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la dieta chetogenica - Fondazione ADI Position Paper

Authors:
  • Azienda Sanitaria Città di Torino
38
adi 2014;6:38-43
Andrea Pezzana1,
Maria Luisa Amerio2,
Giuseppe Fatati3,
Lorenza Caregaro Negrin4,
Fabrizio Muratori5,
Giuseppe M. Rovera6,
Michela Zanardi1
1 SoSD Dietetica e Nutrizione Clinica,
Ospedale San Giovanni Bosco, Torino;
2 Direttore SOC Dietetica e Nutrizione
Clinica, Ospedale Cardinal Massaia, Asti;
3 Presidente Fondazione ADI;
4 Dietetica e Nutrizione Clinica, Policlinico
Universitario, Azienda Ospedaliera
di Padova; 5 Struttura Complessa
di Endocrinologia e Diabetologia,
Ospedale Sant’Anna di Como;
6 Primario Medicina, Clinica San Luca,
Torino; Professore a Contratto,
Università di Torino
Parole chiave
Chetogenico, dieta, sovrappeso
corrisPondenza
andrea.pezzana@unito.it
La dieta chetogenica
Fondazione adi: PoSiTion PaPeR
Introduzione
Neglianni’20delXXsecolo,neltentativoditrovareterapiedieteti-
che idonee a migliorare il controllo dell’epilessia, iniziarono le prime
osservazioni sul ruolo di un digiuno ciclico protratto per alcune setti-
mane basato sulla restrizione calorica (prevalentemente glucidica) e
sull’induzione dell’utilizzo dei corpi chetonici come prevalente fonte
energetica.
Furonopubblicati4lavorisulruolodeldigiunochetogenico,incuioltre
agli auspicati effetti neurologici si descrivevano gli effetti collaterali di
dimagramento, aprendo la strada a ulteriori ricerche in questo campo,
per approfondirne le indicazioni terapeutiche1.
Nel1921ildott.WilderdellaMayoClinicproponevadistandardizzare
le modalità di induzione della chetogenesi con un regime ricco in gras-
si e povero in carboidrati2.
Le necessità di approfondire e migliorare l’approccio alla dietoterapia
dell’obesità ha fatto rifiorire l’interesse su questo tema dalla fine degli
anni’60,conalternanzadimomentipiùentusiasticiseguitidapub-
blicazioni critiche o scettiche, ma innegabilmente le diete fortemen-
te ridotte in calorie (VLCDs) continuano a rappresentare un ambito
di grande interesse metabolico e di potenziale utilizzo clinico; molte
delle criticità emerse in letteratura sono peraltro legate a errori nelle
indicazioni, nella selezione dei pazienti, nella gestione del piano te-
rapeutico, nella tempistica e ancora nella scelta della quota calorica
e proteica.
Proponiamo pertanto una revisione dei principali dati di letteratura per
puntualizzare le potenziali applicazioni di questo approccio dietotera-
pico e le condotte gestionali auspicabili.
Definizione e aspetti biochimici:
un punto di vista evoluzionistico
L’uomo, nel corso del lungo percorso dalla comparsa dei primi omi-
nidi sulla terra alla successiva evoluzione in forme sempre più simili
all’attuale genere umano, ha sviluppato competenze metaboliche for-
temente influenzate da quelle che sono state le condizioni di vita e di
alimentazione.
Pur con le diversità legate alle differenze climatiche e ambientali, pos-
siamo così riassumere le caratteristiche dell’alimentazione durate da
circa2milionidiannifaa8.000annifa(periodopaleoliticoemesoliti-
co, o dei fruttivori e carnivori cacciatori e raccoglitori):
39
La dieta chetogenica
• necessità di gestire la giornata prevalentemente in
funzione della ricerca di cibo;
• ciclica comparsa di periodi di scarsa disponibilità
del cibo stesso, alternando periodi di maggior ali-
mentazione ad altri di quasi digiuno;
• ciclica assunzione di elevate quantità di proteine
di origine animale in occasione di caccia favorevo-
le, con contenuto di grassi medio-basso (consu-
mo di soli animali selvatici), da consumare in pochi
giorni;
• apporti medi stimati di circa 70-80 g di proteine e
1.800/2.000kcalorie,con grassinonsuperiori al
20%dellecalorietotali;
• nella già descritta scarsità di carboidrati, gli zuc-
cheri semplici erano pressoché assenti;
• l’apporto di fibre era molto elevato.
Queste fluttuazioni hanno molto influenzato il nostro
pattern metabolico, che è stato gradualmente diso-
rientato dalla costante disponibilità di cibo, già appar-
sa con l’avvento dell’agricoltura circa 8.000 anni fa e
molto amplificata nell’era moderna industriale e post-
industriale.
Quel “gene risparmiatore” che aveva fortemente in-
fluenzato la selezione della specie, incrementando la
sopravvivenza anche in funzione delle capacità meta-
boliche sviluppate, è diventato co-protagonista della
pandemiadiobesità,diabetetipo2emalattiecroni-
co-degenerative correlate alla dieta e allo stile di vi-
ta. Infatti, l’incrementata tendenza alla comparsa di
resistenza insulinica è stata correlata in vari studi con
la sospensione di questa alternanza tra digiuno e sa-
zietà, con conseguente ridotta capacità di preservare
il glucosio per le funzioni vitali, quali l’attività cerebrale
e la riproduzione3.
