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CATANIA ANTICA
Nuove prospettive di ricerca
A cura di
Fabrizio Nicoletti
Palermo
2015
Regione Siciliana
Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Museo Regionale Interdisciplinare di Catania
CATANIA ANTICA
NUOVE PROSPETTIVE DI RICERCA
a cura di Fabrizio Nicoletti
Il volume è stato realizzato nell’ambito del Progetto per
l’incremento della valorizzazione e pubblica fruizione del Teatro Ode-
on e delle Terme della Rotonda di Catania - PO FESR Sicilia
2007-2013. Asse 3. Linea d’intervento 3.1.1.1.
Dipartimento: Servizio Attuazione programmi nazionali e comunita-
ri - APQ
Maria Elena Alfano, Benedetta Cacicia
Responsabile unico del procedimento e coordinatore per la sicurezza
Giuseppe Sciacca
Ufficio di progettazione
Maria Grazia Branciforti, Giovanna Buda, Antonio Fer-
nando Chiavetta, Roberto Sannasardo, Cornelio Tripolone
Direzione dei lavori
Giovanna Buda
Direzione operativa e coordinamento scientifico per le indagini archeo-
logiche e i restauri
Maria Grazia Branciforti, Fabrizio Nicoletti
Direzione operativa per le indagini geologiche
Antonio Fernando Chiavetta
Collaboratore al responsabile unico del procedimento
Anna Toscano
Collaboratori alla direzione dei lavori
Giuseppina Ferlito, Pamela Nicolosi, Giuseppe Santonoci-
to, Cornelio Tripolone, Vincenzo Toscano
Collaudi
Giovanni Patti, Francesco Privitera
Impresa esecutrice
Consorzio Stabile Vitruvio s.c. a r.l. - Gioiosa Marea (ME)
VOLUME
Progettazione e impaginazione
Fabrizio Nicoletti
Stampa
Grafica Saturnia - via Pachino 22, Siracusa
© Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e del-
l’Identità Siciliana, Dipartimento dei Beni Culturali e del-
l’Identità Siciliana
Volume fuori commercio, vietata la vendita
Regione Siciliana
Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana
Catania antica : nuove prospettive di ricerca / a cura di Fabrizio Nicoletti. - Palermo :
Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana, Dipartimento dei
beni culturali e dell'identità siciliana, 2015.
ISBN 978-88-6164-348-2
1. Odeon <Catania> [e] Terme della Rotonda <Catania>.
I. Nicoletti, Fabrizio.
937.8131 CDD-22 SBN Pal0283796
CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”
ABBREVIAZIONI
Le abbreviazioni bibliografiche sono quelle dell’Année Philologique online, all’indirizzo:
http://www.annee-philologique.com/files/sigles_fr.pdf
I simboli delle misure sono quelli del Système international d’unités.
Le principali abbreviazioni usate nel testo sono le seguenti:
bibl. = bibliografia
C = centro
c., cc. = colonna colonne
ca. = circa
cat. = catalogo
cd. = cosiddetto/a
c.da = contrada
cds = in corso di stampa
cfr. = confronta
D/ = dritto
diam. = diametro
doc. docc. = documento documenti
E = est
Ead. = Eadem
ed., eds. = editor/s
h = altezza
Ibid. = Ibidem
Id. = Idem
inf. = inferiore
inv. = inventario
largh.
lungh.
max. = massimo/a
mq = metro/i quadrato/i
N = nord
n. nn. = numero/i
p. pp. = pagina pagine
prof. = profondità
q. = quota
R/ = rovescio
S = sud
s.a. = senza autore
s.d. = senza data
s.l. = senza luogo
sec. = secolo
sgg. = seguenti
s.l.m. = sul livello del mare
spess. = spessore
sup. = superiore
v. = vedi
W = ovest
INDICE
ANTONIO PURPURA
Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana ..............
9
CARMELA VELLA
Dirigente del Servizio Museo Regionale Interdisciplinare di Catania ..
11
FABRIZIO NICOLETTI
Prefazione .........................................................................................................
13
ANTONIO FERNANDO
CHIAVETTA
Aspetti geologici, morfologici e idrogeologici dell’area del teatro antico di Catania
23
FABRIZIO NICOLETTI
L’acropoli di Catania nella preistoria ................................................................
33
DARIA PETRUSO
GIOVANNI DI SIMONE
VINCENZA FORGIA
La fauna a mammiferi dell’abitato preistorico sull’acropoli di Catania ...............
99
ORAZIO PALIO
FRANCESCO PRIVITERA
L’età del Bronzo nella grotta Petralia di Catania ..............................................
125
DAVIDE TANASI
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio ...
143
MASSIMO FRASCA
Gli scavi all’interno dell’ex monastero dei Benedettini e lo sviluppo urbano di
Catania antica ..................................................................................................
163
MARCO CAMERA
Le coppe di tipo ionico del deposito votivo di piazza San Francesco a Catania.
Alcune riflessioni tra tipologia, produzione e dinamiche territoriali ......................
179
MICHELA URSINO
Un cratere del Pittore del Louvre F6 dalla stipe di piazza San Francesco a Ca-
tania .................................................................................................................
203
DANIELA MIDOLO
UMBERTO SPIGO
Catania. Ricerche sotto palazzo Sangiuliano (piazza Università) ......................
213
GIOVANNA BUDA
Teatro antico di Catania. Lavori tra il 2014 e il 2015 .....................................
247
AGATA TAORMINA
Nuove ricerche archeologiche nel teatro antico di Catania ....................................
281
GIUSEPPE GUZZETTA
Monete dagli scavi 2014-2015 nel teatro antico di Catania ...............................
351
TERESA MAGRO
ANTONINO MAZZAGLIA
Indagini in via San Francesco d’Assisi ..............................................................
359
SUSANNA AMARI
Il balneum in piazza Sant’Antonio a Catania: una riscoperta archeologica ......
379
ELISA BONACINI
Il “portico dell’Atleta” di via Crociferi: i dati dello scavo del 2006 .....................
399
ELISA BONACINI
La domus con fontana di via Santa Maddalena: i dati dello scavo del 2007 ....
413
FABRIZIO NICOLETTI
La tomba romana di via Sanfilippo a Catania ..................................................
431
FRANCESCO TOMASELLO
Bain du Temple de Bacchus a Catania .......................................................
445
PATRIZIO PENSABENE
Il contributo degli elementi architettonici in marmo del Museo Civico di Castello
Ursino alla storia dell’architettura romana di età imperiale a Catania ................
471
GIOVANNA BUDA
FABRIZIO NICOLETTI
VIVIANA SPINELLA
Catania. Scavi e restauri a nord della Rotonda .................................................
507
GIUSEPPE GUZZETTA
Monete dagli scavi del 2015 a nord della Rotonda a Catania ............................
573
PAOLO BARRESI
Testimonianze di scultura romana a Catania .....................................................
591
PAOLO MILITELLO
Le Antichità catanesi nelle fonti cartografiche d’età moderna .............................
609
GIUSEPPE GUZZETTA
La numismatica di Catana dal Rinascimento all’età dei Lumi ..........................
629
ROSA LANTERI
La collezione numismatica dell’Università di Catania ........................................
