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13
Introduzione
La città romana di Ammaia, in Portogallo, è da tempo oggetto di indagini archeologi-
che da parte di una fondazione, la Fundaçao Cidade de Ammaia, capeggiata dalle
Università portoghesi di Coimbra ed Evora1. In questa sede si presenteranno i risultati
preliminari delle ricerche topografiche condotte sia nella città che nel territorio da parte
di un piccolo gruppo di studiosi, archeologi e geomorfologi, provenienti dalle Univer-
sità di Gent, in Belgio, e Cassino, in Italia, che partecipano alle ricerche nell’ambito di
un progetto internazionale di collaborazione scientifica2. In particolare, l’obiettivo del-
le indagini “geo-archeologiche” da noi condotte è quello di ricostruire l’habitat antico,
di inquadrare le modalità di sfruttamento delle risorse, di ricomporre il sistema delle
comunicazioni, di investigare il rapporto tra la città di Ammaia ed il suo territorio, e
soprattutto di chiarire alcune questioni cruciali sulla topografia e l’organizzazione spa-
ziale della città antica.
Tutti gli elementi che hanno caratterizzato l’habitat in età romana (insediamenti rurali,
strade, ponti, delimitazioni agrarie, terrazze agricole ed altre forme di divisioni del
terreno, condotti e canalizzazioni, aree funerarie o sacrali, ecc.), individuati nel corso
delle ricerche condotte nel territorio di Ammaia, sono stati da noi cartografati ed elabo-
rati con un approccio topografico e di “spatial analysis”, atto a meglio definire e com-
prendere il paesaggio umano dell’età romana 3.
Le ricerche topografiche, metodologicamente impostate da Frank Vermeulen e Morgan
De Dapper, modellate su un approccio “geo-archeologico” da loro stessi elaborato 4,
hanno previsto la ricognizione sul terreno, lo studio geologico e geomorfologico del
comprensorio, la raccolta del dato bibliografico e lo studio delle coperture aeree stori-
che5.
Il nostro progetto di ricerca ha previsto la creazione di un GIS appositamente elabora-
to, all’interno del quale sono state inserite ed elaborate le informazioni bibliografiche
disponibili e tutti i dati nuovi raccolti sul terreno, inclusi i risultati di alcune indagini
geologiche che hanno previsto carotaggi e studi delle sezioni stratigrafiche. L’obiettivo
è anche quello di allestire un database che renda possibile la sovrapposizione tra carat-
teristiche geologiche – geomorfologiche – paesaggistiche e presenze archeologiche, per
individuare le costanti che sono state alla base delle scelte insediamentali nel corso dei
primi cinque secoli della nostra era, ed isolare i “landmarks” nel territorio dell’antica
Ammaia, al fine di valutare e ricostruire quale sia stata l’evoluzione del paesaggio prima,
durante e dopo l’età romana.
Il contesto geografico
I resti della città romana di Ammaia si trovano nel cuore del Parco Naturale della Serra
de São Mamede, ritagliato in un’area montagnosa del Portogallo centro-orientale, che
sconfina in territorio spagnolo. Il sito archeologico, attualmente musealizzato e corre-
*
C. Corsi: Università di Cassino, Dipartimento di Fi-
lologia e Storia; c.corsi@unicas.it. F. Vermeulen: Universi-
teit Gent, Dipartimento di Archeologia (Belgio); Frank.
Vermeulen@UGent.be.
1
L’Università di Coimbra è rappresentata nella Fun-
daçao dal Prof. Vasco Gil Mantas, al quale va il nostro più
sentito ringraziamento per averci invitato a partecipare al
progetto e per averci supportato con la sua ineguagliabile
esperienza, mentre l’Università di Evora è rappresentata
dal Prof. Felipe Barata. Alla Fundaçao Cidade de Ammaia
ed in particolare ai colleghi ed amici Joaquim Carvalho,
Sofia Borges e Sérgio Pereira siamo debitori di un incon-
dizionato supporto logistico e scientifico, che ha anche
previsto l’ospitalità di gruppi di studenti provenienti dalle
Università di Cassino e Gent, che hanno partecipato alle
campagne di scavo negli anni 2001-2004.
2
Il gruppo di ricerca è composto da: Prof. Morgan De
Dapper, Dipartimento di Geografia dell’Università di Gent
(Morgan.DeDapper@UGent.be); Prof. Frank Vermeulen,
Dipartimento di Archeologia dell’Università di Gent
(Frank.Vermeulen@UGent.be); Dott.ssa Cristina Corsi, Di-
partimento di Filologia e Storia dell’Università di Cassino
(c.corsi@unicas.it); Sarah Deprez, Dipartimento di Geo-
grafia dell’Università di Gent (Sarah.Deprez@UGent.be).
Le prime tre campagne di prospezioni sul terreno sono state
condotte da M. De Dapper, geomorfologo, e dagli archeo-
logi C. Corsi e F. Vermeulen, ai quali, dal 2004, si è unita S.
Deprez, che sta conducendo una ricerca di dottorato sulla
“geo-archeologia” della media valle del Tago. Il ringrazia-
mento degli autori di questo contributo va anche a Morgan
De Dapper e Sarah Deprez per averci messo a disposizione
i risultati delle loro ricerche.
3
Come documentazione cartografica abbiamo utiliz-
zato la “Carta Geológica de Portugal” e la “Carta Militar
de Portugal”, mentre la fotointerpretazione è stata con-
dotta sulle fotografie aeree verticali dell’Instituto Português
de Cartografia e Cadastro (soprattutto il volo del 1952,
scala circa 1:15.000) ed alcune immagini dai satelliti Aster
e Landsat. La georeferenziazione del materiale cartografi-
co ed aerofotografico disponibile ha permesso la produ-
zione di carte e modelli tridimensionali elaborati da parte
di Sarah Deprez, alcuni esempi dei quali sono stati editi in
C
ORSI
, D
E
D
APPER
, D
EPREZ
, V
ERMEULEN
2005.
4
V
ERMEULEN
, D
E
D
APPER
, B
RAECKMAN
1998; V
ERMEU
-
LEN
, D
E
D
APPER
2000, pp. 1-4. Il metodo prevede sostan-
zialmente un approccio multidisciplinare che combini le
tecniche e metodologie di ricerca delle scienze della terra e
della topografia antica.
5
Le prime risultanze delle ricerche geo-archeologiche,
ed in particolare la ricostruzione del circuito murario della
città romana e delle infrastrutture per l’approvvigionamen-
to idrico cittadino, sono state oggetto di un contributo
recentemente pubblicato in Internet Archaeology: C
ORSI
,
D
E
D
APPER
, D
EPREZ
, V
ERMEULEN
2005.
L’approccio “geoarcheologico” è stato applicato ad al-
cune tematiche di ricerca, che hanno incluso:
– ricostruzione ipotetica delle vicende dell’erosione
dell’intera area urbana, e specificatamente della zona del
Elementi per la ricostruzione
del paesaggio urbano e suburbano
della città romana di Ammaia in Lusitania
CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN *
14 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
dato da un antiquarium, è localizzato nella fertile valle di São Salvador da Aramenha,
piccolo villaggio che rientra nel territorio comunale di Marvão, nel distretto di Portale-
gre, nell’Alto Alentejo (fig. 1). Il distretto di Portalegre è altrimenti noto come “Norte
Alentejano” e costituisce la parte più collinosa dell’Alentejo, posta tra la parte più pia-
neggiante, a meridione, e la regione montagnosa di Beira, a settentrione. È caratterizza-
to da un paesaggio desolatamente roccioso di scisti e graniti, che si alterna a colline di
quarzite. Il principale massiccio montuoso è proprio la Serra de São Mamede, che si
estende, con orientamento NO-SE, per circa 40 chilometri, divisi quasi equamente tra
Spagna e Portogallo. La catena montuosa, la cui cima più alta – il Pico de São Mame-
de – raggiunge i 1027 m s.l.m., costituisce una vera e propria barriera per gli agenti
atmosferici, e le nubi provenienti dall’Atlantico che si “arenano” contro le cime sono
all’origine delle abbondanti precipitazioni, che alimentano un elevato numero di fiumi
e ruscelli.
Come anticipato, la regione interessata dalla presenza della catena montuosa è inclusa
in un’area protetta, il “Parque Natural da Serra de São Mamede”, che include anche
parte dei principali corsi d’acqua della regione, la Ribeira de Nisa ed il Rio Sever, che
scorrono piuttosto impetuosamente seguendo l’orientamento NO-SE dei crinali mon-
tuosi, e naturalmente il fiume Tago (Tejo in portoghese), nel quale confluiscono i
suddetti fiumi. Tutti questi corsi d’acqua sono stati interessati, nel corso del tempo,
dalla costruzione di diverse dighe, per lo più di limitato impegno costruttivo, principal-
mente funzionali alla creazione di riserve idriche.
Oggi come in antico, l’Alentejo, cioè la regione posta “al di là” del fiume Tago, è un
comprensorio rurale, con una bassa densità di popolazione ed un ridotto tasso di urba-
nizzazione. Il paesaggio attuale è dominato dagli alberi di olivo e di querce da sughero,
da pascoli molto estesi e da una vegetazione mediterranea di recente sostituita da estesi
boschi di eucalipti, utilizzati principalmente per la produzione di cellulosa.
Da un punto di vista pedologico, sono dominanti i terreni rocciosi, a substrato affio-
rante di tipo granitico o sedimentario, caratteristica che rende ovviamente lo sfrutta-
foro, con la definizione del grado e delle caratteristiche
dell’erosione, e con l’individuazione dell’origine delle se-
dimentazioni che si sono lì successivamente stratificate;
– identificazione, attraverso l’analisi della situazione
topografica attuale, dell’esistenza di un teatro e di un anfi-
teatro, e ricostruzione ipotetica del circuito murario della
città romana;
– studio del sistema di approvvigionamento idrico di
Ammaia e delle forme di distribuzione dell’acqua, con ri-
costruzione del tracciato degli acquedotti di età romana;
– individuazione e valutazione delle risorse naturali che
possono essere state sfruttate in età romana (materiali da
costruzione, risorse minerarie, ecc.).
