivendo il
viaggio da Cherson racconta che l’apostolo giunto nel luogo in
cui sarebbe stata fondata la città di Kiev, ne avrebbe profetizzato
la futura gloria con queste parole: « Vedete queste colline? – ecco
su queste colline brillerà la grazia di Dio, ci sarà una grande città e
Dio eleverà molte chiese »
9
.
8. Per una breve presentazione della complessa riorganizzazione delle diocesi nell’a-
rea balcanica occidentale fra il IX e il X secolo si veda M. G
ARZANITI, Ocrida, Spalato e
la questione dello slavo nella liturgia fra X e XI sec.,inContributi italiani al XIV Congresso In-
ternazionale degli Slavisti (Ohrid, 10-16 settembre 2008), a cura di A. A
LBERTI -S.GAR-
ZONIO -N.MARCIALIS -B.SULPASSO, Firenze, 2008, pp. 63-80. Per il culto dei santi nei
più antichi libri dei vangeli e dell’apostolo si veda M. G
ARZANITI, Il culto dei santi nella
Slavia ortodossa: la testimonianza dei libri del Vangelo e dell’Apostolo. Sviluppi storici e diffusio-
ne geografica: l’eredità bizantina e la formazione della prima tradizione manoscritta (X-XI sec.),
in Il tempo dei santi tra Oriente e Occidente. Liturgia e agiografia dal tardo antico al Concilio di
Trento. Atti del IV Convegno di studio dell’Associazione italiana per lo studio della san-
tità, dei culti e dell’agiografia (Firenze 26-28 ottobre 2000), a cura di A. B
ENVENUTI -M.
G
ARZANITI, Roma, 2005, pp. 311-341.
9. Secondo C
ˇ
icˇurov questo testo, presente nell’annalistica slavo-orientale a partire
dalla Cronaca, risalirebbe agli anni trenta dell’XI secolo, all’epoca di Jaroslav il Saggio, e
si prefiggeva di dimostrare l’apostolicità della chiesa kieviana sulla base di una tradizione
apocrifa allo scopo di sostenere le sue forti tendenze autocefaliche (I.S. C
ˇ
IC
ˇ
UROV,
“Chozˇdenie Apostola Andreja” v vizantijskoj i drevenerusskoj literaturnoj tradicii,inThe legacy
of saints Cyril and Methodius to Kiev and Moscow. Proceedings of the International con-
gress on the Millennium of the conversion of Rus’ to christianity (Thessaloniki 26-28
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
118
L’antica colonia greca di Cherson sul mar Nero rappresentava
il legame della Rus’ con il mondo mediterraneo. In questa città
che apparteneva all’impero bizantino Vladimir, secondo la Crona-
ca, si era fatto battezzare, prima di prendere in moglie la porfiro-
genita Anna, sorella dell’imperatore
10
. Da questa città il principe
aveva portato con sé una reliquia del papa Clemente, poi custodi-
ta in una cappella della chiesa della Decima, eretta fra il 989 e il
996, presso la sua residenza. In area slava orientale rimangono co-
munque oscure le prime tappe della diffusione del cristianesimo
bizantino-slavo e più specificamente del monachesimo. Nella pri-
ma metà dell’XI secolo ricorda sempre il cronista a proposito di
Kiev: « Jaroslav fece costruire una grande città fortificata (gorod),
sulle cui mura si aprivano le Porte d’oro; fece erigere dunque an-
che la chiesa di santa Sofia, la cattedrale, e dopo la chiesa sulle
porte d’oro dedicata all’Annunciazione della Madre di Dio, quindi
il monastero di san Giorgio e di sant’Irene. E intanto cominciò a
far frutto e diffondersi la fede cristiana, i monaci iniziarono a mol-
tiplicarsi e a prender vita i monasteri »
11
. Fin dall’inizio dell’XI
secolo possiamo dunque osservare nel territorio cittadino la fonda-
zione di comunità monastiche maschili e femminili. I santi cui fu-
rono dedicati testimoniano la protezione della casa regnante: il
principe Jaroslav aveva, infatti, per nome di battesimo Giorgio e
la moglie aveva assunto il nome di Irene. Allo stesso modo nella
seconda città della Rus’, Novgorod, nonostante le prime resisten-
ze pagane, furono edificate chiese e monasteri. Fra questi in parti-
colare si deve ricordare il monastero di san Giorgio, costruito fuo-
ri della città sempre per volontà del principe Jaroslav, in vista della
cittadella fortificata (gorodisˇcˇe), in cui il principe risiedeva. Il mona-
november 1988), ed. A.-E. N. TACHIAOS, Thessaloniki, 1992, pp. 195-213). In realtà si
potrebbe dare alla leggenda un’interpretazione in chiave antilatina. Di fronte alle missio-
ni, che soprattutto attraverso il regno polacco, recentemente convertito, giungevano
nella Rus’ sotto l’egida della sede apostolica romana, era di fondamentale importanza
stabilire, seppur in forma profetica, un legame diretto con le missioni degli apostoli
dall’Oriente.
10. Si veda Cronaca 988, D.S. L
ICHAC
ˇ
EV (red.), Povest’ vremennych let, Sankt-Peter-
burg, 1999, pp. 49-50.
11. Si veda Cronaca 1037, L
ICHAC
ˇ
EV 1999 (nota 10), p. 66.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 119
chesimo si diffuse ben presto anche in altre città della Rus’, sem-
pre in stretto legame con il mondo cittadino
12
.
Già all’indomani della cristianizzazione, nei Balcani come pure
nella Rus’ era, dunque, diffuso il monachesimo di forma cenobiti-
ca. Si trattava di monasteri che ospitavano comunità più o meno
grandi, fondate per iniziativa di un regnante o di un’autorità ec-
clesiastica, che non di rado ospitavano membri delle stesse fami-
glie aristocratiche e dei regnanti e che si trovavano per lo più al-
l’interno delle mura cittadine o nei pressi di una città. Nel primo
impero bulgaro lo stesso khan Boris che per primo si era conver-
tito al cristianesimo nell’865, si era ritirato in monastero lasciando
il potere al figlio maggiore. Ne era uscito poi per breve tempo
solo per reprimere la rivolta pagana promossa dal suo erede e
mettere sul trono il figlio minore Simeone, che era cresciuto a
Costantinopoli ed era di provata fede cristiana
13
.
I monasteri slavi prendevano a modello i cenobi costantinopo-
litani, che nei secoli precedenti, all’indomani dell’epoca iconocla-
sta, avevano progressivamente elaborato una forma di vita comu-
nitaria che si ispirava alla tradizione del monachesimo palestinese.
La regolava il libro del typikon, in cui si offrivano le disposizioni
che riguardavano la liturgia e la vita comune, che cominciò a dif-
fondersi nelle sue diverse forme fra il IX e il X secolo
14
. Le pri-
me notizie della diffusione del libro del typikon in area slava non
ci giungono dai Balcani, in cui si usò probabilmente, almeno in
12. Per un’introduzione al monachesimo e ai monasteri slavo-orientali si veda il ca-
pitolo dedicato a questo tema in G. P
ODSKALSKY, Christentum und theologische Literatur in
der Kiever Rus’ (988-1237), München, 1982 (trad. russa G. P
ODSKAL’SKY, Christianstvo i bo-
goslovskaja literatura v Kievskoj Rusi, Sankt-Peterburg, 1996). Si veda anche un breve con-
tributo di Ja.N. S
ˇ
C
ˇ
APOV, Les monastères en Europe orientale du XI
e
au XIII
e
siècle,inMoines
et monastères dans les sociétés de rite grec et latin, éd. J.-L. L
EMAITRE - M. DMITRIEV -P.
G
ONNEAU, Paris, 1996, pp. 37-48. In lingua russa si vedano i contributi di S
ˇ
C
ˇ
APOV e M.I.
B
A
˘
LCHOVA, che offre anche una tabella con la lista dei monasteri della Rus’ fino alla me-
tà del XIV secolo (e la loro prima attestazione nelle fonti) in Monasˇestvo i monastyri v
Rossii XI-XX veka. Istoricˇeskie ocˇerki, Moskva, 2002, pp. 13-56.
13. Si veda la voce dedicata a questo personaggio in Kirilo-Metodievska enciklopedija
(nota 4).
14. Si veda per un’introduzione alla questione nel contesto generale della storia della
liturgia bizantina R.F. T
AFT, The Byzantine Rite. A Short History, Collegeville (Minn.),
1992.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
120
una prima fase, il typikon in lingua greca, ma dalla Rus’ di Kiev.
Nel monastero delle Grotte, che si trovava non lontano dalla cit-
tà, sulle rive del fiume Dnepr’, il primo igumeno Feodosij, come
narra l’omonima Vita scritta dal monaco Nestor, fece adottare il
libro del typikon in uso nel monastero costantinopolitano di Stu-
dion
15
. Da allora esso divenne il punto di riferimento per l’orga-
nizzazione monastica di questo monastero e degli altri che si lega-
rono al cenobio kieviano
16
.
Dalle fila degli asceti del monastero delle Grotte uscì Ilarion, il
primo metropolita di origine slavo-orientale. Il famoso Sermone
sulla Legge e sulla Grazia, pronunciato a Kiev intorno alla metà
dell’XI secolo, in cui istituisce un interessante parallelo fra il prin-
cipe Vladimir e suo figlio, Jaroslav il Saggio, e i re veterotesta-
mentari Davide e Salomone, così descrive l’abbandono dell’idola-
tria e il trionfo del cristianesimo: « La tromba dell’apostolo e il
tuono del vangelo echeggiarono in tutte le città; l’incenso offerto
a Dio purificò l’aria. Si eressero monasteri sui monti, apparvero
monaci; uomini e donne, piccoli e grandi, tutto il popolo affolla-
va le grandi chiese »
17
.
