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La fertilizzazione dell'oliveto

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Abstract

La fertilizzazione dell'oliveto ... la variabilità orografico-ambientale che distingue gli ambienti olivicoli toscani mal sopporta semplificazioni né, tanto meno, che siano suggerite soluzioni emerse da esperienze acquisite in condizioni operative diverse. Le " regole " della fertilizzazione dell'oliveto rimangono così aperte alla professionalità e all'esperienza del tecnico che, per ottimizzare l'intervento agronomico, dovrà decidere – da zona a zona e persino da azienda ad azienda – evitando semplificazioni e/o facili adattamenti. Il tecnico dovrebbe tener presente che il sistema terreno-pianta è un sistema aperto e differenziato perché legato agli apporti idrici (precipitazioni), alle tecniche colturali e di gestione del suolo (lavorazioni, diserbo ecc.) e, finalmente, alle concimazioni organiche e minerali che periodicamente sono distribuite nell'oliveto. Queste ultime, se realizzate con criteri di razionalità, assicurano stabilità al sistema e saranno in grado di restituire al terreno gli elementi asportati, di favorire l'assorbimento da parte delle radici, di garantire la successiva traslocazione " in particolari " organi (gemme, foglie, fiori, frutti) affinché la pianta indirizzi i singoli nutrienti nella direzione economicamente più conveniente.
La fertilizzazione dell’oliveto
Regione Toscana
A.R.S.I.A. Istituto sulla Propagazione
delle Specie Legnose • C.N.R.
La fertilizzazione dell’oliveto
... la variabilità orografico-ambientale che distingue gli ambienti
olivicoli toscani mal sopporta semplificazioni né, tanto meno,
che siano suggerite soluzioni emerse da esperienze acquisite
in condizioni operative diverse. Le “regole” della fertilizzazione
dell’oliveto rimangono così aperte alla professionalità
e all’esperienza del tecnico che, per ottimizzare l’intervento
agronomico, dovrà decidere – da zona a zona e persino
da azienda ad azienda – evitando semplificazioni e/o facili
adattamenti. Il tecnico dovrebbe tener presente che il sistema
terreno-pianta è un sistema aperto e differenziato perché
legato agli apporti idrici (precipitazioni), alle tecniche colturali
e di gestione del suolo (lavorazioni, diserbo ecc.) e, finalmente,
alle concimazioni organiche e minerali che periodicamente
sono distribuite nell’oliveto. Queste ultime, se realizzate
con criteri di razionalità, assicurano stabilità al sistema
e saranno in grado di restituire al terreno gli elementi asportati,
di favorire l’assorbimento da parte delle radici, di garantire
la successiva traslocazione “in particolari” organi (gemme,
foglie, fiori, frutti) affinché la pianta indirizzi i singoli nutrienti
nella direzione economicamente più conveniente.
Finanziato dalla Comunità Europea
Regolamento (CE) n. 528/99
La fertilizzazione dell’oliveto
18
La qualità dell’olio d’oliva • 18
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 1
ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo
e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale
via Pietrapiana, 30 - 50121 Firenze
tel. 055 27551 - fax 055 2755216/2755231
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Dott. Antonio Cimato
Istituto Propagazione Specie Legnose - CNR
via Ponte di Formicola, 74 - 50018 Scandicci (FI)
e-mail:cimato@ipsl.fi.cnr.it
Dott.ssa Elena Franchini
Tecnico libero professionista
Firenze
Gli autori desiderano ringraziare: Chiara Lapucci che ha collaborato alla stesura dei testi,
Caterina Piovaccari, Solange Cortés Ebner, Cristina Attilio e Graziano Sani per la ricerca
bibliografica, le fotografie e la produzione dei grafici.
Foto di copertina: Giordana Carpi
Cura redazionale, grafica e impaginazione:
LCD srl, Firenze
Stampa: EFFEEMME LITO srl, Firenze
Fuori commercio, vietata la vendita
© Copyright 2002 Antonio Cimato, Elena Franchini
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 2
La fertilizzazione dell’oliveto
Antonio Cimato, Elena Franchini
Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose
Consiglio Nazionale delle Ricerche
ARSIA • Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione
nel settore Agricolo-forestale, Firenze
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 3
Presentazione 7
Premessa 9
I. Suolo e radice 13
1. Il suolo 13
1.1. Caratteristiche del suolo 14
1.2. Gestione del suolo 21
2. La radice 24
2.1. Crescita, sviluppo e distribuzione dell’apparato
radicale dell’olivo 25
2.2. Apparato radicale e assorbimento 28
2.2.1. Assorbimento degli ioni 30
2.2.2. Assorbimento dell’acqua 34
2.2.3. Traslocazione e trasporto dalla radice verso altri organi
della pianta 35
Bibliografia 39
II. Esigenze nutritive dell’olivo 41
1. Determinazione delle esigenze nutritive 42
1.1. Analisi del suolo 43
1.1.1. Metodologie del campionamento 44
1.2. Analisi fogliare 52
1.2.1. Fattori che influiscono sui risultati dell’analisi fogliare 58
1.2.2. Analisi fogliare: metodologia 65
2. Esigenze nutritive dell’olivo 71
Bibliografia 74
III. Fertilizzare l’oliveto 77
1. La fertilità del terreno 78
1.1. Gli elementi minerali 80
Sommario
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1.2. La sostanza organica 83
2. Pianificazione della fertilizzazione 85
2.1. I concimi 87
2.1.1. Concimi organici 89
2.1.2. Concimi minerali 93
2.1.3. Concimi organo-minerali 97
3. La fertilizzazione dell’impianto 97
3.1. Modalità di fertilizzazione 99
3.1.1. La fertilizzazione al suolo 100
3.1.2. La concimazione alla pianta (fogliare) 105
3.2. La concimazione dell’oliveto 107
3.2.1. Concimazione di impianto (o di fondo) 108
3.2.2. Concimazione di allevamento 109
3.2.1. Concimazione di produzione 109
Bibliografia 112
IV. Fertilizzazione e produzione 115
1. Fertilizzazione nell’impianto biologico 115
1.1. La fertilità nell’olivicoltura biologica 116
1.2. La fertilizzazione dell’oliveto biologico 117
2. Fertilizzazione e caratteristiche dell’olio 122
Bibliografia 124
V. Conclusioni 125
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 6
Da tempo la Comunità Europea e la Regione Toscana hanno
intrapreso con l’emanazione e il recepimento di specifiche nor-
mative, la strada delle produzioni biologiche ed eco-compatibili.
L’olivo è una coltura che ben si presta all’applicazione di que-
ste tecniche ma non di meno richiede, in una realtà come quella
toscana, una corretta attenzione ai diversi fattori colturali per
non compromettere ulteriormente una produttività naturalmen-
te ridotta.
Ecco quindi che la conoscenza del valore di un’appropriata
fertilizzazione diviene basilare per l’olivicoltore per ottimizzare
le rese dei suoi oliveti.
Esigenze nutritive della pianta, importanza e ruolo dei diver-
si elementi e della sostanza organica, rapporti tra fertilizzazione
e qualità dell’olio, sono alcuni dei temi trattati in questo volume
che va ad arricchire la collana realizzata con i progetti regionali
per il miglioramento della qualità dell’olio extravergine di oliva,
fornendo al lettore utili conoscenze e spunti di riflessione per
programmare e gestire la concimazione dei propri olivi.
Maria Grazia Mammuccini
Amministratore ARSIA
Presentazione
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 7
Presentare a tecnici e operatori del settore olivicolo informa-
zioni aggiornate sulla fertilizzazione di questa coltura non è un
compito facile. La preoccupazione di evitare la stesura di un
testo dispersivo e poco adatto alle risposte “semplici” che il let-
tore cerca, quando vuol comprendere come intervenire con le
tecniche di fertilizzazione per incidere sulla produttività della
pianta e sulle caratteristiche qualitative dell’olio, ha indotto a
raccogliere le acquisizioni scientifiche disponibili sull’argomen-
to e a ripresentarle in forma semplice e coordinata, in modo che
ciascuno possa trovare le informazioni utili per rispondere alla
“propria realtà di campo”.
Così, nella fase di introduzione del testo, la fertilizzazione
dell’oliveto, intervento colturale inteso come scelta per incre-
mentare e conservare la fertilità del suolo e come azione per for-
nire i fertilizzanti alla pianta, sono stati inseriti i molteplici
aspetti che coinvolgono questa problematica, fornendo informa-
zioni sulle metodologie, suggerendo degli indirizzi e aprendo al
lettore la complessità della tematica.
Quest’ultima affermazione è legata alla semplice constata-
zione che, mentre nel settore della nutrizione delle piante arbo-
ree da frutto, ciascuno (ricercatore, tecnico, operatore) può tro-
vare in letteratura ampie informazioni che possono fornire
risposte a specifiche esigenze, nell’olivicoltura tale opportunità
è negata. Difatti, gli studi su questa tecnica agronomica o risul-
tano “datati” agli anni sessanta-settanta (Cimato A., Rassegna
bibliografica sull’olivo. Volumi I e II, 1987-1988), o sono solo “limi-
tati” ad alcuni aspetti di questa problematica (per esempio, cre-
scita degli olivi in vivaio e concimazione fogliare).
La seconda considerazione nasce, invece, dall’osservazione
dei numerosi fattori che interagiscono sulla fertilizzazione.
Premessa
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 9
Ciascuno dovrebbe, infatti, tener presente che il sistema terreno-
pianta è un sistema aperto e differenziato perché legato agli
apporti idrici (prevalentemente dominati dalle precipitazioni
naturali), agli interventi agronomici (quali gestione e lavorazio-
ni del terreno, diserbo ecc.) e, finalmente, alle concimazioni
organiche e minerali (entrambe coinvolte nei problemi energeti-
ci) che, se realizzate con criteri di razionalità, assicurano stabi-
lità al sistema.
In questo quadro è stata individuata la questione centrale. La
problematica della fertilizzazione non può essere generalizzata.
La gran variabilità orografico-ambientale che distingue gli
ambienti olivicoli italiani in generale e toscani in particolare,
mal sopporta facili semplificazioni e non permette di uniforma-
re le scelte né, tanto meno, di suggerire situazioni ed esperienze
acquisite in condizioni operative diverse.
Così, l’aggiornamento proposto intende richiamare l'atten-
zione del lettore sul fatto che, accanto alle acquisizioni scientifi-
che che egli può ritrovare nel testo, rimane sempre e comunque
al tecnico la responsabilità di decidere sulle procedure da segui-
re, stabilendo – da zona a zona, e/o persino da azienda ad
azienda, – le regole per la fertilizzazione, evitando erronee gene-
ralizzazioni. D’altra parte, è chiaro che esiste la difficoltà ogget-
tiva di identificare l’effetto di una singola tecnica colturale,
quale può essere la concimazione, sulla produzione, distinguen-
do l’interazione con gli altri interventi agronomici (irrigazione,
lavorazioni) e con le differenti variabili ambientali (temperatu-
ra, luce, vento, precipitazioni ecc.).
Tutte queste attenzioni portano alla scelta di condurre la trat-
tazione di un argomento così complesso analizzando i fattori
separatamente ma, soprattutto, partendo dall’affermazione che
oggi la nutrizione è vista con una concezione più moderna e più
ampia. L’obiettivo non è solo quello di restituire al terreno gli
elementi asportati, quanto quello di assicurare il loro assorbi-
mento da parte delle radici e la loro traslocazione, per creare un
“determinato” stato nutritivo “in particolari” organi (gemme,
foglie, fiori, frutti), e per indirizzare la pianta nella direzione eco-
nomicamente più conveniente (produzione di frutti). Così il
testo, organizzato per dare risposte alla complessa realtà in cui è
collocata l’olivicoltura toscana, è stato diviso in quattro capitoli.
Nel primo sono descritti il suolo e la radice, con riferimenti
alle caratteristiche chimico-fisiche e alla gestione del suolo, non-
10 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 10
ché allo sviluppo del sistema radicale dell’olivo in relazione
all’origine del materiale di propagazione, ai meccanismi di
selettività e di assorbimento sia per l’acqua che per gli ioni.
Nel secondo è stato affrontato il tema della determinazione,
attraverso le analisi del suolo e fogliare, delle esigenze nutritive
dell’olivo.
Nel terzo è stata esaminata la complessa azione della fertiliz-
zazione dell’oliveto (minerale e organica). Inoltre, sono state
riportate informazioni sul ruolo degli elementi minerali (macro
e micro elementi) e della sostanza organica, nonché sui concimi
e sui criteri di pianificazione della fertilizzazione al terreno
(minerale e organica) e/o alla pianta (fogliare). Si precisa che i
valori che il lettore troverà nel testo, con indicata la letteratura,
non possono che essere considerati rappresentativi di una ten-
denza, perché ottenuti da metodologie sperimentali diverse e da
procedure analitiche non sempre ripetibili e/o confrontabili.
Infine, nel quarto capitolo sono state accennate le procedure
per un’olivicoltura più rispettosa del territorio (produzione bio-
logica) e le relazioni tra la fertilizzazione dell’oliveto e le carat-
teristiche qualitative dell’olio prodotto. Quest’ultima riflessio-
ne, seppur collocata alla fine del testo, in realtà è prioritaria in
quanto la tecnica della fertilizzazione coinvolge il metabolismo
della pianta e, di conseguenza, incide sulla maturazione del
frutto e su tutte quelle caratteristiche chimico-organolettiche che
rendono l’olio extra vergine d’oliva diverso dagli altri grassi
vegetali e quindi preferito dagli attenti consumatori.