Le cosiddette “paleo-diete”, le diete chetogeniche
fortemente ipocaloriche e alcune diete “commerciali”
come l’Atkins, condividono quindi il recupero di capa-
cità metaboliche sviluppatesi nel periodo precedente
la comparsa dell’agricoltura.
Peraltro l’utilizzo di corpi chetonici a scopo energe-
tico è quotidianamente presente in condizioni fisio-
logiche, quali la chetosi mattutina e la chetosi dopo
sforzi o la fisiologica chetosi dopo un pasto ricco in
proteine.
Quando si riduce drasticamente l’apporto di gluci-
di conseguentemente la modificazione del rapporto
tra la concentrazione di insulina e quella di glucagone
promuove la mobilizzazione dei lipidi dai depositi tis-
sutali, promuovendone l’ossidazione a scopo ener-
getico; essendo rallentata la conversione del gluco-
sio in piruvato, l’acetil-Co-A viene prevalentemente
shiftato verso la produzione di corpi chetonici, che,
perdurando la condizione di chetoacidosi, vengono
utilizzati a livello del sistema nervoso centrale, dove
forniscono energia e contribuiscono alla comparsa di
senso di sazietà, e dal muscolo cardiaco; la loro elimi-
nazione avviene a livello polmonare (alito acetosico) e
renale (tamponati dai cationi Na, K, Ca e Mg).
A livello pancreatico contribuiscono al miglioramento
metabolico in pazienti con insulino-resistenza4.
I livelli “soglia” che inducono questi meccanismi me-
tabolicisonodiapporti glucidici inferioriai20-50g/
die, mentre non possono essere ritenuti tali gli ap-
procciche,anchesedenitiipocalorici(tra50e150g
dicarboidrati/die),noninduconochetogenesi56.
Ambiti potenziali di applicazione
L’esasperata attenzione all’aspetto fisico e alla linea,
esaltata da pubblicità e mode, ha creato negli anni un
discutibile mercato delle diete, con risvolti esclusiva-
mente commerciali e scarso o nessun interesse alla
reale salute dei pazienti.
In questo uso selvaggio di regimi dietetici sono sta-
ti purtroppo inclusi anche approcci potenzialmente
interessanti, gestiti per lo più senza la competenza
delle professionalità e delle competenze necessarie
(medico specialista, dietista), quindi spesso facendo
emergere dubbi e perplessità, che però vanno corre-
lati più alla scorretta gestione e indicazione che non
alla dietoterapia in sé.
La dieta chetogenica ne è un esempio ben preci-
so: errori prescrittivi, gestionali e carenza di follow-
up dedicato ne hanno spesso fatto emergere solo le
ombre. Va invece ricordato che, in casi ben selezio-
nati, con una chiara definizione dell’obiettivo e dei
tempi massimi di attuazione, conferma la sua validità
anche oggi.
Le esperienze cliniche pubblicate si riferiscono a stra-
tegiedibrevetermine(unperiodochevadalle3-4alle
12settimaneneidatidisponibili),mentrerestaancora
controverso il graduale ritorno a un regime adeguato
e il mantenimento dei risultati in una visione di medio
e lungo termine, in quanto in alcuni studi i vantaggi
dell’approccio chetogenico tendono a ridursi nell’os-
servazione di lunga durata versus approcci ipocalorici
non induttori di chetosi7.
Un altro ambito di ricerca è costituito dal livello di
compliance alla terapia prescritta: infatti un regime
dietetico non sempre facile da impostare, in parti-
colare in popolazioni abituate ad apporti significativi
di zuccheri complessi, può indurre drop-out in una
percentualevariabiledipazienti,noal40%circa,
dato che sembra molto influenzato dalla corretta se-
lezione iniziale8.
Vengono di seguito descritti alcuni dei principali ambi-
ti di utilizzo consigliati e descritti in letteratura.
40
La dieta chetogenica
L’obesità complicata, la grave
obesità e la chirurgia bariatrica
I dati disponibili a livello nazionale, europeo e mondia-
le confermano la pandemia già prospettata dall’Orga-
nizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla fine dello
scorso millennio.
Nel VII rapporto sull’Obesità dell’Istituto Auxologico
italiano 9 si evidenzia in particolare la preoccupan-
te situazione in età pediatrica (all’ottavo anno di vita
il36%deibambini italiani ha problemidipeso,con
24%disovrappeso e12%diobesità), mentrenegli
adultitra35e55annisievidenziacircail38%diso-
vrappesoeil12%diobesità.
Le ricadute economiche, sanitarie e in perdita di
aspettativa e qualità di vita sono drammatiche e tutte
le organizzazioni politiche e sanitarie si stanno interro-
gando sugli strumenti preventivi da mettere in atto10.
La complessità della patogenesi (genetica, comporta-
mento, influenze dello status socio-culturale) insieme
alla scarsa disponibilità di poche terapie farmacologi-
che rende spesso difficile un approccio evidence-ba-
sed unificato con buone possibilità di successo.
In questo scenario anche la dieta chetogenica può
fornire una possibilità terapeutica, se gestita da per-
sonale esperto e in una popolazione ben selezionata
e con una chiara definizione degli obiettivi a medio e
lungo termine.