1
Fig. 1. La valle del Tejo su base
cartografica moderna, con indicazione
dell’estensione ipotetica del territorio
dell’antica Ammaia e schematica
ricostruzione della rete viaria romana
ad essa facente capo. I numeri degli
assi viari sono richiamati nel testo.
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 15
mento a scopo agricolo molto difficile e poco produttivo. La resa agricola è povera
anche a causa delle condizioni climatiche, particolarmente calde ed asciutte nel corso
dell’estate, mentre la disponibilità di ampi spazi incolti favorisce lo sfruttamento pasto-
rale, soprattutto rappresentato da bovini.
Il contesto storico e le ricerche archeologiche
Il distretto di Portalegre è molto ricco dal punto di vista del patrimonio archeologico,
rappresentato significativamente per tutte le epoche. Per la fase preistorica, ad esempio,
si possono enumerare oltre 500 tra dolmen e menhir, sparsi in tutta la regione, ai quali
si affiancano i numerosissimi rinvenimenti di industria litica dalle terrazze fluviali lun-
go il corso del Tago.
Anche le segnalazioni per le fasi romana e medievale sono molto numerose e diversi
abitati d’altura di fondazione medievale, come Portalegre, Castelo de Vide e Marvão,
attestano di essere stati occupati in diverse fasi storiche come siti fortificati 6.
L’identificazione delle rovine di São Salvador da Aramenha con la città romana di
Ammaia risale già alla metà degli anni ’30 del secolo scorso 7, ma indagini di scavo
sistematiche sono state intraprese solo nel 1994, seppure già nel 1949 il sito fosse
dichiarato “Monumento Nacional”. Dal 1997 è stato avviato il lavoro di scavo, studio
e conservazione dei reperti ad opera della Fundação Cidade de Ammaia 8.
Il sito archeologico di Ammaia si trova lungo un pendio collinare, immediatamente a S
del villaggio “di strada” di São Salvador da Aramenha, lungo il Rio Sever (figg. 2-3).
Attualmente l’area racchiusa entro i confini del Parco Archeologico è utilizzata a scopo
agricolo, prevalentemente uliveti e campi di grano, mentre la parte superiore del pen-
dio è lasciata a pascolo e le terrazze artificiali impiantate per le colture sono ora abban-
donate. Con l’esclusione di poche fattorie e del complesso rustico della Quinta do
6
Norte Alentejano 2001. Un sintetico quadro delle ri-
cerche archeologiche nell’Alentejo nord-orientale è pro-
posto da
D
’E
NCARNAÇÃO
1991, pp. 23-33.
7
V
ASCONCELOS
, L
EITE
1935, pp. 5-9.
8
La Fondazione cura annualmente la pubblicazione
di corposi dossier sulle attività di scavo e ricerca condotte
sul sito e sullo stato di avanzamento dei lavori di recupero
e restauro delle strutture monumentali, ma tali relazioni
annuali non prevedono la pubblicazione. Abbiamo scelto
di presentare questa relazione preliminare sulle ricerche
archeologico-topografiche che si stanno conducendo ad
Ammaia anche per collaborare alla distribuzione a livello
scientifico internazionale dei risultati del lavoro che in-
stancabilmente i colleghi portoghesi conducono a dispet-
to delle numerose difficoltà.
2
Fig. 2. Ammaia (indicata dal
cerchio rosso) ed il suo territorio
più prossimo (dai tipi dell’Instituto
Geográfico do Exército de
Portugal, ff. 335, 336, 347, 348).
I nn. 1-2 indicano la localizzazione
delle sorgenti che appaiono
sfruttate in età romana per
l’approvvigionamento idrico;
i nn. 3-5 indicano la possibile
localizzazione di ponti di età
romana; n. 6: segmento lastricato
di strada presso Carris.
16 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
Deão che ospita il Museo Monográfico da Cidade Romana de Ammaia, non ci sono
qui aree edificate, ma l’area archeologica è tagliata in due parti disuguali dal transito
della strada statale n. 359, che collega Castelo de Vide a Portalegre.
Le indagini di scavo sono state concentrate inizialmente dove le rovine affioranti dal
terreno indicavano la presenza di strutture attribuibili ad età romana e tardo antica.
La parte più consistente tra quelle ad oggi riportate alla luce è costituita dalla zona di
Porta Sul, dove è perfettamente conservato un tratto delle mura cittadine e della porta
meridionale, larga circa 6 m, monumentalizzata da due torri circolari che dominano un
ampio slargo pavimentato con blocchi di granito accuratamente tagliati 9 (fig. 3, n. 4). Da
questo spiazzo – in asse con la porta – si stacca una delle principali strade cittadine (il
c.d. cardo), bordato originariamente da portici; il lato meridionale della piazza è delimi-
tato da un quartiere residenziale10 .
Altri settori residenziali sono stati parzialmente riportati alla luce presso la già menzio-
nata Quinta do Deão, un ampio edificio rustico costruito nel secolo scorso, ora ristrut-
turato ed adattato ad antiquarium e centro visite (fig. 3, n. 3). Altri monumenti sono
stati portati alla luce in quella che si ritiene la zona centrale della città, dove la presenza
di un alto podio monumentale, che si attesta sul lato nord-occidentale di una piazza
porticata, indizia la presenza del foro (fig. 3, n. 1; fig. 4).
I limiti della piazza sono stati definiti mediante saggi di scavo: si tratta di un rettangolo
di circa 99 x 66 m, orientato NO-SE 11, marcato sul lato NE dal tracciato di un impor-
tante asse urbano (dagli scavatori detto cardo maximus). Date le condizioni orografiche
(la superficie urbana è in declivio, a tratti anche accentuato), parte della piazza è co-
struita su una terrazza soprelevata, e dunque tre dei suoi lati sono bordati da una porticus
(forse cryptoporticus). Per questo apprestamento urbanistico si è proposta una datazione
ad età flavia12.
Lungo il lato SE sono stati parzialmente investigati i resti di un vasto edificio monu-
mentale, identificato ragionevolmente con la basilica.
In prossimità della piazza forense si trovano anche i resti di uno stabilimento termale,
9
Un arco, noto come “Arco da Aramenha”, era ancora
conservato in situ fino al 1710, quando fu smontato per
essere trasportato a Castelo de Vide, e lì subire la distru-
zione definitiva all’inizio del XX secolo. Ne resta una po-
vera documentazione fotografica: M
ANTAS
2000, pp. 413-
414, fig. 4, p. 419. I pochi frammenti ritrovati hanno por-
tato a suggerire una datazione della prima costruzione della
porta in età giulio-claudia, e ad un suo rifacimento all’ini-
zio del II secolo.
10
Le notizie preliminari sulla scoperta sono state pub-
blicate da O
LIVEIRA
, B
AIRINHAS
, B
ALESTEROS
1996. Tutto il
complesso monumentale della Porta Sul è ora oggetto di
revisione da parte del Prof. J. De Meulemeester dell’Uni-
versità di Gent, che sta riesaminando i dati circa le fasi di
occupazione post-romana dell’area.
11
M
ANTAS
2000, p. 414. Queste proporzioni corrispon-
dono perfettamente a quelle indicate da Vitruvio, di un
rapporto larghezza/profondità pari a 3:2. (V
ITR
., V, I, 2).
12
M
ANTAS
2000, pp. 410-413. L’affermazione è fon-
data principalmente sulla considerazione dell’importanza
per la comunità cittadina della conquista dello status mu-
nicipale, su cui infra p.17 .
34
Fig. 3. Carta archeologica di Ammaia e del
suo suburbio. I monumenti archeologici
oggetto di scavo sono indicati con la
campitura rossa mentre gli elementi
topografici sicuri sono a tratto rosso
continuo. I monumenti archeologici
ipotizzati sono indicati dal contorno rosso
senza campitura. L’area racchiusa entro il
supposto perimetro murario della città
romana è stata oggetto di un rilevamento
topografico sul terreno, che ha permesso
di delineare le isoipse con una
equidistanza di m 1.
Fig. 4. Ammaia. Pianta del foro
(da M
ANTAS
2000).
Legenda
1: foro; 2: terme; 3: area residenziale
presso l’Antiquarium; 4: Porta Sul e
piazza; 5-8: possibili porte urbiche;
9: torre?; 10: teatro?; 11: ponte;
12: tracciato ipotetico dell’acquedotto
occidentale; 13: torre?
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 17
parzialmente riportato alla luce nel corso delle campagne di scavo degli anni ’90, che
date le ampie proporzioni viene attribuito ad uso pubblico (fig.3, n. 2)13.
Questi elementi noti archeologicamente, integrati con un primo survey topografico e
con le informazioni che derivano dalle fonti storiche ed epigrafiche e dall’evidenza
numismatica, ci consentono di tracciare per grandi linee la storia cittadina e di indivi-
duare almeno le più macroscopiche caratteristiche dell’impianto urbano 14.
Le fonti sulla città e sul suo territorio
Le fonti antiche su Ammaia non sono numerose e alcune tra esse sono anche proble-
matiche. Plinio, ad esempio, non menziona Ammaia né tra le colonie né tra i municipia
né tra le comunità “stipendiariorum quos nominare non pigeat della Lusitania” (N.H. IV,
117)15, ma ricorda l’eccezionale rinvenimento di uno spettacolare pezzo di cristallo di
rocca “in Ammaeensibus iugis” (N.H. XXXVII, 24; cfr. XXXVII, 127).
Nell’opera di Tolemeo reperiamo un quadro molto sommario della locazione geografi-
ca delle principali città romane della regione. Sulla base del metodo di elaborazione
matematica adottato dal geografo antico, che prevedeva il calcolo delle coordinate astro-
nomiche, specialmente della longitudine, sulla base delle distanze itinerarie 16, Ammaia
è stata localizzata a 64 miglia di distanza da Norba Caesarina (infra)17.