Antonio Cimato
11
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 11
I. Suolo e radice
Nel vasto capitolo della fertilizzazione dell’oliveto è eviden-
te che la parte introduttiva non può rinunciare a prendere in
esame le strette relazioni tra caratteristiche del suolo e apparato
radicale, rapporti che si concretizzano nella realizzazione di
un’interdipendenza biologica sulla produttività della pianta.
Per mantenere fede agli obiettivi del testo, nell’introduzione
tale interdipendenza biologica sarà limitata alla conoscenza
delle caratteristiche chimico-fisiche del suolo che concorrono a
determinare lo stato di fertilità del terreno agrario e al sistema
radicale della pianta, per indicare come si sviluppano e come si
attivano i complessi meccanismi di assorbimento dell’acqua e
dei nutrienti.
1. Il suolo
Il suolo, costituito da sostanze minerali e organiche, è sede di
attività biologiche, oltreché di processi chimici e fisici che ne
determinano un’evoluzione quasi continua. Il terreno agrario,
quindi, al contrario del substrato pedogenetico1dal quale deri-
va, non è solo un semplice ammasso di detriti minerali prove-
nienti dall’alterazione delle rocce, ma può essere considerato e
studiato come “entità naturale”, più o meno modificata dall’a-
zione naturale e antropica, che possiede una propria storia,
un’organizzazione, una tendenza evolutiva e un insieme di pro-
prietà (Land Qualities) in grado di garantire alle piante ospitalità
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 13
e rifornimento di nutrienti per permetterne lo sviluppo e una
costante attività produttiva.
Le qualità di un territorio (Land Qualities) e la stima della sua
attitudine a esaltare determinate produzioni sono, in genere,
espresse in base a caratteristiche fisiche permanenti del territo-
rio stesso, quali ad esempio: regime di temperatura del suolo,
disponibilità idrica nel corso della stagione, conducibilità termi-
ca del suolo, disponibilità di elementi nutritivi e di ossigeno
negli strati esplorati dalle radici, presenza di fattori limitanti l’e-
spansione radicale e di fattori di tossicità, lavorabilità dei terre-
ni, erosione e/o rischi di erosione, fenomeni di sedimentazione
e di alluvione (Costantini et al., 1996). Alcune di queste caratteri-
stiche rispondono a specifiche richieste della coltura, altre sono
indicative della gestione del suolo e della conservazione del-
l’ambiente. Atitolo di esempio, in tab. 1, si riportano le “qualità
dei suoli” indicate per gli oliveti andalusi (Troncoso, 1998).
Questa breve introduzione è sufficiente per chiarire che,
quando si desidera valutare l’attitudine produttiva di un terre-
no agrario e, soprattutto, quando si vuole esaltarla attraverso le
pratiche agronomiche (lavorazioni, irrigazione, somministrazio-
ne di fertilizzanti ecc.), la conoscenza delle caratteristiche chimi-
co-fisiche del suolo riveste un’importanza particolare.
1.1. Caratteristiche del suolo
Il suolo agrario non deve essere considerato un semplice
supporto colturale ma, piuttosto, un’entità naturale in equilibrio
con le piante. Tutte le informazioni che sono in grado di defini-
14 ARSIA
Tab. 1 - Principali caratteri chimici e fisici di terreni sivigliani
in cui l’olivo ha mostrato una buona produzione
e un accrescimento soddisfacente
Tessitura Sabbia 45-75%
Limo 5-35%
Argilla 5-35%
Struttura Forma agglomerata: granulare, grumosa e ghiaiosa
Ritenzione idrica 30-60% secondo il metodo di Lambe (10-25% di umidità)
Permeabilità 10-100 mm/h
pH Intorno a 7
Fonte: elaborazione da Troncoso, 1998.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 14
re le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche del suolo e che
concorrono a determinare il suo stato di fertilità, debbono esse-
re inserite in un quadro analitico più ampio, considerato che la
disponibilità e l’assunzione degli elementi nutritivi e dell’acqua
sono largamente condizionate dalla dinamica (chimica e biolo-
gica) del suolo e da fattori esterni, quali, ad esempio, le pratiche
agronomiche (tipo di lavorazione del suolo, fertilizzazione,
sistemi irrigui ecc.) e le condizioni climatiche (piogge, umidità,
radiazioni, venti, temperature ecc.).
Tra i diversi parametri utili a definire le caratteristiche del
suolo sono indispensabili quelli elencati qui di seguito.
a) Granulometria o tessitura: rappresenta la parte solida del
terreno ed è espressa come distribuzione percentuale in peso
delle particelle elementari che lo compongono. Questa proprietà
fisica non è modificabile con le normali pratiche agronomiche se
non intervenendo con arature profonde, le sole in grado di rime-
scolare strati di terreno a tessitura diversa. Per indicare la gra-
nulometria sono state proposte numerose classificazioni; di que-
ste, come esempio, si riporta la classificazione adottata
dall’United States Department of Agriculture (USDA). Secondo
tale sistema, una prima distinzione della parte solida del terre-
no separa lo scheletro (elementi più grossolani) dalla terra fine.
Le particelle superiori a 2 mm costituiscono lo scheletro, tutte
quelle al di sotto di queste dimensioni la terra fine, suddivisa
nelle seguenti frazioni: sabbia grossa (Ø compreso fra 2 e 0,2
mm), sabbia fine (Ø compreso fra 0,2 e 0,05 mm), limo (Ø com-
preso fra 0,05 e 0,002 mm) e argilla (Ø inferiore a 0,002 mm).
Una volta determinate le percentuali di sabbia, limo e argilla,
per stabilire la tessitura di un terreno, è necessario avvalersi del
triangolo rappresentato graficamente in fig. 1.
Trattasi di un triangolo equilatero che riporta, sui lati, valori
da 0 a 100 delle frazioni di sabbia, limo e argilla. All’interno del
triangolo è definita una serie di poligoni, ognuno dei quali indi-
vidua una specifica classe di tessitura.
Qualora, ad esempio, dall’analisi del terreno risulti la pre-
senza del 13% di argilla, 17% di limo e 70% di sabbia, secondo
questa classificazione il terreno rientrerebbe nella categoria “ter-
reno sabbioso”. Per arrivare a questa determinazione occorre
segnare sulla linea dell’argilla il valore corrispondente al 13% e
15
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 15
tracciare da esso una parallela alla base del triangolo. Analoga-
mente, individuato il punto che corrisponde al 17% di limo,
occorre tracciare da questo punto una retta parallela al lato che
segna i valori dell’argilla fino a quando le due rette s’incrociano.
Tale punto indica che il campione rientra nell’area classificata
come “terreno sabbioso”. Posto che, del campione preso in
esame, si volesse determinare la percentuale della sabbia, basta
tracciare dal punto precedentemente individuato la linea paral-
lela al lato del limo e avere così la conferma che si tratta di ter-
reno con il 70% di sabbia.
Di seguito, a titolo di esempio, si riportano alcune tra le più
frequenti classi di tessitura definibili con questa metodologia.
Terreno a scheletro prevalente: si tratta di suolo ricco di pietre e
ciottoli; trattiene poco l’acqua e ha scarsa presenza di ele-
menti nutritivi, soprattutto azoto e potassio. I processi ossi-
dativi sono elevati, mentre il tenore di humus2è sensibilmen-
16 ARSIA
Fig. 1 - Classificazione del terreno in base alla granulometria,
secondo il metodo del Soil Survey americano (USDA)
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 16
te inferiore a quello riscontrabile in suoli aventi una compo-
sizione granulometrica con prevalenza di terra fine. Richiede
frequenti interventi irrigui e abbondanti concimazioni.
L’azoto, in particolare, è trasportato in profondità dalle
acque di percolazione rendendosi indisponibile alle piante.
Terreno sabbioso: la sabbia supera il 50-60% in peso della terra
fine. Tale terreno possiede un’elevata macroporosità, è molto
permeabile, è dotato di debole capacità idrica, è soffice e
arieggiato perciò mineralizza facilmente la sostanza organica
e risulta così povero di elementi nutritivi.
Terreno limoso: contiene più dell’80% di limo. Tale costituente
non possiede capacità d’aggregazione con le altre particelle
del suolo, quindi il terreno limoso si considera mal struttu-
rato e di non facile coltivazione. È anche povero di elementi
nutritivi ed è caratterizzato da modesta permeabilità perché
genera una crosta superficiale che causa ristagno d’acqua.
Terreno argilloso: l’argilla supera il valore del 40% e, come carat-
teristica principale, è ben dotato di elementi nutritivi (in parti-
colare di potassio). Trattiene elevati quantitativi d’acqua che gli
conferiscono notevole plasticità quando è umido e forte coe-
sione fra le particelle quando è secco. È un terreno che necessi-
ta di una buona struttura altrimenti diventa asfittico, imper-
meabile e pregiudica la stessa sopravvivenza delle piante.
Dal punto di vista della tessitura, un terreno agrario ritenuto
ideale dovrebbe essere costituito da sabbia, limo e argilla in pro-
porzioni tali che le caratteristiche fisico-chimiche delle singole
frazioni non prevalgano l’una sull’altra ma si completino (ad
esempio contenere dal 35 al 55% di sabbia, dal 25 al 45% di limo,
dal 10 al 25% di argilla e una frazione trascurabile di scheletro).
b) Struttura: rileva il modo in cui le diverse particelle che
compongono il terreno si aggregano in agglomerati. Assume un
ruolo importante perché condiziona la lavorabilità dei terreni e
la fertilità, sia da un punto di vista fisico, in quanto permette
un’elevata porosità, regolando la penetrazione, la circolazione
dell’aria e i rapporti con l’acqua, sia dal punto di vista chimico,
in quanto agisce sulla quantità e disponibilità dei nutrienti e, di
conseguenza, sulla vita delle piante.
c) pH: indice chimico che misura la reazione della soluzione
circolante3del terreno evidenziandone, a seconda del prevalere
17
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 17
degli ioni idrogeno (H+) o degli ossidrili (OH-), le condizioni di
acidità o basicità. La reazione del pH è in grado di agire sulla
fertilità chimica4del suolo in quanto regola sia l’assimilabilità5
degli elementi nutritivi sia la loro mobilità; entrambe risultano
compromesse quando l’indice raggiunge valori estremi.
In linea generale, la disponibilità dei nutrienti è maggiore
per azoto, fosforo, potassio, calcio, magnesio e zolfo, con valori
medi di pH compresi tra 6,5 e 7,5; pH inferiori a 6,5 favoriscono,
invece, la disponibilità di rame, zinco, boro, manganese e ferro
mentre, per valori superiori a 7,5 solo il molibdeno aumenta la
sua disponibilità per le radici. Comunque, è evidente che cia-
scuna specie vegetale predilige suoli con un determinato campo
di pH, al di fuori del quale la pianta cresce stentatamente oppu-
re muore.
In relazione ai diversi valori di pH, i terreni agrari si suddi-
vidono in:
terreno acido: pH < 5,9;
terreno sub-acido: pH 6,0-6,7;
terreno neutro: pH 6,8-7,2;
terreno subalcalino: pH 7,3-8,1;
terreno alcalino: pH > 8,2.
d) Capacità di scambio cationico (CSC): proprietà dell’humus e
dell’argilla di assumere, trattenere e scambiare anioni e cationi
presenti nella soluzione circolante del terreno rendendoli dispo-
nibili alla radice.
e) Calcare totale e calcare attivo: rappresentano rispettivamente
la totalità dei carbonati (CaCO3) presenti nel suolo e la frazione
solubile di essi. Sono considerati calcarei i suoli che ne conten-
gono più del 5% e in questo caso è opportuno ricorrere a inter-
venti mirati a ridurre tale presenza (ammendamento del terre-
no6). Se il valore del calcare attivo, frazione di carbonato di cal-
cio (CaCO3) reattiva che provoca l’insolubilizzazione del ferro
disponibile nel terreno, supera la soglia del 6-7%, le piante
manifestano ingiallimenti fogliari (clorosi per alterata attività
clorofilliana), riduzione dello sviluppo dei germogli e drastica
riduzione della produzione. La letteratura (Baldini, 1971) segna-
la che, per le piante arboree da frutto, i limiti di tollerabilità sono
diversi (3% per il castagno; 15% per il melo) e più elevati per l’o-
livo. La determinazione del contenuto di calcare totale nel terre-
18 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 18
no è utile anche per una corretta interpretazione del valore del
pH. Qualora questo indice chimico risulti superiore a 7 e nel
suolo sia scarsa la presenza del calcare attivo, l’interpretazione
più corretta è quella di presumere un’elevata presenza di ioni
alcalini nella soluzione circolante del terreno.
f) Sostanza organica: componente del terreno costituita dalla
mescolanza dei residui animali e vegetali in esso incorporati;
essa, per azioni diverse, subisce un continuo processo evolutivo
naturale (ad esempio umificazione al suolo delle foglie cadute)
e/o artificiale (ad esempio apporto al terreno di letame, e/o
materiali organici diversi ecc.). Tale processo, legato alla specifi-
cità dei microrganismi presenti nel suolo, agli eventi meteorolo-
gici e alle pratiche agronomiche (lavorazioni, concimazioni, irri-
gazioni ecc.) porta, come risultato finale, alla formazione nel ter-
reno di “nuova sostanza minerale” disponibile alla pianta.
In base al contenuto di sostanza organica (valore percentua-
le), il terreno agrario si può classificare in:
povero: < 1,5%;
sufficientemente dotato: 1,5-2,5%;
ben dotato: 2,6-3,5%;
ricco: > 3,5%.