Tra i vantaggi di un approccio basato sull’induzione
della chetogenesi sono stati descritti:
• il fattore motivazionale legato alla rapida attivazio-
ne del calo di peso;
• la riduzione della fame legata alla moderata chetosi;
• un miglior mantenimento del trofismo e della mas-
sa muscolare;
• una miglior aderenza alla dieta vissuta dal pazien-
te come terapia personalizzata11.
Tra gli altri vantaggi descritti in letteratura si ricordano
anche possibili applicazioni di tipo preventivo in grup-
pi a rischio12 e miglioramento di marker metabolici e
infiammatori con riduzione del rischio cardiovascola-
re13. Alcuni studi hanno dimostrato risultati soddisfa-
centi anche in ambito non strettamente sanitario, con
programmi commerciali, purché aderenti alle linee
guida e co-gestiti da personale esperto 14, mentre,
malgrado l’esistenza di dati pubblicati favorevoli 15,
c’è ancora molto dibattito nel mondo scientifico sulla
somministrazione artificiale di diete chetogeniche, in
particolare per via enterale, escludendo l’alimentazio-
ne per os.
Sempre in tema di obesità, vari lavori prospettano un
ruolo per le diete chetogeniche in sinergia con la chi-
rurgia bariatrica, ad esempio facilitando un calo pre-
operatorio al fine di ridurre il rischio generico e le com-
plicanze post-chirurgiche, migliorando le comorbilità
associate alla grave obesità.
I vantaggi sono stai descritti da vari autori anche in
termini di miglioramento degli outcome sia a breve sia
a lungo termine1617.
Le patologie neurologiche
Oltre alla già citata evidenza sul ruolo della dieta
chetogenica in alcune forme di epilessia farmaco-
resistente o nel miglioramento della risposta ai far-
maci stessi, esistono oggi dati incoraggianti sul
ruolo della condizione chetosica nella prevenzione
o riduzione della progressione in alcune malattie
neurodegenerative.
I dati disponibili sono per ora più che altro teorici e
sperimentali, ma vista la crescente prevalenza si guar-
da con interesse a questa potenziale applicazione.
In particolare nella malattia di Parkinson, la cui pa-
togenesi è da correlare al danno dei neuroni dopa-
minergici e all’iperproduzione di ROS, una moderata
chetosi può ridurre il danno cellulare aumentando la
forma ossidata di coenzima Q10. Nella malattia di
Alzheimer, invece, il potenziale vantaggio è da cor-
relare alla capacità metabolica dei corpi chetonici di
bypassare il danno funzionale cellulare (inattivazione
della piruvico-deidrogenasi e ridotta sintesi di acetil-
colina) migliorando le sintesi neuronali18.
La sindrome metabolica, il diabete,
la NAFLD
Alla luce dei vantaggi già descritti per l’obesità, si può
capire come molti altri ambiti clinici trovino applica-
zione all’utilizzo della moderata chetosi, tra queste le
condizioni di iperinsulinemia o resistenza insulinica in
particolare.
Tra i vantaggi clinici descritti nel paziente affetto da
diabetetipo2ricordiamoun miglioratocontrollogli-
cemico19, vantaggi sulla resistenza insulinica e sul ca-
lo ponderale nei diabetici obesi20 e migliorato funzio-
namento delle beta-cellule21.
Tra le complicanze di diabete e sindrome metabolica
emerge in modo importante la patologia steatoepati-
tica non alcol correlata, che nell’evoluzione della no-
menclatura in atto (dalla steatosi epatica alla NASH,
non alcoholic steato-hepatitis, alla più recente NA-
FLD, non-alcoholic fatty liver disease) è caratterizza-
ta oltre che da uno specifico quadro anatomopatolo-
gico, da iperinsulinemia, iperglicemia ed elevati livelli
di FFA (free fatty acids) circolanti. Dieta e stile di vita
sembrano essere tra i maggiori fattori patogenetici22
e quindi molti lavori cercano di evidenziare quali com-
41
La dieta chetogenica
portamenti potrebbero favorevolmente influenzarne la
prevenzione o il trattamento.
Sono stati pubblicati alcuni promettenti dati speri-
mentali sull’applicazione di una dieta chetogenica nel
trattamento della NAFLD23e anche un contempora-
neo lavoro sulla Spanish Ketogenic Mediterranean
Diet (un modello in parte ispirato alla dieta mediterra-
nea, con forte restrizione glucidica ed elevato appor-
to di pesce e olio di oliva) ha dimostrato efficacia nel
miglioramento del quadro epatico in pazienti affetti da
NAFLD24.
La conduzione pratica
di un approccio dietoterapico
chetogenico
L’avvio di un paziente a un periodo di moderata che-
tosi indotta dalla dieta deve prevedere:
• una fase di valutazione delle indicazioni e con-
troindicazioni e dei dati clinico-anamnestici;
• una fase di definizione degli obiettivi e dei tempi
previsti di trattamento;
• una fase di programmazione del protocollo diete-
tico, con successiva graduale uscita dalla fase di
chetosi.
Analizzando i dati riportati in letteratura, comparan-
do i vari ambiti di applicazione descritti nei paragra-
fi precedenti, possiamo evidenziare come prevalenti
indicazioni l’obesità o il sovrappeso con comorbidità
(diabetetipo2,OSAS,gravipatologieosteoarticolari).
Tra le controindicazioni vanno invece ricordati: l’insuf-
ficienza epatica, renale e cardiaca (infarto miocardico
acuto – IMA, blocco atrioventricolare – BAV, aritmie
maggiori), il diabete tipo 1, la gravidanza e l’allatta-
mento, l’età giovanile (infanzia e adolescenza sono
escluse da questo tipo di trattamento), le patologie
psichiatriche.