Si dovrebbe approfondire la questione del ruolo dei cenobi
nella città o i loro rapporti con la città vicina, sia sul piano sociale,
sia sul piano economico. Si tratta però di una questione comples-
sa, soprattutto per quanto riguarda l’area balcanica. In area serba in
particolare il monastero diventò addirittura sede episcopale e resi-
denza regale, venendo per certi aspetti a costituire il nucleo di un
centro urbano. In questo processo ha avuto certamente un ruolo,
la scarsa consistenza dei centri urbani in area balcanica che fu at-
traversata da continui conflitti dall’arrivo degli slavi e dei proto-
bulgari fino all’occupazione ottomana. Proprio nei momenti più
difficili il monastero assunse ancora più marcatamente la figura
della “città celeste”, che si regge sulla protezione divina
18
.
15. O.V. TVOROGOV, Z
ˇ
itie Feodosija Pecˇerskogo,inPamjatniki literatury Drevnej Rusi XI-
nacˇ. XII vv., red. L.A. D
MITRIEV - D.S. LICHAC
ˇ
EV, Leningrad, 1978, p. 334.
16. Per un’edizione commentata vedi A.M. P
ENTKOVSKIJ, Tipikon patriarcha Aleksija
Studita v Vizantii i na Rusi, Moskva, 2001.
17. I.P. S
BRIZIOLO, Il Sermone di Ilarion “Sulla legge e sulla grazia”, Napoli, 1988, pp.
74-75.
18. Per una prima riflessione, anche se non sempre del tutto coerente e ordinata, si
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 121
Accanto alla tradizione cenobitica si diffuse fin dagli esordi nelle
nascenti chiese slave l’eremitismo. Tracciarne la storia è difficile, se si
escludono quei pochi casi in cui intorno all’eremita si stabilirono co-
munità che poi assunsero le forme del cenobio, diventando spesso
centro di pellegrinaggi e di devozione popolare. Nei Balcani, dopo
l’insediamento degli slavi, il monachesimo si diffuse comunque non
solo per volontà dei governanti, che si erano convertiti al cristianesi-
mo, ma anche per l’iniziativa di eremiti, che si insediarono spesso nei
medesimi luoghi in cui in epoca tardo-antica prosperavano le comu-
nità monastiche. Nella storia del monachesimo balcanico occupa un
posto di particolare rilievo Ioann di Rila (†946), la cui storia è alle
origini dell’omonimo monastero fondato intorno al 930-931 fra le
montagne a oriente della valle dello Struma (Bulgaria occidentale),
nella valle del fiume Rila, che è diventato uno dei cenobi più im-
portanti in area balcanica.
Nella più antica Vita del santo è evidente la continuità con la
tradizione monastica orientale, testimoniata dalla ripetizione dei
medesimi topoi, che caratterizzano le Vite degli eremiti orientali
19
.
Ioann dapprima si allontana dal mondo e, seguendo il suggeri-
mento delle scritture, si ritira nel “deserto” di Rila, in una regio-
ne boschiva disabitata all’interno di una valle profonda. Seguendo
la tradizione dei santi stiliti, l’asceta dapprima si ritira in una grot-
ta, poi sale a pregare su una roccia
20
. Poco prima della morte ri-
ceve la visita dello zar bulgaro Pietro (†969). Fin dall’inizio la sua
vita appare determinata dall’intervento divino. Persino la scelta del
veda lo studio di D.I. POLYVJANNYJ, Le monastère et la ville dans le monde orthodoxe balkani-
que des IX
e
-XV
e
siècles,inMoines et monastères dans les sociétés de rite grec et latin, éd. J.-L.
L
EMAITRE -M.DMITRIEV -P.GONNEAU, Paris, 1996, pp. 237-254, in particolare per l’a-
rea serba pp. 251-252).
19. Per un’interpretazione di questa importante Vita, che risalirebbe al XII secolo si
veda l’articolo di V. L
EPACHIN, “Narodnoe” Z
ˇ
itie sv. Ioanna Ril’skogo kak avtorskoe proizve-
denie,inPalaeobulgarica XXV, 4 (2001), pp. 27-48. P. Slankamenac ha osservato che la
Vita di Ioann di Rila rappresenta un modello per le vite dei più antichi santi anacoreti
di area slava meridionale ed era finalizzata a regolare il culto delle reliquie dell’eremita
(P. S
LANKAMENAC, Legende o juzˇnoslovenskim anachoretima,inGlasnik skopskog naucˇnog drusˇt-
va, I, 1, 1925, pp. 215-233).
20. Sulle diverse tappe dell’esperienza dei monaci stiliti e sulla sacralizzazione dello
spazio nella Vita di Daniele stilita si veda il saggio di M. K
APLAN, Le sacré et son inscription
dans l’espace à Byzance et en Occident. Études comparées, Paris, 2001, pp. 1-11.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
122
luogo del suo ritiro è dettata da una voce divina o dall’apparizio-
ne di Giovanni evangelista. Dopo la sua morte il corpo del santo
fu traslato a Sredec (cioè Serdica, l’odierna Sofia) secondo l’indi-
cazione di “una voce che parlava dal cielo”
21
.
Già in vita Ioann di Rila aveva riunito intorno a sé una picco-
la comunità, di cui era diventato igumeno e prima della sua
scomparsa aveva lasciato, secondo la tradizione, una Lettera spiri-
tuale che raccoglieva i suoi insegnamenti, in cui si fa riferimento
alle grandi figure del monachesimo eremitico e cenobitico Anto-
nio e Teodosio
22
. Il monastero diventò nei secoli seguenti il più
importante centro di vita monastica del paese.
L’eremo dopo la morte del santo diventava spesso luogo di
pellegrinaggio, con una rilevante trasformazione del territorio cir-
costante e la creazione di vie di comunicazione, come ci attesta
per esempio l’eremo sul monte Kozjak in cui era vissuto Procoro
di Pcˇinja, un anacoreta dell’XI secolo. La medesima sacralizzazio-
ne del territorio poteva riguardare antichi luoghi di culto pagani,
trasformati in eremi cristiani come il monastero della Madre di
Dio a Treskavac, che divenne centro di pellegrinaggio soprattutto
della famiglia reale serba e il santuario più importante nel territo-
rio della città di Prilep
23
.
L’eremitismo si diffuse anche nella Rus’. Alle origini del mo-
nastero delle Grotte di Kiev, di cui abbiamo parlato, non vi fu la
volontà di un regnante, ma l’iniziativa dell’eremita Antonij, che
21. I. IVANOV, Z
ˇ
itija na sv. Ivana Rilski s uvodni belezˇki, Sofija, 1936, in Godisˇnik na
Sofijskija universitet. Istoriko-filologicˇeskij fakultet XXXII, 13 (1936), pp. 1-108 (in particola-
re pp. 28-37); P. D
INEKOV,s.v.Ivan Rilski,inKirilo-Metodievska enciklopedija, II (I-O),
Sofija, 1995 pp. 25-33.
22. Si discute ancora sull’autenticità della Lettera, attestata da testimoni assai tardi (I.
G
OS
ˇ
EV, Zaveta˘t na sv. Ivan Rilski v svetlinata na staroba˘lgarskoto i na vizantijskoto literaturno
predanie ot IX-XIV, in Godisˇnik na duchovnata Akademija IV (XXX) 10 (1954-1955), pp.
429-507 (1-79)). Per una versione inglese si veda Byzantine Monastic Foundation Documen-
ts. A Complete Translation of the Surviving Founders’ Typika and Testaments, ed. by J. T
HO-
MAS -A.CONSTANTINIDES HERO -G.CONSTABLE, Washington, 2000 (Dumbarton Oaks
Studies 35), pp. 125-134 (http://www.pravoslavieto.com/docs/eng/Testament
—
of
—
John
—
of
—
Rila.htm).
23. S. S
MOLC
ˇ
IC
´
-MAKULJEVIC
´
, Two Models of Sacred Space in the Byzantine and Medieval
Visual Culture of the Balkans,inJahrbuch der Österreichischen Byzantinistik, LIX (2009), pp.
191-202.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 123
secondo la tradizione, al suo ritorno dal monte Athos, si era ritira-
to in una delle Grotte che dominavano la valle del Dnepr’, nei
pressi della città di Kiev. Secondo la testimonianza della Cronaca
Antonij aveva ricevuto dal padre spirituale il compito di formare
nella Rus’ una comunità monastica secondo la tradizione atoni-
ta
24
. Attorno a lui si erano uniti altri eremiti, fra cui anche il pre-
te Ilarion, poi divenuto metropolita, ma solo con l’arrivo di Feo-
dosij si era costituita la prima comunità cenobitica. Secondo la ri-
costruzione storica già intorno al 1060 sulle colline che dominano
il Dnepr’, presso alcune grotte di eremiti fu elevata una prima
chiesa di legno insieme a una palizzata che recintava un piccolo
monastero. Più tardi, il 15 agosto 1073, fu posta la prima pietra di
una chiesa in onore della Dormizione della Madre di Dio, che fu
completata l’11 luglio 1076
25
. La costituzione di una vera e pro-
pria comunità si deve al discepolo di Antonij, Feodosij (†1074),
che, come abbiamo detto, adottò il Typikon del patriarca Alessio
Studita, composto fra il 1034 e il 1043 per il nuovo monastero
costatinopolitano della Dormizione. Seguendo la Vita di Feodosij,
scritta dal monaco Nestor, a Feodosij si deve la scelta del luogo,
in cui furono costruiti il monastero e la nuova chiesa in pietra.
Dal momento che la comunità era aumentata di numero, era stato
necessario cercare un nuovo spazio: « Allora, dunque il grande
Feodosij trovò un luogo puro... nell’anno 1062 »
26
. Con l’edifica-
zione della chiesa della Dormizione, sul modello studita costanti-
nopolitano, si impiantò nella Rus’ una tradizione monastica di
matrice orientale, che aveva le sue radici nel monachesimo pale-
24. La Cronaca riporta le parole del monaco atonita: « Vai di nuovo nella Rus’... »
(Cronaca 1051, L
ICHAC
ˇ
EV 1999 (nota 10), p. 206). Sulla realtà storica di questo viaggio
sull’Athos ha espresso recentemente seri dubbi F. Thomson, che nel suo studio riflette
più in generale sui rapporti fra l’Athos e il monachesimo slavo (F.J. T
HOMSON, The ori-
gins of the principal Slav monasteries on Athos: Zographou, Pantelecˇmonos and Chelandariou.