Per la fondazione della città si può proporre solo un terminus ante quem, fissato da un
rinvenimento epigrafico che cita una Civitas Ammaiensis durante il regno di Claudio
(44 o 45 d.C.; IRPC, 615)18, ma il centro urbano dovette ricevere piuttosto presto lo
status municipale, forse già sotto il regno di Vespasiano, almeno per quanto si desume
da un’iscrizione conservata nell’Ermida do Espiríto Santo di Portalegre, che celebra
l’imperatore Lucio Vero da parte del municipium di Ammaia (CIL II, 158 = IRCP,
616).
La fondazione di età romana era stata operata nel distretto amministrativo detto
Conventus Emeritensis, nella Provincia di Lusitania, della quale la stessa Emerita Augusta
era capitale.
Allo stato attuale delle ricerche, contrariamente a quanto documentato per altre città
della Lusitania e della vicina Baetica 19, non sono state rinvenute alcune tracce di inse-
diamento preesistente allo stanziamento di età primo imperiale: in questo senso, l’as-
senza di vincoli dovuti a nuclei di occupazione precedenti induce a ricercare nell’im-
pianto urbanistico di Ammaia una certa regolarità, anche se i condizionamenti orogra-
fici e la carenza di confronti nella penisola iberica provano che la delineazione di una
maglia regolare non sia in questo caso da considerarsi né essenziale né tradizionale 20.
Lo sviluppo delle strutture urbane nel corso del I secolo d.C., che emerge dai dati
ancora inediti di scavo, potrebbe in via di ipotesi essere messo in relazione ad una
crescita economica, a sua volta dovuta ad un più razionale sfruttamento delle risorse
naturali disponibili. Vene metallifere e presenza di minerali (vengono citati espressa-
mente dalle fonti antiche: piombo, argento e cristallo di rocca), ma anche fertili terre
utilizzate per l’agricoltura e l’allevamento sono menzionate, infatti, come caratteristica
saliente delle regioni attraversate dal Tago 21. Le ricerche topografiche e geo-archeologi-
che in corso nel territorio di Ammaia hanno potuto ad oggi individuare delle cave di
cristallo di rocca e di granito, sicuramente utilizzate in antico 22.
Un ulteriore punto di forza di questa comunità cittadina era senza dubbio rappresenta-
to dalla posizione geografica, che consentiva un eccellente controllo di essenziali assi di
comunicazione, tra i quali quello che conduceva da Olisipo ad Emerita Augusta (Meri-
da), capitale della stessa Lusitania (It. Ant., 419,7-420,7) 23.
Dopo il V secolo la città sembra cadere in rovina e gli scavi archeologici in corso hanno
fornito la prova stratigrafica che alcuni settori urbani furono interessati da alluvioni e
ricoperti dai depositi fangosi scivolati lungo l’altura 24. Tuttavia, anche se la tradizione
erudita tende a collegare il definitivo abbandono del sito all’invasione araba, le ricerche
più recenti, basate su un riesame delle tecniche murarie delle strutture riportate alla
13
Ad oggi, come abbiamo anticipato (supra, nota 8)
sono stati pubblicati solo rapporti preliminari degli scavi:
O
LIVEIRA
, B
AIRINHAS
, B
ALESTEROS
1996; P
EREIRA
, C
AR
-
VALHO
, B
ORGES
2000 e B
ORGES
2003, pp. 91-97.
14
Per una sintesi delle ricerche storiche e delle prece-
denti indagini archeologiche vedi G
UERRA
1996 e soprat-
tutto M
ANTAS
2000, pp. 391-394.
15
Per alcune considerazioni sulle modalità con le quali
Plinio presenta la penisola iberica, quali criteri egli abbia
adottato nelle divisioni amministrative e per un panora-
ma sulle risorse economiche del contesto rurale iberico
contenuto nella Naturalis Historia, vedi: O
LIVEIRA
1994.
Qui Plinio è citato sulla base dell’edizione Einaudi diretta
da G. B. C
ONTE
, Torino 1982- 1988.
16
Cosmographia 1990, p. V.
17
M
ANTAS
1993b, pp . 484-487; M
ANTAS
2000, p. 417.
18
M
ANTAS
2000, pp. 392-393.
19
A
L ARCÃO
1988, pp. 35-37; A
LARCÃO
1989; G
ORGES
-
R
ODRIGUEZ
M
ARTIN
2000, pp. 140-151; F
EAR
1996, pp.
90-91.
20
F
EAR
1996, p. 218; infra.
21
Da Plinio sono ricordati cavalli velocissimi che na-
scono miracolosamente presso Olisipo e lungo il Tago: N.H.
VIII, 166. In generale, vedi: A
LARÇAO
1988, pp. 73-78;
A
LARÇAO
1989, pp. 56-57; G
UERRA
1995, pp. 137-139;
M
ANTAS
2000, p. 416. La popolarità della quale godono
questi cavalli è testimoniata anche dal soggetto di uno dei
mosaici di Torre Palma, che raffigura ben cinque cavalli
vincitori: A
LMEIDA
1970, pp. 263-276.
22
Rapporti inediti delle prospezioni geo-archeologiche,
a firma di M. De Dapper, F. Vermeulen (2002) e S. Deprez
(2004), sono depositati presso l’Università di Gent e la
Fundaçao Cidade de Ammaia.
23
M
ANTAS
1993a, pp. 213-230; M
ANTAS
2000, pp.
416-417.
24
P
EREIRA
, C
ARVALHO
, B
ORGES
2000. Cfr. il rapporto
inedito di M. D
E
D
APPER
- F. V
ERMEULEN
2002.
18 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
luce nel corso degli scavi dell’ultimo quindicennio e sulla revisione dei materiali dalle
stratigrafie, indicano una continuità di occupazione, almeno in alcuni settori dell’abi-
tato, che raggiunge il IX secolo 25.
Ad ogni modo, nel tardo IX secolo, la fondazione da parte di Ibn Maruán del centro
fortificato di Marvão su una vicina ed inattaccabile altura26, condannò l’antica Am-
maia ad essere utilizzata come cava di materiali di recupero, prima di essere coperta
dall’oblio.
Proprio la spettacolare conformazione naturale del pianoro su cui è stata fondata Marvão,
perfettamente difesa su ogni lato, posizionata circa 2,5 km a N della città romana, a
dominio dell’ampia valle, rende plausibile l’ipotesi che sulla sommità di quest’altura sia
da ricercarsi il primo stanziamento antico, anche se ad oggi non è stata trovata alcuna
evidenza archeologica per le fasi preromane 27.
La topografia della città e del suburbio
Lo studio topografico del circuito delle mura di Ammaia è stato intrapreso nel 2001 e
si è fondato principalmente sulla ricognizione sul terreno e sulla fotointerpretazione.
I dati certi prima dell’inizio delle nostre ricerche erano rappresentati solo dalla posizio-
ne della porta meridionale e del tratto di mura ad essa limitrofo 28. Un altro tratto,
lungo una quindicina di metri, è stato riportato alla luce nel corso delle ultime campa-
gne (2004-2005), sul lato orientale, in prossimità dell’angolo SE, proprio all’ingresso
dell’area archeologica. Qui il sistema fortificatorio si è dimostrato composto da un
muro di circa 1,25 m di spessore, all’esterno del quale è stato scavato un fossato con
profilo a “V” (fig. 5). Il muro in questo punto è spesso circa 1,25 m. È innalzato su una
fondazione di ciottoli di fiume legati da malta biancastra, gettati in una fossa tagliata
nel banco roccioso, ed è costituito da una doppia cortina di ricorsi irregolari di blocchi
a pezzatura naturale pseudo-regolare, ma di dimensioni piuttosto difformi, soprattutto
di quarzite e granito, cortine tra le quali è gettato un émplecton a base terrosa. La trincea
a ridosso del muro è ricavata nel banco roccioso di scisto, e non deve aver superato 1,40
m di profondità rispetto al piano di calpestio antico. La scarsa profondità e la modesta
ampiezza militano a favore di un suo utilizzo prevalentemente a scopo di drenaggio
piuttosto che difensivo.
La caratteristica principale della nostra proposta è quella di escludere dal perimetro
murario l’altura occidentale, che in effetti non si presenta come un rilievo isolato (come
25
Comunicazione personale di Johnny De Meuleme-
ester, che sentitamente ringraziamo per averci messo a di-
sposizione i dati ancora inediti delle ricerche che sta con-
ducendo ad Ammaia insieme ad alcuni dottorandi.
26
S
IDARUS
1991, pp. 13-26.
27
M
ANTAS
2000, p. 396.
28
Una ricostr uzione fondata solo su una superficiale vi-
sione di una foto aerea era stata avanzata nel 2000 da uno
studioso francese (materiale inedito messoci a disposizione
dalla Fundaçao Cidade de Ammaia), ma la verifica sul ter-
reno ha portato ad una sua quasi totale sconfessione.
5
Fig. 5. Ammaia. Veduta del tratto di
mura nord-orientale rimesso in luce nel
2004 davanti al piazzale dell’antiquarium.
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 19
potrebbe sembrare guardandola dalle falde della collina), ma piuttosto come una parte
integrante della collina di Malhadais, caratterizzata da un orientamento NO-SE. La
sua pendenza, che varia tra gli 11° ed i 17° di media, è troppo ripida per consentirne un
suo utilizzo a scopo abitativo e, del resto, il fatto che il banco roccioso sia quasi ovunque
affiorante in superficie, ci permette di escludere interventi di adattamento del pendio
intrapresi dall’uomo. È certo possibile che la sommità della collina sia stata inclusa nel
circuito murario per soli scopi difensivi e che sia stata utilizzata come acropoli, ma allo
stato attuale nessun elemento archeologico sostanzia questa ipotesi, che è stata da noi,
quindi, momentaneamente esclusa sulla base della nostra esperienza sul terreno ed in
virtù di un principio di “economia”.