È buona regola considerare coltivabile un terreno quando la
dotazione in sostanza organica è prossima al 2%.
g) Acqua: elemento principale che interagisce sulle caratteri-
stiche chimiche, fisiche e biologiche del suolo e, in conseguenza
di ciò, concorre a determinare il suo stato di fertilità. L’acqua,
infatti, è essenziale nella formazione ed evoluzione del terreno
agrario, nell’attività dei microrganismi, nella solubilizzazione
della matrice inorganica e organica e, finalmente, nella circola-
zione e nel trasporto della soluzione del terreno alla superficie
radicale. Essa favorisce così l’assorbimento degli elementi nutri-
tivi e la nutrizione della pianta. La corretta conoscenza dell’a-
zione dell’acqua contenuta nello strato di terreno esplorato dalle
radici è necessaria per poter compilare un bilancio aziendale di
gestione di questa risorsa. Tale informazione si ottiene esami-
nando le seguenti costanti idriche:
capacità idrica di campo (CIC): coincide con la quantità di
acqua che un terreno può trattenere senza apprezzabili per-
dite dovute alla percolazione;
19
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 19
punto di appassimento (PAP): rappresenta l’acqua contenuta
nel suolo al punto in cui la pianta comincia ad appassire sta-
bilmente (blocco della fotosintesi), perché la forza con la
quale viene trattenuta dal terreno è superiore a quella di
suzione radicale;
contenuto acqua disponibile (CAD): è la frazione di acqua che
le piante sono in grado di assorbire; è espresso come milli-
metri di acqua contenuti in un metro di profondità del suolo.
Quest’ultimo valore, che dipende dalla tessitura del terreno
e da molti altri fattori, è maggiore nei suoli limosi e argillosi e
minore in quelli sabbiosi. Entro i limiti di poca o troppa acqua,
la crescita delle piante è proporzionale al contenuto di acqua
disponibile (CAD); con l’aumentare dell’acqua nel suolo, dal
punto di appassimento alla capacità di campo, si accerta un
aumento dell’assorbimento di ioni nutritivi, con conseguente
più pronta risposta alla fertilizzazione anche da parte dei terre-
ni meno fertili. Per concludere il paragrafo relativo alle caratte-
ristiche del suolo agrario, in relazione alla fertilizzazione dell’o-
liveto, occorre evidenziare l’azione della falda7, che sarà esalta-
ta secondo la profondità e la presenza o meno nel terreno di un
idoneo sistema sotterraneo di drenaggio8.
Una falda acquifera che interessi lo strato di terreno esplora-
to dalle radici può essere vantaggiosa quando è tenuta a profon-
dità adeguata, sebbene tale vantaggio dipenda dalla specie in
coltura e dalla frequenza e dalle procedure delle lavorazioni: su
terreno adeguatamente lavorato, l’apporto dell’acqua di falda è
garantito; viceversa, il contributo è minore, in valore assoluto, se
non dannoso alla coltura, nel caso di terreni costipati o di falde
troppo vicine alla superficie. Falde troppo superficiali creano,
infatti, situazioni di deficienza di aerazione e di ridotta disponi-
bilità di ossigeno necessario all’attività delle radici; inoltre, l’at-
tiva decomposizione dei residui vegetali incrementa nel terreno
la presenza di prodotti tossici con modifiche a carico del sistema
chimico e della microflora9, creando le premesse per una mag-
giore suscettibilità della pianta e, soprattutto, della radice ad
attacchi parassitari (marciumi al colletto10 e/o alle radici da alte-
razioni fungine).
L’azione negativa si traduce in fenomeni che mortificano
l’accrescimento e la produzione della pianta e, nei casi più gravi,
è compromessa la stessa stabilità della struttura del terreno
agrario. Tutte queste manifestazioni, evidentemente, conferma-
20 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 20
no la necessità di intervenire tempestivamente con azioni effica-
ci sulla gestione del suolo.
1.2. Gestione del suolo
La gestione del suolo ha come obiettivi di ottimizzare lo
sfruttamento dell’acqua piovana, di contribuire alla difesa da
fenomeni di erosione (Pastor, 1989a; 1989b), di facilitare la realiz-
zazione delle diverse tecniche colturali e di migliorare le dispo-
nibilità di acqua e di nutrienti essenziali per ottimizzare le risor-
se naturali (Tombesi, 2000; Pastor e Guerrero, 1990). Gli interventi
agronomici che garantiscono una buona gestione del suolo
sono:
suolo nudo e lavorazioni ordinarie periodiche e superficiali;
suolo nudo senza lavorazioni e controllo delle erbe infestan-
ti con erbicidi11 (non lavorazione) (Saavedra et al., 1986; Pastor,
1990);
copertura vegetale totale o parziale (inerbimento), perma-
nente o temporanea, con sfalcio12 periodico delle erbe svi-
luppate (Blevins et al., 1986).
Le lavorazioni ordinarie (periodiche e superficiali) hanno una
posizione di particolare rilievo. Se questi interventi meccanici
21
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Terreni lavorati e pronti per nuovi oliveti
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 21
sono tempestivi e realizzati a profondità diverse (10-20 cm)
garantiscono, negli strati dei terreni più coerenti13, un’estesa
macro zollosità e un aumento, almeno temporaneo, della condu-
cibilità idrica e dell’infiltrazione dell’acqua (valorizzazione delle
precipitazioni). Con le lavorazioni ordinarie sono inoltre assicu-
rati: un accrescimento del volume dei macropori14 destinati agli
scambi gassosi; una limitazione dei fenomeni di costipamento;
un discreto controllo delle erbe infestanti; un congruo risparmio
energetico (minori costi meccanici) e, soprattutto, un effetto bene-
fico sullo sviluppo dell’apparato radicale e sulla produttività
della pianta (Pastor et al., 1995). In genere, per trovare gli inter-
venti più adatti alla realtà aziendale, le scelte sono programmate
riferendosi ai mezzi meccanici disponibili, alla natura e giacitura
del terreno e alle condizioni climatiche di una determinata zona.
È consigliabile, tuttavia, effettuare non più di 3-4 lavorazioni l’an-
no e di non superare la profondità di 10-20 cm in modo da non
danneggiare seriamente l’apparato radicale dell’olivo, che è piut-
tosto superficiale. La prima lavorazione, eseguita a fine inverno
(dopo la raccolta delle olive), deve avere come obiettivi quelli di
rompere lo strato compatto del terreno e di favorire l’aerazione e
la penetrazione dell’acqua piovana. Gli altri interventi di erpica-
tura15, compiuti in primavera-estate, servono a interrare i conci-
mi, a eliminare le infestanti e per ottimizzare le risorse idriche
durante il periodo vegetativo, limitando la perdita di acqua già
infiltrata per risalita capillare16 (Pastor 1989b; Pastor et al., 2000).
Per ottimizzare la gestione del suolo, oltre a questi interven-
ti ordinari, in olivicoltura, così come in viticoltura e frutticoltu-
ra, sono state proposte tecniche alternative riconducibili alla
“non lavorazione” del terreno (controllo delle erbe infestanti
con erbicidi) o all’inerbimento (totale o parziale) dell’impianto.
Non lavorare l’oliveto aumenta la portanza17 del terreno per-
mettendo, al tempo stesso, la crescita indisturbata delle radici
nello strato più superficiale. Inoltre, è stato verificato (Pastor,
1989a) che la quantità di acqua presente in terreni non lavorati è
maggiore rispetto a quelli sottoposti a periodiche lavorazioni
(fig. 2). Il passaggio delle macchine causa, infatti, a una certa
profondità, la formazione di zone compatte e poco permeabili
(basamenti di lavoro), per cui l’infiltrazione dell’acqua risulta
comunque sempre più lenta rispetto alle condizioni che incon-
tra nei terreni non lavorati quando si forma la crosta. Il limite di
questa scelta tecnica (non lavorazione) sta nella richiesta di un
22 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 22
23
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Fig. 2 - Quantità di acqua (l/m3) misurata a diversa profondità (cm)
in suoli con oliveti sottoposti a “periodiche lavorazioni ordinarie”
o “non lavorati” (Pastor, 1989a)
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 23
24 ARSIA
uso eccessivo di diserbanti. La maggiore attenzione rivolta oggi
ai problemi ambientali ha fortunatamente convinto gli operato-
ri all’applicazione di tecniche alternative al diserbo chimico; tra
l’altro, è importante ribadire che l’uso degli erbicidi non è auto-
rizzato né nella pratica dell’agricoltura biologica18 né nella pro-
duzione integrata19.
Per una olivicoltura ecocompatibile20, l’inerbimento è la tec-
nica di gestione del suolo più appropriata. Realizzato con erbe
spontanee (inerbimento naturale) oppure seminate (inerbimento
artificiale), questa tecnica favorisce negli oliveti lo sviluppo di un
tappeto erboso (permanente o temporaneo) che migliora la sta-
bilità e la quantità totale di acqua infiltrata durante la stagione
delle piogge. Il modo più efficace per quest’ultima azione si rea-
lizza creando una copertura vegetale che in primavera, periodi-
camente, deve essere sfalciata. L’inerbimento offre, peraltro, i
vantaggi di ridurre il problema dell’erosione (idrica e/o eolica) e
di aumentare l’apporto al terreno di sostanza organica e di
microflora. Migliora, inoltre, la struttura del suolo, creando con-
dizioni fisico-chimiche favorevoli allo sviluppo delle radici in
superficie, la transitabilità delle macchine e, fattore non trascura-
bile, tutela anche il territorio e l’ambiente (Blevins et al., 1986).
L’aspetto limitante di tale tecnica colturale è rappresentato dalla
competizione idrica e nutrizionale che si stabilisce tra l’olivo e le
specie erbacee. Tale scelta rappresenta quindi un’alternativa solo
negli ambienti non soggetti a grave siccità estiva e ovunque sia
possibile intervenire con tempestive irrigazioni e con adeguate
concimazioni. In ogni caso, è sempre consigliabile adottare que-
sta tecnica di gestione del suolo a partire dal quinto anno dopo
l’impianto, per evitare che la competizione idrico-nutritiva, eser-
citata dal tappeto erboso, impedisca il regolare accrescimento
delle giovani piante (Civantos et al., 1981; Lopez-Cuervo, 1990).
2. La radice
La radice, oltre alla ben nota funzione di assicurare un ade-
guato “ancoraggio” al suolo, assolve il compito di assorbire dal
terreno l’acqua e gli elementi minerali in esso presenti. In terre-
ni omogenei, il sistema radicale dell’albero adulto è distribuito
in modo uniforme intorno all’asse della pianta; esso si presenta
molto espanso e poco profondo, mentre la massa delle radici
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 24
assorbenti occupa, prevalentemente, la zona di suolo oltre la
proiezione della chioma.
Se queste definizioni sono generiche per l’olivo, così come
per tutte le altre piante arboree, è evidente che per chiarire l’or-
ganizzazione della radice, struttura differenziata e fondamenta-
le per la vita della pianta, una particolare attenzione andrà rivol-
ta alla sua crescita, al suo sviluppo e alla sua distribuzione nel
tempo e nel profilo del suolo.
Di seguito, saranno esaminate le fasi di crescita dell’appara-
to radicale e i meccanismi di assorbimento e di trasporto del-
l’acqua e degli ioni, in relazione a fattori genetici (caratteristici
quindi della specie) e agronomici (caratteristiche fisico-chimiche
del suolo, disponibilità idriche del terreno, tecnica colturale,
lavorazioni ecc.). Ciò nella convinzione che una buona confor-
mazione e distribuzione dell’apparato radicale, legata a un’atti-
va domanda metabolica della parte aerea, rappresentino, per
l’olivo, i presupposti fondamentali per favorire la produttività.
2.1. Crescita, sviluppo e distribuzione dell’apparato
radicale dell’olivo
Nell’olivo, così come nelle piante arboree sempreverdi, la
crescita della radice, lo sviluppo e la distribuzione dell’appara-
to radicale hanno un andamento ciclico che si alterna con la
parte epigea e sono regolati, essenzialmente, dal metabolismo
della pianta e da fattori di natura genetica e agronomica. In let-
teratura è già consolidata l’informazione che la vigoria della
pianta, la crescita dell’apparato radicale e la ripartizione della
biomassa21 (rapporto radici/chioma espresso in grammi di
sostanza secca) sono sotto il controllo genetico.
Per quanto riguarda l’olivo, tale affermazione, fino a oggi, è
stata dimostrata solo su piante giovani (16-18 mesi di età) e alle-
vate in contenitore (Cimato et al., 1999; 2001). Inoltre è stato chia-
rito che, durante i primi sette mesi di permanenza delle piante
in vivaio, la crescita vegetativa e quella dell’apparato radicale
sono condizionate anche dall’origine del materiale di propaga-
zione (Cimato et al., 1996).
Piante ottenute per innesto22 hanno, infatti, mostrato una
maggiore crescita totale (rapporti radici totali/chioma e radici
fini/radici grosse) rispetto ad altre, della stessa cultivar23, otte-
nute in mist24 (olivi autoradicati25). Le differenze sono state attri-
buite a una più prolungata e attiva fase di crescita vegetativa
25
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 25
degli olivi innestati, rispetto a quelli ottenuti per talea26 (autora-
dicati), anche nel periodo della stagione autunnale.