I dati clinico-anamnestici vanno pertanto raccolti con
particolare attenzione alla presenza di controindica-
zioni, valutando l’eventuale terapia in atto ed esami
ematochimici recenti mirati a evidenziare eventuali
patologie d’organo.
In caso di avvio alla terapia dietetica chetogenica va
chiarito l’ambito di vera terapia metabolica, in cui l’au-
togestione del paziente potrebbe esporlo a carenze o
inadeguatezze nutrizionali. È pertanto necessario uno
stretto monitoraggio clinico e bioumorale program-
mando controlli periodici clinici ed ematici; in questo
ambito vanno anche ben chiarite le fonti “nascoste”
di carboidrati.
La terapia andrà modulata e personalizzata definendo
un idoneo apporto glucidico (in media compreso tra
20e60g/die,macomunqueinferiorea1gdicarboi-
drati/kgpesoideale/die),raggiungendoilrangesupe-
riore di apporti solo negli individui di sesso maschile e
di grossa corporatura. L’apporto proteico consigliato
èdicirca1g/kgpesocorporeo/dieequellolipidico
tra15e30g/die;lekcalorietotalidevonoessereabi-
tualmentecompresetra450e800/die25.
È indicata una supplementazione con bicarbonati di
sodioepotassio(1,5-2g/die),polivitaminicostandard
eomega-3(1g/die)26.
Rispetto alla gestione pratica e all’elaborazione della
dieta sono riportati in letteratura interessanti model-
li costruiti con il solo utilizzo di alimenti naturali, tra i
quali la già citata “Dieta mediterranea spagnola che-
togenica” basata su importanti apporti di proteine da
pesce (definite fish blocks) e sulla differenziazione dei
vegetali concessi in base all’apporto glucidico. Esisto-
no anche esempi di regimi che utilizzano integratori
proteici ad hoc, costruiti come pasti sostitutivi o por-
tate sostitutive (meal replacements), sia dolci sia sa-
lati. La prima proposta mira a una maggior naturalità,
ma può essere gravata da maggior monotonia, so-
prattutto nella prima colazione e negli eventuali spun-
tini. Un approccio misto o “mitigato”, che prevede l’al-
ternanza dei due regimi, può contribuire a migliorare
la compliance e la piacevolezza della dieta proposta.
Si consiglia l’adozione di un regime dietetico gradua-
le, che partendo da apporti più marcatamente ipoca-
lorici e iperproteici modifichi negli step successivi in
modo inverso le proteine (riducendole gradualmente)
e le calorie (da aumentare altrettanto gradualmente),
con3-4fasiognunadelladuratainmediadi2setti-
mane. In letteratura si trovano studi ben condotti che
Tabella I. Le principali indicazioni e controindicazioni alla die-
ta chetogenica.
Indicazioni
Obesità grave o complicata (ipertensione, diabete tipo
2,dislipidemia,OSAS, sindrome metabolica, osteopa-
tie o artropatie severe)
Obesità severa con indicazione alla chirurgia bariatrica
(nel periodo pre-operatorio)
Pazienti con indicazioni a rapido dimagrimento per se-
vere comorbilità
Non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD)
Epilessia farmaco-resistente
Controindicazioni
Gravidanza e allattamento
Anamnesi positiva per disturbi psichici e comportamen-
tali, abuso di alcol e altre sostanze
Insufficienza epatica o renale
Diabete tipo 1
Porfiria, angina instabile, IMA recente
42
La dieta chetogenica
La gestione delle criticità
Si può quindi affermare che la dieta chetogenica è
una terapia che va conosciuta in tutte le sue compo-
nenti sia dai sanitari coinvolti nella prescrizione, sia dai
pazienti arruolati27.
L’induzione della chetosi può portare a differenti pro-
blemi nei primi giorni di terapia o nelle fasi successive.
Per migliorare l’effetto terapeutico riducendo i rischi di
effetti collaterali è richiesto un periodico monitoraggio
dell’aderenza alle indicazioni, delle condizioni cliniche
e di eventuali dati ematochimici.
La cefalea, il più frequente effetto collaterale precoce
presente in circa un terzo dei pazienti, tende a scom-
parirespontaneamenteentro72ore.
Successivamente sono descritti alitosi (molti pazienti
riferiscono la necessità di utilizzo di spray orali o gom-
me da masticare rigorosamente senza fonti di gluci-
di), xerostomia, stipsi. Alcuni pazienti riferiscono an-
che ridotta tolleranza al freddo e vertigini posturali11.
È stata segnalata un’aumentata incidenza di disor-
dini biliari e colelitiasi, che ha a volte portato a cole-
cistectomia8.
Inoltre i dati disponibili in letteratura sono a volte di-
scordanti sugli effetti a lungo termine e sull’entità di
drop-out in corso di trattamento.
Alcuni lavori evidenziano risultati entusiasticamente
migliori rispetto ad altri approcci ipocalorici non che-
togenici7, ma sono anche state riportati dati che dubi-
tano sulla reale efficacia a lungo termine, proponendo
la necessità di trial di maggior durata28. Nell’ambito di
uno studio già citato8, un sottogruppo è stato osser-
vatoperperiodidi2e3anniconunrecuperoquasi
totale del peso perso nella fase chetogenica.