Together with some comments on the alleged appearance of hesychast practices on Athos in the late
twelfth century and on early Serbian century,inByzantinoslavica, LVII (1996), pp. 310-350).
25. Cronaca 1073, L
ICHAC
ˇ
EV 1999 (nota 10), p. 79; A. POPPE, The Building of the
Church of St Sophia in Kiev,inJournal of Medieval History, 7 (1981), pp. 15-66, (in parti-
colare p. 57).
26. O.V. T
VOROGOV, Z
ˇ
itie Feodosija Pecˇerskogo,inPamjatniki literatury Drevnej Rusi XI
– nacˇ. XII vv., red. L.A. D
MITRIEV - D.S. LICHAC
ˇ
EV, Leningrad, 1978, pp. 304-391, 456-
459, in particolare p. 332.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
124
stinese. In altri monasteri, sul modello del monastero delle Grotte
di Kiev, si eressero chiese, dedicate alla Dormizione della Vergi-
ne. In seguito, prendendo a modello proprio queste chiese mona-
stiche, le stesse cattedrali dei principati nord-orientali di Vladimir
e Suzdal’ furono dedicate alla Dormizione della Vergine
27
.
Anche nella Serbia medievale non mancarono gli eremiti. Fra
questi la figura più eminente è Pietro di Korisˇa (XIII secolo). In-
torno a lui, come accadde a Ioann, si raccolsero dei discepoli, che
costituirono una piccola comunità. In seguito l’eremo diventò un
vero e proprio cenobio, che determinò una radicale trasformazio-
ne del luogo scelto dall’eremita
28
.
Queste fondazioni cenobitiche, che hanno alla loro origine il riti-
ro nel “deserto” di un eremita, si differenziano sostanzialmente dalle
fondazioni promosse da un’autorità ecclesiastica o civile. L’assenza di
un protettore (ktitor) permetteva all’eremita e all’intera comunità una
posizione di maggiore autonomia, ma allo stesso tempo li condanna-
va a una forte precarietà sul piano materiale, costringendoli a confida-
re nella provvidenza e nel lavoro delle proprie mani. Lo testimonia
chiaramente il Testamento di Ioann di Rila in cui l’eremita critica
aspramente l’attaccamento al denaro e afferma la necessità del lavoro
quotidiano. Nel Paterik delle Grotte di Kiev, che raccoglie le vite e i
detti dei monaci slavi del monastero delle Grotte, si definisce chiara-
mente la differenza fra le diverse fondazioni: « Quando il monastero
era già stato realizzato ed era sotto la guida dell’igumeno Varlaam, il
principe Izjaslav fondò il monastero di san Demetrio e fece trasferire
nel monastero di san Demetrio, Varlaam con la carica di igumeno;
confidando nella ricchezza, egli voleva innalzare il proprio monastero
al di sopra di quello delle Grotte. Molti monasteri erano stati fondati
da imperatori, bojari e con ricche donazioni, ma essi non sono come
quelli fondati con le lacrime e con il digiuno, con la preghiera e con
la veglia. Antonij, non avendo né oro, né argento, ottenne tutto con
la preghiera e il digiuno come ho già raccontato »
29
.
27. Per l’archittettura dell’epoca si veda P.A. RAPPOPORT, Building the Churches of Kie-
van Russia, Aldershot, 1995.
28. Si veda infra la seconda parte dell’intervento curata da A. Filipovic´ dedicata a
questo eremo.
29. Traduciamo dall’edizione di D. Abramovicˇ (Kiev, 1931), contenuta in D. T
SCHIZ
ˇ
EWSKIJ,
Das Paterikon des Kiever Höhlenklosters, München, 1964, p.19.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 125
La loro indipendenza poteva sfociare a volte in contrasti con
le autorità civili, come dimostrano per esempio i difficili rapporti
fra il monastero delle Grotte di Kiev e i principi kieviani. Il nipo-
te di Vladimir il battezzatore, il principe di Kiev Izjaslav (1025-
1078), minacciò di disperdere la comunità, allorché alcuni espo-
nenti delle famiglie aristocratiche entrarono in monastero senza
aver preventivamente ottenuto il suo permesso
30
.
Nei monasteri, fondati per iniziativa del ktitor, la presenza del
patrono poteva diventare ingombrante e dovette essere regolata
legislativamente. Lo fece il primo arcivescovo serbo, Sava (1174-
1235) nel suo Nomocanone e più tardi lo zar Stefano Dusˇan nel
codice chiamato Zakonik (XIV secolo)
31
. Fu proprio Sava a intro-
durre nei cenobi slavo meridionali un typikon di origine costanti-
nopolitana, il Typikon del monastero della Madre di Dio Everge-
tis, più vicino alla tradizione gerosolimitana rispetto a quello stu-
dita
32
. Diversi furono i monasteri fondati per iniziativa sua o della
casa regale, fra cui il più importante è quello di Studenica
33
. Co-
me si è accennato precedentemente, questi monasteri, spesso do-
tati di poderose mura, erano legati alla residenza della famiglia re-
gale o dell’arcivescovo.
La diffusione del monachesimo favorì naturalmente la creazio-
ne di una letteratura monastica, prima in traduzione e poi di ca-
rattere originale. Ebbero un ruolo fondamentale le versioni dei
Paterika greci, nelle loro diverse tipologie, dello Scete, dell’Egitto,
oppure il Paterikon alfabetico. Importanti erano soprattutto le vite
dei fondatori e la tradizione del monachesimo palestinese, in cui
assume un particolare rilievo la figura di san Saba, il monaco pale-
stinese che fondò l’omonimo monastero non lontano da Gerusa-
lemme. Lo dimostra il primo racconto di pellegrinaggio slavo che
ci sia pervenuto, l’Itinerario in Terra santa dell’igumeno Daniil
34
.
30. Lo racconta la Vita di Feodosij (TVOROGOV 1978 (nota 26), pp. 322-326).
31. Per un’introduzione a questi codici legislativi si veda P
ODSKALSKY 2000 (nota 7),
pp. 119, 510-511.
32. Byzantine Monastic Foundation Documents (nota 22), p. 457.
33. Si veda infra la seconda parte dell’intervento curata da A. Filipovic´ dedicata a
questo monastero.
34. Per la traduzione italiana dell’Itinerario vedi Daniil egumeno, Itinerario in Terra
santa, introduzione, traduzione e note a cura di M. G
ARZANITI, Roma, 1991.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
126
L’igumeno visitò la Terra santa all’indomani della conquista cro-
ciata (1106-1108), soggiornando nel metochion di san Saba a Geru-
salemme e visitando i monasteri della Palestina. Nel suo racconto
sulla veglia pasquale al santo Sepolcro emerge la centralità che
aveva assunto il monachesimo palestinese nel mondo slavo orien-
tale
35
. In Palestina si recarono a più riprese monaci bulgari, russi e
serbi, che raggiunsero anche il monastero di santa Caterina sul Si-
nai, per attingere alle fonti della propria tradizione. Fra le opere
ascetiche assunse un ruolo fondamentale la traduzione della Scala
Paradisi di Giovanni Climaco, monaco sinaita, che è conservata in
una quantità innumerevole di manoscritti slavi
36
.
Questa letteratura diventò il modello per la nascente letteratu-
ra slava ecclesiastica di ambiente monastico
37
. Lo testimoniano in
primo luogo le Vite dei santi, a cominciare dalla Vita di Ioann di
Rila e la Vita di Feodosij delle Grotte di Kiev. Assume un’impor-
tanza di rilievo la creazione a Kiev già nell’XI secolo di un vero e
proprio Paterikon slavo, il Paterik delle Grotte di Kiev, di cui ab-
biamo già parlato. Le stesse notizie che riguardano la fondazione,
la scelta del luogo, la descrizione dei luoghi naturali, pur nella dif-
ferenza geografica, mantengono la forma dei topoi delle narrazioni
del mondo mediterraneo. La storia della costruzione della chiesa
del monastero delle Grotte mira in particolare a legare il monaste-
35. Alla vigilia della veglia pasquale al Santo Sepolcro l’igumeno aveva chiesto al re
di Gerusalemme, Baldovino, di « mettere la...lampada sul santo sepolcro a nome di tutta
la terra della Rus’ » (Daniil egumeno 1991 (nota 34), p.159). Così racconta l’igumeno:
« Io la posi con le mie mani di peccatore ai piedi, dove giacquero i purissimi piedi di
nostro Signore Gesù Cristo » e prosegue « al capo stava la lampada greca, mentre sul
petto era stata messa la lampada di san Saba e di tutti i monasteri » (Daniil egumeno
1991(nota 34), p. 159). Sulla lastra di marmo, che secondo la tradizione copriva la roccia
dove era stato deposto il corpo di Cristo, secondo una precisa gerarchia, la lampada della
Rus’, cioè degli ultimi convertiti, era stata posta ai piedi, mentre la lampada della Chiesa
greca si trovava al capo e la lampada del monachesimo palestinese all’altezza del cuore di
Cristo. Nella disposizione delle lampade è evidente la coscienza del ruolo centrale del
monachesimo palestinese nel cristianesimo slavo-orientale.
36. Per la fortuna in area slava della Scala Paradisi si veda G.M. P
ROCHOROV, Lestvica
Ioanna Sinajskogo,inSlovar’ knizˇnikov i knizˇnosti Drevnej Rusi. II. Vtoraja polovina XIV v.
- XVI v., cˇast’ 1, red. D.S. L
ICHAC
ˇ
EV, Leningrad, 1989, pp. 9-17.
37. Per un panorama generale della letteratura monastica sia nei Balcani, sia nella
Rus’ vedi P
ODSKALSKY 1982 (nota 12), PODSKALSKY 2000 (nota 7).
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 127
ro al culto cittadino della Madre di Dio a Costantinopoli, esaltan-
do il ruolo che il santuario aveva assunto per la città di Kiev
38
.