Per comprendere come si sviluppa l’apparato radicale nell’o-
livo adulto, occorre risalire a un’indagine di Morettini condotta
negli anni sessanta in provincia di Firenze (Morettini, 1968). Egli
ha evidenziato la scarsa adattabilità dell’apparato radicale e la
ridotta produttività degli alberi in suoli argillosi o soggetti a
ristagno idrico; ha, inoltre, sottolineato che la maggior parte
delle radici, sebbene in modo non uniforme, esplora lo strato di
terreno compreso tra 15-20 cm e 60-70 cm di profondità disten-
dendosi, seppur di poco, al di sotto del limite raggiunto dalle
lavorazioni profonde.
Recentemente, altri ricercatori (Cuniglio et al., 2001) hanno
segnalato che, in suoli originatisi da sedimenti pliocenici della
zona di Montespertoli (Firenze) e caratterizzati dalla presenza
di orizzonti con diverse limitazioni strutturali (condizioni asfit-
tiche, eccesso di argilla, elevata densità, scarsità di nutrienti e
presenza di un eccessivo contenuto salino), l’apparato radicale
di olivi Frantoio è riuscito a raggiungere profondità maggiori al
livello dello scasso (1,20 metri).
In generale, è possibile asserire che lo strato più superficiale
del terreno coltivato (15-20 cm di profondità) è occupato dalle
radici principali e da quelle avventizie di limitata grossezza e
originatesi, prevalentemente, dalle iperplasie del pedale27.
Durante la stagione di crescita queste radici avventizie tendono
a dirigersi verso la zona più superficiale e, dalla loro elevata
frequenza, è possibile desumere l’importanza che hanno ai fini
della nutrizione della pianta. Le radici più grosse, viceversa,
non sono presenti nello strato più superficiale poiché le perio-
diche lavorazioni del terreno ne ostacolano sistematicamente
l’accrescimento.
Il metabolismo delle radici e il loro periodico rinnovo sono
subordinati, di volta in volta, alle condizioni del terreno, e di
conseguenza alle proprietà fisiche (aerazione, temperatura,
compattezza, dotazione idrica, dotazione in sostanza organica),
chimiche (pH, presenza di elementi minerali), pedologiche
(natura dei suoli) e agronomiche (lavorazioni, irrigazioni, dre-
naggi ecc.) del terreno stesso. Di seguito, seppure in forma sin-
tetica, sono indicate queste interazioni.
L’aerazione del terreno esercita un’influenza preponderante.
Le radici non si sviluppano dove l’aerazione è limitata perché è
26 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 26
ridotta la respirazione e, nello stesso tempo, sono prodotte e
accumulate sostanze tossiche per la pianta. In condizioni di
falda alta la colonizzazione delle radici è superficiale, poiché la
saturazione del terreno crea un ambiente asfittico. Ciò spiega la
necessità, in simili situazioni agronomiche, di intervenire con un
razionale drenaggio per eliminare l’eccesso di umidità e otti-
mizzare lo stato di ossigenazione del suolo. Un idoneo sistema
di drenaggio, consentendo una più profonda distribuzione delle
radici nel terreno, permette alla pianta di sfruttare un maggiore
volume di terra conferendole una particolare resistenza nei
periodi di siccità o quando la presenza dell’umidità, negli strati
più superficiali del terreno, è ridotta.
La crescita delle radici dipende dalla temperatura del terre-
no (limite minimo di 2°C e massimo di 27°C) ma questa relazio-
ne non è strettamente legata alle fluttuazioni annuali, perché
l’accrescimento è regolato anche dalla disponibilità idrica e
dalla competizione per i nutrienti esercitata dai frutti pendenti.
In primavera il maggior accumulo idrico del suolo può rallenta-
re il riscaldamento del terreno e, conseguentemente, la crescita
dell’apparato radicale. Durante l’estate, seppur le temperature
del suolo sono certamente più favorevoli, l’accrescimento risen-
te in misura maggiore del gradiente idrico e della forte compe-
tizione metabolica (acqua, elaborati fotosintetici e nutrienti) tra
attività vegetativa e riproduttiva della pianta. Infine, anche in
ambienti con forte insolazione, la crescita è limitata per il riscal-
damento eccessivo dello strato superficiale del terreno.
L’inerbimento dei filari e/o le tempestive pratiche agronomiche
(irrigazioni, lavorazioni superficiali) possono, in questi casi,
limitare il problema e consentire l’accrescimento costante delle
radici nel suolo.
L’effetto della nutrizione minerale sullo sviluppo e sulla cre-
scita dell’apparato radicale dell’olivo è scarsamente documenta-
to. In ogni caso, per quanto la letteratura riporta, si può affer-
mare che tale struttura differenziata è notevolmente plastica
nelle sue risposte ai diversi stati nutritivi del terreno. In genere,
non tutti gli strati del terreno sono capaci di fornire elementi
nutritivi in eguale misura. Per la maggior parte degli elementi,
le concentrazioni sono più elevate negli strati superficiali per
decrescere con l’aumentare della profondità; di conseguenza, la
distribuzione delle radici è massima nelle zone più prossime
alla superficie, per poi ridursi negli strati più profondi. Per
27
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 27
quanto riguarda i singoli elementi minerali, la letteratura infor-
ma che questi hanno effetti diversi sulla crescita delle radici:
azoto e fosforo stimolano lo sviluppo, il potassio non ha mostra-
to effetti particolari, mentre carenze di calcio nei profili più
profondi del suolo inibiscono l’estensione delle radici primarie.
Il grado di fertilità chimica del terreno incide anche sulla dura-
ta della crescita, sulla distribuzione verticale delle radici e sulla
loro ramificazione. Quando il livello nutrizionale è basso, gli
apici radicali rallentano l’attività metabolica ed entrano in dor-
mienza più precocemente. Anche una buona dotazione di
sostanza organica nel terreno agisce positivamente sulla cresci-
ta dell’apparato radicale, perché riduce la resistenza del terreno
alla penetrazione delle radici (compattezza) e aumenta la capa-
cità di ritenzione dell’acqua.
Proprietà fisiche, chimiche, pedologiche e agronomiche sono
in grado di controllare anche la distribuzione verticale delle
radici nel profilo del terreno e la loro ramificazione. Tale para-
metro, indicato anche come “struttura dell’apparato radicale”,
può essere definito come “densità radicale”28 che è espressa in
cm di lunghezza delle radici per m3di terreno.
2.2. Apparato radicale e assorbimento
Nell’introduzione è stato già rilevato che la radice assolve il
duplice compito di assicurare alla pianta un adeguato “anco-
raggio” al suolo e di assorbire, dal terreno, acqua ed elementi
nutritivi necessari per la crescita e per la produzione. Per tutti
gli alberi l’assorbimento non è affidato esclusivamente alla radi-
ce. La pianta, infatti, è in grado di ricevere nutrienti anche attra-
verso organi epigei quali: branche, rami29 e, soprattutto, foglie
(cap. 3, p. 104).
Il passaggio degli elementi nutritivi dal suolo alla pianta è,
invece, esclusività dell’apparato radicale. Su questo meccani-
smo, che si realizza quando i nutrienti (in forma ionica sempli-
ce e complessa oppure in forma organica) e l’acqua giungono in
prossimità delle radici, interagiscono numerosi fattori: in primo
luogo la “struttura” delle radici (sviluppo, volume, lunghezza,
periodicità di crescita e di attività); quindi la densità dell’appa-
rato radicale e la stessa distribuzione delle radici nel profilo del
terreno; infine, sull’assorbimento interagiscono aspetti genetici
(cultivar, portainnesto30) e pratiche agronomiche (densità di
impianto, ambiente pedo-climatico e pratiche colturali).
28 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 28
Prima di soffermarsi su come alcuni tra i più importanti ele-
menti nutritivi (azoto, potassio, fosforo, calcio, magnesio e boro)
si muovono verso la superficie della radice, sulle modalità di
assorbimento e, infine, su come avviene la traslocazione nei vari
organi della pianta, è necessario sottolineare che:
le radici hanno meccanismi diversi di assorbimento dei
nutrienti;
tutta la superficie radicale (radici sottili e radici più grosse)
contribuisce, seppure in misura diversa, all’assorbimento
dell’acqua e degli elementi nutritivi;
non è più sostenibile ritenere che l’assorbimento di acqua e di
ioni avvenga solo nelle regioni delle radici sottili più giovani
non suberificate31 (apici radicali e zona pilifera); acqua, fosfo-
ro, potassio e calcio sono, infatti, assorbiti anche dalle zone
lignificate e, per alcuni ioni, addirittura in misura maggiore;
nelle zone più suberificate può essere maggiore non solo l’as-
sorbimento ma anche il trasporto;
non tutte le sostanze assorbite sono prontamente utilizzate
dalla pianta, ma una parte di esse va a costituire delle riserve;
la superficie delle radici in accrescimento secondario è essen-
ziale per lo stoccaggio delle riserve;
durante la notte i tessuti radicali si idratano a causa del bloc-
co notturno della traspirazione32 e della evaporazione;
per svolgere i processi metabolici che portano alla formazio-
ne di una struttura complessa, le piante richiedono materie
prime a concentrazione e grado di purezza elevati;
le radici assorbono elementi in forma inorganica e organica
(zuccheri, amminoacidi ecc.) (Nissen, 1974).
I meccanismi che consentono agli elementi nutritivi di rag-
giungere la superficie delle radici sono due: convenzione e diffusio-
ne. Il primo (convenzione), è conseguenza della percolazione del-
l’acqua attraverso il terreno e del movimento indotto dalla traspi-
razione della pianta; il secondo (diffusione) trae origine dall’acqua
assorbita dal terreno e s’instaura quando tra le zone di contatto
(radice-terreno) si stabilisce un gradiente di concentrazione33.
Per alcuni ioni (calcio e magnesio per esempio), il movimen-
to è dominato dalla convenzione; pertanto questi elementi pri-
mari devono essere presenti nella soluzione del terreno a con-
centrazioni relativamente elevate e non devono interagire con il
complesso di scambio del terreno. Viceversa, per altri ioni
(fosforo, potassio, boro, ferro, zinco, manganese e cloro) il movi-
29
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 29
mento è principalmente controllato dalla diffusione. Nella mag-
gior parte delle condizioni di campo questo processo è lento e
limitati sono sia la mobilità sia l’assorbimento degli ioni. Così, lo
sfruttamento delle risorse nutritive del terreno, per certi
nutrienti (P, K, B, Fe, Zn, Mn e Cl), dipende dal volume e dall’a-
rea della superficie delle radici.
2.2.1. Assorbimento degli ioni
È noto che il sistema radicale dell’olivo ha capacità di assor-
bimento elevate rispetto alla “normale” richiesta della pianta
(effetti limitativi si possono manifestare solo quando gli alberi
sono in condizioni di stress oppure quando la domanda di
nutrienti è particolarmente elevata); così, per come è stato accer-
tato per gli altri fruttiferi (melo, vite ecc.), anche per questa spe-
cie esiste una selettività nell’assorbimento e, entro certi limiti,
l’efficienza della radice è in grado di compensare anche un
ridotto sviluppo dell’apparato radicale.
Due sono i meccanismi coinvolti nel passaggio degli elemen-
ti nutritivi dal suolo alla pianta. Il primo, noto come “scambio
per contatto”, è un processo attivo e avviene direttamente tra le
radici e le particelle colloidali del suolo; il secondo, quantitati-
vamente più importante, la “diffusione”, consiste nell’assorbi-
mento degli ioni presenti nella soluzione del substrato. Una
buona conformazione e distribuzione dell’apparato radicale e
un’attiva domanda metabolica della pianta sono presupposti
essenziali per ottimizzare le risorse nutrizionali disponibili.
L’assunzione degli elementi nutritivi è un meccanismo fisio-
logico normalizzato e solo in parte parallelo all’assorbimento
idrico, al quale partecipano tutte le radici e non solo quelle più
giovani. Le più vecchie, peraltro, mantengono un migliore con-
tatto con il terreno e la loro lunga persistenza garantisce, anche
a un apparato radicale relativamente limitato, di fornire alla
pianta elementi nutritivi in quantità elevate.
L’assorbimento degli ioni, che assicura rifornimenti nutritivi
e protezione da fenomeni indesiderati (eccessivo accumulo ed
effetti tossici per alte concentrazioni di ioni), è un meccanismo
complesso ed è regolato dai seguenti fattori: rapporti di sinergi-
smo34 e di antagonismo35 che s’instaurano tra gli stessi nutrien-
ti; sviluppo (massa, lunghezza, distribuzione e densità) dell’ap-
parato radicale; pH della soluzione circolante (Tattini, 1991b;
Marzi et al., 1997); condizioni che modificano la domanda tra-
30 ARSIA
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spirativa36; luminosità; potenziale idrico della radice; tempera-
tura e disponibilità idrica del terreno (in generale e nei differen-
ti strati del profilo).
Nella cinetica dell’assorbimento nutrizionale è possibile
distinguere un primo periodo, della durata di circa quaranta-
cinque minuti, di rapida “invasione” del tessuto da parte dello
ione, seguito da una penetrazione più lenta ma lineare nel
tempo. La massima concentrazione dello ione penetrato duran-
te il primo periodo non supera quella della soluzione nutritiva,
mentre nel secondo periodo si attua un vero e proprio accumu-
lo, per cui la concentrazione interna può superare decine e cen-
tinaia di volte quella esterna (Ferrari, 1976).
Di seguito, alcuni esempi chiariscono meglio la complessità
dei meccanismi che regolano il passaggio degli elementi nutriti-
vi dal suolo alla pianta.
Intanto è bene rilevare che l’assorbimento degli ioni avviene
con una diversa velocità: maggiore per quelli nitrici e per il
potassio, minore per il fosforo e per il calcio.
