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biodiversita' dei Monti Lepini
AreA di studio
I Monti Lepini costituiscono la porzione più settentrionale dell’Antiappennino Lazia-
le. Si estendono dalla soglia di lariano, che li separa dai Colli Albani a Nord-Ovest sino
alla Valle del Fiume Amaseno a Sud-Est. La Valle del Sacco li separa dai vicini Appenni-
ni a Nord-Est e la pianura dell’Agro Pontino dal Mar Tirreno a Sud-Ovest.
Sono costituiti da calcari e dolomie di origine Mesozoica e per questo motivo pre-
sentano fenomeni carsici di notevole entità.
Sono distinguibili due blocchi principali costituiti dalla dorsale di Monte Lupone-
Monte Semprevisa e dall’altipiano che si estende tra Gorga e Monte Gemma, separati
dalla profonda linea tettonica di Carpineto-Montelanico (Mecchia et al., 2003).
Le cime più elevate sono il Monte Semprevisa (m 1.536 s.l.m.), il Monte Malaina (m
1.480 s.l.m.) e il Monte Gemma (m 1.457 s.l.m.).
Amministrativamente l’intero comprensorio dei Lepini appartiene alle provincie di
Roma, Latina e Frosinone e comprende un’area di circa 800 km2.
Le ricerche
Sebbene le prime esplorazioni nelle grotte di questo settore dell’Antiappennino La-
ziale siano state condotte negli anni ’20 del secolo scorso, una prima sintesi sulle cono-
scenze relative alle grotte dei Monti Lepini fu pubblicata da Aldo Segre, nel suo volume
sui “Fenomeni carsici e la speleologia del Lazio”, solo nel 1948; in essa era riportata la
presenza di 11 cavità carsiche (Segre, 1948). Negli anni successivi le attività esplorati-
ve di molti dei gruppi speleologici della capitale si concentrarono in quest’area. In que-
gli anni furono effettuate le prime esplorazioni nelle grotte dell’ Ouso di Pozzo Comune
(274 La) ad opera del Circolo Speleologico Romano e poi dell’Abisso Consolini (310 La)
da parte del Gruppo Grotte Roma e dello speleo Club Roma e negli anni ’60 e ’70 del
secolo scorso molte altre importanti cavità furono scoperte ed esplorate. Nel 1977, anno
Abstract. The caves of the Lepini Mountains and their fauna. After a brief description of the study area and
an historical note on speleological and biospeleological researches, an analysis of the cave-dwelling fauna
is carried out. The presence of a remarkable number of endemism and troglobitic taxa is emphasized. A
data sheet on the new research on the interesting fauna of some sulphurous caves is provided.
Key-words: history of researches, cave fauna, Lepini Mountains, central Italy.
LE GROTTE DEI MONTI LEPINI E LA LORO FAUNA
LeonArdo LAteLLA 1, cLAudio di russo 2, MAuro rAMpini 2
1 Museo di Storia Naturale di Verona - Lungadige Porta Vittoria 9, 37129 Verona <leonardo.latella@comune.verona.it>
2 Laboratorio di Biospeleologia, Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”, Sezione Zoologia,
Università degli Studi di Roma “Sapienza” - Viale dell’Università 32, 00185 Roma
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di pubblicazione dell’importante contributo di Alberta Felici sul carsismo dei Monti Le-
pini, le grotte conosciute erano circa 200 (Felici, 1977). Attualmente il numero di cavi-
tà naturali conosciute per quest’area è di 550, 269 delle quali si trovano nel territorio di
Carpineto Romano (Dalmiglio, 2014).
Contemporaneamentealleesplorazionitopogracheegeologichesisvilupparono
anche quelle biospeleologiche. Le prime ricerche in questo ambito furono condotte da
Marcello Cerruti e Saverio Patrizi, entrambi soci del Circolo Speleologico Romano e ini-
ziatori della biospeleologia nel Lazio. Si deve infatti a loro la pubblicazione, nel 1950,
del primo elenco della fauna cavernicola della regione (Patrizi & Cerruti, 1950) cui fe-
cero poi seguito diversi aggiornamenti (Cerruti, 1951; Patrizi, 1953; Cerruti, 1959) e la
descrizione di varie specie troglobie nuove per la scienza ed endemiche di questi monti
(Cerruti & Patrizi, 1952; Cerruti, 1955a, 1955b) (Fig. 1).