Alla morte del santo fondatore, dalla cella o dal suo eremitag-
gio nei pressi del monastero il corpo veniva translato nella chiesa
per esservi sepolto. La fama dei miracoli che si compivano presso
le spoglie attirava i fedeli dei villaggi vicini, ma anche da luoghi
lontani, le autorità ecclesiastiche e civili offrivano ricchi donativi
al monastero o ne confermavano i privilegi. Il monastero diventa-
va così meta di pellegrinaggi e progressivamente il suo territorio,
arricchendosi di segni e indicazioni, si trasformava gradualmente
in uno spazio sacro. Proprio da questi monasteri, famosi per la lo-
ro tradizione spirituale, provenivano igumeni di altri monasteri o
nuovi fondatori alla ricerca di più solitari deserti. Il monastero in-
tanto assumeva spesso una funzione sociale nella società urbana,
mentre nel contado il cenobio svolgeva un ruolo nella colonizza-
zione del territorio.
Pur non essendo legati dalla comunanza della regola come av-
venne in occidente e tantomeno organizzati secondo l’apparte-
nenza a uno specifico ordine, i monasteri orientali costituirono
comunque ben presto una rete di comunità unite dal richiamo al-
la medesima tradizione orientale, in cui svolse un ruolo sempre
più importante il monte Athos in cui convivevano monaci e co-
munità greche e slave. Queste ultime erano accomunate inoltre
dall’uso dei medesimi libri, che composti o copiati nei monasteri,
38. Nel Racconto sulla costruzione della chiesa della Dormizione, composto all’ini-
zio del XIII secolo dal vescovo di Vladimir, Simon, che apre il Paterik del monastero
delle Grotte di Kiev (Slovo 1-6, in T
SCHIZEWSKIJ 1964 (nota 29), pp. 1-15) si narra la sto-
ria della costruzione della chiesa, in cui ricorrono numerosi motivi biblici e apocrifi. Il
ruolo principale è svolto dalla Madre di Dio, che si manifesta nella chiesa costantinopo-
litana delle Blacherne, in cui si conservava la sua veste o il velo provenienti dalla chiesa
della Dormizione di Gerusalemme. È la stessa Madre di Dio, infatti, a convocare alle
Blacherne le maestranze greche che dovevano costruire la chiesa, affidando loro una sua
immagine e le reliquie dei martiri, elementi fondamentali per la dedicazione della chie-
sa. Più tardi è sempre lei a convocare i decoratori, rivelando che sarebbe venuta di per-
sona a « vedere la chiesa e a vivere in essa » (ibid., p. 6). Il 14 agosto 1089 i vescovi del-
la Rus’, miracolosamente riuniti, avrebbero infine consacrato la nuova chiesa. La chiesa
della Dormizione, edificata in un monastero fuori delle mura cittadine di Kiev, median-
te il suo legame con la chiesa delle Blacherne a Costantinopoli assume il ruolo del luogo
di culto cittadino della Madre di Dio, con una funzione di difesa e protezione della ca-
pitale della Rus’.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
128
potevano circolare nell’ambito dell’intera Slavia ortodossa creando
uno spazio culturale comune, come dimostra in epoca successiva
la rapida diffusione del rinnovamento esicasta. Le sue basi erano
state poste già nella fase più antica, all’indomani dell’evangelizza-
zione dei popoli slavi, quando nell’area di influenza bizantina si
erano affermate le principali forme di vita monastica di tradizione
orientale, che contribuirono a trasformare profondamente lo spa-
zio urbano ed extraurbano.
M. G.
II. L
A SERBIA MEDIEVALE: I MONASTERI DI STUDENICA
EDI
S. PIETRO DI KORIS
ˇ
A
All’interno dei confini dello stato serbo medioevale, dalla se-
conda metà del XII secolo fino alla caduta dell’impero dello zar
Dusˇan nel 1371, erano attivi monasteri di tradizione sia bizantina
sia latina (Fig. 1). I centri spirituali latini erano collocati sulla costa
adriatica, nella Dalmazia orientale e nel Montenegro
39
. Talvolta i
monasteri latini si trovavano nell’entroterra
40
. Queste sedi furono
fondate più tardi ed erano legate agli insediamenti o alle colonie
dei commercianti venuti dal litorale adriatico. Nonostante ciò, la
forma ufficiale del monachesimo adottata dai sovrani serbi, dalla
seconda metà del XII secolo, era quella bizantina.
Sotto Stefano Nemanja (1165?-1196), durante il periodo della
formazione dello stato serbo medioevale, che aveva il nome di
Serbia o Rasˇka, dal bacino creato dall’omonimo fiume, vi erano
comunità che dipendevano dalla Chiesa di Costantinopoli o da
quella romana. La chiesa autocefala serba fondata nel 1219 per
39. Le città costiere più importanti erano Ston, Cattaro, Bar e Dulcigno, mentre la
città-stato di Dubrovnik (Ragusa) rimase sempre indipendente. Sui monasteri di tradi-
zione latina del litorale si veda V. M
ARKOVIC
´
, Pravoslavno monasˇtvo i manastiri u srednjeve-
kovnoj Srbiji, Sremski Karlovci, 1920, pp. 31-36.
40. Sui monasteri cattolici nell’entroterra serbo si veda sempre M
ARKOVIC
´
1920 (nota
39), pp. 37-40.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 129
Fig. 1 - Rasˇka al tempo di Stefano Nemanja (1166?-1197) e Stefano Primo-Coronato
(1197-1227) con i monasteri più importanti coevi e delle epoche posteriori.
opera di Sava, il primo arcivescovo serbo e figlio terzogenito di
Nemanja (1174-1235), si organizza secondo il modello bizantino. I
sovrani serbi, che si fregiavano del titolo regale (solo più tardi as-
sunsero il titolo di imperatori) non hanno fondato sul proprio ter-
ritorio monasteri di tradizione latina. Essi hanno sostenuto i mo-
nasteri latini esistenti, ma non li hanno costruiti
41
.
41. Fa eccezione la regina Elena d’Angiò, consorte del re Stefano Urosˇ (1243-1276),
che secondo Farlati, fece costruire un monastero francescano nell’anno 1288, a Cattaro.
Cf. V. K
ORAC
´
, Graditeljska sˇkola Pomorja, Beograd, 1965, (Academie Serbe des Sciences
et des Arts, Monographies, Classe des Sciences Sociales, 49), p. 75.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
130
Lo sviluppo dello stato serbo nei secoli a venire, e l’innalza-
mento dell’arcivescovo a patriarca (1345-46) per volontà dello zar
Dusˇan (1331-1355) non ha intaccato particolarmente l’organizza-
zione monastica realizzata da Sava Nemanjic´
42
. Le regole della vi-
ta cenobitica furono definite nel libro del Typikon del monastero
di Studenica
43
. La situazione invece mutò dopo il frazionamento
dello stato di Dusˇan, all’epoca di Lazar Hrebeljanovic´ (1371-1389),
quando si diffuse in Serbia l’esicasmo. Un caso a parte rappresen-
tano i monaci anacoreti che si ritiravano in luoghi isolati. La figu-
ra più eminente fu San Pietro di Korisˇa, benché in questi luoghi
già esistessero sia anacoreti sia eremi
44
.
L’organizzazione interna dei monasteri fin dalle prime fonda-
zioni di Nemanja
45
riflette chiaramente la tradizione bizantina.
Nel Typikon del monastero di Studenica, Sava ha rielaborato il
Typikon del monastero della Madre di Dio Evergetis a Costanti-
nopoli. Il legame con questo monastero è confermato dalla dedi-
cazione dello stesso Katholikon del monastero Studenica alla Madre
di Dio Evergetis (Blagodetelnica). Poiché le fonti scritte e gli atti di
fondazione non si sono preservati, l’architettura, costituisce una
testimonianza privilegiata di questa appartenenza alla tradizione bi-
zantina. I monasteri, come istituzione indipendente all’interno
della chiesa, avevano comunque un rapporto solido con la colonia
monastica del monte Athos. Rastko Nemanjic´ prese l’abito mona-
stico con il nome di Sava proprio lì. Secondo Teodosio, il suo
biografo, fu lui a introdurre le tradizioni atonite in Serbia, addot-
tando la loro organizzazione
46
. Il nuovo arcivescovo seguì una li-
42. Ai tempi dello zar Dusˇan (1331-1355) il monte Athos faceva parte dello stato
serbo. Sull’organizzazione monastica ai tempi di Sava vedi Domentijan, Z
ˇ
itije Svetog Sa-
ve, ur. Lj. J
UHAS-GEORGIEVSKA, Beograd, 2001; Teodosije, Z
ˇ
itije Svetog Save, ur. D. BOG-
DANOVIC
´
, Beograd, 1988; D. BOGDANOVIC
´
, Preobrazˇaj Srpske Crkve,inIstorija srpskog naro-
da,I.Od najstarijih vremena do Maricˇke bitke, ur. S. C
´
IRKOVIC
´
, Beograd, 1994, pp.
315-327.
43. Spisi Svetog Save, ur. V. C
´
OROVIC
´
, Beograd-Sremski Karlovci, 1928.
44. Nei pressi di Ras (oggi Novi Pazar), da cui viene il nome del primo stato serbo
(Rasˇka), nel XII secolo esisteva un eremo presso una grotta. Cf. S
MOLC
ˇ
IC
´
-MAKULJEVIC
´
2009 (nota 23), pp. 191-202.
45. Si ricordano in particolare i monasteri della Madre di Dio, di S. Nicola a Toplica
e di S. Giorgio a Ras.
46. Cf. Spisi Svetog Save (nota 43).
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 131
nea analoga a quella sostenuta dal fratello Stefano Primo-Coronato
(Prvovencˇani)
47
ed era incentrata sull’ottenimento dell’autonomia
ecclesiastica e sulla ricerca del compromesso con le sedi latine,
imposto dalla necessità di mantenere buoni rapporti con Roma e
dall’importanza strategica del commercio marittimo
48
.