L’antagonismo che associa, per esempio, il potassio al magne-
sio, fa sì che l’eccesso di uno di questi due elementi riduca l’as-
sorbimento dell’altro e viceversa. Anche le condizioni che modi-
ficano la domanda traspirativa possono influire sull’assorbimen-
to. Basse umidità relative dell’aria riducono l’assorbimento del
potassio ma non quello del calcio per cui, nei tessuti, aumenta il
rapporto Ca/K. L’assorbimento del calcio e del potassio è ridot-
to anche quando l’intensità luminosa è bassa. Infine, condizioni
idriche del suolo ridotte per frequenti erpicature o per dissecca-
mento naturale degli strati più superficiali favoriscono l’assorbi-
mento di un elemento rispetto a un altro. In tale situazione, la
radice trova migliori condizioni in profondità dove, tra l’altro, la
temperatura è più bassa e l’assorbimento risulterà maggiore per
il calcio rispetto al potassio. Di seguito, sono riportate alcune
informazioni che riguardano l’assorbimento di “macro” e
“micro” nutrienti (distinzione dovuta alla diversa concentrazio-
ne in cui sono presenti nel suolo e nella pianta), ed è accennato il
ruolo che essi svolgono nel complesso metabolismo della pianta.
Azoto: elemento essenziale perché costituente di composti
fondamentali come amminoacidi, proteine strutturali, enzimi,
acidi nucleici, clorofille ecc. L’azoto controlla, in gran parte, lo
sviluppo della pianta e la sua produzione. Le sostanze azotate
31
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 31
giungono a contatto con le radici per diffusione e sono assorbi-
te come ione nitrato (NO3-) e come ione ammonio (NH4+).
Nell’olivo, l’assorbimento dello ione nitrato è ridotto ed è di
tipo attivo, richiedendo alla pianta un dispendio energetico a
carico dei prodotti fotosintetici (Tattini, 1991a; Marangoni et al.,
1991). Questa particolarità è dovuta alla sua minore capacità
fotosintetica per la limitata diffusione nelle foglie dell’anidride
carbonica. Se la disponibilità di energia non costituisce fattore
limitante, la pianta tende ad assorbire il nitrato in quantità supe-
riori al fabbisogno. L’assimilazione dell’elemento dipende anco-
ra sia dalla stessa quantità relativa di questi composti nella solu-
zione del terreno (concentrazione) sia dalla presenza di ioni cal-
cio e/o potassio (azione positiva) e azoto ammoniacale (azione
inibitrice). La forma ammoniacale è assorbita con un processo
passivo di diffusione e con una minore richiesta energetica. La
pianta preferisce questa sorgente azotata rispetto a quella nitri-
ca in quanto, prima della sua organicazione, non è necessaria
un’attività riduttasica37. Il principale fattore che regola l’assorbi-
mento dello ione ammonio è la sua concentrazione nella solu-
zione esterna. D’altra parte, è noto che somministrazioni eleva-
te con solo ammonio sono tossiche alla pianta, ma la letteratura
ha più volte dimostrato che per ottimizzare tale fenomeno
occorre che queste due forme di nutrienti siano presenti secon-
do un rapporto definito.
Potassio: elemento che regola il metabolismo degli zuccheri,
favorendone l’accumulo sotto forma di amido, e controlla la lipo-
genesi38 e le attività enzimatiche dirette alla sintesi degli ammi-
noacidi e degli acidi fenolici (Gonzales et al., 1976); favorisce inol-
tre la formazione di pareti cellulari più solide per aumentare la
tolleranza della pianta alle basse temperature. L’assorbimento
del potassio, che avviene come ione K+, risente sia del variare
delle condizioni ambientali, sia delle tecniche colturali. Il riforni-
mento alla superficie radicale avviene principalmente per diffu-
sione ed è pertanto strettamente collegato al regime idrico del
terreno. Deficit idrici, anche modesti, possono comprometterne
notevolmente l’assorbimento. Più degli altri nutrienti, il potassio
ha limitata mobilità nel terreno ma è facilmente traslocabile nel-
l’ambito della pianta. Dopo la lignificazione del nocciolo, le
drupe richiedono quantità sempre maggiori di tale elemento, che
è prontamente traslocato dalle foglie (Ortega Nieto, 1969).
32 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 32
Fosforo: elemento che interviene nella divisione cellulare,
nella crescita delle radici, nello sviluppo dei tessuti meristema-
tici e nelle reazioni di esterificazione39 e di trasferimento energe-
tico. Il fosforo è assorbito come ione fosfato (HPO3-; HPO42-). La
disponibilità e l’assorbimento dipendono sostanzialmente dal
pH del terreno e dalla presenza di altri ioni e ciò, tenuto conto
della sua scarsa mobilità nel suolo, assume notevole importan-
za. Una elevata disponibilità di azoto come ione nitrato (NO3-)
può ridurre l’assorbimento di fosforo, mentre l’azoto nella
forma ammoniacale (NH4+) favorisce l’assorbimento nei terreni
a pH neutro o alcalino. Sull’assorbimento del fosforo sembrano
avere un notevole effetto positivo le micorrize40.
Calcio: elemento essenziale perché controlla l’azione di
numerosi enzimi, interviene nei fenomeni di divisione cellulare,
di permeabilità del citoplasma e sostiene il trasporto dei carboi-
drati. Per l’assorbimento del calcio, che avviene come ione Ca2+,
è fondamentale un regime idrico costante nel suolo. Tale situa-
zione agronomica consente un’adeguata traspirazione all’olivo
facilitando, all’interno dell’albero, la ridistribuzione del calcio.
Carenze idriche influiscono quindi negativamente sull’assorbi-
mento di questo nutriente (Marimpietri, 1950).
Magnesio: costituente della clorofilla, è attivatore per molti
enzimi e interviene nei processi di sintesi dell’RNA. L’assor-
bimento del magnesio avviene come ione Mg2+. A elevate dispo-
nibilità, questo elemento entra in competizione con il calcio sia
per l’assorbimento sia per la traslocazione; viceversa, quando il
suo livello da situazioni di carenza è portato a livelli adeguati, il
magnesio favorisce l’assorbimento del calcio.
Boro: elemento che interviene nel metabolismo dei carboi-
drati e che attiva diversi sistemi enzimatici e numerose funzio-
ni ormonali. Ha un ruolo determinante nella sintesi dei flavo-
noidi, delle basi pirimidiniche (DNA e RNA), e nel trasporto degli
zuccheri attraverso il floema. Il boro è essenziale per le piante
superiori che, in mancanza di questo elemento, crescono lenta-
mente e non completano il loro ciclo vitale (Ciferri et al., 1956).
Assorbito come acido borico indissociato (H3BO3), assume note-
vole importanza poiché è in grado di favorire il passaggio del
calcio dal suolo alla pianta. Il boro si accumula nelle foglie vec-
33
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 33
chie e non è ritraslocato, per cui il rifornimento dal suolo deve
essere assicurato. Anche per il boro, così come per il calcio, il
regime idrico è importante; la scarsità idrica è in grado di ridur-
re l’assorbimento e provoca stati di carenza (Demetriades et al.,
1968; Oertli e Gregurevic, 1975).
Altri elementi assorbiti direttamente come ioni dalla soluzio-
ne circolante del terreno sono: silicio, sodio, zolfo, manganese,
cloro, rame, zinco e molibdeno.
2.2.2. Assorbimento dell’acqua
Le piante arboree hanno efficienti meccanismi per l’assorbi-
mento e per il movimento endogeno dell’acqua. Esse, infatti,
disponendo di nutrizione primaria gassosa (fotosintesi e fotore-
spirazione), sono dotate di un sistema per lo scambio dei gas che
provoca, attraverso organi predisposti (foglie, frutti e radici),
perdita d’acqua per traspirazione che è continuamente reinte-
grata dall’assorbimento radicale. È stato verificato che solo una
minima parte dell’acqua assorbita (circa il 2%) è utilizzata per la
produzione di nuovi tessuti (in genere, per produrre 1 kg di
sostanza secca, la pianta deve traspirare circa 500 litri di acqua).
Accanto a quelli di natura ambientale (temperatura, stato
idrometrico dell’aria, ventilazione, illuminazione e livello di
disponibilità idrica del suolo), il più importante fattore che con-
diziona il meccanismo della traspirazione è la domanda meta-
bolica. Infatti la pianta assume nutrienti e acqua, disponibili nel
terreno, per rispondere a specifiche richieste di sviluppo vege-
tativo (che si riflette sul rinnovamento della chioma) e di cresci-
ta dei frutti (che si riflette sull’efficienza produttiva).
L’assunzione dell’acqua, che si compie attraverso le radici
conduttrici suberificate e, prevalentemente, tramite i peli che
rivestono la porzione sub-apicale delle giovanissime radichette
capillari (capillizio assorbente), avviene in virtù di due mecca-
nismi successivi, rispettivamente “attivo” e “passivo”.
Il primo sopraggiunge in condizioni di elevata disponibilità
idrica nel terreno e si realizza quando la pianta ha una bassa
intensità traspiratoria. In questo stato, l’assorbimento è garanti-
to dal gradiente osmotico41 che si crea tra terreno e cellule radi-
cali. Tale meccanismo, tramite il sistema protoplasmatico42 con-
tinuo che si estende fino al parenchima43 legnoso, assicura la dif-
fusione dell’acqua assorbita fino al sistema conduttore principa-
le (vasi). Durante la fase dell’assorbimento attivo, che pratica-
34 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 34
mente coincide con la ripresa dell’attività vegetativa (germoglia-
mento), si stabilisce una vera e propria pressione radicale che rag-
giunge valori elevati (10-12 atmosfere) e determina, oltre all’as-
sorbimento dell’acqua dal terreno, anche la sua ascesa attraver-
so il sistema conduttore della pianta. Non appena la traspirazio-
ne aumenta d’intensità, all’assorbimento attivo succede quello
passivo, che predomina nel bilancio idrico della pianta. Tale
meccanismo si compie per effetto della forza di suzione che s’in-
staura all’interno del sistema conduttore allorché le perdite d’ac-
qua, conseguenti all’intensa traspirazione, non sono bilanciate
da un adeguato rifornimento idrico. Così l’assorbimento idrico
della pianta è direttamente controllato dalla traspirazione.
2.2.3. Traslocazione e trasporto dalla radice verso altri
organi della pianta
L’ascesa dell’acqua dal sistema radicale agli organi epigei
della pianta è regolata, all’inizio del ciclo vegetativo annuale,
dalla pressione radicale; non appena, con l’avvio della traspira-
zione, questa viene meno, la traslocazione dell’acqua, attraver-
so il sistema vascolare, si compie in base al meccanismo della
cosiddetta “teoria della coesione tensione”. Si tratta di un prin-
cipio fisico in grado di dimostrare che, quando la pianta traspi-
ra, il trasporto verso gli organi epigei è garantito dalla maggio-
re forza di coesione44 che si realizza tra le stesse molecole d’ac-
qua rispetto a quella di tensione45 che, altrimenti, tenderebbe a
distaccarle. Analogamente, gli stretti rapporti che intercorrono
tra assorbimento radicale e traspirazione fogliare, spiegano l’a-
scensione d’ingenti quantità d’acqua e di nutrienti anche verso
le parti più elevate della chioma.
Nella pianta, la traslocazione degli elaborati (linfa con elevate
concentrazioni di composti organici), dalle foglie alle radici, è
“basipeta”46 ed ha luogo nella zona occupata dalla corteccia (floe-
ma); viceversa, il trasporto della soluzione traspiratoria, conte-
nente quanto ricavato dal terreno (soluzione diluita di sali
soprattutto inorganici), è spinta verso l’alto attraverso la zona
centrale del legno (xilema). Non tutto il legno delle branche e del
tronco partecipa alla traslocazione idrica. Questa funzione, corre-
lata alla struttura anatomica e in particolare al numero, all’am-
piezza e alla forma dei vasi, è generalmente limitata agli elemen-
ti vascolari di più recente formazione (1-2 anni), mentre il legno
più vecchio serve soprattutto come eventuale deposito di acqua.
35
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 35
Oltre che andare soggetta alla traslocazione verticale, l’acqua
può agevolmente spostarsi anche in senso laterale e passare dal
legno al cambio e da questo al libro47 e anche da un organo
all’altro. Aquesto riguardo è stato dimostrato che l’acqua assor-
bita dalle radici, presenti in una determinata zona di terreno,
può giungere anche a quella parte di organi epigei che non cor-
rispondono a quelle stesse radici. Certamente non è esatto rite-
nere che nello xilema si muovano solamente le sostanze inorga-
niche; il succo xilematico in primavera può, infatti, contenere
considerevoli quantità di zuccheri e di altri composti organici
che, in questo periodo della stagione, aiutano tale movimento.
Note
1“Generatore del suolo”: la roccia che dà origine a un suolo alterandosi nella
sua parte superficiale.
2Insieme di tessuti animali e vegetali in decomposizione nel suolo.
3Soluzione presente nel terreno.
4Forma e concentrazione degli elementi nutritivi utilizzabili e indispensabili
alle piante.
5Capacità di un elemento presente nel terreno di essere assorbito da parte
della pianta.
6Tecnica tramite la quale i valori del calcare di un terreno vengono abbassati.
Ammendante: sostanza che modifica le caratteristiche chimiche, fisiche, biologi-
che e meccaniche di un terreno, migliorandone l’abitabilità per le specie coltivate.
7Acqua sotterranea che scorre, con maggiore o minore lentezza, in rocce per-
meabili e sostenuta dal basso da rocce impermeabili.