La ricostruzione che qui proponiamo è, infatti, fondata principalmente sulle osserva-
zioni topografiche e sullo studio geomorfologico del sito, nonché sulle poche evidenze
archeologiche, comunque distribuite in uno spazio piuttosto limitato. La ricerca sul
terreno ha previsto anche l’individuazione di tutti gli interventi di adattamento del
pendio che sono stati operati in epoche post-antiche, e l’analisi delle modalità di di-
stribuzione sul terreno dei materiali archeologici e da costruzione, con una particolare
attenzione ai microrilievi, sia positivi che negativi.
La ricostruzione qui proposta prevede un circuito di forma pseudo-rettangolare, allun-
gato in direzione SO, con una sporgenza ad inclusione della sommità collinare (fig. 6).
La superficie racchiusa in questo perimetro è di quasi 21 ettari (20.8 ha) ed è caratteriz-
zata da una pendenza di inclinazione variabile da O ad E, più modesta in prossimità del
limite orientale e più ripida presso il cuneo occidentale (declinante da q. 560 a q. 520),
trovandosi lungo le pendici della collina di Malhadais (che raggiunge alla sommità la q.
607 m s.l.m.), che digradano verso il Rio Sever. Sia all’esterno del lato meridionale che
di quello settentrionale scorrono due piccoli corsi d’acqua che confluiscono nello stesso
Rio Sever (fig. 3).
Il substrato geologico è composto quasi esclusivamente da schisto argilloso del Devo-
niano (Db).
6
Fig. 6. Il perimetro murario di
Ammaia e tracce del c.d. cardo
maximus individuabili nelle foto
aeree del 1952 (qui, fot. 336,
strisciata 8). La lettera A indica
l’Antiquarium della Quinta do Deão.
20 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
Procederemo nella descrizione del percorso delle mura a partire dal tratto più regolare
NE, in senso antiorario (fig. 6).
Il tratto nord-orientale
Questo tratto può essere facilmente ricostruito grazie alla persistenza di un allineamen-
to ripetuto dalla strada moderna, che segue il corso del fiume Sever, marcato in parte da
confinazioni di campi e da muretti divisori a secco, in parte ripreso dal limite setten-
trionale della proprietà dell’azienda agricola ora trasformata in museo (fig. 7), e soprat-
tutto confermato dalla recentissima scoperta di un tratto del sistema difensivo (supra,
fig. 5).
Circa alla metà del tratto lungo un centinaio di metri che ancora si può seguire al
disotto dei muri confinari moderni, si trova una concentrazione di blocchi lavorati di
granito, ammucchiati lungo un limite di campo. Uno di essi è indubbiamente qualifi-
cabile come una base di colonna, significativamente avvicinabile per stile e dimensioni
ad uno di quelli posti a monumentalizzare la porta Sud; tale dato porterebbe ad una
possibile identificazione di questi resti con la porta cittadina posta lungo il lato E del
perimetro.
Lato nord-occidentale
Questo è il lato della fortificazione urbana meno chiaramente individuabile, soprattut-
to a causa delle significative alterazioni al paesaggio naturale che sono state operate con
l’apertura della strada statale n. 359 e la costruzione di abitazioni moderne, ma anche
per l’assenza di resti archeologici sopraterra. La delineazione del lato nord-occidentale è
stata quindi condotta sulla base delle considerazioni geomorfologiche e sulle persisten-
ze dei limiti confinari. In particolare, si è ritenuto che i limiti dell’area urbana si siano
attestati al margine di una paleo-valle, che si distende a N della città, per una profondi-
tà di quasi 450 m, attualmente quasi obliterata da sedimenti, ma che in antico – e
probabilmente ancora in età romana – doveva essere piuttosto marcata. È quindi ragio-
nevole supporre, anche in considerazione del fatto che in superficie non è stato possibi-
le individuare concentrazioni significative di materiali archeologici nei terreni posti a
NO di questa linea di demarcazione, che il limite settentrionale dell’abitato sia coinciso
con l’attuale viabilità, non casualmente sostruita sul ciglio di questa depressione. Ulte-
riore conferma della nostra ipotesi potrebbe venire dalla presenza di diversi elementi
architettonici e blocchi grossolanamente lavorati impiegati nella costruzione dei muri
di divisione di proprietà moderni, materiali di reimpiego che sono invece assenti negli
altri muretti della zona a N di questa.
7
Fig. 7. Veduta del muro di confinazione di
proprietà moderno che ricalca il lato nord-
orientale del perimetro murario di Ammaia.
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 21
Il lato sud-occidentale
Come limite sud-occidentale della città abbiamo scelto un marcato tracciato confina-
rio ancora esistente nella macchia che si estende lungo il pendio orientale della collina
di Malhadais, e che è costituito in parte da muretti a secco, in parte da uno spalto di
terra di larghezza variabile tra 1 e 3 m, conservato in media fino ad un’altezza di 50 cm
dal suolo, che definisce anche il confine di proprietà. Anche qui, tra il materiale impie-
gato per la costruzione dei muretti a secco, si individuano numerosi blocchi di granito,
che paiono essere stati almeno sbozzati per essere messi in opera, così come è stato
documentato nelle costruzioni rimesse in luce dagli scavi all’interno dell’area urbana.
In un punto, presso la sommità di questo gradiente collinare, si è notata la presenza di
un cospicuo accumulo di blocchi di granito, scisto ed altro materiale, che potrebbe
indiziare la presenza di una struttura addossata alle mura, forse una torre: la sua posizio-
ne sarebbe effettivamente strategicamente scelta a controllo di tutto il territorio a SO
della città.
Lato sud-orientale
È quello più facilmente individuabile sul terreno, grazie anche al significativo apporto
della fotointerpretazione. L’angolo più meridionale può essere posto in un terreno sul
lato meridionale della statale n. 359 diretta a Portalegre. La presenza di forti concentra-
zioni di spezzoni di pietra ed altro materiale da costruzione delinea sul terreno lo stesso
tracciato del muro, ed almeno un’area più densa di frammenti fittili, soprattutto mat-
toni e tegole, lascia pensare alla presenza di un’altra torre.
Procedendo da questo punto verso N, il perimetro murario correva sul ciglio di un’altra
vallecola, al centro della quale scorre tuttora un piccolo affluente del fiume Sever 29
(figg. 3, 6). Avvicinandosi a Porta Sul, il muro diviene sempre più facilmente riconosci-
bile, inizialmente presentandosi adattato a muro di terrazzamento (di circa 2 m di
ampiezza), con evidente utilizzo di blocchi lavorati e spolia di granito mescolati a pie-
trame, più a N manifestamente come muro che si addossa alle torri che monumenta-
lizzano l’ingresso cittadino meridionale (supra, fig. 8).
Sul lato opposto dell’ingresso monumentale, il muro è ben visibile per alcuni metri, e –
seppure leggermente più ampio, quasi 2 m – si presenta con le stesse caratteristiche
costruttive di quella porzione recentemente rimessa in luce presso l’ingresso del museo,
cioè a ricorsi di blocchi quasi squadrati, messi in opera con la malta biancastra.
Ma proprio nel tratto di perimetro urbano che si raccorda al tratto sud-orientale, l’aspetto
esteriore dei diversi segmenti di muri divisori che ripetono il tracciato delle antiche
mura cambia, essendo questi muretti meno spessi e più disorganici nella tessitura e
29
Confronta la situazione sul lato nord-occidentale
della città.
8
Fig. 8. Veduta delle mura conservate
presso Porta Sul.
22 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
nella stessa pezzatura dei blocchi messi in opera, pur essendo ancora presenti un nume-
ro elevato di blocchi che si qualificano come di reimpiego. Anche il limite costituito dai
terreni meno stabili della vallecola appaiono rispettati, ed il muro di fortificazione ap-
pare fondato sullo stesso banco roccioso appena regolarizzato, proprio sul ciglio della
leggera scarpata che scende verso la piccola valle fluviale.
Il perimetro urbano da noi ricostruito supera di poco i 1800 m di lunghezza totale.
Oltre alla porta Sud, archeologicamente documentata, ipotizziamo l’esistenza di alme-
no altri 4 accessi, posti l’uno quasi al centro del lato nord-orientale, due a distanze
regolari sul lato nord-occidentale, e un quarto presso l’angolo meridionale del circuito.
Per quello orientale sussistono elementi per ipotizzarne un aspetto monumentale. Ab-
biamo suggerito, sulla base dell’evidenza topografica, l’esistenza di due torri (l’una sul
lato occidentale – fig.3, nn. 9, 13 – , l’altra su quello meridionale), ma è logico pensare
che esse fossero più numerose.
Tutti i dati raccolti mediante le indagini di scavo, le ricerche topografiche e la fotoin-
terpretazione, per quanto si attendano ancora le definitive elaborazioni soprattutto
dei dati di scavo, concorrono ora a ricomporre almeno parzialmente il quadro della
topografia urbana e ci forniscono anche qualche indizio circa le modalità di trasfor-
mazione dello stesso tessuto urbano nel corso della vita relativamente lunga di Am-
maia (fig.3).
Sulla base della localizzazione delle porte cittadine (certa quella Sud, ipotetiche le
altre), possiamo disegnare il tracciato dei due principali assi urbani, che effettiva-
mente si incrociano in prossimità della piazza forense identificata attraverso gli scavi.
Un tratto del c.d. cardo maximus, proveniente da porta Sud, è stato riportato alla luce
sul lato orientale della piazza e una traccia lineare chiara visibile nelle aerofotografie
consente di proseguirne il tracciato, con andamento NO-SE, fino a intersecare il lato
nord-occidentale della piazza forense (fig. 6). Nello stesso fotogramma 336 del volo
1952 è ben visibile un tracciato, testimoniato prevalentemente da limiti fossili di
910
11
Fig. 9.