L’arcivescovo Sava, tuttavia, pur essendo un monaco educato
nel mondo bizantino era aperto ai cambiamenti che si stavano
realizzando nel suo paese. Questa sensibilità storica diventò la for-
ma spirituale tipica del monachesimo serbo. Sava, come archetipo
del monaco e del vescovo, manifestò, infatti, non solo un’atten-
zione alla tradizione ascetica – tipica del monaco bizantino, ma
anche, e forse soprattutto, una visione ampia del mondo e della
politica, che si manifestò in particolare nell’attenzione all’arte e al-
47. Con la caduta di Costantinopoli, nel 1204, mutarono gli equilibri politici nei
Balcani con conseguenze politiche importanti per la Serbia (Regesta Pontificium Romano-
rum, I. ed. P
H.JAFFÉ, Lipsiae, 1885, n. 16289). In quegli anni terminò il vassallaggio nei
confronti dell’imperatore bizantino, Stefano ripudiò la moglie Eudocia, principessa bi-
zantina, convolando a nozze con Anna, nipote del doge Enrico Dandolo (1192-1202).
Per intervento del doge il papa Onorio III (1216-1227), tramite il cardinale Giovanni,
suo legato, incoronò nel 1217 Stefano Primo-Coronato re di Serbia. Recentemente è
stata proposta la chiesa dei SS. Pietro e Paolo in Ras come luogo dell’incoronazione: J.
K
ALIC
´
, Pretecˇe Z
ˇ
icˇe: krunidbena mesta srpskih vladara, in Istorijski C
ˇ
asopis, LIV (1997), pp.
77-87.
48. Poco prima dell’aprile 1220 (fra l’inverno del 1219 e la primavera del 1220) con
un atto sinodale, emesso sotto la presidenza dell’imperatore Teodoro I Lascaris (1254-
1258) a Nicea, con il concorso di un numeroso episcopato, Sava, fratello di Stefano Pri-
mo-Coronato, fu eletto arcivescovo di Pec´ e di tutta la Serbia. Di poche settimane po-
steriore (attorno alla Pasqua del 1220) fu la Napisav Blagoslovenie (benedizione scritta), un
atto sinodale che accordava, sotto richiesta dell’imperatore, l’autocefalia all’arcivescovato
di Pec´ e di tutta Serbia. L’evento determinò la rottura della secolare sottomissione ad
Ocrida (Ohrid) e consentì il recupero dell’immagine politica di Bisanzio dopo lo smacco
dell’incoronazione di Stefano per mano latina. L’edizione della lettera di Demetrio
Chomatenos si trova in G. O
STROGORSKY, Vizantija i Sloveni, IV, Beograd, 1970, pp.
174-186. Per la forte protesta di Demetrio Chomatenos, arcivescovo di Ocrida, si ri-
manda a G. P
ODSKALSKY, Zwei Erzbischöfe von Achrida (Ochrid) und ihre Bedeutung fûr die
Profan-und Kirchengeschichte Makedoniens: Theophylaktos und Demetrios Chomatenos, in La
Spiritualité de l’univers byzantin dans le verbe et l’image, ed. K. D
EMOEN - J. VEREECKEN,
Turnhout, 1997, pp. 239-252, in particolare pp. 250-251. Per gli episcopati bizantini sot-
to Ocrida intorno alla metà dell’XI secolo, si veda la lista messa a punto da E. B
ÜTTNER,
Erzbischof Leon von Ohrid (1037-1056). Leben und Werk (mit den Texten seiner bisher une-
dierten asketischen Schrift und seiner drei Briefe an den Papst), Bamberg, 2007, pp. 20-21.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
132
l’architettura e nel rispetto delle tradizioni autoctone
49
. Lo dimo-
stra la sua adesione al modello cenobitico.
È noto come, in epoca bizantina, il monastero, anche nel
mondo balcanico fosse in realtà una “città in miniatura” (
mía
micrografía pólew
)
50
. Questa constatazione implica che il com-
plesso monastico consisteva di un’area chiusa dove oltre al corpo
edilizio della chiesa vi erano altri edifici (a volte anche di natura
liturgica; in questo caso la chiesa principale era denominata katho-
likon): il refettorio, la cucina, il forno, le conserve d’acqua, i ma-
gazzini per le vettovaglie, la foresteria, le torri (pyrgoi), lo scripto-
rium e la biblioteca, il dormitorio (un ambiente comunitario), o
più usualmente celle singole, e il bagno
51
.
Da un punto di vista giuridico, in Serbia esistevano i seguenti
tipi di monasteri: vescovili, imperiali (o reali) (per es. Hilandar),
arcivescovili (o patriarcali) e privati, ma questo non toccava parti-
colarmente la loro organizzazione architettonica
52
. La figura del
ktitor (
ktätwr), cioè del patrono, era indispensabile per la fondazio-
ne, giacché egli assicurava la stabilità economica del monastero
con le donazioni di proprietà immobili. Costruendo i monasteri, i
fondatori acquisivano il diritto di essere sepolti all’interno della
chiesa, di avere un ritratto nella stessa chiesa e, nello stesso tempo
49. Si ricordi che nell’oriente cristiano solo i monaci potevano accedere al soglio
episcopale. Sulla forte personalità di Sava, invece, si veda M. M
ARKOVIC
´
, The First Jour-
ney of St. Sava of Serbia to Palestine,inZograf, XXIX (2002-2003), pp. 89-92. La persona-
lità di Sava e il carattere del monachesimo serbo sono ben analizzati da P
ODSKALSKY 2000
(nota 7), pp. 219-224; D. D
IMITRIJEVIC
´
, L’importance du monachisme serbe et ses origins au
monastère athonite de Chilandar, in Le Millénaire du Mont Athos 963-1963. Études et Mélan-
ges, I, Venezia-Chevetogne, 1963, pp. 265-277; I. D
UJC
ˇ
EV, Le Mont Athos et les Slaves du
Moyen-Âge,inLe Millénaire du Mont Athos 963-1963. Études et Mélanges, II, Venezia-Che-
vetogne, 1963, spec. pp. 130-133.
50. A. K. O
RLANDOS,
Monasthriakæ ’Arcitektonikä
, Aqñnai, 1927, p. 5, con un’ottima de-
scrizione degli altri ambienti architettonici. Gli esempi architettonici sono presi da mo-
nasteri bizantini. Lo studio più completo sui monasteri medievali serbi, è il saggio di S.
P
OPOVIC
´
, Krst u krugu. Arhitektura manastira e srednjevekovnoj Srbiji, Beograd, 1993.
51. A volte mancano le phialai (fontane di uso spesso devozionale; ad es. presente
nella chiesa della Madre di Dio a Studenica) antistanti al nartece della chiesa.
52. La forma più diffusa era il monastero vescovile, la cui fondazione fu definita an-
cora nei tempi del Concilio di Calcedonia nel 451. Su questo si veda V. R
UGGIERI,
Byzantine Religious Architecture (582-867): It’s History and the Structural Elements, Roma,
1991 (Orientalia Christiana Analecta, 237), pp. 13-30.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 133
di partecipare alle processioni
53
. Hilandar, costruito sul Monte
Athos, certamente ha goduto di un privilegio particolare; essendo
un monastero reale, il suo patrono doveva essere il sovrano serbo.
Un’altra particolarità della Serbia medioevale è la carenza dei
centri abitativi urbani. Gli undici vescovati fondati da Sava, il cui nu-
mero cresceva con l’espansione dello stato
54
spesso non erano delle
vere città
55
tranne quelli situati sulla costa che, erano sotto la giuri-
sdizione latina (Fig. 2)
56
. In conseguenza di questa indipendenza giu-
ridica, la chiesa serba, assumendo il controllo di episcopati una volta
dipendenti da Ocrida, fece sì che queste sedi fossero occupate da
53. Il diritto del fondatore può essere ereditario e possono esserci più fondatori. I fonda-
tori erano sovrani, monaci, ma anche dignitari ecclesiastici. Come istituzione, anche nella
Serbia esisteva il fenomeno chiamato charistiké, cioè, l’assegnazione dei monasteri a ricchi be-
nefattori laici. I monasteri erano in maggioranza maschili, di rado femminili, e per quanto
siamo a conoscenza, non sono noti in Serbia monasteri doppi, benché le testimonianze sul
monastero della Madre di Dio a Toplica siano piuttosto ambigue.
54. Le diocesi di Ras, Lipljan, Prizren erano preesistenti ed appartenevano alla giuri-
sdizione bizantina, mentre Hum, Zeta, Z
ˇ
icˇa, Hvostan, Budim, Dabar, Morava, Toplica
erano di nuova fondazione. Cf. S. P
OPOVIC
´
, The Serbian Episcopal Sees in the Thirteen
Century,inStarinar, n.s. LI (2001), pp. 171-182. Già nell’epoca di re Milutin (1282-
1321) erano quindici.
55. La posizione della chiesa monastica di S. Nicola a Toplica, attribuita alla com-
mittenza di Stefano Nemanja nel periodo del suo giuppanato, rispetto all’insediamento
urbano o rurale che fosse, resta una questione aperta, giacché rimane sconosciuta la po-
sizione della “città” medievale di Toplica.
56. C. Jirecˇek, oltre un secolo fa, notava come le due grandi liturgie (la romana e la
bizantina) si contendevano giurisdizioni ed influenze « subito fuori dalle porte delle città
latine della Dalmazia ». E continuava dicendo così: « Non sappiamo se la liturgia slava
venisse perseguitata negli arcivescovati meridionali di Antivari e Ragusa [Dubrovnik].
Queste chiese persero la loro influenza presso gli slavi dell’interno a partire dall’inizio
del XIII secolo, in particolare dalla fondazione della chiesa autocefala serba (1220)...
L’arcivescovato serbo aveva, nei secoli XIII-XIV, due sedi vescovili sulla costa adriatica,
una a Stagno [= Ston, a nord di Dubrovnik] per la regione di Chlum, e una nel mona-
stero di San Michele di Prevlaka presso Cattaro per la Zeta. Tutti e due i vescovi si riti-
rarono però nell’interno del paese già prima della conquista turca » (K. J
IREC
ˇ
EK, L’eredità
di Roma nelle città di Dalmazia durante il Medioevo, I. Roma, 1984, (Atti e Memorie della
Società Dalmata di Storia Patria, IX), pp. 74-75). Alla giurisdizione serba su un paio di
città costiere, risponde, tuttavia, la città di Cattaro che, per evitare i conflitti fra la sede
di Antivari e Dubrovnik, si associa alla sede arcivescovile di Bari e Canosa nei sec. XI-
XII (J
IREC
ˇ
EK, ibid., pp. 70-71).