8Tecnica agronomica che impiega tubi di materiali diversi; essi, posti a
profondità adeguata, favoriscono l’allontanamento dal suolo delle acque in
eccesso.
9L’insieme dei microrganismi presenti nel terreno agrario.
10 Zona della pianta compresa tra la radice e il fusto.
11 Sostanze chimiche usate per eliminare specie vegetali indesiderate.
12 Taglio del tappeto erboso.
13 Terreni che possiedono coesione interna (argillosi).
14 Pori del suolo con diametro compreso fra 75 micrometri e 5 millimetri.
15 Lavorazione superficiale del terreno con attrezzi particolari (erpici a dischi o
a denti).
36 ARSIA
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16 I pori del terreno, collegandosi tra di loro, formano una fitta rete di vasi in cui
l’acqua può risalire per azione delle forze capillari. Il fenomeno è in funzione della
tessitura del terreno: si può, infatti, rilevare che la risalita aumenta con il crescere
del contenuto in argilla, della temperatura e del contenuto in acqua del suolo.
17 Capacità di un suolo di sopportare la pressione derivata da attività diverse
(macchine, animali ecc.) prima di degradarsi.
18 Agricoltura biologica o “agricoltura organica”: indica una pratica agricola
che ammette solo l’impiego di sostanze naturali (presenti cioè in natura) ed
esclude l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.
19 Tecnica innovativa a basso impatto ambientale. Limita l’uso dei fitofarmaci,
sceglie per la coltivazione solo piante e/o varietà più resistenti e utilizza parti-
colari microrganismi e insetti come difesa dai parassiti. Le tecniche di produ-
zione integrata sono rigorosamente controllate e applicate in tutte le fasi del pro-
cesso produttivo.
20 Che rispetta gli equilibri naturali.
21 La quantità di materia, di solito al netto del contenuto di acqua, che compo-
ne gli organismi (massa secca).
22 Unione di parti di piante a costituire un unico individuo. L’innesto è usato
come metodo di moltiplicazione.
23 Entità tassonomica costituita da piante coltivate contraddistinte da caratteri
morfologici, biologici o agronomici comuni e originate o mantenute solo in col-
tivazione. Questo termine sostituisce quelli di razza e di varietà coltivata.
24 Irrorazione con acqua finemente nebulizzata (nebulizzazione).
25 Autoradicazione: è la moltiplicazione ottenuta impiegando una porzione di
pianta (ramo, radice, foglia ecc.), che è capace di dare origine, in condizioni ope-
rative definite, a una nuova pianta. Comprende tutti i metodi di moltiplicazio-
ne escluso l’innesto.
26 Porzione di organi vegetali (rami, radici, foglie) asportata da una pianta e
utilizzata nella moltiplicazione per radicazione diretta.
27 Accrescimento abnorme della base del tronco.
28 Indica la quantità di radici per unità di volume di terreno.
29 La penetrazione non avviene attraverso tutta la superficie della corteccia ma
solo tramite naturali soluzioni di continuità quali: lenticelle, fenditure dovute
all’accrescimento diametrale dei rami, oppure da lesioni da potature.
30 Pianta utilizzata quale ipobionte nella propagazione per innesto. Il suo ruolo
è di fornire al nuovo albero la parte dell’apparato radicale.
31 Suberificazione: trasformazione della membrana delle cellule vegetali in
sughero per effetto della formazione di suberina (varietà insolubile di cellulosa)
al loro interno.
32 Meccanismo tramite il quale la pianta mantiene nelle foglie un costante livel-
lo di umidità per la realizzazione del suo metabolismo (assorbimento, fotosinte-
si ecc.).
33 Una differenza di concentrazione relativa a una specifica molecola in due
ambienti diversi e contigui.
37
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
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34 Fenomeno per cui l’effetto combinato di due elementi è maggiore della
somma dei loro singoli effetti.
35 Mutua opposizione di due elementi o fenomeni.
36 Quantità di acqua richiesta per la traspirazione.
37 Riduzione dello ione nitrico mediata da due enzimi, la nitrato e la nitrito-
riduttasi. L’azione della nitrito-riduttasi (che catalizza la riduzione da nitrito ad
ammonio) si svolge nei cloroplasti delle foglie e nei proplastidi delle radici.
38 Formazione dei lipidi (grassi).
39 Legame tra il gruppo carbossilico e il gruppo ossidrile di due molecole con
formazione di un nuovo composto e di una molecola di acqua.
40 Complesso simbiotico costituito dal micelio di un fungo e dalle radici di una
pianta; l’unione si risolve con vantaggi di ambedue gli organismi.
41 Da osmosi: fenomeno per cui due soluzioni diverse tendono a mescolarsi
attraverso una membrana semipermeabile.
42 Da protoplasma: sostanza vivente incolore a struttura colloidale che costi-
tuisce il componente principale delle cellule.
43 Tessuto costituito da cellule vive, non lignificate, con svariate funzioni
organiche.
44 Esprime la grande affinità reciproca delle molecole di acqua. La coesione è
una forza grazie alla quale colonne di acqua di piccola sezione possono resiste-
re senza rompersi anche a tensioni di 100 atm.
45 Forza alla quale sono sottoposte le molecole di acqua quando si trovano
all’interno del sistema conduttore.
46 Diretta dalle foglie verso le radici.
47 Anche detto floema: sistema di vasi conduttori presente nelle piante superiori.
38 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 38
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40 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 40
II. Esigenze nutritive dell’olivo
Fornire dati precisi sulle quantità di elementi minerali aspor-
tati dalle piante di olivo è piuttosto difficile; l’eterogeneità delle
situazioni colturali e l’elevato numero di fattori che interferisco-
no su queste determinazioni non consentono di stabilire, in ter-
mini concreti, le dosi di fertilizzanti da reintegrare al terreno
perché rispondenti a specifiche richieste delle piante.
Tale problematica, ampiamente studiata per le principali
specie arboree da frutto (vite, agrumi, melo, pesco), per l’olivo
richiede ancora l’individuazione di soluzioni metodologiche;
anzi, sarebbe più corretto affermare che, per trovare indicazioni
e soluzioni specifiche, spesso si deve fare riferimento a espe-
rienze realizzate su altre specie.
Individuata la questione centrale per la definizione delle esi-
genze nutritive dell’olivo, occorre porre l’accento sul fatto che la
letteratura, che ha affrontato questa problematica, è datata, per
la quasi totalità, al periodo anni cinquanta e settanta (Bouat et al.,
1951; 1953; 1954; Noro, 1956; Ortega Nieto, 1957; Ortega Nieto et al.,
1964; Hartmann, 1958; Spina, 1960; Gonzales Garcia et al., 1967;
1972; 1973; Chavez, 1971; Crescimanno et al., 1975; Ferreira Llamas
et al., 1975; Garcia et al., 1975; Tattini, 1991a); inoltre, è da sottoli-
neare che la variabilità dell’olivicoltura non permette di sempli-
ficare le scelte né, tanto meno, di riproporre e trasferire espe-
rienze acquisite in condizioni operative definite a situazioni
agronomiche molto diverse. Così, giocoforza, occorre sottolinea-
re che, accanto alle acquisizioni scientifiche che saranno riporta-
te nel testo, rimane sempre al tecnico la scelta di decidere meto-
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dologie, analisi e interpretazioni dei risultati, nonché la respon-
sabilità di comprendere che le esigenze nutritive stabilite sono
specifiche per quella azienda e/o persino per quell’impianto.
Per fissare le quantità di fertilizzanti da somministrare, il tec-
nico dovrà convincersi che non è più proponibile la teoria, sug-
gerita un tempo, della “restituzione”, ma che è necessaria una
valutazione più ampia perché, molto spesso, con la concimazio-
ne si interviene anche per rettificare il rapporto tra i diversi ele-
menti presenti nel terreno o per eliminare eventuali carenze.
Dalla corretta interpretazione dei dati analitici egli otterrà
informazioni indicative di una graduatoria di importanza dei
vari elementi; nonostante ciò, dovrà tener presente che le piante
asportano annualmente quantità di calcio, di azoto e di potassio
assai più elevate rispetto a quelle di fosforo e di magnesio e che,
talvolta, le esigenze nutritive degli alberi sono molto diverse e
variano sensibilmente in rapporto al ciclo vitale della pianta, al
corso della stagione e ai diversi stadi di attività vegetativa e
riproduttiva.
Definita questa premessa, il tentativo di fornire indicazioni
sulle esigenze nutritive dell’olivo sarà condotto esaminando le
metodologie di campionamento e suggerendo le interpretazioni
dei risultati delle analisi del suolo e delle foglie per un’oggetti-
va valutazione della situazione agronomica.
1. Determinazione delle esigenze nutritive
Per una corretta scelta dei fertilizzanti da somministrare al
terreno e per definire un razionale dosaggio, è indispensabile
ricorrere alle analisi del suolo e a quella fogliare.
Tali determinazioni sono fondamentali in fase di preimpian-
to dell’oliveto giacché, in base alle indicazioni ottenute, è più
semplice migliorare la fertilità del suolo intervenendo con
opportune concimazioni di fondo. Ovviamente l’analisi serve
anche quando, oltre alla ricerca dello stato di fertilità di un ter-
reno, si vuole verificare la presenza di eventuali condizioni di
carenza e di tossicità1subite dalle piante. Aqueste informazioni
è utile integrare i dati provenienti dall’analisi fogliare, spesso
trascurata o assegnata a una semplice osservazione visiva. Essa
rappresenta, invece, il modo più veloce e meno costoso per
identificare fenomeni di carenza anche se, nel momento in cui i
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danni diventano visibili, è evidente che la pianta si trova già in
uno stato di sofferenza.
1.1. Analisi del suolo
L’analisi del suolo ha lo scopo di fornire informazioni sulle
capacità nutrizionali intrinseche del suolo nei confronti della
pianta.
Nel capitolo primo è stato chiarito che allo stato di fertilità
del terreno concorrono sia le sue caratteristiche chimiche, fisiche
e biologiche, sia numerosi fattori esterni (condizioni climatiche,
tecniche colturali ecc.) che, interagendo con la dinamica del
suolo, rendono i diversi elementi nutritivi più o meno disponi-
bili alla pianta. È quindi evidente che, per poter disporre di indi-
cazioni reali e concrete, l’analisi del suolo, necessariamente otte-
nuta con metodologie ufficiali, va inserita in un quadro analiti-
co più ampio.
Se si tratta della prima analisi eseguita in quel terreno, con-
verrà prendere in esame tutti i parametri, sia quelli inalterabili o
mutabili in tempi relativamente lunghi, sia quelli variabili in un
lasso di tempo abbastanza breve. Al primo gruppo appartengo-
no: la tessitura; il pH; il calcare totale e attivo e, in una certa misu-
ra, la sostanza organica e la capacità di scambio cationico (CSC)2.
Nel secondo gruppo sono compresi, invece, tutti gli elemen-
ti nutritivi delle piante cui si deve la fertilità minerale (o chimi-
ca) del suolo, vale a dire il potenziale nutrizionale espresso dal-
l’azoto, dal fosforo, dal potassio, dal calcio, dal magnesio, dallo
zolfo e dai microelementi – ferro, rame, zinco, manganese,
molibdeno, cloro e boro (Mazzali, 1992). Se invece le analisi sono
eseguite ogni 5-6 anni, una volta determinati i parametri appar-
tenenti al primo gruppo, per disporre di un quadro aggiornato
dello stato di fertilità del suolo, occorrerà esaminare, successi-
vamente, solo gli elementi nutritivi che nel tempo sono più sog-
getti a sostanziali cambiamenti quali: azoto, fosforo, potassio,
magnesio e sostanza organica.
Prima di introdurre le metodologie occorre, tuttavia, segna-
lare alcuni limiti delle analisi del suolo.
In primo luogo, è noto che la corretta valutazione della quota
assimilabile dei nutrienti3non è assolutamente sufficiente a defi-
nire il suo stato di fertilità né, tanto meno, a prevedere il desti-
no dei fertilizzanti che in futuro saranno somministrati.
Secondariamente, dobbiamo rilevare che, dopo una persistente
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stagione piovosa, le elevate condizioni d’umidità nel terreno
possono incidere sulla valutazione dell’azoto che, erroneamen-
te, può apparire più basso. Analogamente, valori inferiori alla
realtà si possono misurare anche quando le analisi sono state
condotte subito dopo forti piogge invernali o eccessive irriga-
zioni. In questi casi, fenomeni indesiderati di dilavamento4pos-
sono interessare alcuni nutrienti (nitrati, cloruri e, in misura
minore, borati) e falsare le informazioni. Ancora, la non corretta
conoscenza della zona di terreno esplorata dalle radici, causan-
do un’errata localizzazione dei campionamenti, può portare a
valutare i livelli dei nutrienti a disposizione in maniera non
rispondente alla realtà. È importante, altresì, che il campiona-
mento avvenga almeno quattro mesi dopo l’ultima fertilizzazio-
ne, sia che si sia trattato di concimazione minerale al suolo, sia
di apporti occasionali per via fogliare. Infine, servendosi esclu-
sivamente dell’analisi del suolo, la maggior parte degli squilibri
nutritivi5nella pianta è difficilmente diagnosticabile.
1.1.1. Metodologie del campionamento
La procedura di campionamento dipende dalle conoscenze
che si vogliono ottenere attraverso le analisi, dai problemi che
eventualmente si debbono risolvere e dalla stessa ampiezza
della superficie di terreno che si desidera analizzare.