663
ANNA MARIA IOZZIA
Documenti dell’Archivio di Stato di Catania per la storia dell’archeologia cata-
nese. 1743-1932 ...............................................................................................
673
ANTONELLA PAUTASSO
Giovanni Rizza e l’archeologia urbana a Catania nella seconda metà del XX
secolo .................................................................................................................
721
DARIO PALERMO
Spigolature catanesi ...........................................................................................
741
Catania Antica
Nuove prospettive di ricerca
DAVIDE TANASI(*)
La storia di due colline:
l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
RIASSUNTO - La preistoria dell’area urbana di Catania è spesso considerata come un enigma per studiosi e studenti per via
della scarsità di dati, troppo spesso provenienti da interventi fortuiti condotti durante il secolo scorso, e della relatività della
ricerca archeologica. Per ciò che concerne l’età del Bronzo medio, i documenti più significativi sono stati forniti dal com-
plesso di grotte di Barriera, esplorato da Paolo Orsi nel 1898, e dalla collina di Montevergine, dove in più riprese sono stati
recuperati alcuni materiali ceramici tipo Thapsos fuori contesto. Una nuova importante evidenza è stata prodotta
dall’esplorazione della collina di Leucatia, meglio nota come monte San Paolillo, nella parte nord-orientale del suburbio della
città, dove le indagini della Soprintendenza di Catania, tra il 1994 e il 1996, hanno messo in luce tracce di un’occupazione
continua dal Neolitico all’età Arcaica. Il sito di monte San Paolillo si configura come cruciale per l’interpretazione delle prin-
cipali dinamiche culturali di epoca preistorica nell’area della città. In particolare la grande abbondanza di ceramica Thapsos,
rivenuta durante gli scavi, messa a confronto con le altre ceramiche provenienti dagli altri due siti, ci permetta per la prima
volta di tentare la definizione della produzione ceramica di tipo Thapsos nell’area di Catania. Inoltre, la comparazione tra i
due casi studi rappresentati dalla collina di Montevergine e dal monte San Paolillo, potrebbe gettare luce su quelle che furo-
no le dinamiche insediative delle comunità che vissero sul suolo della futura colonia calcidese nell’età del Bronzo medio.
SUMMARY - THE TALE OF TWO HILLS: THE AREA OF CATANIA CITY IN THE MIDDLE BRONZE AGE - The prehistory of the
urban area of Catania has been a puzzle for scholars and students due to scarcity of data, frequently acquired during acciden-
tal interventions throughout the past century, and relativity of the archaeological research. For the Middle Bronze Age, the
most significant documents have been provided by the complex of Barriera caves, explored by Paolo Orsi in 1898, and by
the Montevergine hill, where in several single excavations a handful of decontextualized Thapsos ceramics have been col-
lected. A new significant evidence has come from the exploration of the Leucatia hill, also known as monte San Paolillo, in
the north-eastern suburb of the city, where excavations carried out by the Superintendence of Catania in 1994 and 1996 un-
covered traces of a continuous occupation from Neolithic to Archaic period. The evidence of monte San Paolillo is crucial
to understand main cultural dynamics during prehistory in the area of Catania. In particular, the abundance of Thapsos ce-
ramics retrieved there, compared with those already known from the other two sites allows us, for the first time, to attempt
the definition of the Thapsos pottery production in the Catania territory. In particular, the comparison between the cases of
the two hills, Montevergine and monte San Paolillo, could shed light on the settling patterns and strategies of the natives
living in the place of the future Chaldician colony.
(*) Arcadia University, The College of Global Studies - Arcadia Sicily Center, via Roma 124, 96100 Siracusa; tel.
0931/449262; e-mail: tanasid@arcadia.edu.
INTRODUZIONE
La parola chiave che riassume lo stato delle
conoscenze dell’area della città di Catania nella
preistoria è senza dubbio “frammentarietà”. La
maggior parte dei materiali noti in letteratura so-
no infatti spesso solo frammenti ceramici, recu-
perati in modo fortuito in interventi sporadici
spesso documentati in modo lacunoso ed eseguiti
a macchia di leopardo sul territorio urbano.
Come conseguenza, nel tempo, la preistoria di
Catania si è costruita la reputazione di enigma tra
gli addetti ai lavori e di vero e proprio buco nero
tra gli studenti.
Un sostanziale contributo alla conoscenza di
questo problema è stato offerto da alcuni tentati-
vi di razionalizzare i disiecta membra (Agodi 2010,
Frasca 2010, Privitera 2010), che hanno riportato
il tema alla ribalta dell’interesse.
Più recentemente la risistemazione complessi-
va dell’intero quadro delle conoscenze antiche e
moderne svolto con grande merito da Massimo
Cultraro (2014) ha portato alla definizione delle
principali vicende culturali della preistoria della
futura colonia calcidese.
Davide Tanasi
144
Da quel lavoro prende le mosse questo contri-
buto, che affronta in modo specifico le problema-
tiche relative all’età del Bronzo medio (XV-XIII
sec. a.C.), quella facies di Thapsos che in altri di-
stretti culturali dell’isola è ben nota in letteratura.
In particolare ci si focalizzerà sulle evidenze
prodotte dai tre siti principali della città per que-
sto periodo, la collina di Montevergine, le grotte
di Barriera e la collina di Leucatia (fig. 1), nel ten-
tativo sia di caratterizzate la produzione della ce-
ramica Thapsos nell’area della città che di inter-
rogarsi sul rapporto tra i tre siti.
LA COLLINA DI MONTEVERGINE
Tracce di frequentazione della collina di Mon-
tevergine nel corso dell’età di Thapsos erano state
solamente annunciate relativamente ad indagini
condotte da BernabòBrea a piazza Dante, fuori
del monastero dei Benedettini (Procelli 1992, p.
75; Cultraro 2014, p. 49). Più recentemente, il rie-
same di un gruppo di materiali rivenuti nel 1972,
durante lo scavo della fognatura nelle vie Ardiz-
zone e Santa Maddalena (Privitera 2010, p. 46,
fig. 2, pp. 49, 58-59; Cultraro 2014, pp. 49-51) ha
fornito nuove significative evidenze. I materiali
recuperati, purtroppo privi di contesto, annove-
rano per lo più coppe carenate con orlo
introflesso e superfici grigiastre e marrone chiaro,
con la tipica decorazione incisa della facies di
Thapsos (figg. 2-4), a cui si aggiungerebbe un più
inusuale esemplare di tazza a calotta di ispirazio-
ne egea (Cultraro 2010) (fig. 5). Questi esemplari,
rivenuti in modo fortunoso e “mischiati” con
materiale castellucciano, documentano quindi una
presenza
importante nella zona di piazza Dante, non di-
stante dalla zona, dove prima delle sostanziali
modificazioni della linea di costa, poteva trovarsi
Fig. 1 - Pianta dell’area urbana di Catania con l’indicazione
dei siti della collina di Montevergine, Barriera e monte San
Paolillo.
Fig. 2 - Ceramiche dell’età del Bronzo medio dalla collina di
Montevergine(da Privitera 2010).
Fig. 3 - Frammento di forma chiusa della facies di Thapsos
dalla collina di Montevergine(da Privitera 2010).