Negli anni successivi altri zoologi si occuparono della fauna delle grotte del Lazio
e dei Monti Lepini, tra questi Valerio Sbordoni, che nel 1971 pubblicò un prima sintesi
sulla fauna cavernicola dell’Appennino centrale (Sbordoni, 1971) a cui seguì poi una ri-
elaborazione circa dieci anni dopo (Cobolli Sbordoni et al., 1982). Negli stessi anni e in
quelli successivi molte nuove specie furono studiate e descritte dai tassonomi speciali-
sti dei diversi gruppi (Meggiolaro, 1967; Sbordoni & Di Domenico, 1967; Ruffo & Vigna
Taglianti, 1968; Sbordoni & Pedone, 1968; Vigna Taglianti, 1970; Gardini, 1979; Latella
& Rampini, 1994; Magrini & Bastianini, 2002; Vigna Taglianti & Magrini, 2008; Gardini,
2013). Una sintesi sulle nuove conoscenze acquisite e sulla distribuzione della fauna fu
pubblicata da Leonardo Latella nel 1995 (Latella, 1995).
Allanedelsecolo scorso l’attenzione dei biospeleologi fuincentratasulsistema
carsico del Monte Acquapuzza, nel comune di Bassiano. Alla base di questo monte, e
quindi ai piedi del versante tirrenico dei Monti Lepini, si aprono infatti una serie di grotte
sulfuree abitate da una ricca e particolare fauna cavernicola (vedi scheda di approfondi-
mento) (Di Russo et al., 1999; Latella et al., 1999; Nardi et al., 2002).
Le grotte studiate
Nel corso degli ultimi venti anni sono state condotte ricerche, più o meno approfon-
dite, in circa cinquanta cavità naturali (Fig. 2). Le quote delle grotte studiate sono com-
prese tra i 21 m s.l.m. della Grotta di Fiume Coperto (1361 La) e i 1405 m s.l.m. del Poz-
zo della Croce (485 La). Tuttavia la maggior parte di esse si apre a quote comprese tra i
500 e i 1000 m s.l.m. Circa il 50% delle grotte studiate hanno un andamento verticale
con dislivelli che variano dai 10 ai 600 metri di profondità. Lo sviluppo di quelle oriz-
zontali è compreso tra 25 e 1000 metri.
La media delle temperature dell’aria all’interno delle cavità che si aprono sopra i
100 m di quota è di 11°C mentre le temperature interne delle grotte al di sotto di tale
quota (in particolare quelle dell’area dell’Acquapuzza) presentano una media annua di
FigurA 1 – Alcuni elementi cavernicoli illustrati da Patrizi nel 1954
(da: Notiziario Circolo Speleologico Romano, 1954).
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14.5°C. Le temperature delle cavità verticali sono leggermente più basse di quelle oriz-
zontali. Tali valori sono in accordo con quanto registrato in molte altre grotte dell’Italia
centrale (Sbordoni, 1971).
LA FAunA
Le specie e sottospecie animali attualmente censiti nell’area sono 160 (circa il 40%
di quelle conosciute per tutto l’Appennino centrale), di cui 24 particolarmente adattati
alla vita cavernicola e 11 endemici dei Monti Lepini. Questi valori sono senz’altro molto
elevati se si considera l’estensione relativamente ridotta dell’area.
L’elevata diversità della fauna cavernicola può essere spiegata prendendo in consi-
derazionel’evoluzione paleogeogracadell’area.Nel corsodelPliocene (da5,3a1,8
milioni di anni fa) e del Pleistocene (da 1,8 milioni di anni fa a 11.000 anni fa), a cau-
sa dell’alternarsi di periodi glaciali freddi e interglaciali caldi, che hanno provocato in
momenti diversi l’innalzamento e l’abbassamento del livello del mare, i rilievi dei Mon-
ti Lepini sono stati esposti a periodi di isolamento dai vicini gruppi montuosi preappen-
ninici (Latella, 1995; Ferrante et al., 2006). In questi periodi i cambiamenti climatici e
geogracihannocostrettolamaggiorpartedellepopolazionianimali,trovatesiavivere
in ambienti divenuti ostili perché troppo freddi o troppo caldi o per il ritiro delle acque,
a inoltrarsi all’interno delle grotte, dove le condizioni climatiche erano più stabili e fa-
FigurA 2 – Distribuzione delle principali grotte studiate.