I risultati ottenuti sono direttamente correlati al grado
di aderenza del paziente alle indicazioni fornite, con-
fermando la necessità di un’adeguata selezione dei
potenziali candidati.
Conclusioni
In un mondo sempre più affetto da sovrappeso e
obesità,incuiildiabetetipo2èinpreoccupanteau-
mento, la dieta chetogenica si pone come un’interes-
sante alternativa ad altri percorsi terapeutici.
Non si può al momento prevederne un utilizzo routi-
nario come prima scelta in tutte le forme di sovrappe-
so e obesità, ma è da considerare soprattutto laddo-
ve sia richiesto un calo ponderale rapido, che aiuti al
contenimento del rischio globale di salute e alla moti-
vazione del paziente.
Deve essere proposto a pazienti accuratamente sele-
zionati, sia per caratteristiche cliniche sia per prevista
compliance, e richiede un’adeguata conoscenza del-
hanno protratto la chetosi fino a un periodo massimo
di12settimane8.
Il calo ponderale auspicabile descritto è di circa
1-2kgallasettimana,conpuntemassimedi2,5kg.
In casi di risultati insoddisfacenti può essere verificata
l’aderenza alla prescrizione con l’utilizzo di test rapidi
urinari per la rilevazione dei corpi chetonici, che do-
vrebbe risultare fortemente positiva.
TABELLA II. Proposta di giornata alimentare con dieta cheto-
genica con apporti medi giornalieri di circa 65 g di proteine,
30 g di lipidi, 60 g di glucidi, 770 kcalorie.
Colazione
1vasettodi yogurt magro(125g) o 1bicchieredi latte
scremato(125cc)+3fettebiscottateintegrali
oppure
30gdipaneintegrale+2fettediaffettatomagro(45g)
Pranzo e cena
Carne magra 100 g o pesce (preferire pesci di piccola
taglia,megliosepesceazzurro)150g(prevederepiano
personalizzato isoproteico e isocalorico di sostituzioni
con uova o soia e derivati)
Verduralibera(gruppo1)o150g(gruppo2)
1 cucchiaino di olio
Paneintegrale30g,sostituibile2-3voltenellasettimana
con 1 frutto medio (circa 180 g) utilizzando anche piccoli
frutti selvatici (more, lamponi, ribes) ed evitando banane,
cachi e altra frutta a elevato contenuto di zuccheri
Spuntino
Yogurt greco magro 100 g
Nella giornata:
• Acqua,tisane etè nonzuccheraticc. 2.000(conmo-
derazione il caffè d’orzo)
• Polivitaminicoconcopertura100%delleRDA
• BicarbonatodiNaeK1,5-2g/die
• Omega3:1g/die
• Supplementazionidibra:10g/die
• Eventuali supplementazioni di calcio
Attenzione a zuccheri nascosti in:
Caramelle e gomme da masticare, farmaci e integratori,
salse (soia, ketchup), aceto balsamico, bevande pronte e
da distributori automatici
Suddivisione delle verdure
• Gruppo 1: consumo libero: tutte le verdure a foglia, bie-
te, broccoli, cardi, cavolfiori, cavoli, cetrioli, cime di ra-
pa, fiori di zucca, finocchi, peperoni verdi, ravanello, ra-
dicchio, sedano, spinaci, zucchine
• Gruppo 2:consumo inquantità denite:asparagi, car-
ciofi, cavolini di Bruxelles, cipolline, fagiolini, melanzane,
peperoni gialli e rossi, pomodori, porri, rape, zucca gialla
• Gruppo 3:consumo vietato:barbabietole, patate,ca-
rote cotte (permesse in piccole quantità se crude)
43
La dieta chetogenica
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drate as compared with a low-fat diet in severe obesity.
NEnglJMed2003;348:2074-81.
le modificazioni metaboliche indotte e dei potenziali
effetti collaterali da parte del team curante.
Trattandosi di una terapia che temporaneamente pre-
vede di allontanarsi in modo significativo dalle prin-
cipali indicazioni preventive disponibili sulle principali
malattie cronico-degenerative, questo obiettivo a bre-
ve/medioterminevacondiviso inmodocompletoe
chiaro con il paziente, prevedendo di riaccompagnar-
lo, nel percorso di riabilitazione nutrizionale successi-
vo al periodo chetosico, a un regime alimentare bilan-
ciato, piacevole e globalmente preventivo.
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... 4 Moreover, the VLCKD is a fairly extreme dietary manipulation possibly leading to serious adverse events when not medically supervised. A recent Italian consensus has therefore updated indications and contraindications to the VLCKD, 5 implementing those proposed initially, 6 similar to what reported by other authors in the United States. 7 The applications of the KD are now diverse and ever increasing, the most validated being obesity and refractory epilepsy, but with an emerging role in the treatment of neurological disorders, cancer, NAFLD, type 2 diabetes and chronic pain among many others. ...
... 5 With the prevalence of obesity steadily growing, and the several newly proposed fields of application, it is more and more frequent to face situations where the patient could benefit from a KD and also suffers from co-morbidities or conditions contraindicating its use according to the current recommendations. [5][6][7] We herein aimed at providing an updated and critical revision on the evidence underlying each current safety concern (Table 1). We report that most studies are low quality, sample size often very small, and duration usually quite short, making no definitive conclusion possibly be drawn. ...