Tracce della viabilità in uscita dalla supposta
porta nord-occidentale (frecce nere), con possibili
tracce riconducibili a monumenti funerari (frecce
bianche) (volo 1952, fot. 336, strisciata 8). La marcata
anomalia di forma circolare presso la freccia bianca più
in alto è riconducibile alla presenza di una vecchia
struttura agricola (una sorta di aia).
Fig. 10.
Anomalie riconducibili alla presenza di
terrazzamenti urbani nel settore NO della città (frecce
nere) e possibile tracciato dell’acquedotto nello spazio
intramuraneo fino alla cisterna ed alle terme (fot. 336,
strisciata 8, volo 1952).
Fig. 11.
A sin., ipotetica localizzazione del teatro sulla
base delle anomalie dei limiti di proprietà e sul
rimarchevole salto di quota apprezzabile in
stereoscopia; a des., vasta anomalia da colorazione del
terreno e della vegetazione di forma pseudo-ovale che
potrebbe essere ricondotta ipoteticamente alla presenza
di un anfiteatro (fot. 335, strisciata 8, volo 1952).
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 23
campi, che abbiamo ricondotto alla prosecuzione di questo asse stradale in direzione
dell’antica Olisipo, oggi Lisbona (infra; fig. 9)30.
La fotointerpretazione non ha permesso di individuare tracce dell’altro principale asse
urbano che si sarebbe staccato dalla porta che abbiamo ipotizzato quasi al centro del
lato nord-orientale, e che avrebbe raggiunto il foro a NE del principale tempio cittadi-
no; ugualmente non sussistono elementi per prolungare il tracciato di questa strada
urbana in direzione della sommità della collina. Tuttavia, sul terreno, l’esistenza di una
viabilità entro il perimetro cittadino appare confermata dal tracciato di un sentiero
campestre che dalla porta, di localizzazione quasi sicura, si dirige, con andamento per-
pendicolare alla cinta muraria e al supposto cardine, verso il foro. Questo asse sembra,
altresì, prolungabile in direzione NE, dalla porta verso il fiume, come appare evidente
dall’allineamento della vegetazione (alberi e arbusti: cfr. fig. 6)
(CC)
Le tracce da aerofotografia, in associazione a quanto noto da scavo e rilevato con la
ricognizione sul terreno, ci consentono di ipotizzare per Ammaia una divisione regolare
della superficie urbana, forse con la sola esclusione della più ripida pendice occidentale.
Ricostruendo nel dettaglio il microrilievo della pendice racchiusa entro il circuito mu-
rario, si è potuta individuare la presenza di terrazzamenti artificiali, funzionali a rendere
utilizzabile a scopo edificatorio il settore urbano interessato dalla maggiore pendenza,
attualmente appena percettibili sul terreno. Il processo di erosione che è seguito all’ab-
bandono delle strutture cittadine ha, infatti, quasi obliterato i terrazzamenti antichi,
ricoperti da depositi colluviali che per composizione e modalità della stratificazione
appaiono del tutto comparabili con quelli messi in evidenza nelle stratigrafie del porti-
co o criptoportico del foro. Traccia di questi terrazzamenti e di viabilità ad essi paralleli
è chiaramente individuabile nella foto aerea (fig. 10): appaiono disposti con orienta-
mento quasi perfettamente ortogonale alla linea di pendenza, dunque paralleli all’asse
urbano che collega le porte Sud e Nord (il c.d. cardo maximus).
La particolare conformazione a semicerchio di una scarpata posta immediatamente al-
l’esterno del lato nord-occidentale delle mura, ha suggerito che lì fosse da ricercarsi l’even-
tuale teatro romano (fig.11). Effettivamente, i sopralluoghi hanno potuto accertare la
presenza di materiale da costruzione, prevalentemente in granito, ammassato alle falde di
questa sorta di “cavea” naturale. La presenza di una fitta vegetazione e di numerosi alberi
non consente una verifica in superficie, ma si può ipotizzare che la conformazione natu-
rale di questa scarpata, posta al vertice della vallecola che secondo la nostra ricostruzione
delimitava la città nella sua parte settentrionale, sia stata ulteriormente adattata per fun-
zionare da supporto alle file di sedili di un edificio per spettacolo, che avrebbero potuto
anche essere costruiti in legno, come è documentato altrove in Iberia 31.
Più problematica resta l’identificazione di un eventuale anfiteatro: la marcata anomalia
di forma ovaleggiante che si nota nelle fotografie aeree al di fuori del ricostruito circuito
di mura, in prossimità dell’ipotetico teatro e nell’immediato suburbio accessibile dalla
porta settentrionale (fig. 11), non si può ricondurre ad alcuna evidenza sul terreno, né
nel microrilievo né nella dispersione di materiale archeologico in superficie32. Anche la
visione stereoscopica delle fotografie verticali non restituisce alcun dettaglio circa la
possibile esistenza di strutture sub-superficiali, mentre la differente colorazione del ter-
reno, che dà esito ad anomalia tanto evidente, può essere interpretata come dovuta ad
un accumulo di umidità nella depressione valliva 33.
Per completare il quadro delle infrastrutture urbane, riassumiamo qui brevemente quanto
abbiamo presentato recentemente in merito agli acquedotti che servivano Ammaia 34.
Partendo da un dato archeologico, il rinvenimento occasionale a monte dello stabili-
mento termale oggetto d’indagine entro l’area urbana (fig. 3, n. 12; fig. 12) di diversi
grandi blocchi di pietra granitica 35, all’interno dei quali era scavato un condotto a
sezione rettangolare, abbiamo potuto ricostruire l’intero tracciato dell’acquedotto “set-
tentrionale”, rinvenendo anche cospicui tratti del suo condotto.
Le ricerche si sono basate su una attenta ricostruzione delle caratteristiche geologiche e
geomorfologiche della zona a S e SO della collina di Malhadais, mirata prevalentemente
30
C
ARVALHO
2003, pp. 75-76 (foto 2).
31
F
EAR
1996, p. 198. Nelle città romane della penisola
iberica la localizzazione dei teatri e degli anfiteatri al di
fuori delle mura urbane è effettivamente quella che si ri-
trova più frequentemente.
32
Per verificare questa ipotesi, sono in programma delle
prospezioni geofisiche che verranno condotte dal Prof. J.
De Meulemeester, dell’Università di Gent.
33
Le città più piccole della Baetica e della Lusitania sono
generalmente dotate di arene delimitate da strutture provviso-
rie o anche da semplici spalti di terra, che paiono essere state
utilizzate per ogni tipo di spettacolo: F
EAR
1996, p. 201.
34
I sistemi di approvvigionamento idrico in Lusitania
sono stati oggetto di studi relativamente completi: vedi ad
esempio E
TIENNE
, A
LARCÃO
1974 (Conimbriga); G
ORGES
1994 sulle forme di approvvigionamento e distribuzione
presso i grandi complessi rustici (l’alta valle del Tago non è
inclusa in questa sintesi). Dal quadro d’insieme emerge
che sistemi diversi furono adottati in contesti rurali e am-
bienti urbani, e che molti sforzi furono profusi nella co-
struzione di dighe e bacini artificiali: Q
UINTELA
DE
C
ARVALHO
, M
ASCARENHAS
, C
ARDOSO
1986; Q
UINTELA
DE
C
ARVALHO
, M
ASCARENHAS
, C
ARDOSO
1999.
35
B
ORGES
2003, p. 93 (foto 4). Le dimensioni di quel-
lo meglio conservato sono: lunghezza 93 cm, larghezza 59
cm e altezza 48 cm. Il condotto era coperto con lastre di
scisto (cfr. fig.12).
12
13
Fig. 12.
Veduta di due blocchi in pietra
granitica appartenenti ad uno specus di
acquedotto, rinvenuti occasionalmente
nell’area urbana lungo la pendice occidentale.
Fig. 13.
Veduta dello specus dell’acquedotto
occidentale rinvenuto nel corso delle
prospezioni del 2004 presso ponte da
Madalena.
24 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
all’individuazione delle fonti d’acqua potabile, e sul preciso calcolo delle pendenze. Tra le
diverse fonti individuate36, la nostra attenzione si è concentrata in particolare sulla sor-
gente che dà origine ad un piccolo affluente occidentale del Rio Sever (fig. 2, n. 2). Infatti,
nel punto in cui si origina il corso d’acqua, cioè circa 1 km a SO del perimetro cittadino,
presso la Quinta do Padre Francisco, ca. 550 m ad E di Carvalhal, sul lato settentrionale
della strada che collega S. Salvador da Aramenha a Ribeirinha, è ancora esistente una
piccola barriera atta a captare l’acqua ed a canalizzarla (mediante tubature di gomma)
verso le fattorie dei dintorni. Se di un’ipotetica diga antica restano solo labili tracce (tagli
che regolarizzano le sponde di roccia granitica), la presenza di un canale, scavato nello
stesso banco di roccia, sulla sponda settentrionale del ruscello, di ampiezza variabile tra 20
e 60 cm, profondo fino ad un massimo di 40 cm, che si segue per circa 65 m lungo il letto
del corso d’acqua, ha confermato la nostra ipotesi di lavoro e ci ha guidati alla scoperta di
un tratto dello specus. Proseguendo, infatti, per altri 25 m, circa 5 m a monte della stessa
sponda settentrionale, nascosti sotto la vegetazione, abbiamo rinvenuto almeno sette grandi
blocchi parallelepipedi di granito, al centro dei quali è stato scavato un condotto con
sezione ad “U” (fig. 13). La lunghezza media di ognuno dei blocchi è di circa m 1,5, la
loro larghezza è di circa 93 cm, mentre il condotto è largo in media 38 cm, per una
profondità di 32 cm. Per forma e dimensioni questi blocchi appaiono del tutto raffronta-
bili a quelli rinvenuti all’interno della città, presso il pendio occidentale (supra, fig.12).