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
134
Fig.2-Strade più importanti di Rasˇka nel XII-XIII secolo.
nuovi vescovi. Intatta, invece, restò nel suo insieme l’organizzazione,
né mutarono i vescovi latini della fascia costiera
57
.
Molte fonti, anche quelle latine, usavano il nome di Rascia o
Rasa (da Rasˇka v. supra) per individuare il cuore geografico del-
l’incipiente stato serbo in epoca medievale (Fig. 2)
58
. Questo ter-
ritorio corrisponde alla regione centrale dell’odierna Serbia ed è
l’incrocio viario più importante all’interno della penisola balcani-
ca. In effetti, le sue contrade si snodano lungo lo spartiacque tra
l’Adriatico, l’Egeo e il Mar Nero. La loro individuazione geogra-
57. K. JIREC
ˇ
EK, Staat und Gesellschaft im mittelalterlichen Serbien, B 56, I. Wien, 1912,
(Studien zur Kulturgeschichte des 13.-15. Jahrhunderts, Denksch. der kaiser. Akad. der
Wiss. Wien, phil.-hist. Klasse), pp. 1-84, in particolare pp. 45-60; J. K. J
IREC
ˇ
EK, Geschi-
chte der Serben, II. Gotha, 1918, pp. 16-24; P
OPOVIC
´
2001 (nota 54), pp. 171-182.
58. J. K
ALIC
´
, Rascia-The Nucleus of the Medieval Serbian State, in The Serbian Question
in the Balkans, ed. D. H
ADZ
ˇ
I-JOVANC
ˇ
IC
´
, Beograd, 1995, pp. 147-155.
Fig.2-Strade più importanti di Rasˇka nel XII-XIII secolo.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 135
fica non è determinata da catene montuose, ma dalla depressione
di bacini fluviali che facilitano lo scambio fra la regione centrale e
i suoi centri periferici. In questi luoghi gli studiosi serbi hanno in-
dividuato due direzioni viarie principali: quella longitudinale Bel-
grado-Nisˇ-Salonicco, e quella trasversale, più aspra, che dall’Adria-
tico si dirige nell’interno, verso la Macedonia da un lato, e verso
l’intersezione con direzione longitudinale, dall’altro. Quest’ultima
presenta una biforcazione a Naissus (Nisˇ): segue le vallate della
Nisˇava, dell’Iskar e della Marica verso Filippopoli (Plovdiv), rag-
giunge Adrianopoli (Edirne), e termina a Costantinopoli (Istanbul);
l’altra direzione della biforcazione corre lungo i fiumi Morava e
Vardar per finire a Salonicco: questa era la rotta preferita dai Bi-
zantini per raggiungere la Rasˇka medievale. Questa via, continua-
zione della romana via militaris, era chiamata dai Bizantini strada di
Costantinopoli, dagli Slavi carski put e dai Turchi Stambul yolu
59
.
La persistenza di un percorso antico è rivelata dalla presenza
dei monasteri nemaniadi di Z
ˇ
icˇa, di Studenica, di Sopoc´ani, e di
Gradac nella depressione dell’Ibar
60
. Accanto al centro cittadino
di Ras (Novi Pazar), in cima a un colle si trova il monastero di S.
Giorgio (D
urdevi Stupovi), e ai piedi di questo la chiesa vescovile
della Ras bizantina - SS. Pietro e Paolo
61
. Tuttavia, la strada lun-
go l’Ibar in direzione sud, doveva necessariamente avere una de-
viazione verso est per accedere ad un passo sulla catena del Ko-
59. Esemplare resta la monografia di J. JIREC
ˇ
EK, Die Heerstrasse von Belgrad nach Con-
stantinopel und die Balkanpässe. Eine historish-geographische Studie, Amsterdam, 1967, (rist.
anagrafica dell’ed. Praha, 1877). Sullo stesso argomento della viabilità della Rasˇka cf. A.
F
ILIPOVIC
´
, L’architettura medioevale della scuola serba di Rasˇka, Roma, 2009, Facoltà di Ar-
chitettura “La Sapienza”. Università di Roma, (tesi di dottorato), pp. 11-12.
60. Si veda la descrizione dell’antico tracciato (the merest apology of a road) in L.A.
Y
OVITCHICH, Pages from here and there in Serbia, Beograd, 1926, p. 60. Il ritrovamento in-
vece di piccoli cumuli monetari dell’epoca di Manuele I Comneno (1180) indica un
forte uso viario ed abitativo a Studenica e alla fortezza di Ras; ancora ammassi di mone-
te, di “Bulgarian and Latin imitation” (fine XII – inizio XIII sec.) sono stati ritrovati a
Kraljevo – Rasˇka (lungo l’Ibar) e a Koncˇul e Vranje, sulla strada verso sud (Macedonia e
Metohija), non lontano da Lipljan (l’antica Ulpiana): V. R
ADIC
´
- V. IVANIS
ˇ
EVIC
´
, Vizan-
tijski novac iz Narodnog Muzeja u Beogradu, Belgrade, 2006, p. 70.
61. Negli scavi della chiesa di SS. Pietro e Paolo sono state trovate due croci petto-
rali del XII secolo: B. P
ITARAKIS, Les croix-reliquaires pectorales byzantines en bronze, Paris,
2006, p. 137 (molti ritrovamenti della stessa epoca sono stati fatti a Nisˇ, nella chiesa di S.
Panteleone e necropoli annessa: ibidem).
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
136
paonik, che immetteva nella regione di Kursˇumlija-Prokuplje.
Questa viabilità medievale lungo il fiume Toplica, sostenuta dalla
rotta trasversale di epoca antica (Ad Fines [Kursˇumlija]eHammeum
[Prokuplje]) non ha bisogno di essere ulteriormente enfatizzata
62
.
Proprio a Kursˇumlija sono due le chiese fondate da Stefano Ne-
manja: quella della Madre di Dio e quella di S. Nicola. Nei pressi
di questo centro, comunque, si trova la città di Caricˇin Grad di
età giustiniana (Iustiniana Prima). Quindi, la fondazione delle sedi
vescovili da parte di Sava nel XIII secolo è legata in alcuni casi a
precedenti sedi vescovili, legate a insediamenti precedenti
63
.Si
deve rilevare che le nuove sedi vescovili erano fondate presso gli
insediamenti monastici
64
.
S
TUDENICA, PROTOTIPO DEL MONASTERO SERBO MEDIOEVALE
Secondo le uniche fonti scritte coeve pervenuteci, le due
agiografie di Nemanja (Vitae di San Simeone), scritte dai suoi due
figli Stefano e Sava, le prime fondazioni monastiche da lui fondate
si trovano a Toplica e sono il monastero di S. Nicola e quello
della Madre di Dio
65
. L’analisi ha evidenziato, tuttavia, alcune
preesistenze nel territorio di questi monasteri, sicuramente nella
chiesa della Madre di Dio. È da analizzare il caso di S. Nicola vi-
62. Per l’età romana repubblicana, il rinvenimento di monete avviene soprattutto
lungo la frontiera fluviale del Danubio – in direzione trasversale nord-ovest – sud-est –
e lungo il corso della Morava – in direzione nord-sud passando per Nisˇ: cf. B. B
ORIC
´
-
B
RES
ˇ
KOVIC
´
-P. POPOVIC
´
, Coins of the Roman Republic, Beograd, 2006, (Collections of the
National Museum in Belgrade and Belgrade University), pp. 14-17.
63. Per l’ultimo contributo sui centri urbani nella Serbia medievale si veda: E. I
VE-
TIC
´
, Sulla dimensione urbana in Serbia e Bosnia nei secoli XIV-XV,inArchivio storico italiano,
CLXVIII/624, II (2010), pp. 349-363.
64. P
OPOVIC
´
2001 (nota 54), p. 182.
65. Stefano Prvovencˇani, Sabrana dela, ur. Lj. J
UHAS-GEORGIJEVSKA, Beograd, 1999;
Sveti Sava, Sabrani spisi, ur. D. B
OGDANOVIC
´
, Beograd, 1986. Sui monasteri vedi A. FILI-
POVIC
´
, Le prime fondazioni della Serbia nemaniade: la chiesa della Madre di Dio e di San Nico-
la a Toplica,inQuaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura, n.s. LII (2009), pp. 5-16,
con la bibliografia precedente.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 137
sta la dubbia storia archeologica di questo edificio e il diverso av-
viso delle fonti. Successivamente, con la conquista della suprema-
zia di Nemanja sugli altri stati serbi, fu fondato il monastero dedi-
cato a S. Giorgio nei pressi della nuova capitale, Ras
66
. Il mona-
stero di Studenica, situato nella Serbia centrale, nei pressi dell’o-
monimo fiume, nella valle dell’Ibar, oggi è uno dei più importan-
ti luoghi di culto serbi
67
. Fu fondato probabilmente nel periodo
1183-90, dopo l’allargamento dei confini dello stato di Rasˇka ver-
so il litorale adriatico e verso oriente.
Il suo impianto ha una forma sostanzialmente circolare, la cui re-
golarità è stata resa possibile dalla piattaforma sulla quale viene eret-
to
68
. Esso è circondato da mura possenti; dalla parte occidentale si
trova l’ingresso principale originariamente affiancato da due torri se-
micircolari (Fig. 3)
69
. Come sopra accennato la data precisa della
fondazione del monastero di Studenica oggi rimane incerta e la ra-
gione della scelta del posto rimane poco chiara
70
. Le ricerche ar-
cheologiche, non eseguite a fondo, non hanno ancora dato una cer-
66. Sulla chiesa di S. Giorgio si veda A. FILIPOVIC
´
, L’architettura di San Giorgio a Ras
(Serbia) e la sua importanza nella scuola di Rasˇka, in Studi sull’Oriente Cristiano, XII/2
(2008), pp. 211-247, con la bibliografia precedente.