Fig. 4 - Dalla collina di Montevergine: A. coppa a profilo
continuo; B. coppa carenata (da Privitera 2010).
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
145
l’insenatura del porto (Castagnino Berlinghieri e
Monaco 2010, p. 32).
Interessante e problematico è anche un esem-
plare di grande vaso con decorazione geometrica
incisa (fig. 6), rivenuto negli scavi presso il mona-
stero dei Benedettini e variamente interpretato
come relativo all’età del Rame (Agodi 2010, p.
65) o all’età del Bronzo finale-Ferro (Cultraro
2014, p. 49), che a nostro parere sarebbe invece
compatibile con il repertorio decorativo della
produzione ceramica Thapsos (Alberti 2004).
LE GROTTE DI BARRIERA
Il sito preistorico tradizionalmente più impor-
tante nell’area della città di Catania, è quello ubi-
cato a nord del centro storico, nel quartiere di
Barriera del Bosco (Procelli 2007), dove nel 1890
Gioacchino Basile, direttore della R. Scuola di
Enologia e Agricoltura, oggi Istituto Tecnico A-
grario “F. Eredia”, rinvenne, dentro una grotta di
scorrimento lavico e nei terreni della scuola da lui
diretta, materiale archeologico (Basile 1891), con-
fluito successivamente nelle collezioni del R. Mu-
seo Archeologico di Siracusa (Orsi 1914). Soltan-
to nel 1898, Paolo Orsi, ebbe modo di condurre
una breve campagna di scavi, esplorando sette
grotte ed eseguendo saggi al di fuori di esse, indi-
viduando alcune tracce di capanne, sia nei terreni
della scuola, sia in quelli vicini che si estendevano
verso E, nelle proprietà La Porta e Mangione e,
un chilometro più a nord lungo l’attuale via del
Bosco, in quella Curci (Orsi 1898; 1907).
Il materiale raccolto da Basile e da Orsi deli-
neava un’occupazione continua del sito dalla tar-
da età del Rame, attraverso il Bronzo antico fino
all’età del Bronzo medio, seppure con notevoli
problemi di interpretazione della sequenza dovuti
probabilmente a ripetute attività di violazione e
saccheggio.
Forse proprio per via di queste complicazio-
ni, la pubblicazione in cui Orsi rende conto del
suo intervento è particolarmente frammentaria e
parca di informazioni rispetto ai reperti: riprodur-
Fig. 5 - Tazza a calotta di ispirazione egea della collina di
Montevergine(da Cultraro 2010).
Fig. 6 - Frammento di forma chiusa della facies di Thapsos
dal monastero dei Benedettini (da Agodi 2010).
Fig. 7 - Pisside su piede inv. n. 28190 da una capanna nei
pressi della Scuola Enologica di Barriera (1:4).
Fig. 8 - Coppa su piede inv. n. 28186 da una delle grotte
della Scuola Enologica di Barriera (1:5).
Davide Tanasi
146
rò quelli che presentano qualche novità (Orsi 1907, p.
67).
Dato che dalle parole orsiane emerge, tuttavia,
una certa importanza assegnata alla fase di vita
del Bronzo medio, si è cercato di focalizzare
l’interesse su quei pochi materiali tipo Thapsos,
rintracciati, ove possibile, nelle collezioni del Mu-
seo Archeologico di Siracusa.
Si tratta di una pisside su piede, inv. n. 28190,
parte della collezione Basile e rinvenuta all’in-
terno di una delle capanne della Scuola Enologica
(Orsi 1907, p. 67, fig. 21 e pp. 75, 77) (fig. 7); la
metà superiore di una coppa a festoni, inv. n.
28186, anch’essa dalla collezione Basile e prove-
niente da una delle grotte della Scuola Enologica
(Orsi 1907, p. 65, fig. 17 e p. 75) (fig. 8); la metà
inferiore di un grande bacino su piede, inv. n.
28187, proveniente da una delle capanne del pre-
dio La Porta (Orsi 1907, p. 83, fig. 42 e p. 88)
(fig. 10). Ad essi si aggiunge un grande esemplare
di pithos cordonato, rivenuto in frammenti nei
dintorni di una delle capanne della Scuola Enolo-
gica (Orsi 1907, p. 77) (fig. 14).
Inv. n. 28190. Pisside su piede.
H 18,7; diam. bocca 10,2; diam. base 6,6; spess. 0,7 cm.
Corpo globulare, collo distinto, orlo estroflesso assottiglia-
to, basso piede troncoconico, coppia di ansette a bugna fo-
rata sulla spalla. Decorazione incisa: serie di motivi ad an-
golo multiplo con punta rivolta verso l’alto, organizzati in
due registri, superiore ed inferiore, divisi da un fascio di
linee orizzontali posto poco al di sotto della max. espansio-
ne. Corpo ceramico 5YR 6/8; ingobbio 2.5YR 5/3. Inte-
gra.
Inv. n. 28186. Coppa su piede.
H 23,5; diam. bocca 32; spess. 1,2 cm.
Coppa su piede con vasca profonda e carenata, orlo intro-
flesso e ispessito a sezione quadra, coppia di ansette a presa
poste al di sotto della carenatura, gambo tubolare parzial-
mente conservato. Decorazione plastica: coppia di cordoni
curvilinei a rilevo disposti simmetricamente sulla vasca.
Corpo ceramico 5YR 6/8; ingobbio 2.5YR 5/4. Mancante
della metà inferiore del corpo.
Inv. n. 28187. Bacino su piede.
H 36; diam. base 19,4; spess. 1,3 cm.
Bacino su piede di cui si conserva il piede troncoconico e la
parte inferiore della vasca probabilmente di forma emisferi-
ca. Decorazione incisa: sul gambo, serie ripetuta tre volte di
motivi ad angoli multiplo con vertice in alto intervallata da
coppia di linee verticali; sulla vasca, motivo a angolo multi-
plo sormontato da grande motivo a coppia di linee curve
che occupa gran parte della vasca. Corpo ceramico 5YR
6/8; ingobbio 2.5YR 5/5.Mancante della metà superiore.
I tre vasi, seppure provenienti da contesti dif-
ferenti ma con tutta probabilità culturalmente e
cronologicamente equipollenti, presentano le me-
desime caratteristiche tecniche in termini di fab-
brica e manifattura. L’ingobbio di color marrone
grigiastro e la decorazione incisa e plastica rien-
trano appieno nella tradizione ceramica Thapsos
di area megarese e siracusana. La pisside su piede
inv. n. 28190, recentemente ripubblicata e foto-
grafata con degli effetti di luce che ne hanno del
Fig. 9 - Parte sommitale di ansa bicornuta a solcatura me-
diana dalla collezione Basile.
Fig. 10 - Bacino su piede inv. n. 28187 da una capanna del
predio La Porta a Barriera (1:5).