L’acquedotto si trova ad una quota superiore di ca. 2,30 rispetto al letto del fiume, a
q. 570 s.l.m., cioè ad un’altezza superiore di 45 m rispetto alla q. base dello scavo di
Ammaia, posizionata presso la Quinta do Deão, all’ingresso del museo.
Il resto del tracciato è stato inizialmente ricostruito ipoteticamente seguendo le isoipse;
grazie alla fotointerpretazione possiamo oggi proporre un percorso che segue per un trat-
to la sponda sinistra del ruscello e, passando a N di Ponte da Madalena, raggiunge la parte
più alta della città, nel suo angolo più meridionale (fig. 14), con un percorso di circa
760 m, e che da qui si raccorda al breve tratto rimesso in luce, avendo le terme del foro
come destinazione finale (fig. 3, n. 2)37. Il tracciato dello specus all’interno dell’area urbana
è certo solo in prossimità del punto di rinvenimento del blocco all’interno del quale è
stato ricavato il condotto, ma si può notare la presenza lungo il pendio della collina di resti
di grandi strutture murarie, con orientamento non coerente a quello dei terrazzi, ancora
36
Una descrizione più dettagliata è fornita in C
ORSI
,
D
E
D
APPER
, D
EPREZ
, V
ERMEULEN
2005.
37
Il dislivello dal punto di captazione alle terme del
foro è di circa 30 m. È naturalmente possibile che anche i
quartieri nord-occidentali della città fossero serviti da que-
sto acquedotto.
14
Fig. 14. Tracce nell’aerofotografia
riconducibili al tracciato dell’acquedotto
occidentale, dal suo punto di captazione
(A) all’ingresso entro il circuito murario
(B). All’interno dell’area urbana, alcune
anomalie potrebbero indicare la
presenza di un castellum aquae (C)
(fot. 232, strisciata 9, volo 1952).
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 25
individuabili nelle foto aeree degli anni ’50 (fig.10), che potrebbero, in via d’ipotesi,
essere qualificati come resti di una grande cisterna o di un castellum aquae. Data la pen-
denza, è possibile che il condotto avesse un tracciato tortuoso e raggiungesse prima il
castellum a N, e solo successivamente “tornasse” in direzione S, verso le terme.
Un altro possibile punto di captazione per l’approvvigionamento idrico della città è
stato identificato presso il complesso rustico di Olhos de Agua, che già nel XIX secolo
ospitava un mulino idraulico, e che si trova a soli 300 m di distanza dal settore più
orientale della città (fig.2, n. 1). La differenza di quota tra il punto in cui è stato rimesso
in luce il nuovo tratto di mura, presso l’ingresso dell’area archeologica, e la polla dove si
raccoglie l’acqua proveniente da diverse sorgenti è stata calcolata in soli 8 m, che paio-
no però sufficienti a garantire l’inclinazione necessaria al condotto per convogliare l’ac-
qua presso una cisterna (magari un castellum aquae), dal quale venisse poi distribuita in
città. A supporto di tale ipotesi si possono addurre la presenza di materiali architettoni-
ci di età romana rinvenuti occasionalmente nella zona di Olhos de Agua e, soprattutto,
il rinvenimento, sul fondo della polla artificiale prosciugata nell’estate del 2002 per
condurre dei lavori, di tracce di strutture per la captazione dell’acqua, che risalgono
sicuramente ad un’epoca anteriore al secolo XIX. In particolare, segnaliamo la scoperta
di un bacino di forma pseudo-rettangolare (circa 1.5x 1.3 m), in parte scavato nel
banco di quarzite, in parte a blocchi sgrossati, che può essere interpretato come parte di
una struttura di captazione. A poca distanza da esso, si trovano numerosi blocchi lavo-
rati di granito (materiale non naturalmente presente in situ): si tratta di blocchi squa-
drati e frammenti di piccole colonne d’epoca romana, che in via d’ipotesi possono
essere ricondotti ad una forma di monumentalizzazione della sorgente.
Mancano, al contrario, tracce certe che possano aiutarci a ricostruire il tracciato di
questo breve acquedotto. Tuttavia, il rinvenimento di resti lungo la sponda orientale
del Rio Sever che possono essere ipoteticamente ricondotti ad un ponte di età roma-
na38 rende verosimile la ricostruzione di un percorso che attraversava il corso d’acqua
in questo punto, per attestarsi immediatamente fuori delle mura, nel punto altimetri-
camente meno rilevato dell’area urbana.
Non possiamo ricostruire con precisione l’estensione del territorio dell’antico munici-
pio ma possiamo essere certi che questo fosse piuttosto vasto e che si estendesse a N fino
a raggiungere il Tago, mentre ad E sconfinasse entro l’attuale territorio spagnolo. Scen-
dendo più nel dettaglio, potremmo individuare nel Rio Salor il limite nord-orientale,
fino alla sua confluenza nel Tago, che a sua volta marcherebbe il confine settentrionale,
mentre lo spartiacque dei crinali della zona di Albuquerque segnerebbe la delimitazio-
ne orientale e la catena della Serra de S. Mamede costituirebbe la barriera ad E39.
L’area di giurisdizione di Ammaia, dunque, si sarebbe estesa per circa 60 per 60 km, e la
città se ne sarebbe ritrovata approssimativamente al centro. Questo territorio era caratte-
rizzato da ondulazioni collinari, inframmezzate da altopiani, in un paesaggio geologica-
mente dominato dagli affioramenti di granito, quarzite e scisto. La scelta della localizza-
zione del centro urbano nell’ampia valle del fiume Sever, formatasi nell’Olocene, è certo
stata influenzata anche dall’abbondanza di risorse idriche e di sorgenti naturali.
Le recenti ricerche topografiche condotte nella zona a N del centro urbano di Ammaia
hanno documentato un numero piuttosto elevato di insediamenti agricoli di età roma-
na nell’hinterland della città. I rinvenimenti sono concentrati nella parte settentrionale
del territorio ammaiense, ed una densità significativa di insediamenti datati ad età
romana e tardoantica si rileva nel quadrante NO 40.
Presso la maggior parte di questi insediamenti sono stati rinvenuti elementi archeologi-
ci riconducibili a torchi, che indicano che le attività agricole prevalenti fossero quelle
della produzione di vino ed olio, per quanto – in considerazione della fertilità della
regione – si deve ammettere che anche la cerealicoltura fosse ben sviluppata 41. Gli altri
indicatori che rimandano all’esistenza di nuclei insediativi per la produzione agricola
sono rappresentati da scarni materiali di superficie e tracce di attività edilizia, costituite
prevalentemente da tagli nel banco di granito.
38
Un ponte è documentato qui fino all’inizio del sec.
XVI: C
ARVALHO
2003, p. 72.
39
F
ERNANDEZ
C
ORRALES
1988, p. 106; M
ANTAS
2000, pp.
408-410. Considerazioni sull’onomastica documentata epigra-
ficamente portano ad includere il Concelho di Monforte nel
territorio di Ammaia, delineando tra Veiros e S. Pedro de Almor
il confine tra Ammaia, Emerita ed Ebora: M
ANTAS
2000, p. 409.
40
C
ARVALHO
2003, p. 72, fig. 1. Come ribadiremo (infra),
questi insediamenti appaiono in stretta relazione con la viabilità
romana ricostruita per il territorio di Ammaia. Le carte archeo-
logiche dei territori inclusi entro i limiti amministrativi dei co-
muni di Marvão e Castelo de Vide, pubblicate tra gli anni ’50 e
’70 dello scorso secolo, sono, ovviamente, molto datate e poco
dettagliate:
DO
P
ACO
1953 e R
ODRIGUES
C
ONCEIÇÃO
1975.
41
C
ARVALHO
2003, p. 77.
15
16
Fig. 15.
Il tracciato della strada moderna n.
521 che in parte ripete probabilmente l’antica
viabilità diretta a Augusta Emerita, sul quale si
attestano tracce ed elementi fossili di divisioni
agrarie ad esso perpendicolari (fot. 230,
strisciata 9, volo 1952).
Fig. 16.
Anomalie e tracciati stradali campestri
ricondotti alla sopravvivenza dell’asse viario
romano diretto ad Olisipo in uscita
dall’ipotizzata porta NO, con indicazione di
limiti di campo fossili che si innestano su di
esso (fot. 337, strisciata 8, volo 1952).
26 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
Un importante insediamento, con tracce d’occupazione sia dell’età del Ferro che roma-
na, è stato individuato presso la Quinta da Água Formosa, a Castelo de Vide 42: dalla
sua posizione domina perfettamente la via di comunicazione che attraversa la fertile
valle di Escusa e Aramenha, e se fosse confermata la fine della sua frequentazione nella
prima fase della Romanizzazione, il suo abbandono potrebbe essere messo in relazione
con la fondazione di Ammaia e l’acquisizione del controllo sul sistema delle comunica-
zioni del circondario da parte di quest’ultima (infra).
Alcuni insediamenti si presentano con le caratteristiche tipiche delle villae rurali: sia presso
la villa di Torre Albarragena43 che presso quella di Torre de Palma44 (nella porzione meri-
dionale del territorio di Ammaia) sono stati riportati alla luce lacerti di fastosi mosaici.
Altre ville sono state individuate nella zona a N di Ponte Velha: a Pombais, Torre,
Garriancho e Meada45.
Carattere diverso rivestono gli insediamenti individuati nel settore ad E del territorio
ammaiense, quello cioè che per massima parte ricade entro i confini attuali della Spa-
gna: qui è stata messa in luce una vocazione allo sfruttamento minerario delle diverse
forme d’occupazione del suolo di età romana, soprattutto le vene aurifere della zona
compresa tra Albuquerque e Membrio46.