67. Citiamo la bibliografia essenziale: G. B
ABIC
´
-V.KORAC
´
-S.C
´
IRKOVIC
´
, Le mona-
stère de Studenica, Beograd, 1986; Studenica i vizantijska umetnosto oko 1200. godine, Med
u-
narodni naucˇni skup povodom 800 godina manastira Studenice i stogodisˇnjice SANU, Septembar
1986, ur. V. K
ORAC´ , Beograd, 1988; M. C
ˇ
ANAK-MEDIC
´
-D.BOS
ˇ
KOVIC
´
, Arhitektura Ne-
manjinog doba. Crkve u Toplici i dolinama Ibra i Morave I. Beograd, 1986, (Monuments de
l’Architecture Medievale Serbe. Corpus des Édifices Sacraux. Institut pour la Protection des
Monuments Historique de la R. S. De Serbie et Institut Archéologique), pp. 77-117.
68. Come inizialmente accennato, l’organizzazione spaziale del monastero serbo se-
guiva il modello bizantino. La pianta dei monasteri serbi, parlando della forma, invece è
particolare e può essere più vicina alla forma del cerchio dove il punto centrale dello
stesso cerchio è la chiesa. L’intero insediamento monastico è circondato dalle mura. Il
monachesimo bizantino diffuso negli altri stati del Commonwealth bizantino (Georgia,
Armenia, Bulgaria, Rus’ di Kiev) ha invece addottato la forma rettangolare del monaste-
ro. Il tipo del monastero eremitico, dovrebbe invece essere trattato diversamente rap-
presentando una tipologia particolare.
69. Oggi, delle due torri rimane solo la base, e sopra l’ingresso odierno c’è una torre
costruita nel XIII secolo.
70. « ...Era questo posto come un luogo deserto per la caccia delle bestie... » Sveti
Sava 1986 (nota 65), p. 97.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
138
Fig.3-Monastero Studenica, pianta (da C
ˇ
ANAK-MEDIC
´
-BOS
ˇ
KOVIC
´
1986 (nota 67)).
tezza cronologica sulla costruzione delle mura perimetrali del mona-
stero
71
. Giacché è stato accertato che la chiesa è una fondazione ne-
71. Ritrovamenti delle monete che risalgono al periodo dell’antichità, di un mattone
antico e del cocciame di provenienza bizantina non rappresentano una prova abbastanza
solida da provare la preesistenza rispetto al periodo di Stefano Nemanja, ma certamente
possono far sorgere dei dubbi sull’affermazione che si tratti di una costruzione ex novo.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 139
maniade, riterrei che vi sia una costante dello spazio sacro
72
,pur se
rimane aperta l’ipotesi su una fortificazione precedente al monaste-
ro
73
. L’ingresso, come luogo di passaggio dal mondo alla realtà spiri-
tuale aveva un ruolo più sacrale che difensivo
74
. Il suo interno era
tutto affrescato, con le immagini dei fondatori e dei santi. Al centro
dell’area circolare era situata la chiesa. Lungo le mura furono costruiti
tutti gli edifici indispensabili per una comunità cenobitica. Il refetto-
rio, ricostruito più volte dalla fine del XII secolo, è collocato a fianco
dell’ingresso. Della sua architettura originale non è facile parlare con
precisione, sappiamo che il perimetro è quello originale, che l’abside
era incassata nel muro e che l’arredamento era in pietra
75
. È probabi-
le che lungo lo stesso lato, verso nord, fosse collocata la cucina. Non
è ancora chiara la posizione delle celle, poiché probabilmente erano
in legno
76
.
Con l’ascesa al trono nel 1197, Stefano Primo-Coronato as-
sunse l’impegno di completare i lavori della chiesa della Madre di
Dio. È possibile però che l’edificio fosse terminato da Vukan, il
primogenito di Nemanja, che regnava sulla Rasˇka tra il 1202 ed il
1204 (1205). Sappiamo comunque, sulla base dell’iscrizione sul
tamburo della cupola, che nel 1208 (1209) esso fosse affrescato.
Negli anni ’30 del XIII secolo, alla chiesa della Madre di Dio fu
aggiunto un atrio, per iniziativa del re Radoslav, il quarto fonda-
tore di Studenica. Tutti i membri della dinastia dei Nemanidi
avevano cura del monastero che fu uno dei più importanti nella
72. Per le ipotesi sulle preesistenze di S. Nicola e sul caso della Madre di Dio a To-
plica, cf. A. F
ILIPOVIC
´
-V.RUGGIERI, Il Monastero nemaniade dedicato alla Madre di Dio a
Toplica (Serbia) e la “Scuola di Rasˇka”: una rilettura critica,inOrientalia Christiana Periodica,
LXXIII/2 (2008), pp. 321-345.
73. I paralleli della forma circolare delle fortificazioni bizantine sono numerosi e, so-
no numerose da questa parte dei Balcani (Zlata, Ras...). Particolarità della fortificazione
di Studenica sono i rafforzamenti triangolari. Oggi ne sono rimasti due e porzione di
uno, si tratta di un rafforzamento costruttivo data la loro forma perimetrale e l’angolo
acuto. È probabile che fossero più numerosi. Cf., P
OPOVIC
´
1993(nota 50), pp. 131-149.
74. Cf. P
OPOVIC
´
1993 (nota 50), pp. 140-141.
75. Con le indagini archeologiche è stato accertato che l’abside fu costruita dopo le
distruzioni avvenute nel corso del ’400. cf. P
OPOVIC
´
1993 (nota 50), p. 244.
76. Nella raffigurazione del monastero del ’700, si nota un edificio con le celle lungo
il lato settentrionale.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
140
Serbia medievale. La chiesa monastica della Madre di Dio a Stu-
denica fu il primo mausoleo della dinastia regale. Il concetto spa-
ziale della chiesa, sul modello della chiesa di S. Giorgio, “D
urdevi
Stupovi”, è fondamentalmente quello di una chiesa bizantina, co-
struita con modalità architettoniche romaniche. Questa particolari-
tà dovuta ad una scelta originale, o all’ecclettismo dei committen-
ti, segue in un modo coerente la modalità nella creazione dello
stato indipendente serbo.
I suoi costruttori, provenienti da qualche bottega occidentale,
di tradizione romanica, erano molto probabilmente della costa
adriatica (dalmata o pugliese)
77
. L’organizzazione dello spazio in-
terno della chiesa della Madre di Dio è affidata a una planimetria
abbastanza semplice, costituita da un ambiente unico
78
. Dal punto
di vista tipologico si dovrebbe parlare di una chiesa “a una nava-
ta”, giacché nessun elemento di sostegno, quali colonne o pilastri,
scandiva sezioni o campate lungo l’asse longitudinale dell’edificio.
Il corpo della chiesa è di fattura occidentale (Fig. 4). Esso è co-
perto con il tetto a due spioventi, rinchiuso da due frontoni rial-
zati, spartito da lesene, e ornato da fregi ad archetti, da tre portali
e dalla trifora absidale. I portali sono a strombo e all’estradosso so-
no foggiati con i timpani ad arco falcato (Figg. 5-6). Le finestre
sono tutte bifore. La continuità del corpo architettonico nella par-
te dell’aula centrale è interrotta da un possente tambour carré, unito
77. Le strade più importanti dell’entroterra del tempo confluivano verso il litorale
adriatico dalla parte orientale, mentre i contatti commerciali si sviluppavano verso occi-
dente anche a causa della crisi di Bisanzio. La presenza di giurisdizioni ecclesiastiche di
Costantinopoli e di Roma nel territorio serbo ha certamente favorito l’importante scam-
bio culturale e sociale fra le due sponde dell’Adriatico e fra quest’ultime e l’interno di
una terra in costante trasformazione. Non si riescono, infatti, a valutare i diversi apporti
culturali in quest’area se si tralasciano le complesse osmosi nella sfera ecclesiastica, osser-
vabili non solo nell’architettura ma anche nelle arti minori (le iniziali del Vangelo di
Miroslav, fratello di Stefano Nemanja, che richiamano gli scriptoria dell’Italia costiera
centro-meridionale, mentre le figure paffute di questo manoscritto si legano da vicino
alle sculture della chiesa di Studenica). Non sorprende la testimonianza secondo cui Ste-
fano Nemanja stesso fece delle donazioni alla chiesa di S. Nicola a Bari, cf. S. P
RVOVEN-
C
ˇ
ANI 1999 (nota 66), p. 74.
78. Questo ambiente è simile a quello di S. Giorgio, benché più allungato grazie ad
un nartece aggiunto e senza le torri.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 141
Fig. 4 - Madre di Dio, prospetto nord-ovest, Studenica.
Fig. 5 - Madre di Dio, portali nord e sud, Studenica
(missione G. Millet 1934, Istituto Archeologico, Belgrado).
5
6
Fig. 4 - Madre di Dio, prospetto nord-ovest, Studenica.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
142
ai quattro archi maggiori, sul quale posa una cupola bizantina di-
pinta in rosso (alla maniera atonita). Le murature all’esterno sono
realizzate in blocchi di marmo grigio-bianco locale, tagliati perfet-
tamente in dimensioni diverse, e all’interno in blocchi di calcare; i
pennacchi, invece, il tamburo e la calotta sono in mattoni. L’atrio
aggiunto in seguito fu completamente realizzato in conci di calca-
re, coperto con uno strato di malta e dipinto in rosso come la cu-
pola. Quest’ambiente è diviso in due campate coperte con volte a
crociera con i costoloni pesanti, ad ogive acute, con influssi gotici
(Fig. 6). Ai lati nord e sud dell’atrio furono aggiunte due cappelle
Fig. 6 - Madre di Dio, atrio
(missione G. Mille 1934, Istituto archeologico, Belgrado).
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 143
a base semicircolare, forse anche per motivi statici. L’interno di
tutta la chiesa, invece, fu completamente affrescato secondo i ca-
noni bizantini da parte di artisti di origine greca, probabilmente
costantinopolitana
79
.