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First identified as a feasible treatment for intractable epilepsy, the ketogenic diet (KD) has recently gained popularity thanks to growing evidence on applications such as weight loss, most importantly, but also NAFLD, cancer, neurologic conditions and chronic pain. As with any treatment, whether pharmacologic or not, the KD might not be an appropriate intervention for every individual, and a number of contraindications have been proposed, now deeply rooted into clinical practice, excluding de facto many patients that could benefit from its use. However, many of these concerns were expressed due to the absence of clinical studies conducted on fragile populations, and an assessment of lately emerged evidence relative to KD safety is currently lacking and much needed. We herein provide a critical revision of the literature behind each safety alert, in order to guide through the treatment options in the case of subjects with an indication to the KD and a borderline safe situation. Based on available evidence, the possible use of this diet as a therapeutic intervention should be assessed on a patient‐to‐patient basis by adequately skilled medical doctors, keeping in mind current recommendations, but reading them through the knowledge of the current state of the art.
... Finally, it is necessary to evaluate and check the main contraindications of ketogenic diet utilization [8,11]: liver failure, kidney disease, type 1 diabetes, pregnancy, breastfeeding, cardiovascular disorders such as arrhythmias, recent stroke or myocardial infarctions or heart failure, respiratory failure, active or advanced infections, concomitant use of SGLT-2 inhibitors, substance abuse, increased serum uric acid and unbalanced lipid profile. These contraindications are not absolute and need to be evaluated by individual cases and stages of diseases. ...
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Several studies have shown a strong correlation between the different types of diets and gut microbiota composition on glycemia and weight loss. In this direction, low-carbohydrate and ketogenic diets have gained popularity, despite studies published so far leading to controversial results on subjects with diabetes. In this narrative review, firstly, we aimed to analyze the role of very-low-calorie ketogenic diets (VLCKDs) in type 2 diabetes (T2DM) and obesity management. Secondly, in this context, we focused attention on gut microbiota as a function of VLCKD, particularly in T2DM and obesity treatment. Finally, we reported all this evidence to underline the importance of gut microbiota to exalt new nutritional strategies for “tailor-made” management, treatment, and rehabilitation in subjects with T2DM and obesity, even with diabetic complications. In conclusion, this narrative review outlined the beneficial impact of VLCKD on gut microbiota even in subjects with T2DM and obesity, and, despite inner VLCKD short-duration feature allowing no sound-enough provisions for long-term outcomes, witnessed in favor of the short-term safety of VLCKD in those patients. Level of evidence Level V: Opinions of authorities, based on descriptive studies, narrative reviews, clinical experience, or reports of expert committees.
... Fu poi lo studioso George Blackburn a introdurre il concetto di Protein-Sparing Modified Fast (PSMF), un regime dietetico fortemente ipocalorico principalmente basato su un sufficiente apporto di proteine e di acidi grassi essenziali tale da permettere un rapido decremento ponderale preservando al contempo la massa muscolare. Ad oggi, la very low-calorie ketogenic diet (VLCKD) rappresenta un'opzione terapeutica valida in numerosi ambiti clinici: obesità in presenza di comorbidità, obesità grave, steatosi epatica, sindrome dell'ovaio policistico, epilessia farmaco-resistente, emicrania e nella gestione preoperatoria in chirurgia bariatrica [12]. ...
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Sommario La very low-calorie ketogenic diet (VLCKD) è un protocollo alimentare fortemente ipocalorico e ipoglucidico che ha il fine di indurre la chetosi. Rispetto a una dieta ipocalorica tradizionale è vantaggiosa sulla fame, sul mantenimento della muscolatura, sull’infiammazione e sul decremento ponderale. Può essere attuata anche mediante l’utilizzo di prodotti sostitutivi in concomitanza a un percorso di educazione alimentare. La VLCKD rappresenta una valida opzione terapeutica nel trattamento dell’obesità.
... L'impiego di tale protocollo ha inoltre dimostrato ulteriori benefici clinici, quali il miglioramento del profilo pressorio, glucidico e lipidico [5]. Ad oggi, la VLCKD rappresenta un'opzione terapeutica valida in numerosi ambiti clinici: obesità in presenza di comorbidità, obesità grave, steatosi epatica (Non-alcoholic fatty liver disease, NAFLD), sindrome dell'ovaio policistico, epilessia farmaco-resistente, emicrania [6]. ...
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Sommario La very-low-calorie-ketogenic-diet (VLCKD) rappresenta un valido strumento nel trattamento dell’obesità e delle sue comorbidità. Il vantaggio di una VLCKD rispetto a un trattamento ipocalorico tradizionale è rappresentato dal rapido calo ponderale, dal mantenimento della massa muscolare e dalla riduzione dell’appetito. La VLCKD è spesso utilizzata all’interno di un percorso di educazione alimentare che abitua gradualmente il paziente a consumare porzioni di cibo più piccole, ponendo maggiore attenzione ad alcune categorie di alimenti. La VLCKD, determinando un rapido calo ponderale, rende spesso possibile la riduzione, o addirittura la sospensione, delle terapie farmacologiche in corso nei pazienti complessi poli-trattati, con un importante miglioramento della qualità della vita.