La viabilità romana
La dislocazione degli insediamenti rurali è anche servita alla ricostruzione del sistema
delle comunicazioni, sia di tipo locale che interregionale. Per investigare quest’ultimo
tema, purtroppo, a dispetto della rilevanza della posizione geografica della città romana
che deve aver necessariamente comportato un ruolo centrale nella rete stradale della
regione, non ci si può avvalere delle tradizionali fonti itinerarie, costituite per la Lusita-
nia dal solo Itinerarium Antonini, dal momento che nessun troncone viario passante
per Ammaia è menzionato nella compilazione 47.
42
C
ARVALHO
2003, p. 75.
43
G
ONZÁLEZ
C
ORDERO
, A
LVARADO
G
ONZÁLEZ
, M
OLA
-
NO
1990; G
ONZÁLEZ
C
ORDERO
, A
LVARADO
G
ONZÁLEZ
,
M
OLANO
1991, pp. 319-328.
44
H
ELENO
1962; K
UZNETSOVA
-R
ESENDE
1989.
45
F
ERNANDES
,
DE
O
LIVEIRA
1995, pp. 13-23.
46
F
ERNANDEZ
C
ORRALES
1988, p. 106.
47
S
AA
1956. Ricordiamo per inciso che lo smarrimen-
to del primo foglio della Tabula Peutingeriana ha compor-
tato la perdita della maggior parte dei dati riguardanti la
parte più occidentale della penisola iberica.
17 18
Fig. 17. La strada moderna che si stacca dal
Ponte de Madalena sostanzialmente ricalca
l’antica viabilità diretta ad Ebora. Lungo il
tracciato, alcune anomalie possono essere
ricondotte alla presenza di strutture
insediative, divisioni di campi, monumenti
funerari (fot. 232, strisciata 9, volo 1952).
Fig. 18. Tracce da vegetazione, da microrilevo
e da umidità ed anomalie da sopravvivenza
riconducibili ipoteticamente alla presenza di
un asse principale della divisione agraria
(fot. 231, strisciata 9, volo 1952).
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 27
Lo studio delle rete viaria della quale Ammaia era ganglio essenziale è stato condotto
prevalentemente, dunque, sulla base della fotografia aerea e della documentazione d’ar-
chivio, mentre la conferma che alcuni tracciati visibili dall’alto o che tronconi viari
ancora attivi fossero stati effettivamente utilizzati nell’età romana è venuta dai rinveni-
menti archeologici di materiali riconducibili a necropoli e rari resti di infrastrutture
viarie48.
Senza scendere nel dettaglio topografico, alcuni studi antecedenti all’inizio delle ricer-
che archeologiche avevano comunque fornito una ricostruzione di massima delle prin-
cipali vie di comunicazione (fig.1): presso il ponte di Portagem veniva fatta passare la
strada romana che metteva in comunicazione Olisipo (Lisbona) con la capitale Emerita
Augusta (Mérida) 49 (fig. 1, n. 1). In alternativa, si riteneva che presso Abelterium (Alther
do Chão) si staccasse da questa strada romana, che univa le due più importanti città
della Lusitania50, il deverticolo che raggiungeva Ammaia, che avrebbe toccato le locali-
tà di Chocanal (l’antico Vicus Camalocensis) e Mosteiros (entrambe nel moderno di-
stretto di Crato – fig.1, n.3)51.
Un altro asse viario era ricostruito a collegamento dei tre ponti noti nei dintorni di
Ammaia, cioè quelli di “Ponte da Madalena”, quello sul Ribeiro das Trutas e quello di
Portagem (fig.2, nn. 3-5)52, ma non se ne può accertare l’esistenza in età romana, se
non per un tratto limitato53. Del resto, solo il Ponte da Madalena può esser fatto risalire
ad età romana con una certa sicurezza, mentre il Ponte sul Ribeiro das Trutas e quello di
Portagem, per quanto utilizzino materiali di reimpiego di età romana, sono stati edifi-
cati in età medievale o moderna54.
Con molta probabilità, sul Ponte da Madalena, transitava la strada che da Ammaia
raggiungeva Ebora Libertatis Iulia (oggi Évora), passando per Carris, Portalegre, Mon-
forte, Silveirona (Estremoz) e Évora-Monte 55, ma anche in questo caso sono state ipo-
tizzate solo le linee direttrici che questi tracciati devono aver seguito, mentre nessuna
indicazione è stata reperita circa i manufatti stradali.
L’analisi topografica della rete viaria nella quale Ammaia era inserita è stata, dunque,
intrapresa solo recentemente da Johaquim Carvalho 56: la sua ricerca ed i suoi suggeri-
menti hanno costituito la base di partenza per ogni osservazione che qui presentiamo.
Il primo tracciato identificato dal Carvalho uscirebbe dal perimetro urbano da “Porta
Sul”, e correrebbe verso E, lambendo le località moderne di Porto da Espada, S. Julião
e La Cordosera, avvicinandosi poi ad Albuquerque, ricalcando, cioè, da vicino il corso
del Rio Xévora fino alla sua confluenza con il Rio Zapatón, incontrando presso Botoa,
dove è da localizzarsi l’antica Butua, proprio la strada Olisipo-Emerita Augusta 57 (fig. 1,
nn.1-2).
Secondo lo stesso autore, nel suo immediato tratto extra muros, l’asse stradale manter-
rebbe lo stesso orientamento del c.d. cardo maximus, piegherebbe bruscamente verso
SE ed attraverserebbe il Rio Sever su un ponte che è attestato presso la Quinta dos
Olhos D’Água fino alla fine del XVI- inizio del XVII secolo 58. Le foto aeree in nostro
possesso non ci consentono di confermare questa ipotesi.
Allo stesso punto d’attraversamento del Rio Sever arriverebbe un’altra strada ipotizzata
lungo il lato sud-orientale delle mura59. A SE del ponte sul Sever, la strada romana
potrebbe essere ricostruita sulla traccia dell’attuale viabilità di collegamento tra S. Salvador
da Aramenha e S. Julião n. 521 (fig. 15). Lungo tale asse viario, piuttosto rettilineo, si
possono notare ancora numerosi limiti di campo ad esso perpendicolari, che potrebbe-
ro essere ritenuti relitti di una divisione agraria antica, anche in considerazione del fatto
che questa valle in prossimità della città romana si presenta come una delle poche aree
ampie e pianeggianti adatta ad uno sfruttamento agricolo. Non possiamo escludere
che, dove la strada piega per raggiungere il ponte sul Rio Sever, già in età romana, si
staccasse un ramo di collegamento con la zona di Marvão, come pare certo per l’età
medievale, data la presenza di un ponte presso Portagem (supra, nota 54; fig. 2, n.5).
Presso il punto di attraversamento del Rio Sever che si deve immaginare esistesse presso
Portagem, dovremmo localizzare anche il raccordo viario diretto a Norba Caesarina
(Cáceres), che possiamo desumere sulla base dell’opera geografica di Tolemeo (supra),
ma il tracciato si può ricostruire ipoteticamente solo ammettendo che la strada moder-
na ricalchi approssimativamente l’antica, e che da qui raggiungesse la zona di Ponte
48
Ringraziamo i colleghi della Fundação Cidade de
Ammaia per averci messo a disposizione queste informa-
zioni.
49
L
ARANJO
C
OELHO
1924.
50
L’ultima tappa menzionata nell’Itinerario Antonino
lungo questa importantissima strada che ricade entro l’at-
tuale territorio portoghese è Beirã-Marvão. Più di recente,
altri deverticoli della via Olisipo – Emerita Augusta sono
stati suggeriti per collegare Aritium Vetus e Norba Caesarina
(quest’ultimo ricalcato in parte sulla base della linea ferro-
viaria ed in parte sulla strada moderna che unisce Cáceres
a Marvão): M
ANTAS
1993a, pp. 213-230.
51
A
L ARCÃO
1989, pp. 56-57, 148.
52
DO
P
AÇO
1953.
53
C
ARVALHO
2003, p. 70.
54
O
LIVEIRA
1992; C
ARVALHO
2003, p. 81.
55
M
ANTAS
1993a, pp. 213-230. Quest’ultimo tratto è
documentato dal rinvenimento di alcuni miliari (IRCP,
673 e IRCP, 674); cfr. IRCP, pp. 731-732.
56
C
ARVALHO
2003.
57
Butua si troverebbe al XXXVIII miglio da Mérida
secondo il calcolo di G
ORGES
, R
ODRÍGUEZ
M
ARTIN
2000,
pp. 101-153.
58
La distruzione del ponte viene menzionata da un
erudito, Diogo Pererira Sotto Maior, che nel 1619 aveva
pubblicato uno studio su Portalegre ed il suo territorio
(Tratado da Cidade de Portalegre), recentemente riedito a
cura di L. Cardoso Martins (Vila da Maia 1984).
59
C
ARVALHO
2003, pp. 72-75.
28 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
Velha ed i dintorni di Castro da Crença, proseguendo verso Valência de Alcântara
(identificata con l’oppidum Valentia) e arrivando così in territorio spagnolo (fig. 1, n. 5),
dove diversi rinvenimenti archeologici lungo il supposto tracciato ne confermano un
utilizzo in età romana 60.
Un’altra strada molto rilevante si staccherebbe dalla supposta porta Nord Ovest e sa-
rebbe diretta ad Aritium Vetus, correndo sul fondo della valle di Escusa, in direzione di
Castelo de Vide, passando per Pouso, Siñora Da Luz, intorno alla Serra de S. Paulo,
verso Monte da Lameira, Ribeiro Carvalho, Alcogulo, Vale da Manceba, Vale da Bexiga,
cioè verso il quadrante nord-occidentale del territorio, per proseguire verso Alpalhão 61.
Presso quest’ultima località si dovrebbe localizzare il raccordo con la strada Osilipo–
Emerita, che in via ipotetica si può immaginare biforcato in un tronco che raggiungeva
Vicus Camalocensis e Albelterium, ed un altro più occidentale che si sarebbe diretto ad
Aritum Vetus 62 (fig.1, n. 6).