Per avere un’analisi rappresentativa, i campioni dovrebbero
riprodurre la composizione dell’effettivo profilo di suolo esplo-
rato dalle radici e, dato che questa cambia in funzione della
profondità, il campione prelevato in superficie, cioè tra i primi
20-25 cm (avendo cura di eliminare i primi 5 cm superficiali),
deve rimanere separato da quelli prelevati a intervalli maggiori
di profondità (ogni 30 cm). I campioni provenienti da uguali
profondità, ma da differenti distanze dal tronco, devono essere
riuniti.
Una volta raccolti i campioni (per le analisi di laboratorio un
campione di un chilogrammo di terreno è in linea generale suf-
ficiente), per attribuire ad essi un significato agronomico, è
importante che le determinazioni analitiche siano eseguite in
base a metodologie standardizzate e riproducibili (Ministero per
le Politiche Agricole, 1999; Metodi Ufficiali di Analisi Chimica dei
Suoli, Gazzetta Ufficiale n. 185 del 21/10/1999).
L’insieme delle analisi a cui sottoporre i campioni deve esse-
re sufficiente a identificare le caratteristiche fondamentali del
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suolo e la sua dotazione in elementi nutritivi, ma anche a ren-
dere possibile l’utilizzo delle procedure di calcolo per la stima
delle unità di fertilizzanti da distribuire al terreno (Regione
Campania, 2000).
Di seguito sono riportate le metodiche ufficiali stabilite dal
Ministero per le Politiche Agricole (1999) e dal Ministero delle
Risorse Agricole, Alimentari e Forestali (1994) per effettuare l’a-
nalisi del suolo e per eseguire una valutazione agronomica dei
risultati (valori di riferimento).
Scheletro. Per la preparazione del campione è importante
seguire la metodologia ufficiale prevista dal metodo (op. cit.):
Metodo II.1 “Preparazione del campione e determinazione dello
scheletro”.
Il metodo è applicabile a tutti i tipi di suolo e il dato deve
essere espresso in g/kg senza cifre decimali. Ai fini della valu-
tazione agronomica dello scheletro si considera la sua percen-
tuale sul volume del campione di un chilogrammo di suolo e le
dimensioni delle differenti particelle che lo costituiscono. In
generale, all’aumentare della presenza dello scheletro diminui-
sce la capacità produttiva del terreno.
Scheletro (g/kg) Valutazione agronomica
Inferiore a 10 Assente
Tra 10 e 50 Scarso
Tra 50 e 150 Comune
Tra 150 e 350 Frequente
Tra 350 e 600 Abbondante
Superiore a 600 Molto abbondante
Tessitura. Numerosi sono i “Metodi ufficiali” proposti per la
determinazione della classe di tessitura del terreno. Quello
denominato “metodo della pipetta” (setacciatura a umido e
sedimentazione) è in genere preferito perché è applicabile a
quasi tutti i terreni, esclusi quelli che contengono valori supe-
riori a 120 g/kg di carbonio organico (terreni organici6e torbo-
si7). Una volta ottenute le diverse percentuali di sabbia, limo e
argilla, la definizione di questa caratteristica del terreno si rica-
va utilizzando il triangolo delle tessiture (cap. 1, p. 16). Nel refer-
to analitico deve essere sempre indicato il sistema di classifica-
zione delle particelle usato (per esempio USDA, ISSS ecc.). Il pro-
blema principale, per questa determinazione, riguarda la rimo-
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zione dei cementi8(sostanza organica, ossidi di ferro e carbona-
ti) che tendono a legare tra loro le particelle incidendo sulla clas-
sificazione finale della tessitura.
Reazione del suolo (pH). Metodo III.1 “Determinazione del grado
di reazione”.
Il dato è espresso come unità di pH ed è riportato con una
sola cifra decimale, precisando la soluzione utilizzata. Sulla base
dei valori di pH in acqua, i suoli sono classificabili come segue:
Classificazione dei suoli Reazione pH
Ultraacido <3,5
Estremamente acido 3,5-4,4
Molto fortemente acido 4,5-5,0
Fortemente acido 5,1-5,5
Moderatamente acido 5,6-6,0
Debolmente acido 6,1-6,5
Neutro 6,6-7,3
Debolmente alcalino 7,4-7,8
Moderatamente alcalino 7,9-8,4
Fortemente alcalino 8,5-9,0
Molto fortemente alcalino >9,0
Normalmente il pH dei terreni agrari varia da 4 a 8,5. Le più
comuni specie vegetali sembrano adattarsi bene nell’intervallo
di pH compreso tra 5,5 e 8,0.
Conduttività elettrica. Metodo IV.1 “Determinazione della condut-
tività elettrica”.
Rappresenta la misura indiretta della concentrazione totale
dei sali disciolti nella soluzione del suolo. Il dato si esprime in
dS/m a 25°C con due cifre decimali, specificando con quale rap-
porto acqua/suolo si è operato in laboratorio. Per i diversi tipi
di suolo, la variabilità dei valori di conduttività è notevole e non
sono disponibili, al momento, indicazioni sufficienti a stabilire
per i terreni italiani una specifica taratura agronomica. La deter-
minazione della conduttività è indispensabile per la classifica-
zione dei terreni salini e alcalini. Le caratteristiche del suolo, per
questo parametro, sono definite attraverso la relazione tra con-
duttività, pH e misura del sodio scambiabile (ESP)9.
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Tipo di suolo Conduttività (dS/m) ESP pH
Salino Superiore a 4 Inferiore a 15 Inferiore a 8,5
Sodico Inferiore a 4 Superiore a 15 Superiore a 8,5
Salino – sodico Superiore a 4 Superiore a 15 Inferiore a 8,5
Un campo di valori compresi fra 0,2 e 2,0 dS/m risulta più
facilmente riscontrabile in terreni non salini e può indicare
buone potenzialità di produzione. Valori più alti, fino a 4,0
dS/m, obbligano alla scelta di varietà colturali resistenti e con-
sigliano ulteriori indagini per verificare la necessità di interven-
ti strutturali di bonifica.
Calcare totale. Metodo V.1 “Determinazione del calcare totale”.
Permette di determinare la totalità dei carbonati (CaCO3,
MgCO3, Na2CO3) presenti in un suolo. Il dato si esprime in g/kg
di CaCO3senza cifre decimali. La valutazione agronomica del
terreno è fissata in base ai valori riportati in tabella:
Calcare totale (g/kg) Valutazione
Inferiore a 25 Poveri
Tra 25 e 100 Mediamente dotati
Tra 100 e 150 Ben dotati
Tra 150 e 250 Ricchi
Superiore a 250 Eccessivamente dotati
I suoli calcarei sono definiti “suoli alcalini costituzionali” e
sono caratterizzati da un pH massimo di 8,2-8,3. Questi valori
non sono superati neppure quando il contenuto in calcare tota-
le è elevato; nei casi in cui il pH supera tali valori, le analisi indi-
cano la presenza in eccesso di ioni sodio.
Carbonio organico. Il contenuto di carbonio organico nel suolo
è in stretta relazione con quello della sostanza organica anche se,
la composizione di quest’ultima, in genere, è molto variabile.
Metodo VII.3 “Determinazione del carbonio organico (Metodo
Walkley-Black)”.
I risultati delle analisi sono espressi in g/kg senza cifre deci-
mali. Il contenuto di sostanza organica è stimato indirettamente
moltiplicando la concentrazione di carbonio organico per un
coefficiente di conversione (fattore di Van Bemmelen: 1,724).
Questa procedura rappresenta, però, un’approssimazione, giac-
ché il fattore di Van Bemmelen può variare non solo da suolo a
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suolo, ma anche tra orizzonti diversi dello stesso suolo. Allora,
sarà più corretto esprimere il dato in carbonio organico piutto-
sto che come sostanza organica. Tale dotazione è valutata sia in
funzione del contenuto di argilla (per suoli privi di calcare), sia
in funzione del contenuto di argilla e di calcare. Qui di seguito
si forniscono alcuni parametri orientativi di correlazione fra tes-
situra del suolo e contenuto di carbonio organico totale.
Dotazione Classi tessiturali (USDA)
Sabbiosa Franco Argillosa
Sabbiosa-franca Franco sabbio-argillosa Franco-argillosa
Franco-sabbiosa Franco-limosa Argilloso-limosa
Argilloso-sabbiosa Franco-argilloso-
limosa
Limosa
Carbonio organico (g/kg)
Scarsa Inferiore a 7 Inferiore a 8 Inferiore a 10
Normale Tra 7 e 9 Tra 8 e 12 Tra 10 e 15
Buona Tra 9 e 12 Tra 12 e 17 Tra 15 e 22
Molto buona Superiore a 12 Superiore a 17 Superiore a 22
Azoto totale. Le riserve di azoto nel terreno sono costituite da
azoto organico (dal 95 al 99%) e da azoto ammoniacale fissato.
Metodo XIV.3 “Determinazione dell’azoto totale per distillazione
secondo Kjeldahl”.
L’analisi è in grado di valutare tutte le forme azotate del
suolo solo se la metodologia è condotta con rigore. La determi-
nazione dell’azoto col metodo Kjedahl, valore espresso in g/kg
con una sola cifra decimale, rientra ancora nelle analisi di routi-
ne perché il dato dell’azoto, sia come tale, sia riferito al carbonio
organico, fornisce indicazioni sulla natura e sul comportamento
della matrice organica. Tuttavia, poiché il rifornimento di ioni
ammonio e nitrato alla soluzione circolante è governato dalla
velocità di alterazione della sostanza organica presente nel
suolo, non sempre questa analisi è in grado di determinare la
totalità dell’azoto ammoniacale per la quota che è fissata nei
reticoli argillosi. Poiché il contenuto di azoto è, almeno in linea
generale, in relazione con la sostanza organica, la valutazione
agronomica del terreno dovrà prendere in considerazione i
livelli di azoto e quelli di sostanza organica.
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Sostanza organica (g/kg) Azoto totale (g/kg) Valutazione agronomica
Inferiore a 10 Inferiore a 0,5 Molto basso
Tra 10 e 20 Tra 0,5 e 1 Basso
Tra 20 e 30 Tra 1 e 1,5 Mediamente fornito
Superiore a 30 Superiore a 1,5 Ben fornito
Fosforo assimilabile. È la quota dell’elemento presente in solu-
zione e più facilmente disponibile alla pianta. Tra i numerosi
metodi elaborati per il dosaggio del fosforo assimilabile, la scel-
ta è dettata dal riscontro del pH del suolo. Nel caso di suoli
acidi, caratterizzati dalla presenza di carbonato di calcio, il
“metodo Olsen” è quello consigliato.
Metodo XV.3 “Determinazione del fosforo assimilabile (Metodo
Olsen)”.
Il contenuto di fosforo è espresso in mg/kg di anidride fosfo-
rica (P2O5), senza cifre decimali. La valutazione del fosforo assi-
milabile ha lo scopo di valutare il comportamento del suolo nei
confronti dell’asporto o dell’aggiunta di fosforo, piuttosto che di
fornire indicazioni dirette sullo stato di fertilità fosfatica. Per
valori di fosforo nel suolo inferiori a 34 mg/kg (metodo Olsen),
è presumibile che la maggior parte delle piante sia in grado di
rispondere positivamente alla concimazione fosfatica. Vicever-
sa, dotazioni superiori a 69 mg/kg (P2O5) sono da considerarsi
adeguate e in grado di assicurarne il pieno rifornimento per lo
sviluppo delle piante.
P2O5(mg/kg) Valutazione
Inferiore a 34 Molto basso
Tra 34 e 69 Basso
Tra 69 e 103 Medio
Tra 103 e 160 Alto
Superiore a 160 Molto alto
Capacità di scambio cationico. Metodo XIII.1 “Determinazione
della capacità di scambio cationico con ammonio acetato”.
Si applica a suoli contenenti meno di 50 g/kg di calcare totale.
Il dato è espresso in millequivalenti a centimoli di carica per 100
grammi di suolo e con una cifra decimale. La stessa analisi può
essere eseguita anche con il metodo: XIII.2 “Determinazione della
capacità di scambio cationico con bario cloruro e trietanolammina”. Tale
procedura non è idonea ai suoli caratterizzati da un elevato conte-
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nuto di allofane10 poiché produce risultati inferiori a quelli accerta-
ti con altre metodologie. Il dato si riporta come millequivalenti per
100 grammi di suolo e con una cifra decimale. Nei suoli coltivati la
capacità di scambio cationico oscilla da un minimo di 5 a un mas-
simo di 50 meq/100 g di suolo; in quelli torbosi può raggiungere
valori anche prossimi a 200. Nello schema seguente sono riportate
le diverse valutazioni della fertilità potenziale di un suolo:
CSC (meq/100 g di suolo) Valutazione
Inferiore a 5 Molto bassa
Tra 5 e 10 Bassa
Tra 10 e 20 Media
Superiore a 20 Alta
I suoli dell’area mediterranea hanno un sistema di scambio
costituito, prevalentemente, da argille filllosilicate11 e da sostan-
za organica. La capacità di scambio è funzione anche del tipo di
fillosilicato (maggiore nel gruppo delle vermiculiti12, minore in
quello delle caoliniti13) ed è elevata nella sostanza organica
(spesso maggiore a 300 meq/100 g di suolo).
Basi di scambio (calcio, magnesio, potassio e sodio). Le basi scam-
biabili e l’acidità potenziale, che insieme costituiscono il comples-
so di scambio, sono analizzate con il Metodo XIII.5 “Determinazione
delle basi di scambio con bario cloruro e trietanolammina”.