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
147
tutto falsato il colore dell’ingobbio (Privitera e La
Rosa 2007, p. 271), è molto comune, con nume-
rose varianti, nel repertorio ceramico del Bronzo
medio. Due confronti puntuali sono l’esemplare
inv. n. 18512 dalla tomba 4 di Mantrensa (Orsi
1903, pp. 145-146) e i due vasi inv. nn. 11178c e
11236, rispettivamente dalla tomba 7 di Cozzo
del Pantano (Orsi 1893, c. 9). La grande coppa
inv. n. 282816 richiama in modo diretto due e-
semplari analoghi, per tipo e decorazione, da
Cozzo del Pantano, l’inv. n. 11185 dalla tomba 9
e l’inv. n. 11294 della tomba 33 (Orsi 1893, c. 12).
Per ciò che concerne il pithos a cordoni, esso è
tipologicamente affine a duepithoi da Thapsos,
quello dell’enchytrismós n. 8 della necropoli e quello
dalla capanna compresa nel quadrato XLIV (Vo-
za 1972, p. 203, fig. 18.a,c).
Il Roveretano fa riferimento anche a pochi
materiali ancor più tardi, inquadrabili nel corso
della facies di Pantalica Nord: l’appendice ascifor-
me (fig. 11) ed il gambo tronco conico con fori di
riparazione (fig. 12) di un bacino su piede dalla
grotta La Porta I, del quale propone anche un di-
segno ricostruttivo (Orsi 1907, p. 74, fig. 32 e p.
84) (fig. 13), ed un’hydriabiansata, inv. n. 28188,
facente parte della collezione Basile e proveniente
da una delle grotte della Scuola Enologica (Orsi
1907, p. 64, fig. 16 e p. 74) che è stata riesaminata
in dettaglio (fig. 15).
Inv. n. 28188. Hydria.
H 25; diam. bocca 11,8; diam. base 8,8; spess. ansa 1, spess.
1,2 cm.
Hydria con corpo globulare, lievemente depresso, base pia-
na, basso collo distinto, orlo dritto assottigliato, coppia di
anse a spesso nastro impostate sulla massima espansione.
Inornata. Corpo ceramico 5YR 6/7; ingobbio 10YR 4/3.
L’interpretazione dell’Orsi a proposito del-
l’hydriainv. n. 28188 è senza dubbio fondata, co-
me testimonia il buon confronto tipologico con
l’esemplare inv. n. 23221 dalla tomba 29 del
gruppo Alessandro della necropoli di Montagna
di Caltagirone (Tanasi 2008, p. 212, tav. VI). Più
problematico invece è accettare l’ipotesi di rico-
struzione dell’appendice asciforme e del piede
come parti di un bacino “a tulipano” di tipo Pan-
talica Nord. In primo luogo questi due pezzi
mancano del tipico trattamento superficiale raffi-
nato ed ingobbio rossastro-marrone, invece ri-
scontrabili sull’hydria. Essi, infatti, sono rozza-
mente manufatti e presentano superfici grigiastre
Figg. 11 e 12 - Grotta La Porta I di Barriera: a sinistra, pie-
de troncoconico; a destra, appendice asciforme.
Fig. 13 - Disegno ricostruttivo del bacino dalla grotta La
Porta I di Barriera (da Orsi 1907).
Fig. 14 - Pithos cordonato da una delle capanne nei pressi
della Scuola Enologica (da Barone et alii 2011).
Davide Tanasi
148
ed annerite. In secondo luogo, l’analisi autoptica
dell’appendice asciforme, di oltre 20 cm di altez-
za, ha rivelato come in realtà essa non potesse es-
sere un’ansa cuspidata di un bacino tipo Pantalica
Nord, ma piuttosto un piastra fittile applicata
all’esterno di un bacino carenato, come in una
sorta di versione atrofica del tipo della piastra bi-
fida. Per cui si suggerisce di inquadrare questi due
esemplare nel novero della documentazione del-
l’età di Thapsos.
La ricognizione al museo ha permesso inoltre
di riesaminare la parte sommitale di un’ansa bi-
cornuta con solcatura mediana e decorazione in-
cisa, relativa ad una tazza attingitoio, tipica per
fabbrica, tipo e decorazione della facies di Thapsos
(Alberti 2004) (fig. 9), ed un esemplare di coper-
chio a calotta, attualmente in vetrina, più vicino al
repertorio formale di Pantalica Nord (Tanasi
2004) (fig. 16). Inoltre è stato riconsiderato l’e-
semplare frammentario di coppa su piede, segna-
lato come proveniente dalla grotta La Porta I
(Orsi 1907, p. 80, fig. 37 e p. 85), non discusso in
dettagli da Orsi, ma chiaramente ascrivibile al re-
pertorio della facies di Pantalica Nord (Mannino e
Spatafora 1995, p. 50, fig. 9.8) (fig. 17).
LA COLLINA DI LEUCATIA
Un osservatorio di straordinaria importanza
per la comprensione delle dinamiche culturali del-
la preistoria di Catania si sta rivelando la collina
di Leucatia, meglio nota come monte San Paolil-
lo, un’altura di 220 m di altitudine, nell’attuale
suburbio nord-est della città.
Già noto per la presenza di documentazione
relativa all’età del Ferro (Procelli 1992, p. 77), il
sito fu indagato dalla Soprintendenza BB.CC.AA.
di Catania in due riprese, nel 1994 e 1996. Le in-
dagini si concentrarono in particolare su una pic-
cola terrazza del versante sud-occidentale (predio
Bartoli), una ventina di metri più in basso della
sommità, sovrastante via Pietro dell’Ova, densa-
mente occupata da alberi di olivo ed interessata
da alcuni bunker ed escavazioni belliche del se-
condo conflitto mondiale (fig. 18).
Gli scavi (Patanè 1997-98, pp. 189-195) volti a
chiarire la natura di una struttura antica alterata in
tempi moderni ed ancora visibile presso il bunker
n. 1223, rivelatasi un monumento funerario di età
tardo-romana, interessarono, attraverso una serie
di sondaggi, tutta la terrazza, evidenziando una
straordinaria continuità di vita dalla preistoria fi-
no ad età romana.
Nel 1994, furono eseguiti tre saggi, A, B/C/D
e F, nei quali fu possibile recuperare una grande
quantità di ceramiche preistoriche e protostori-
che, non associate a strutture, ed in particolare
ceramiche di tipo Thapsos e numerosi frammenti
di grandi vasi contenitori ad impasto decorati con
Fig. 15 - Hydriainv. n. 28188 dalla collezione Basile (1:5).
Fig. 16 - Coperchio a calotta dalla collezione Basile.
Fig. 17 - Coppa su piede dalla collezione Basile.
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
149
cordoni e reticoli a rilievo (Patanè 1997-98, p.
193).
Nel corso della seconda campagna, del 1996,
riprendendo ed ampliando un saggio precedente
fu realizzata una trincea di 13 (N-S) x 10 (E-O)
m, denominata saggio G/96 (figg. 4-5), all’in-
terno della quale furono messe in luce significati-
ve evidenze strutturali relative a diverse epoche,
tra cui i resti di una capanna (Capanna 1) databile
all’età del Bronzo medio (Patanè 1997-98, p. 193)
ed una cospicua quantità di materiali assimilabili a
quelli rinvenuti nei saggi del 1994 (fig. 19). Con-
testualmente, una nuova grande trincea di 10 (N-
S) x 7 (E-O) m, caratterizzata da una complessa
successione stratigrafica e denominata saggio
M/96, venne definita a sud del bunker n. 1226.