Il carattere e la funzione della chiesa della Madre di Dio come
mausoleo regale serbo, esprimeva la volontà del fondatore della dina-
stia nemaniade, il gran giuppano Stefano Nemanja, e dal suo terzoge-
nito figlio Sava come espressione dello stato sovrano e dell’ideologia
dinastica. La sepoltura di Nemanja (san Simeone), avvenuta dopo la
traslazione delle sue reliquie e il monumento funerario hanno eserci-
tato notevole influenza nelle fondazioni monastiche successive. I fon-
datori reali serbi costruivano le chiese come propri mausolei, certa-
mente non identiche, ma sempre in forme simili
80
. Secondo le rico-
struzioni, il sarcofago di Nemanja, in marmo di Studenica, lo stesso
impiegato nella costruzione della chiesa, doveva essere una costruzio-
ne monumentale, soprastante la tomba sotterranea. Questa tomba
conteneva le reliquie di Nemanja traslate processionalmente dal mo-
nastero di Hilandar a Studenica
81
. Il luogo della sepoltura era collo-
cato nella parte meridionale della campata occidentale della chiesa. La
chiesa di Studenica conteneva dunque al suo interno le reliquie di
Nemanja, che misero le basi per la formazione del culto del primo
santo serbo san Simeone Miroblita, e della creazione del nuovo cen-
tro religioso nel mausoleo del suo fondatore. Il carattere familiare e
dinastico fu rilevato nel modo seguente: all’interno del nartece, dallo
stesso lato meridionale era previsto il luogo della sepoltura di Anna,
la consorte di Nemanja poi divenuta monaca col nome di Anastasia.
Secondo alcune fonti e l’indagine archeologica, anche i figli di Ne-
manja, Vukan e Stefano erano sepolti lì. Il corpo di Stefano Primo-
Coronato, il monaco san Simone, poco dopo fu translato nella chiesa
del monastero Z
ˇ
icˇa (la sua fondazione), la chiesa che poi divenne il
luogo dell’incoronazione dei re serbi.
79. T. VELMANS -V.KORAC
´
-M.S
ˇ
UPUT, Bisanzio, lo splendore dell’arte monumentale,
Milano, 1999, pp. 183-185.
80. P
OPOVIC
´
1993 (nota 50), p. 190.
81. La scena di traslazione delle reliquie di Nemanja, è presentata oggi nel muro
orientale del parecclesia meridionale dell’esonartece, e testimoniata nella Vita di San Si-
meone di Sava: Sveti Sava 1986 (nota 65), p. 117.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
´
144
L’EREMO DI S. PIETRO DI KORIS
ˇ
A
Diversamente dai monasteri cenobitici serbi, i cui luoghi veni-
vano scelti anche in base alle condizioni climatiche (con buona
insolazione e con dolci correnti di venti) e geomorfologiche (con
terreno buono per la fondazione e l’accessibilità dell’acqua potabi-
le
82
), gli eremi furono costruiti presso grotte in luoghi inaccessibi-
li, e lontani dai percorsi viari. Le loro costruzioni sono diverse a
causa della diversa funzione e conseguentemente cambiava la loro
architettura (Fig. 7).
I monasteri eremitici sono conosciuti in questi territori già dal
XII secolo. Ai piedi della fortezza di Ras esiste un tale monastero
in grotta datato alla fine del XII o all’inizio del XIII secolo. Si
Fig. 7 - Monastero S. Pietro di Korisˇa, prospetto generale.
82. Rappresenta un’eccezione il monastero di San Giorgio (D
urdevi Stupovi) eretto su
un picco del colle, per il cui approvvigionamento idrico furono costruite delle cisterne,
cf. J. N
ES
ˇ
KOVIC
´
, Durdevi Stupovi u Starom Rasu. Postanak arhitekture svetog Dorda i stvaranje
rasˇkog tipa spomenika u arhitekturi srednjevekovne Srbije, Kraljevo, 1984, pp. 200-202.
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 145
ipotizza che fosse dedicato all’arcangelo Michele
83
. Nella valle del
fiume Studenica si trovano ancora oggi le due celle chiamate Ere-
mo Superiore e Eremo Inferiore. La tradizione locale le attribui-
sce alla fondazione da parte di Sava, tuttora non accertata
84
. Sap-
piamo che Sava Nemanjic´ ha fatto costruire una cella a Karea, sul
Monte Athos. Nel Typikon di Studenica, tuttavia, non è previsto
il regolamento della vita anacoretica.
Il monastero dedicato a S. Pietro di Korisˇa, è forse il più noto
monastero anacoretico serbo
85
. Fondato verso la fine del XIII secolo
e costruito nei pressi della grotta dove abitava il famoso anacoreta, es-
so si trova a oriente della città di Prizren, nei pressi del villaggio di
Korisˇa, in Kosovo. Secondo le fonti, già durante la vita dell’anacore-
ta, i suoi seguaci iniziarono ad abitare il luogo, costruendo anche la
tomba per Pietro
86
. La parte più antica è una grotta artificiale dove
tutt’ora si conservano i resti degli affreschi del 1220 (Fig. 8). Alla fine
Fig.8-Monastero S. Pietro di Korisˇa, pianta (da POPOVIC
´
1993 (nota 50), rielaborata da A.F.).
83. Situato su una piccola piattaforma tagliata nella roccia viva, si trovano i resti di
una chiesetta posta all’ingresso nella grotta. A nord-ovest, all’ingresso di un’altra grotta,
più piccola, si trova uno spazio organizzato in altezza probabilmente abitativa. È stata
trovata una cisterna e un deposito. D
.BOS
ˇ
KOVIC
´
, Apercu des résultats de recherches archéolo-
giques à Ras et des problemes qui s’y rapportent,inBalcanoslavica, VI (1977), pp. 66-69.
84. Queste celle sono state affrescate nel ’600, cf. P
OPOVIC
´
1993 (nota 50), p. 97.
85. Sul monastero e la vita di S. Pietro in Korisˇa si veda D. J
ANJIC
´
, La Vita di San
Pietro di Korisˇa, un anacoreta serbo del XIII secolo?, Dissertatio ad Doctoratum, Pontificio
Istituto Orientale, Roma, 2002 con la bibl. precedente e in particolare: Teodosije, Z
ˇ
itije
Svetog Petra Korisˇkog, ur. D. B
OGDANOVIC
´
, Beograd, 1988 e D. POPOVIC
´
, Srednjevekovne pe-
c´ine-isposnice u prizrenskom kraju,inIstorijski C
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asopis, XLIV (1997), pp. 129-154.
86. Secondo il desiderio dello stesso Pietro di Korisˇa, cf. Z
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itije Svetog Petra Korisˇkog
1988 (nota 85), pp. 283, 287.
MARCELLO GARZANITI - ALEKSANDRA FILIPOVIC
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146
del ’200 (o forse nell’inizio del ’300) fu costruita una chiesa su una
piattaforma costruita appositamente. La costruzione della piattafor-
ma sui pilastri legati da volte ha reso accessibile lo spazio, creando
così la possibilità per la costruzione della chiesa davanti all’eremo.
La recinzione viene posta nella piattaforma inferiore, e l’ingresso
era collocato nella parte più difficilmente accessibile, ad oriente,
da cui si accedeva al fiume (Fig. 9).
Fig. 9 - Monastero S. Pietro di Korisˇa, prospetto generale, ricostruzione (da JANJIC
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2002 (nota 85)).
L’altro edificio, più grande, eretto sui quattro piani compren-
deva insieme le altre funzioni consuete per un monastero: il refet-
torio, la cucina e le celle dei monaci. La piattaforma inferiore in-
vece era costruita per rendere fruibile lo spazio unendo le costru-
zioni con una scala in pietra. L’architettura degli altri edifici è par-
ticolare, non dovuta a una soluzione particolare, ma piuttosto alla
posizione addossata alla roccia. La costruzione essendo attaccata al-
la parete rocciosa presenta una sola facciata architettonicamente
spoglia, mentre l’interno era affrescato.
Lo sviluppo dello spazio architettonico nei monasteri medioe-
vali serbi deve essere vista all’interno del contesto più vasto relati-
vo allo sviluppo del mondo monastico bizantino. L’architettura,
Fig. 9 - Monastero S. Pietro di Korisˇa, prospetto generale, ricostruzione (da JANJIC
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2002 (nota 85)).
INSEDIAMENTI MONASTICI NEL MONDO BIZANTINO-SLAVO 147
fosse anche monastica, è chiamata ad organizzare lo spazio – in
questo caso esso è sacro – a definirlo e a renderlo funzionale ai
vari bisogni di chi vi abita. La tradizione serba mostra legami forti
con il monachesimo bizantino, ma anche caratteri originali. A
parte la forma particolare, circolare, nel monastero serbo sono
presenti elementi occidentali e orientali. Soprattutto sono le chie-
se con la loro architettura a possedere queste caratteristiche. Il
monastero viene visto come un complesso spaziale unitario com-
posto dall’area circondata dalle mura e dell’area rurale esterna in-
dispensabile per la sopravvivenza dello stesso monastero. Esso rap-
presentava un’unità indipendente, ma nello stesso tempo faceva
parte degli insediamenti abitativi medievali uniti da una rete via-
ria. La chiesa è l’asse della struttura spaziale e il suo elemento più
importante. L’architettura ecclesiastica è piena di elementi simbo-
lici diversi dalle architetture degli altri edifici del monastero evi-
denziando che i committenti sceglievano i migliori costruttori per
le loro fondazioni, pensate come mausolei. È possibile tracciare
due tipi di insediamenti monastici: il primo occupava una posizio-
ne aperta e dominante, caratteristica per le fondazioni nemaniadi
situata nell’odierna Serbia meridionale lungo la valle di Ibar; la se-
conda lungo la valle del Morava nel corso del ’300 e ’400. I mo-
nasteri della Serbia medievale, dicevo, erano collocati all’interno
di una rete viaria e legati alle comunità delle quali essi facevano
parte. Le topografie più chiuse e nascoste erano tipiche per i mo-
nasteri eremiti ispirati dall’idea dell’esicasmo. Il monachesimo ser-
bo, dalla fine del XII secolo e all’interno dei confini del nuovo
stato creato da parte di gran giuppano Stefano Nemanja, ha con-
servato questa forma quasi intatta con pochi cambiamenti nei suc-
cessivi due secoli e mezzo. Creato istituzionalmente nel periodo
di Nemanja non cessò di esistere durante l’occupazione turca a
partire dal 1459, l’anno della conquista ottomana.
A. F.