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vorevoli. L’estinzione delle popolazioni esterne o comunque l’interruzione di contatti (e
quindidelussogenico)traesseequelleinterneallegrotteavrebbeportato,coniltem-
po, all’instaurarsi di un intenso fenomeno speciativo con la formazione di diverse nuove
specie.
Per animali che già vivevano in ambienti ecologicamente simili alle cavità, e che
quindi erano già abili nel muoversi e nutrirsi in questo tipo di ambiente, frequentare con
più assiduità il sottosuolo, può aver portato una serie di vantaggi. Oltre alle condizioni
ambientali costanti e favorevoli, anche il numero ridotto di predatori e di competitori,
potrebbe aver promosso la colonizzazione degli ambienti sotterranei da parte di nume-
rose specie (Latella, 2010).
La fauna cavernicola dei Monti Lepini è dunque ricca di elementi ben adattati alla
vita cavernicola, molti dei quali endemici delle grotte di quest’area. Riteniamo dunque
opportuno riportare una breve rassegna tassonomica degli elementi più interessanti dal
punto di vista biospeleologico.
Gasteropodi
Tra gli elementi che presentano un buon grado di adattamento alla vita cavernicola
nei Monti Lepini possiamo citare il gasteropode Oxychilus draparnaudi (Beck, 1837) (Fig.
3). Questo piccolo gasteropode Zonitidae è piuttosto frequente nelle grotte italiane con
un tasso di umidità elevato così come negli ambienti boschivi nella lettiera o sotto i sassi.
FigurA 3 – Un esemplare di Oxichilus draparnaudi (foto Mauro Rampini).
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Diffuso originariamente in tutto il Sud Europa è stato recentemente importato anche nel
Centro e Nord Europa ed in Gran Bretagna. Il diametro della conchiglia si aggira intorno
ai 10-15 mm.
Ragni
Delle varie famiglie di araneidi presenti nelle grotte di questa area, le più rappre-
sentate sone quelle dei Linyphiidae con la specie Porrhoma convexum (Westring, 1851),
rinvenuta in numerose località sia epigee che ipogee in tutta la penisola italiana ed in
Europa e che costruisce semplici tele al suolo con cui preda piccoli invertebrati, e quella
dei Nesticidae (Fig. 4) con Nesticus eremita Simon, 1879, presente in diverse grotte dei
Monti Lepini, molto comune nelle cavità italiane e dell’Europa mediterranea (ad esclu-
sione della Sardegna) e Nesticus sbordonii Brignoli, 1979, endemico dei Monti Lepini,
per i quali è conosciuto di un’unica cavità nel comune di Supino.
Pseudoscorpioni
Sino a pochi anni addietro erano note nelle cavità di questi monti solo due sotto-
specie troglobie di pseudoscorpioni, Neobisium (Ommatoblothrus) patrizii patrizii Beier,
1953 e Neobisium (Ommatoblothrus) patrizii romanum Manhert, 1980 (vedi Portfolio).
Quest’ultima endemica dei Monti Lepini e nota di due sole cavità. Recentemente, grazie
alle ricerche condotte nelle grotte sulfuree in provincia di Bassiano, due nuove specie,
Chthonius (Ephippiochthonius) latellai Gardini, 2013 e Neobisium (Ommatoblothrus) n.
sp., ancora in corso di studio, sono state scoperte nella Grotta di Fiume Coperto (1361 La).
FigurA 4 – Una femmina di Nesticus sp. (foto Mauro Rampini).
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Anpodi
La fauna delle acque sotterranee dei Monti Lepini è sicuramente molto meno cono-
sciutadiquellaterrestre.TraglianpodisonodegnedinotalespeciedelgenereNiphar-
gus, di cui N. patrizii Ruffo & Vigna Taglianti, 1968 endemica del Preappennino Laziale
e N. stefanellii Ruffo & Vigna Taglianti, 1967 (Fig. 5) specie endemica italiana, nota di
diverse località della penisola, diffusa nelle acque sotterranee di Roma e di altre località
dell’Appennino centro-settentrionale e che raggiunge sui Monti Lepini le acque sulfuree
della Grotta di Fiume Coperto, nel comune di Bassiano.