Tra il 2009 e il 2010 fu avviata una ricognizio-
ne preliminare dei materiali, che portò ad una
prima presentazione del sito con particolare inte-
resse per le ceramiche relative all’età del Bronzo
medio, che rappresentano la maggior parte delle
evidenze, e si cercò di ricostruire la successione
stratigrafica all’interno del saggio più importante,
G/96 (Tanasi 2010).
Data l’enorme mole di reperti prodotti dagli
scavi del 1994 e 1996, oltre 200 cassette, lo studio
ha subito negli anni una battuta di arresto, ma
Fig. 18 - Planimetria del monte San Paolillo con indicazione
dell’area interessata dai saggi (da Tanasi 2010).
Fig. 20 - Ansa a rocchetto della facies di Diana.
Fig. 19 - Pianta del saggio G/96 con indicazione dell’area
della Capanna 1 e della Capanna A (da Tanasi 2010).
Fig. 21 - Nuclei e schegge di ossidiana.
Fig. 22 - Metà superiore di un orciolo della facies di San Co-
no-Piano Notaro.
Davide Tanasi
150
grazie ad un nuovo fondo di ricerca assegnato a
chi scrive da Arcadia University, agli inizi del
2014 è ripartita la revisione dell’intero complesso
finalizzata all’edizione dello scavo. Al di fuori di
questo progetto restano, le ceramiche recuperate
dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania nel
corso di due brevi interventi di somma urgenza
effettuati nell’estate del 2010 e nel marzo del
2011.
Per poter dare un contributo sostanziale alla
comprensione delle complesse vicende culturali
della preistoria catanese, val bene passare breve-
mente in rassegna le principali fasi e relative evi-
denze attestate a monte San Paolillo. Successiva-
mente la disamina si concentrerà sull’età del
Bronzo medio e su quello che il sito ci dice sulla
produzione ceramica tipo Thapsos.
La più antica presenza documentata sul monte
San Paolillo risale al Neolitico, come testimoniato
da un’ansa tipo Diana (fig. 20), rivenuta fuori
contesto, con tutta probabilità dilavata dalla parte
più alta del colle. Essa fa il paio con piccoli nuclei
e schegge di ossidiana, anch’essi decontestualizzati
e rinvenuti nei diversi saggi (fig. 21). Un’isolata
documentazione di frequentazione nell’età del
Rame è invece la metà superiore di un orciolo, il
cui trattamento della superficie e fabbrica richiama
la produzione di San Cono-Piano Notaro (fig. 22).
L’età del Bronzo antico è invece significativa-
mente documentata nei livelli più bassi del saggio
G/96, dove anche un lacerto di battuto (Capanna
A) è stato messo in luce al di sotto della Capanna
1 della fase di Thapsos. La ceramica castelluccia-
na di monte San Paolillo presenta la tipica deco-
razione geometrica dipinta in nero, per lo più con
trame lineari semplici, su fondo rosso o talvolta
ingobbiato di bianco (fig. 23). Diversamente da
quanto si osserva altrove la vernice è quasi sem-
pre evanida ed appena leggibile, o per un alto tas-
so di acidità della terra o per una generale scarsa
qualità tecnologica di questa produzione a monte
San Paolillo. Tra i materiali più significativi, si se-
gnala una tazza attingitoio miniaturistica di rozza
fattura (fig. 24), una mezza macina in basalto (fig.
25), in stretta relazione con il battuto della Ca-
panna A, e pochi esempi di industria litica, per lo
più lamelle, tra cui spicca un bel frammento di
lama in selce rossa (fig. 26). Degno di nota è an-
che il rinvenimento di diversi esemplari di corni
fittili (figg. 28-29), tra cui se ne evidenzia uno con
piccola protuberanza alla sommità (fig. 28.B), che
richiama tipi analoghi da monte Grande (Castel-
lana 1998, p. 191, figg. 105, 158c).
L’età del Bronzo recente è attestata da un uni-
co frammento decontestualizzato di brocchetta a
filtro con ingobbio marrone lustro, forma tipica
del repertorio di Pantalica Nord (Tanasi 2004)
(fig. 30), un’evidenza piuttosto povera che po-
trebbe tradire un possibile abbandono del sito in
questa fase.
Molto più abbondanti sono i dati relativi
all’età del Bronzo finale, che con il Bronzo medio
sembra il momento più importante nella frequen-
tazione preistorica di monte San Paolillo. Sinto-
Fig. 23 - Selezione di frammenti castellucciani dall’area della
Capanna A.
Fig. 24 - Tazza miniaturistica dai livelli castellucciani.
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
151
matica è la presenza di un solo frammento di ce-
ramica a decorazione piumata (fig. 31), che fa il
paio con un secondo frammento analogo, già i-
dentificato dalla collina di Montevergine (Frasca
2010) (fig. 32). Largamente attestata è invece una
classe ceramica con decorazione dipinta in verni-
ce bruna, diluita e stesa in modo approssimativo
direttamente sul corpo ceramico o su un ingob-
bio color grigio chiaro, con motivi lineari sempli-
ci, quali spesse bande, angoli multipli, graticci e
fasci orizzontali, verticali e obliqui, che richiama-
no il repertorio della ceramica tipo Ausonio II
(BernabòBrea e Cavalier 1980) (fig. 33). Tra le
forme ricorrono le coppe carenate (fig. 33.A), le
tazze attingitoio carenate con ansa sormontate ed
orlo estroflesso (fig. 34) ed i piccoli dolii (fig. 35).
Un dato questo del posizionamento dell’area di
Catania nella sfera d’influenza dell’Ausonio II
piuttosto che in quella della facies di Cassibile, sul
quale si dovrà riflettere in modo specifico.
Al passaggio tra la prima e la seconda età del
Ferro, si colloca un altro consistente gruppo di
materiali che comprendono scodelloni carenati-
con decorazione incisa a meandro di tradizione
Pantalica Sud, bacini carenati con orlo estrofles-
so, talvolta con labbro pendulo, a decorazione
incisa e ceramiche con decorazione dipinta in
rosso scuro su fondo crema tipiche sia dell’età di
Pantalica Sud che Finocchito (Frasca 1982) (fig.
36). Si segnala anche un esemplare frammentario
di fibula bronzea del tipo con arco serpeggiante,
bastoncelli e staffa lunga (fig. 37) e numerosi e-
semplari di punte di frecce e piccole fiocine in
ferro (fig. 38).
Estremamente significativo è anche il rinve-
nimento di alcune ceramiche greche protoarcai-
che, inquadrabili tra la fine dell’VIII ed i primi
decenni del VII sec. a.C. (fig. 39), tra cui anche
un esemplare di coppa ad uccelli (fig. 40), compa-
rabili con altre evidenze analoghe già note
nell’area della città (Frasca 2010, p. 104).
Il complesso di materiali tuttavia più ampio e
problematico restituito dagli scavi del 1994 e
Fig. 25 - Macina in basalto dai dintorni della Capanna A.
Fig. 26 - Lamella in selce rossa.
Fig. 27 - Gruppo di lamelle e schegge in selce.