L’antichità del tracciato sarebbe confermata da diversi rinvenimenti archeologici lungo
di esso. Resti di età romana, riconducibili verosimilmente a ville o fattorie, sono stati
infatti segnalati presso Herdade de Santo Amarinho, Monte da Lameira, Ribeire
Carvalha, Mascarro, Machoquinho, Vale da Manceba, Tapada das Guaritas, Tapada da
Mesa e Vale da Bexiga 63.
A questi insediamenti agricoli andrebbe aggiunto almeno uno dei due ipotizzati edifici
per spettacolo immediatamente all’esterno del lato nord-occidentale dell’area urbana
(fig.3, n. 10).
La nostra fotointerpretazione ci porta ad individuare il tratto suburbano, staccantesi
dalla supposta porta Nord Ovest, in un tracciato rettilineo ben testimoniato da limiti
di proprietà e da confini di campo, che possono essere messi in collegamento almeno
per una lunghezza superiore ai 3 km (figg. 9, 16). Come anticipato, l’orientamento di
questo asse viario (SE-NO) è perfettamente coerente a quello ricostruito per il c.d.
cardo urbano. La stessa fotointerpretazione suggerisce l’esistenza di diverse aree di mo-
numenti funerari dislocati lungo questa viabilità, indiziati dalla presenza di tracce da
vegetazione e disfacimento delle strutture di forma circolare e rettangolare (fig.9). Altre
tracce lineari da vegetazione e anomalie da sopravvivenza, all’incirca perpendicolari
all’asse stradale, suggeriscono l’esistenza di divisioni agrarie contemporanee a questa
viabilità romana. È evidente che questo asse, che attualmente è testimoniato solo da
divisioni di proprietà, ha rappresentato il cardine intorno al quale si è organizzato lo
sfruttamento agricolo, e che la maggior parte degli allineamenti presenti in questo
settore, qualificabili come landmarks, ne hanno rispettato l’orientamento. Allo stato
attuale delle ricerche, tuttavia, è precoce suggerire una lettura integrale di queste evi-
denze e proporre uno schema modulare per la supposta divisione agraria, che potrebbe
non essere stata sistematica né omogenea.
Come era stato proposto già da Vasco Mantas (supra), il collegamento con il quadrante
sud-occidentale sarebbe stato assicurato da una strada che avrebbe scavalcato l’affluente
del Rio Sever che è stato captato per alimentare l’acquedotto orientale da noi rinvenuto
(supra, pp. 23-25, fig. 2, n. 12) proprio sul Ponte da Madalena. Da qui, la strada si
dirigerebbe verso Carris, Alvarrões, per seguire il corso della Ribeira de Nisa, aggirare il
Cabeço de Mouro, puntare verso Portalegre e Monforte, probabilmente lambendo la
villa di Torre de Palma, e raggiungere poi Ebora toccando i dintorni di Silveirona
(Estremoz) e Évora-Monte (fig.1, n. 4).
Tracce archeologiche del manufatto sarebbero individuabili solo presso Carris, dove è
conservato un tratto del lastricato stradale (fig. 2, n.6).
Le foto aeree non presentano molti elementi che possono essere ricondotti al manufat-
to stradale, ma il tracciato potrebbe essere ricalcato dalla strada campestre che dal Ponte
da Madalena si dirige verso SO e che, presso la prima curva, attesta già di essere stata
interessata da alcune traslazioni di percorso, dato che potrebbe indicarne un lungo
utilizzo (fig. 17).
Il Ponte da Madalena potrebbe costituire anche il punto d’arrivo di un altro asse viario
e/o della divisione agraria, che da qui si dirigerebbe in direzione SE (fig.18). Dato che
diversi sono gli elementi del paesaggio agrario che possono essere ad esso messi in
60
F
ERNANDEZ
C
ORRALES
1988, pp. 39-40.
61
C
ARVALHO
2003, p. 75.
62
C
ARVALHO
2003, p. 77. Per questi due ultimi tron-
coni non sono state individuate evidenze topografiche.
Un’ulteriore diramazione viaria metteva in comunicazio-
ne la porzione nord-occidentale del territorio ammaiense
con la città: staccandosi da questo tracciato a NO di Castelo
de Vide, via ponte Panasco, lambiva l’agglomerato di età
romana che è stato individuato a Barragem de Póvoa (som-
merso parzialmente dopo la costruzione della diga di
Barragem), proseguendo verso la zona di Mosteiros (altre
segnalazioni di rinvenimenti archeologici presso Póvoa e
Meadas): C
ARVALHO
2003, p. 77.
63
C
ARVALHO
1998, pp. 183-191; supra, pp. 25-26.
Elementi per la ricostruzione del paesaggio urbano e suburbano della città romana di Ammaia in Lusitania 29
relazione (limiti di campo, muretti a secco, terrazzamenti chiaramente già abbandonati
negli anni ’50, ecc.), e che il loro orientamento è quasi parallelo a quello dell’asse
principale delineato lungo il Rio Sever (cfr. fig. 15), è probabile che tale asse possa essere
ritenuto pertinente all’assetto agrario romano.
Al di là del ponte, questa strada entrerebbe nel perimetro urbano presso la porta che
abbiamo ipotizzato nell’angolo SO del circuito murario.
L’habitat d’età romana
Come notazione generale, in merito alle possibilità di investigazioni di aerofotografia
archeologica ad Ammaia, dobbiamo ammettere che il patrimonio delle immagini aeree
disponibili per il territorio in oggetto è piuttosto povero, soprattutto nel campo dell’ae-
rofotografia verticale storica, in ragione probabilmente di una certa marginalità di que-
sta zona64. Il progresso delle ricerche in questo campo è, dunque, affidato alla possibi-
lità di incrementare la quantità di dati telerilevati disponibili. Per questo, almeno un
piano di copertura aerea obliqua è programmato in un futuro molto prossimo.
Le ricerche topografiche e geo-archeologiche, comunque, hanno potuto accrescere molto
le conoscenze sul paesaggio di età romana. In particolare, è evidente la novità di studi
specifici sullo sfruttamento delle risorse naturali, come la ricerca delle cave di cristallo
di rocca, di vene minerarie e di cave di pietra da costruzione (soprattutto granito), e
come si sia rivelata efficace la sinergia tra archeologi e geomorfologi nell’individuazione
delle fonti d’approvvigionamento idrico e nella delineazione dei condotti idraulici,
nonché nella ricostruzione del circuito murario e nella lettura delle dinamiche d’ab-
bandono dell’area urbana.
Molte ipotesi di lavoro e supposizioni basate sulla rilevazione delle anomalie nelle im-
magini aeree devono ancora essere verificate sul terreno ma – seppure in presenza di una
carta archeologica piuttosto povera e poco dettagliata – alcune considerazioni generali
possono essere condotte sul paesaggio di età romana, che appare fortemente connotato
dalla geomorfologia. I condizionamenti del terreno, infatti, hanno lasciato poco spazio
alle pianificazioni regolari e modulari, sia in ambito urbano che rurale. Tuttavia, anche
in questo caso, la Romanizzazione appare essersi prodotta in un efficiente modo di
sfruttamento delle risorse e aver dato prova della sua proverbiale capacità di adattamen-
to alla situazione locale. Viabilità, forme di approvvigionamento idrico, infrastrutture
cittadine ed edilizia urbana testimoniano di una comunità che ha saputo sfruttare ap-
pieno le risorse specifiche di questo territorio (pietre e minerali in primo luogo) e la sua
ottima posizione geografica, mentre la distribuzione del popolamento rurale, seppure
nota frammentariamente, indica una sapiente gestione del territorio.
Risorse petro-minerarie e controllo di un’ampia parte dei traffici tra entroterra lusitano
e costa atlantica, infatti, motivano la fondazione di Ammaia e la sua prosperità, prospe-
rità che non appare affievolirsi con la traslazione dell’abitato sulla vicina altura di Marvão
nell’ultimo secolo del primo Millennio.
Ricerche sul terreno, prospezioni geofisiche e aerofotografia potranno presto concorre-
re a colmare alcune delle lacune e delle incertezze (pochissimi dati, ad esempio, sono ad
oggi stati raccolti sulle pratiche dell’allevamento, che devono aver certo costituito una
voce importante dell’economia di questo comprensorio, in ogni epoca), ma l’habitat di
età romana si configura almeno per grandi linee come un ambiente naturale piuttosto
aspro e selvaggio, in cui l’intervento umano si palesa ostentatamente solo nella piccola
zona urbanizzata, racchiusa entro il circuito murario, e nei pochi monumenti, funerari
e per spettacolo, che si dislocano fuori da alcune delle porte urbiche (forse solo quella
Nord Ovest e quella Sud).
La viabilità, pur materializzandosi in manufatti stradali di un certo impegno (ponti e
lastricati), non appare modificare il paesaggio ma piuttosto adattarsi ad esso, e anche
le ipotizzate forme di divisione agraria non appaiono tanto incisive ed artificiali da
imporsi come caratterizzanti del panorama rurale. Anche il numero di insediamenti
rustici non deve essere stato importante nel suburbio di Ammaia: la scarsa generosità
di questa terra deve aver comportato l’impianto di poche colture, forse solo quelle
indispensabili al fabbisogno della comunità urbana, soprattutto lungo le strette valli
64
Limitazioni di legge alle riprese telerilevate sono an-
cora esistenti entro i confini dello stato portoghese.
30 CRISTINA CORSI -FRANK VERMEULEN
percorse dai corsi d’acqua, mentre le grandi ville, che si dislocano ad una certa distan-
za dal centro cittadino, paiono essere incentrate sull’olivicoltura.
L’insediamento sparso, in forme abitative di varia tipologia, ivi incluso quello rupestre,
deve essere stato relativamente denso, soprattutto funzionale allo sfruttamento di risor-
se minerarie e silvo-pastorali ed al controllo delle vie di comunicazione, ma in questo
senso la natura montagnosa dei luoghi e la forte erosione che si può documentare in
questa zona non rendono agevole la sua individuazione.
(FV)
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