Ortotteri
Gli ortotteri cavernicoli sono rappresentati in questi monti dal Gryllidae Grillo-
morpha dalmatina(Ocskay,1832),diffusoinmoltecavitànaturaliedarticialidell’area
mediterranea e dal Raphidophoridae Dolichopoda geniculata (Costa, 1860) (Fig. 6), pre-
sente in molte grotte dell’Italia centro meridionale.
FigurA 6 – Femmina di
Dolichopoda geniculata
(foto Mauro Rampini).
FigurA 5 – Niphargus stefanellii fotografato
nella Grotta del Fiume Coperto
(foto Mauro Rampini).
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Coleotteri
Nell’ambito di questo ordine di insetti i Carabidae Trechinae e i Leiodidae Cholevi-
nae sono senza dubbio i taxa che mostrano i più straordinari ed evidenti adattamenti per
la vita negli ambienti sotterranei.
Tra i Carabidae possiamo ricordare le cinque specie endemiche del genere Duva-
lius:
• D. lepinensis Cerruti, 1950
Specie endemica presente in molte cavità del comprensorio lepino con due sotto-
specie:
- D. lepinensis lepinensis Cerruti, 1950 dei Lepini centrali e orientali;
- D. lepinensis ametistinus Magrini & Bastianini, 2002 della porzione centro-oc-
cidentale.
• D. bastianinii Magrini, 1998
Specie presente in diverse grotte e nell’ambiente endogeo.
• D. cerrutii Sbordoni & Di Domenico, 1967
Noto esclusivamente del Pozzo l’Arcaro nel comune di Ceccano.
• D. franziniorum Vigna Taglianti & Magrini, 2008
Raroingrottamapresentenelsuoloenell’ambientesotterraneosupercialeindi-
verse località dei Lepini.
• D. nardii Vigna Taglianti & Magrini, 2008
Noto delle grotte sulfuree del versante sud-occidentale, nel comune di Bassiano.
I Cholevinae troglobi sono invece rappresentati da tre specie del genere Bathyscio-
la: B. sisernica Cerruti & Patrizi, 1952 (vedi Portfolio), endemica del Pozzo l’Arcaro, sul
Monte Siserno, dove convive con la specie congenere B. georgii Cerruti & Patrizi, 1952,
di dimensioni più ridotte ed evidentemente meno adattata alla vita cavernicola; B. delayi
Latella & Rampini, 1994, endemica del Monte Semprevisa dove si trova in alcune cavi-
tàenell’ambientesotterraneosupercialealdisopradei1000metridiquotaeB. vignai
SbordonieRampini,1978,anch’essapresentenell’ambientesotterraneosupercialesul
Monte Semprevisa e in una cavità dei Monti Ausoni (Grotta degli Ulivi) dove convive con
B. sbordonii Rampini & Latella, 1993.
La protezione delle grotte e della loro fauna
Le leggi concernenti la protezione e la valorizzazione del patrimonio speleologico
nazionale sono per lo più demandate alle competenze regionali; a questo proposito la
RegioneLaziohapromulgatounalegislazionespecicasullatuteladelpatrimoniocar-
sico e valorizzazione della speleologia (L.R. 1/09/1999 n°20). Nel suo art. 1 la legge di-
spone che “La Regione, in attuazione dell’articolo 45 dello Statuto ed in considerazione
del pubblico interesse legato ai valori idrogeologici, naturalistici, culturali e turistici delle
grotte e delle aree carsiche esistenti nel territorio, riconosce l’importanza ambientale e
l’interesse scientico del patrimonio carsico e ne promuove la tutela e la valorizzazione,
favorendo, altresì , lo sviluppo dell’attività speleologica”. Si riconosce dunque l’importan-
za delle grotte e della loro fauna come patrimonio naturalistico da salvaguardare.
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Questo infatti è il caso delle cavità carsiche dei Monti Lepini, in particolare delle
grotte sulfuree in provincia di Bassiano, che ospitano una fauna unica e complessa basa-
tainpartesuprocessibiologicinoncomuniedinotevoleinteressescientico.
Su questa base riteniamo quindi importante la possibilità di avviare un piano di pro-
tezionedellegrottedell’interaareaalnedisalvaguardareambientisotterraneiunicinel
Lazio e la loro biodiversità.