Fig. 28 - Frammenti di corni fittili.
Fig. 29 - Basi di corni fittili.
Davide Tanasi
152
1996 è quello relativo all’età del Bronzo medio ed
alla facies di Thapsos.
Come esplicitato in altra sede (Tanasi 2010), la
maggior parte delle ceramiche provengono dall’a-
rea della Capanna 1, ed in particolare dai livelli
US 38 (pianodi calpestio della capanna),US 16 (li-
vello di distruzione della capanna), USS 19-40 (li-
vello relativo alla riqualificazione dell’area dopo la
distruzione della capanna).
La ceramica di tipo Thapsos rinvenuta a mon-
te San Paolillo generalmente si presenta con una
superficie di color arancio molto scuro tendente
al grigio (7.5 YR 4/4) con un impasto semi-
depurato, ricco di tritume lavico e ceramico. La
decorazione è spesso assente; assai rari sono i
cordoni plastici e a rilevo ed i motivi ad incisione
geometrica elementare, così tipici della ceramica
thapsiana di area megarese-siracusana. In alcuni
casi è attestato un trattamento a stralucido delle
superfici.
Per ciò che concerne le forme e le classi, dallo
strato US 16, a contatto con il piano di calpestio
US 38, provengono alcuni bassi bacini rettangola-
ri a pareti lievemente svasate, semplici (Spatafora
2000, pp. 943-946, tav. CLXXX) e con diafram-
ma centrale (fig. 41.I, L), ollette (fig. 41.N) e pic-
coli vasi da fuoco biansati (fig. 41.M, P) con rela-
tivi coperchi (fig. 41.O), parecchi frammenti di
vasetti con pareti filtranti, diversi esemplari di
coppe, sia carenate con orlo ingrossato ed intro-
flesso (fig. 41.H) (cfr. Castellana 2000, p. 183, n.
43/91) che emisferiche con orlo dritto semplice o
bifido, e tazze attingitoio con ansa a nastro sor-
montante ad apici rilevati.
Il livello di rioccupazione dell’area, USS 19-40,
ha restituito una buona quantità di esemplari di
coppe a profilo continuo rientrante (fig. 41.A, C),
carenate con orlo rientrante (fig. 41.B, D) con or-
lo ingrossato ed introflesso (fig. 42.E-F) (cfr.
Procelli 1983, p. 58, fig. 13, n. 67; Castellana
2000, p. 179, n. 27/91), emisferiche con orlo drit-
to ed introflesso (figg. 41.E-G, 42.A, C, D) (cfr.
Castellana 2000, p. 193, nn. 87/91, 88/91) e di
piccole pissidi globulari con anse a presa impo-
Fig. 30 - Parete di brocchetta a filtro della facies di Pantalica
Nord.
Fig. 31 - Tratto di grande forma chiusa a decorazione piu-
mata.
Fig. 32 - Frammento di vaso a decorazione piumata dagli
scavi della Purità (da Frasca 2010).
Fig. 33 - Selezione di ceramiche dipinte della facies
dell’Ausonio II.
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
153
state a V capovolta, ollette con anse a presa (fig.
42.B) e ciotole (fig. 42.G). Lo stesso contesto ha
restituito esemplari molto frammentari anche di
altri tipi. La tazza attingitoio con ansa sormontan-
te ad insellatura centrale, del tutto comparabile
con un esemplare rivenuto a Capo Mulini (Privi-
tera 2010, p. 59, fig. 28), è documentato da un so-
lo esemplare (fig. 43). Così come pezzo unico re-
sta un esemplare molto frammentario di ottima
fattura di brocca (fig. 44), confrontabile con l’e-
semplareinv. n. 11263 della tomba 23 di Cozzo
del Pantano (Tanasi 2011, p. 325, fig. 10.11).
Una classe largamente documentata è quella
dei pithoi. L’evidenza di monte San Paolillo è rap-
presentata da 169 frammenti che, sulla base delle
porzioni ricostruibili, seppure non sempre con-
correnti alla restituzione di un profilo intero, e
delle analogie di fabbrica, sono stati ricondotti a
10 esemplari di pithoi dei quali sono state ricono-
sciute le parti morfologicamente e tipologicamen-
te rappresentative, provenienti dallo strato USS
19-40, messo in luce nel Saggio G/96 in un’area
di ca. 10 mq. Un recente riordino tipologico di
questi materiali (Barone et alii 2011; Veca 2015)
ha portato alla definizione di tre tipi principali
(fig. 45): Tipo 1 (variante A e B), collo distinto a
profilo troncoconico, corpo ovoidale con massi-
ma espansione al centro, piede indistinto, base
piana, inornato; Tipo 2, collo distinto a profilo
troncoconico, orlo indistinto, diritto, a sezione
quadrangolare, corpo ovoidale, con la massima
espansione al centro, piede indistinto, base piana,
decorazione a cordonature plastiche lisce oriz-
zontali sul corpo; Tipo 3, corpo piriforme rove-
sciato, con decorazione formata da intreccio di
cordoni applicati “a rete”.
Di grande importanza è puntualizzare come il
tipo 2, con decorazione a cordoni, trovi riscontro
puntuale con il sopra citato pithos trovato da Orsi,
nelle vicinanze delle capanne della Scuola Enolo-
gica di Barriera (Orsi 1907, p. 77; Procelli 2008,
p. 229; Voza 1972, p. 203, fig. 18.d). Decisamente
significativa è stata anche la ricostruzione di un
esemplare di tipo 2, cordonato, tipologia per la
quale ancora mancano sicuri elementi di confron-
to (fig. 46).
Tra i rinvenimenti più significativi effettuati al-
l’interno della Capanna 1, oltre alle ceramiche lo-
cali, vanno segnalati due frammenti di ceramica
micenea (Tanasi 2010), uno dei quali interpre-
Fig. 34 - Tazza attingitoio CA/112 dai livelli dell’Ausonio
II (1:5).
Fig. 35 - Dolio CA/113 dai livelli dell’Ausonio II (1:4).
Fig. 36 - Selezione di ceramiche dipinte ed incise delle facies
di Pantalica Sud e Finocchito.
Fig. 37 - Fibula bronzea ad arco serpeggiante e bastoncelli
del tipo a staffa lunga.
Fig. 38 - Punte di frecce e fiocine in ferro dai livelli della
seconda età del Ferro.
Davide Tanasi
154
tabile come appartenente ad una piriformjar(FS
44/45) del TE IIIA1-A2, decorata con motivo
FM 46:52 RunningSpiral(fig. 47) ed un secondo
esemplare acromo di argilla figulina (fig. 48), uni-
ci nel loro genere come ritrovamenti nel territorio
etneo.
La classe degli small finds è rappresentata da
due piccoli vaghi in terracotta, uno cilindrico con
una raffinata decorazione incisa in linea con i re-
pertori decorativi della facies di Thapsos (fig.
49.A) ed un secondo inusuale di forma globulare
appiattita con serie radiale di trattini incisi che gli
conferiscono una forma a stella o a fiore (fig.