... Then, pioneering studies by George Blackburn introduced the concept of "protein-sparing modified fast" (PSMF), a highly restrictive dietary regimen primarily based on the minimum amount of proteins necessary to preserve lean body mass and aiming at achieving a rapid weight loss [27][28][29][30], as well as potential additional benefits on blood pressure and serum glucose and lipid levels [31], forming the basis of VLCKD. In our country, a position paper (2014) by the Italian Association of Dietetics and Clinical Nutrition (ADI) has proposed VLCKD as a therapeutic option in different clinical settings, including severe obesity, obesity associated with comorbidities, non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD), drug-resistant epilepsy, as well as a useful tool for weight loss before bariatric surgery [32]. In 2016, VLCKD has also been mentioned with similar indications in the standards of care in obesity released by the Italian Society of Obesity (SIO) and ADI itself [33]. ...
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We describe here the biochemistry, benefits and risks of VLCKDs, and provide recommendations on the correct use of this therapeutic approach for weight loss and management of metabolic diseases at different stages of life.
... Then, pioneering studies by George Blackburn introduced the concept of "protein-sparing modified fast" (PSMF), a highly restrictive dietary regimen primarily based on the minimum amount of proteins necessary to preserve lean body mass and aiming at achieving a rapid weight loss [27][28][29][30], as well as potential additional benefits on blood pressure and serum glucose and lipid levels [31], forming the basis of VLCKD. In our country, a position paper (2014) by the Italian Association of Dietetics and Clinical Nutrition (ADI) has proposed VLCKD as a therapeutic option in different clinical settings, including severe obesity, obesity associated with comorbidities, non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD), drug-resistant epilepsy, as well as a useful tool for weight loss before bariatric surgery [32]. In 2016, VLCKD has also been mentioned with similar indications in the standards of care in obesity released by the Italian Society of Obesity (SIO) and ADI itself [33]. ...
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Background Weight loss is a milestone in the prevention of chronic diseases associated with high morbility and mortality in industrialized countries. Very-low calorie ketogenic diets (VLCKDs) are increasingly used in clinical practice for weight loss and management of obesity-related comorbidities. Despite evidence on the clinical benefits of VLCKDs is rapidly emerging, some concern still exists about their potential risks and their use in the long-term, due to paucity of clinical studies. Notably, there is an important lack of guidelines on this topic, and the use and implementation of VLCKDs occurs vastly in the absence of clear evidence-based indications. Purpose We describe here the biochemistry, benefits and risks of VLCKDs, and provide recommendations on the correct use of this therapeutic approach for weight loss and management of metabolic diseases at different stages of life.
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This review focuses on the effect of low carbohydrate ketogenic diet on obese subjects presenting with various metabolic syndromes. Here, we provide data from our laboratory and from various other investigators on the therapeutic effectiveness of ketogenic diet on obese subjects. In this review we provide the rationale behind using ketogenic diet as a treatment of obesity and its beneficial role in neurodegenerative/ neurological disorders, diabetes, hyperlipidemia, coronary diseases, cancer etc. Administering ketogenic diet for a relatively longer period did not produce any significant side effect. Therefore, based on the data presented in this review, it is recommended that it is safe to use ketogenic diet for a longer period of time for obesity and associated disorders.
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Objective: To investigate whether the improvement in hyperglycemia by dietary control influences hyperglycemia-induced pathologies in tissues of juvenile obese (ob/ob) mice. Design: Five-week-old ob/ob mice were fed a very low carbohydrate ketogenic diet (KD) for 7 weeks. The blood glucose levels and body weight were monitored during this period. Biochemical parameters in the serum and tissue pathologies of the mice were analyzed at the end of the 7-week period. Results: The hyperglycemic phenotype of the ob/ob mice was improved by KD feeding for 7 weeks. Surprisingly, we found that KD feeding also drastically reduced the hepatic steatosis phenotype in ob/ob mice, while their obesity phenotype was unaltered. Sodium dodecyl sulfate-polyacrylamide gel electrophoresis analysis revealed that several proteins found in the liver of ob/ob mice fed a regular chow diet were undetectable after being fed KD. Liquid chromatography with tandem mass spectrometry (LC-MS/MS) MASCOT search and western blot analysis revealed that the proteins absent from the mice fed KD included fatty acid synthase (FAS) and acetyl-CoA carboxylase 1 (ACC1), which are key enzymes for lipogenesis in the liver. Fatty acid analysis supported the results because the ratio of C18:1, which is a major product of lipogenesis, was reduced by KD feeding. However, C18:2, which cannot be synthesized in mammalian cells but is present in the KD, was found to be a major component in the liver of KD-fed ob/ob mice. Conclusion: Hyperglycemia promotes hepatic steatosis via the lipogenic pathway in the liver of juvenile ob/ob mice. However, the development of steatosis is prevented by feeding KD owing to an improvement in hyperglycemia. We found that the progression of steatosis is reflected by the composition of fatty acids in the total lipids of the liver and serum.