Scheda
La grotta sulfurea di Fiume Coperto
A partire dagli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso, la scoperta della grotta Movile
inRomania,haportatoallaribaltalapeculiaritàel’importanzascienticadeglihabitat
sotterraneicaratterizzatidallapresenzadiacquetermomineraliricchediacidosoldrico
(H2S) (Sarbu & Popa, 1992). Sulla scia di questi primi studi altre cavità con caratteristiche
simili sono state individuate in diverse parti del mondo (Pisarowicz, 1994; Langecker et
al., 1996) compresa l’Italia, dove risultano censite almeno cinque grotte sulfuree: grot-
ta Azzurra e grotta Sulfurea di Capo Palinuro (Southward et al. 1996), le zone profonde
della Grotta Frasassi (Galdenzi et al. 2000), la Grotta di Fiume Coperto in provincia di
Latina (Di Russo et al., 1999; Galdenzi, 2003) e la Grave Grubbo in provincia di Crotone
(Latella et al., 1999).
Inquestiambienti,analogamenteaquantoscopertoallanedeglianni’70neipres-
si dei camini idrotermali degli abissi marini (Ballard, 1977; Tunnicliffe, 1992), la materia
organicaèprodottainsitudamicrorganismichemioautotro,consentendolosviluppo
di una ricca comunità biologica associata capace di sfruttare tale substrato energetico.
Al contrario è ben noto che nelle grotte l’assenza di luce e di piante verdi determina la
mancanza di produzione primaria fotosintetica e la principale fonte di energia è costitu-
ita da materia organica veicolata all’interno dall’acqua, dalla gravità o da organismi epi-
gei (Culver, 1982).
Situazione molto simile è stata descritta anche per la Grotta di Fiume Coperto (1361
La)doveesistonocondizioniidrochimedeltuttoparagonabiliaquelleespostenora(7
mg/L di H2S presente nelle acque) (Di Russo et al., 1999; Latella et al., 1999). Anche in
questocasol’altaconcentrazionediacidosoldricohapermessol’insediamentodiuna
cospicua matrice batterica sulla maggior parte dei corpi d’acqua presenti nella grotta con
produzione autoctona di materia organica (Fig. 7).
L’aumento di disponibilità energetiche ha permesso lo sviluppo di una comunità sot-
terraneariccaediversicata.Allostatoattualeinfattisonostatecensiteinquestagrotta
un totale di 38 specie, di cui 14 sono da considerare strettamente dipendenti ed adatta-
teall’ambientesotterraneo (trogloli+troglobi).Tra queste 4sonorisultatenuove per
la scienza: gli pseudoscorpioni Chthonius (Ephippiochthonius) latellai Gardini, 2013 e
Neo bisium (Ommatoblothrus) n. sp., il coleottero carabide Duvalius nardii Vigna Ta-
glianti&Magrini,2008eilcoleotteropseladnoTycobythinus n. sp.
Signicativoinoltreèilconfrontodelnumerodellespecietroglobiepresentiinque-
sta grotta con quello riscontrato nelle altre cavità dell’area dei Monti Lepini. Da tale pa-
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ragone appare infatti che le specie troglobie di Fiume Coperto oltre ad essere assenti nel-
le altre cavità, sono equivalenti a circa la metà di quelle presenti nel totale delle restanti
grotte del massiccio dei Lepini.
Di notevole interesse e meritevole di ulteriori studi è la complessità della biocenosi
acquatica, costituita da un elevato numero di specie (11) e rappresentata da tutti i livelli
troci.Oltreaspeciedetritivoreeltratici,sonopresentipredatoricomelasanguisuga
Dina lineata O. F. Müller, 1774 e l’Eterottero Nepa cinerea (Linnaeus, 1758). Questa spe-
cieèlargamentediffusanegliambientiacquaticidisupercieancheditiposulfureoela
popolazione scoperta nella grotta di Fiume Coperto è attualmente l’unica del territorio
italiano stabilmente infeudata in acque sotterranee (Nardi et al., 2002).
BiBLiogrAFiA
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FigurA 7 – Un laghetto nella Grotta di Fiume Coperto con la tipica matte di solfobatteri (foto Mauro Rampini)
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