49.B). Probabilmente interpretabile come un pe-
so, è invece un piccolo rocchetto fittile con se-
zione a clessidra (fig. 49.C). Attestate in gran nu-
mero sono le fuseruole (fig. 50), oggetto di uno
studio specifico in via di completamento. Un ri-
trovamento di grande interesse è invece un di-
stanziatore da fornace di forma tronco-piramidale
(fig. 51), che, in coppia con i numerosi scarti di
lavorazione rinvenuti, potrebbe indirettamente
contribuire ad interpretare meglio la gamma di
attività che si svolgevano sul monte San Paolillo.
Tra gli altri reperti della Capanna 1 si segnala
inoltre un vago d’ambra di cui è stata chiarita
l’origine baltica tramite analisi chimiche (Ciliberto
e Manuella 2010) (fig. 52), con tutta probabilità di
importazione egea come documentato in altri
contesti coevi (Cultraro 2007, pp. 57-58), e due
piccoli manufatti in bronzo, una verghetta a se-
zione quadra ed un piccola placchetta rettangola-
re, con un’estremità stondata e l’altra bipartita
(fig. 53).
Relativamente all’inquadramento cronologico
del periodo d’uso della capanna 1, cui appartiene
anche l’utilizzo del vasellame miceneo, del mo-
mento della sua obliterazione e della rioccupazio-
ne e rifunzionalizzazione dell’area, in altra sede
alcune tesi sono state argomentate in dettaglio
(Tanasi 2010). In mancanza di un sistema di rife-
rimento cronologico alternativo per il Bronzo
medio siciliano e nella speranza che presto nuove
misure al radicarbonio possano fare maggiore
chiarezza, seguendo con tutta la prudenza del ca-
so l’ipotesi cronologica di Alberti (2004), si può
suppore che l’attività insediativa della Capanna 1
si sia esaurita tra la fase di Thapsos I (TE IIIA1)
e Thapsos II (TE IIIA2). Con l’abbandono, nel
momento finale della fase di Thapsos III (TE
IIIB), si sarebbe verificata una riqualificazione
dell’area, con il livellamento delle rovine più anti-
che e l’inizio forse di un’attività di scarico. Una
consuetudine questa di obliterare i resti di una
capanna impostandovi al di sopra uno scarico ce-
ramico, che per altro trova riscontro nel caso del-
la capanna 7 di Filicudi (Alberti 2008, p. 79). In
questo senso, la datazione del frammento mice-
neo con il motivo della RunningSpiral, al TE
IIIA1-IIIA2 sarebbe del tutto coerente con tale
evidenza.
IL CONTRIBUTO DI MONTE SAN PAOLILLO AL-
LA DEFINIZIONE DI UN “THAPSOS ETNEO”
Le nuove evidenze di monte San Paolillo han-
no essenzialmente una duplice valenza nel nostro
tentativo di ricostruire lo specifico momento
dell’età del Bronzo medio nel quadro della prei-
storia di Catania.
La messe di dati ci ha permesso per la prima
volta di delineare la fisionomia della produzione
della ceramica Thapsos nell’area della città. I di-
siecta membra dalla collina di Montevergine e gli
sparuti documenti forniti da Orsidall’esplorazio-
ne delle grotte di Barriera, si erano rivelati insuf-
ficienti fino ad oggi allo scopo di caratterizzare gli
aspetti ceramici di questa facies. La sovrabbondan-
te documentazione ceramica dell’area megarese-
Fig. 39 - Ceramiche protoarcaiche di fine VIII-inizi VII sec.
a.C.
Fig. 40 - Coppa ad uccelli di fine VIII-inizi VII sec. a.C.
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
155
Fig. 41 - Ceramiche scelte dai livelli del Bronzo medio da monte San Paolillo(da Tanasi 2010).
Davide Tanasi
156
siracusana ed agrigentina avevano messo in om-
bra le dinamiche produttive di area etnea e si era-
no poste come inevitabile termine di paragone
per i pochi esempi provenienti da Catania ed il
suo territorio.
I nuovi dati discussi nel presente lavoro con-
tribuiscono alla definizione di un repertorio for-
male e di determinate peculiarità relative alle scel-
te decorative a cui si aggiunge l’enorme valore
aggiunto proveniente dalla caratterizzazione ar-
cheometrica delle fabbriche. Proprio i risultati
provenienti da questo spin off della ricerca princi-
pale (Barone et alii 2011; Rodriguez-Ruiz De Al-
modovaret aliicds) forniscono quegli elementi, del
tutto assenti nello studio della ceramica Thapsos
proveniente da tutti gli altri siti siciliani, che ci
convincono sempre più della presenza di una
produzione specifica per l’area etnea.
Questa ipotesi acquista maggior valore se si
confronta il caso di monte San Paolillo con quel-
Fig. 42 - Ceramiche scelte dai livelli del Bronzo medio da monte San Paolillo(1:4).
Fig. 43 - Tratto di tazza attingitoio con ansa a solcatura
mediana.
Fig. 44 - Ansa verticale a spesso nastro pertinente ad una
brocca.
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
157
Fig. 45 - Selezione di pithoi di tipo 1A, 1B, 2 e 3 della classificazione Veca da monte San Paolillo (da Veca 2015).
Davide Tanasi
158
lo di un altro sito dell’età di Thapsos, le cui cera-
miche sono state studiate ed analizzate in prece-
denza secondo la stessa metodologia, Grotte di
Marineo a Licodia Eubea (Venuti et alii 2011; Ba-
rone et alii 2012; Tanasiet aliicds; Tanasicds).
Nel complesso di materiali di Grotte di Mari-
neo, si ritrovano moltissime analogie in termini di
repertorio formale, tipologia, decorazione, mani-
fattura, tecnologia e cronologia con la produzio-
ne di monte San Paolillo, lasciando intendere una
sorta di koinè culturale e tecnologica che congiun-
geva l’area della futura colonia calcidese con l’alta
valle del fiume Dirillo.
CONCLUSIONI: UNA STORIA DI DUE COLLINE?
La presentazione preliminare della documen-
tazione archeologica proveniente da monte San
Paolillo ha messo in evidenza la grande impor-
tanza di questo sito per la preistoria di Catania.
La sua stratigrafia, indagata in minima parte nei
ristretti confini di pochi saggi, ripercorre infatti le
principali fasi cronologiche dal VII al I millennio
a.C. completando il quadro più frammentario of-
ferto dalle stazioni di Barriera e dalla collina di
Montevergine, quest’ultima indagata a macchia di
leopardo per via del frenetico sviluppo urbano.
Comparando le evidenze dei tre siti, emergono
una serie di riflessioni che vale la pena di appro-
fondire.
In primo luogo, per ciò che concerne la pro-
duzione ceramica, da un punto di vista tipologico
il denominatore comune ai tre gruppi di materiali
è dato dalla presenza della coppa con profilo con-
tinuo ed orlo introflesso, più o meno carenata, il
che come sopra ricordato è indice di un preciso
inquadramento cronologico. In altre parole, que-
sto semplice elemento ci informa riguardo alla
contemporaneità dei tre insediamenti (cfr. figg.
4.B, 8, 41.H).