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Background Only protein diet has been used successfully to prevent loss of lean body mass first in post-surgical and then in obese patients. We studied overweight and obese patients receiving short treatments of an exclusively protein-based nutritional solution as 24-hour enteral infusion. Methods 19,036 patients (age 44.3 ± 13, M:F = 2:5) with an initial body mass index of 36.5 ± 7.1 underwent 10-day cycles of enteral nutrition through a fine nasogastric tube. The nutritional solution consisted solely of 50–65 g of proteins, plus vitamins and electrolytes. The 24-hour infusion was controlled with a small portable pump. Before and after each 10-day cycle body composition was checked with a Handy 3000 impedance analyzer. At the onset of treatment, average fat mass was 40.9 ± 12.8 kg while body cell mass was 42.7 ± 7.2 kg in males and 27.4 ± 4.6 kg in females. Results After an average of 2.5 cycles the patients lost 10.2 ± 7.0 kg of body weight, 5.8 ± 5.5 kg of fat mass and 2.2 ± 3.3 kg of body cell mass. No significant adverse effects were recorded except asthenia and constipation which were easily controlled with therapy. Long-term results were obtained from 15,444 patients and after an average of 362 ± 296 days we found a mean weight regain of 15.4%. Conclusion Ketogenic Enteral Nutrition treatment of over 19,000 patients induced a rapid 10% weight loss, 57% of which was Fat Mass. No significant adverse effects were found. The treatment is safe, fast, inexpensive and has good one-year results for weight maintenance.
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In this article, we review the current concepts about the pathogenesis of hepatic steatosis and non-alcoholic steatohepatitis and evaluate the existing diets in the context of this knowledge and the available literature. The intent is to enable clinicians to evaluate the diets of non-alcoholic fatty liver disease (NAFLD) patients and make rational decisions based on this perspective - in the absence of controlled trials - to help their patients. Finally, a tailored approach for the dietary treatment of NAFLD is offered as a way to optimize the dietary management of this condition.
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The effectiveness of commercial weight-loss programs consisting of very-low-calorie diets (VLCDs) and low-calorie diets (LCDs) is unclear. The aim of the study was to quantify weight loss and dropout during a commercial weight-loss program in Sweden (Itrim; cost: $1300/€1000; all participants paid their own fee). This observational cohort study linked commercial weight-loss data with National Health Care Registers. Weight loss was induced with a 500-kcal liquid-formula VLCD [n = 3773; BMI (in kg/m(2)): 34 ± 5 (mean ± SD); 80% women; 45 ± 12 y of age (mean ± SD)], a 1200-1500-kcal formula and food-combination LCD (n = 4588; BMI: 30 ± 4; 86% women; 50 ± 11 y of age), and a 1500-1800-kcal/d restricted normal-food diet (n = 676; BMI: 29 ± 5; 81% women; 51 ± 12 y of age). Maintenance strategies included exercise and a calorie-restricted diet. Weight loss was analyzed by using an intention-to-treat analysis (baseline substitution). After 1 y, mean (±SD) weight changes were -11.4 ± 9.1 kg with the VLCD (18% dropout), -6.8 ± 6.4 kg with the LCD (23% dropout), and -5.1 ± 5.9 kg with the restricted normal-food diet (26% dropout). In an adjusted analysis, the VLCD group lost 2.8 kg (95% CI: 2.5, 3.2) and 3.8 kg (95% CI: 3.2, 4.5) more than did the LCD and restricted normal-food groups, respectively. A high baseline BMI and rapid initial weight loss were both independently associated with greater 1-y weight loss (P < 0.001). Younger age and low initial weight loss predicted an increased dropout rate (P < 0.001). Treatment of depression (OR: 1.4; 95% CI: 1.1, 1.9) and psychosis (OR: 2.6; 95% CI: 1.1, 6.3) were associated with an increased dropout rate in the VLCD group. A commercial weight-loss program, particularly one using a VLCD, was effective at reducing body weight in self-selected, self-paying adults.
Chapter
In the past, many dietary “cures” for epilepsy were advocated, and such treatments included the excess or limitation of almost every substance (animal, vegetable, or mineral) (1). However, fasting as a treatment for seizures was less recognized. Fasting is the only therapeutic measure against epilepsy recorded in the Hippocratic collection (1). In the fifth century BC, Hippocrates reported on a man who had been seized by epileptic convulsions after having anointed himself before the fire in a bath, in winter. Complete abstinence from food and drink was prescribed, and the cure was effective.
Article
Background: Endothelial dysfunction is a major underlying mechanism for the elevated cardiovascular risk associated with increased body weight. We aimed to assess the impact of weight loss induced by an intensive very-low-calorie diet (VLCD) on arterial wall function in severely obese patients (SOP). Methods: Thirty-four SOP were admitted to the metabolic ward of the hospital for a 3-week period. A VLCD characterized by a liquid diet providing 800 kcal/day was administered. The small artery reactivity to postischemic hyperemia index (saRHI), a surrogate marker of endothelial function, was assessed before and 1 week after hospital discharge. Anthropometry and biochemical parameters were also measured. Obese and non-obese age- and gender-matched groups were recruited for baseline comparisons. Results: SOP had significantly lower saRHI compared with obese and non-obese individuals. SaRHI significantly increased after the intervention in SOP (1.595 ± 0.236 vs. 1.737 ± 0.417, p = 0.015). A significant improvement in glucose (p = 0.026), systolic blood pressure (p = 0.049), LDLc (p < 0.001), and inflammatory parameters was observed. Body weight loss was associated with a higher saRHI (r = -0.385, p = 0.033), and it was the main determinant of saRHI variation independently of confounders (β -0.049, IC 95 % -0.091-0.008, p = 0.021). Conclusions: Weight loss induced by a VLCD in SOP improved small artery reactivity, and it was associated with the amelioration of metabolic and inflammation markers. Endothelial dysfunction may be softened by body weight loss interventions and useful in the management of cardiovascular risk factors in SOP.