Inoltre, si evidenzia come dal un punto di vi-
sta della tecnologia e della qualità della produzio-
ne, le ceramiche della collina di Montevergine e
di Barriera hanno molte assonanze, soprattutto
per ciò che concerne colori dell’ingobbio e pre-
senza dei tipici motivi decorativi ad incisione. In
generale i due complessi richiamano molto da vi-
cino le esperienze dei ceramisti di area megarese e
siracusana. I materiali di monte San Paolillo sono
invece del tutto estranei a questo binomio. Gene-
ralmente di fattura più rozza, raramente ingobbia-
ti, sono ancor più raramente decorati. Il tipico
motivo decorativo con coppie di linee curve sulla
vasca delle coppe è attestato in un solo esempla-
re, mentre la versione con cordoni plastici è del
tutto assente.
D’altro canto, la presenza del pithos cordonato
sia a Barriera che a San Paolillo è un elemento di
Fig. 46 - Pithos di tipo 2 della classificazione Veca da monte
San Paolillo(da Veca 2015).
Fig. 47 - Frammento miceneo con motivo FM 46:52 del
TE IIIA1-A2 dalla Capanna 1 (da Tanasi 2010).
Fig. 48 - Frammento di tipo miceneo dalla Capanna 1 (da
Tanasi 2010).
La storia di due colline: l’area della città di Catania nell’età del Bronzo medio
159
confronto tra i due siti che manca alla collina di
Montevergine, dove tuttavia potrebbe essere as-
sente per semplice relatività della ricerca archeo-
logica. Inoltre, la presenza di materiali allogeni o
di ispirazione allogena, ricordati per monte San
Paolillo e la collina di Montevergine, lascerebbe
Barriera fuori dall’equazione. Infine, la presenza
esclusiva a Barriera del tipo della pisside su piede,
molto popolare nel distretto megarese e siracusa-
no, del tutto assente nella messe di materiali di
monte San Paolillo, potrebbe suggerire una diver-
sa destinazione d’uso, che sfortunatamente non è
apprezzabile data la mancanza di contesto certo
per il manufatto in questione.
Passando dal livello dell’analisi ceramica a
quello dello studio delle specificità dei tre conte-
sti, se per la collina di Montevergine, l’ipotesi di
un abitato capannicolo resta ad oggi solo una va-
lida suggestione (Cultraro 2014, p. 69), il sito di
Barriera offre la doppia evidenza di abitato tro-
gloditico e capannicolo, mentre monte San Pao-
lillo restituisce diverse sfaccettature del tipico in-
sediamento, tra cui l’immagazzinamento e la pro-
duzione della ceramica.
In secondo luogo, per ciò che concerne il rap-
porto spaziale tra i tre siti, emerge chiaramente la
vicinanza tra il sito di Barriera e quello di monte
San Paolillo che distano meno di un chilometro e
mezzo in linea d’aria l’uno dall’altro e la distanza
di entrambi dalla collina di Montevergine, oltre
tre chilometri più a sud. È evidente che ogni ten-
tativo di ricostruire il sistema topografico di cui i
tre siti facevano parte nell’area della futura colo-
nia calcidese si infrange contro la relatività della
ricerca archeologica e l’assenza di dati nel resto
della città per questo periodo.
Un dato che potrebbe dare un contributo è la
presenza di elementi allogeni esclusivamente a
Fig. 49 - A. vago fittile a decorazione incisa semplice; B.
vago fittile a decorazione incisa geometrica; C. rocchetto
fittile (1:2).
Fig. 50 - Selezione di fuseruole dall’area della Capanna 1
(da Tanasi 2010).
Fig. 51 - Distanziatore per fornace dai livelli del Bronzo
Medio.
Fig. 52 - Vago in ambra baltica dalla Capanna 1 (da Tanasi
2010).
Fig. 53 - Verghetta e placchetta in bronzo dalla Capanna 1
(da Tanasi 2010).
Davide Tanasi
160
monte San Paolillo e sulla collina di Montevergi-
ne che ha dato adito di ipotizzare la possibilità
per i due siti di un accesso diretto al mare, indica-
to nel tratto di costa tra la foce dell’Amenano e
Ognina (Tanasi 2010, Cultraro 2014). Quasi si
fosse trattato di un sistema incardinato su due in-
sediamenti collinari, per altro intervisibili ancora
oggi, che si appoggiassero ad uno stesso scalo
marittimo, che nelle parole di Cultraro (2014, p.
69) “poteva essere collegato a una via di transito
che dalla costa, passando attraverso la vallata de-
limitata tra il sistema collinare a nord di Catania e
le colate laviche di Larmisi, avrebbe raggiunto le
zone interne, come il complesso di Barriera e di
monte San Paolillo”. Ma in questo caso arduo re-
sta comprendere il ruolo del sito di Barriera, che
pure doveva essere esteso come insediamento, e
non può essere semplicemente considerato un
satellite dell’una o dell’altra collina, semmai inve-
ce potrebbe in qualche misura essere stato com-
plementare a quello di monte San Paolillo, data la
vicinanza.
Sfortunatamente, allo stato attuale delle cono-
scenze si è costretti a restare al livello delle sem-
plici speculazioni anche per l’assenza di paralleli
nel resto della Sicilia dell’età del Bronzo medio
per questo che, nel caso di Catania, sembrerebbe
una vera e propria occupazione preistorica katà-
komas.
Per ciò concerne le fasi successive all’età del
Bronzo medio, è significativa la scarsissima se
non nulla attestazione di materiali tipo Pantalica
Nord nei tre siti, quasi a voler testimoniare un
abbandono generalizzato, cui segue un nuovo sta-
tus quo. La massiccia presenza di materiali Auso-
nio II sul monte San Paolillo, confrontato al-
l’assenza di dati da Barriera ed ai pochi disiecta
membra di ceramica tipo Cassibile dalla collina di
Montevergine rende bene l’idea di un’avvenuta
riconfigurazione sostanziale del “sistema delle
due colline”, in favore dello stesso monte San
Paolillo. Un argomento questo, senz’altro da ap-
profondire in altra sede.
In conclusione, i rinvenimenti di monte San
Paolillo hanno fornito nuovi significativi dati per
la comprensione di un periodo piuttosto oscuro
della lunga storia di Catania preistorica, come
l’età del Bronzo medio, suggerendo l’esistenza di
un vero e proprio sistema complesso ed evoluto
di insediamenti complementari ed organizzati in
ragione di uno scalo marittimo e con probabili
funzioni differenziate e dimostrando come anche
il territorio etneo fosse coinvolto nel grande fe-
nomeno della frequentazione micenea, al pari dei
distretti megarese-siracusano ed agrigentino. Alla
luce di questi nuovi dati, si può affermare con fi-
ducia che le due affermazioni orsiane sulla prei-
storia di Catania: l’archeologia dell’Etna, che pur sa-
rebbe un magnifico capitolo della Sicilia Antica, resta tut-
ta da farsi (ORSI 1907, p. 53) e a Catania invece non
una traccia di bronzo, qualsiasi, non un solo coccio mice-
neo (Orsi 1907, p. 75) sono sulla buona strada per
essere smentite.
(Quando non altrimenti specificato i disegni dei reperti
sono di Carlo Veca; le foto dei medesimi sono dell’autore.)
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