Il contenuto di ciascun catione di scambio è espresso in mil-
lequivalenti per 100 g di suolo (meq/100 g) e con una cifra deci-
male oppure, secondo una forma più moderna, come valore
percentuale che il catione preso in esame occupa sul complesso
di scambio (% CSC). Atitolo di esempio si riportano entrambe le
unità di misura, distinguendo la forma espressa in mg/kg (per
il potassio) dagli altri elementi che sono indicati come valore
percentuale. La valutazione agronomica del potassio, il più
importante tra i cationi scambiabili per la nutrizione della pian-
ta, è riferita alla tessitura del terreno.
Valutazione Potassio scambiabile (mg/kg di K2O)
Valori meq/100 g Sabbia > 60% Franco Argilla > 35%
Basso Inferiore a 102 Inferiore a 120 Inferiore a 144
Normale Tra 102 e 144 Tra 120 e 180 Tra 144 e 216
Elevato Tra 145 e 180 Tra 181 e 217 Tra 217 e 265
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Molto elevato Superiore a 180 Superiore a 217 Superiore a 265
Se la valutazione evidenzia un basso livello di quest’elemen-
to, la risposta alla concimazione potassica è certa o, in ogni caso,
molto probabile; con livelli normali è meno probabile mentre,
con livelli elevati, è sicuramente superfluo qualsiasi apporto di
concimazione.
La valutazione agronomica del calcio interessa non solo lo
specifico aspetto nutrizionale, ma anche la capacità dell’elemen-
to di migliorare le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche
del suolo. Carenze di calcio, nel nostro ambiente, sono abbastan-
za rare. Generalmente, si manifestano su terreni acidi a bassa
capacità di scambio cationico (CSC) e soggetti a intensa liscivia-
zione (zone a elevata piovosità o con notevoli apporti idrici).
Il magnesio, nonostante il suo ruolo fisiologicamente impor-
tante, è richiesto dalla pianta in quantità assai minori rispetto al
calcio e al potassio. Nei nostri ambienti, valori prossimi a 5
(espressi come percentuale della CSC) sono considerati normali;
per valori compresi tra 10 e 15 (%) la valutazione rientra nei con-
tenuti elevati.
Il sodio, nella CSC deve essere considerato soprattutto in fun-
zione dell’antagonismo che esercita nei confronti degli altri
cationi: magnesio e potassio possono essere ostacolati nell’as-
sorbimento dall’eccessiva presenza di sodio. Valori inferiori al
5% sono da considerarsi normali mentre, al di sopra, si manife-
stano sintomi di tossicità per la coltura e un peggioramento
51
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Tab. 1 - Valori standard per l’interpretazione dell’analisi del terreno
limitati alle basi di scambio cationico (percentuale della CSC)
Basi di scambio Valutazione
Na+ Mg2+ Ca2+
Molto basso < 35
Basso < 5 35-55
Normale < 5
Medio 5-10 55-70
Leggermente alto 5-10
Alto 10-15 10-15 > 70
Molto alto > 15 > 15
Fonte: Gazzetta Ufficiale n. 248 del 21/10/99.
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delle caratteristiche fisiche del suolo.
Rapporto C/N. Rappresenta il rapporto esistente tra la quan-
tità di carbonio organico (C) e la quantità di azoto totale (N) nel
suolo o nel materiale organico. Tale rapporto definisce il tipo di
humus presente nel terreno. Nei terreni ricchi di sostanza orga-
nica ben umificata il rapporto è compreso tra 8 e 12, mentre
sale oltre 15 nei terreni biologicamente meno attivi e con mine-
ralizzazione più lenta. Il rilascio di azoto dai residui colturali
dipende dal rapporto C/N. Se questo è inferiore a 20, una certa
quantità di azoto, che è liberato dai residui, è ceduta al terreno.
Qualora invece il rapporto sia compreso tra 20 e 30-35, l’azoto
presente nei residui è consumato nel processo di umificazione,
per cui non si ha né rilascio né immobilizzazione. Infine, se il
rapporto è superiore a 30-35 non si ha rilascio ma, al contrario,
l’azoto inorganico presente nel terreno è utilizzato dai micror-
ganismi che riducono le disponibilità per l’apparto radicale.
Tra i diversi nutrienti possono verificarsi rapporti d’antago-
nismo; per questo è fondamentale considerare non solo la caren-
za in termini assoluti, e quindi la scarsità sul complesso di scam-
bio, ma anche l’assimilabilità degli elementi.
Calcio, magnesio e potassio presentano questi problemi.
L’esempio di seguito descritto si riferisce al rapporto magne-
sio/potassio; per il rapporto calcio/magnesio si rimanda alla
valutazione espressa nella tab. 3.
Rapporto Mg/K. In generale la valutazione del rapporto
Mg/K è quella riportata in tab. 2.
A tutt’oggi i valori di riferimento per l’interpretazione delle
analisi del terreno agrario, in funzione della coltivazione dell’o-
livo e dei fruttiferi in genere, non sono ancora definiti. Di segui-
to, in tab. 3, come proposta, si riassumono i valori dei diversi
nutrienti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
1.2. Analisi fogliare
L’analisi fogliare serve per determinare la composizione chi-
mica del lembo della foglia14 e per valutare il rapporto tra i prin-
cipali elementi (N, P, K, Ca ecc.).
Tra le tecniche messe a disposizione per stabilire lo stato di
salute delle piante e le esigenze nutritive per migliorarne lo svi-
luppo, la diagnostica fogliare possiede una specifica validità.
52 ARSIA
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Tab. 2 - Valori standard per l’interpretazione dell’analisi
del terreno per i rapporti magnesio-potassio
Mg/K Valutazione
Inferiore a 0,5 Molto basso. Sono molto probabili magnesio carenze
indotte per tutte le colture
Tra 0,5 e 1,0 Basso. Sono probabili magnesio carenze indotte a carico di:
ortaggi, fruttiferi e colture sotto serra
Tra 1,0 e 2,0 Leggermente basso. Magnesio carenze indotte
sono probabili per fruttiferi e per colture sotto serra
Tra 2,0 e 6,0 Ottimale. Magnesio carenze non sono probabili;
magnesio e potassio sono presenti in quantità equilibrate
Tra 6,0 e 10,0 Leggermente alto. Probabili effetti antagonisti del magnesio
sull’assorbimento del potassio
Fonte: Gazzetta Ufficiale n. 248 del 21/10/99.
Tab. 3 - Valori standard per l’interpretazione dell’analisi
del terreno agrario
Valori standard per una buona pratica agronomica
Parametro Dotazione
Alta Media Scarsa
Sostanza organica (g/kg) >30 32-30 <10-20
Azoto totale (g/kg) >1,5 0,5-1,0 <0,5
Fosforo assimilabile P2O5(mg/kg) >103 69-103 <69
CSC (meq/100 g di suolo) >20 20-10 10-5
Calcare totale (g/kg) >100 100-25 <25
Potassio scambiabile* (mg/kg di K2O) >180 120-180 <120
Calcio scambiabile (% CSC) >70 70-55 <55
Magnesio scambiabile (% CSC) >10 5-10 <5
Sodio scambiabile (% CSC)>5>5
Rapporto Mg/K 6-2 2-1 1-0,5
Rapporto Ca/Mg 6-12
Rapporto C/N (mineralizzazione) 10; >10 bassa mineralizzazione;
<10 alta mineralizzazione
Fe Da 5 a 30 ppm
Zn Da 1 a 10 ppm
Cu Da 0,5 a 1 ppm
Fonte: Gazzetta Ufficiale n. 248 del 21/10/99.
* Dati in terreno a tessitura “franco”.
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Ciò è vero se si accettano i seguenti presupposti: che la foglia
rappresenta il sito principale del metabolismo della pianta; che
l’analisi della foglia rispecchia lo stato nutrizionale dell’albero e,
indirettamente, il livello di fertilità del terreno; che apporti nutri-
tivi distinti si riflettono nelle analisi delle foglie e che le varia-
zioni misurate nella composizione del lembo fogliare sono lega-
te a differenti stadi di sviluppo e di produzione della pianta.
L’analisi fogliare offre, inoltre, interessanti possibilità di rico-
noscere e/o confermare una diagnosi su sintomi visibili di
disordine che possono derivare da “deficienze” (Recalde e
Esteban, 1964) o “tossicità”; di identificare interazioni sinergiche
o antagonistiche tra i nutrienti; di indicare se i fertilizzanti
apportati con la concimazione sono stati assorbiti dalla pianta e,
infine, di fornire una valida guida per mantenere ottimale il
livello nutrizionale prestabilito.
Questa tecnica, tuttavia, non è scevra da incertezze, conside-
rata la riconosciuta complessità di stabilire per l’olivo i conte-
nuti degli elementi e l’equilibrio dei rapporti, i valori ottimali
per ciascun nutriente e, finalmente, le relazioni tra il livello dei
singoli elementi minerali nella foglia e la fertilità del suolo.
Esistono, tra l’altro, problemi legati alla scelta di una metodolo-
gia statisticamente efficace per interpretare le analisi fogliari nel
caso in cui si voglia definire, per un comprensorio olivicolo, uno
standard di riferimento che tenga conto delle numerose cause di
variabilità.
Per rendere concrete queste affermazioni, le tabelle successive
(tab. 4a e 4b) riportano i risultati di un esperimento condotto nella
realtà olivicola toscana (Failla et al., 1997) e quelli che Troncoso
(op. cit.), propone per l’olivicoltura andalusa (Troncoso, 1998).
Gli esempi potrebbero indurre a errate considerazioni quan-
do si decide di utilizzarli per interpretare le analisi fogliari di un
determinato campione. In realtà, la proposta del confronto ha
due obiettivi: persuadersi dell’enorme variabilità che si può
riscontrare dai risultati di una semplice analisi fogliare, e com-
prendere che essi servono per definire se i livelli dei nutrienti
presenti sono adeguati, normali o critici (tossici).
Da un punto di vista fisiologico, il nutriente si considera
insufficiente quando la concentrazione è così bassa che la pian-
ta risponde rapidamente alla somministrazione dell’elemento,
migliorando l’accrescimento e la produzione. In questo caso,
essa utilizza l’elemento apportato per svolgere le funzioni vitali
54 ARSIA
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
senza poterne incrementare la concentrazione nei tessuti.
Questa affermazione è meglio indicata seguendo quanto espri-
me la fig. 1.
Inoltre, quando la carenza nutritiva è “limitata”, l’applicazio-
ne per via fogliare di questo elemento provoca un miglioramen-
to dell’accrescimento e della produzione anche se, rispetto a un
contenuto insufficiente, la risposta della pianta è più contenuta
e, nel contempo, inizia un principio di accumulo nei tessuti.
Il punto di flessione si ha quando l’apporto dell’elemento
nutritivo non comporta miglioramenti nello stato complessivo
della pianta; in questo caso è stato raggiunto il livello ottimale.
A partire da questa concentrazione, l’applicazione di nuovo fer-
tilizzante fa aumentare solo la concentrazione nei tessuti senza
alcun beneficio per la pianta (“alimentazione di lusso”). Infine,
quando un elemento è presente in quantità eccessive, la pianta
reagisce con riduzione dello sviluppo e della produzione e ini-
zia a manifestare condizioni di tossicità.
Il quadro presentato nella tab. 4b, fa riferimento alla specifica
Fig. 1 - Rapporto tra crescita e produttività della pianta in relazione alla
concentrazione dei nutrienti in foglie di olivo (Fernández Escobar, 1997)
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area olivicola andalusa. È evidente che per una corretta valuta-
zione dello standard nutrizionale della pianta e per una miglio-
re interpretazione dei dati forniti dalla diagnostica fogliare,
occorre poter disporre di dati ottenuti nell’ambiente della pro-
56 ARSIA
Tab. 4b - Livelli medi diversi di elementi nutritivi nelle foglie di olivo
Elemento Livello adeguato Livello insufficiente Livello tossico
Azoto % 1,5-2,2 <1,2 >3,0
Fosforo % 0,1-0,2 <0,05 sconosciuto
Potassio % 0,8-2,0 <0,4 sconosciuto
Calcio % 1,5 sconosciuto >2,0
Magnesio % 0,1-0,2 sconosciuto >2,0
Sodio % 0,08 sconosciuto 0,2
Cloro % 0,12 sconosciuto 0,5
Manganese ppm 20-50 <10 sconosciuto
Ferro ppm 30-100 <30 sconosciuto
Zinco ppm 10-60 sconosciuto sconosciuto
Boro ppm 19-150 <15 >185 ppm
Rame ppm 4 sconosciuto sconosciuto
Elaborazione da dati di Troncoso (op. cit.) per terreni anadalusi.
Tab. 4a - Livelli standard proposti per l’interpretazione delle analisi
fogliari di piante Frantoio e Leccino in ambienti della Toscana
Nutriente Fioritura Indurimento nocciolo Riposo invernale
Azoto (%) 1,77-2,32 1,61-2,26 1,77-2,09
Fosforo (%) 0,12-0,21 0,11-0,17 0,10-0,17
Potassio (%) 0,76-1,61 0,88-1,76 0,53-1,03
Calcio (%) 0,71-2,33 0,92-2,64 1,42-2,57
Magnesio(%) 0,11-0,18 0,13-0,22 0,12-0,21
Zolfo (%) 0,09-0,18 0,09-0,17 0,09-0,17
Ferro (ppm) 43-124 51-150 48-101
Manganese (ppm) 21-52 23-56 21-56
Boro (ppm) 12-24 13-23 8-13
Zinco (ppm) 15-30 12-25 14-33
Rame (ppm) 6-26 5-21 6-36
Fonte: Failla et al., 1997.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 56
57
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
pria realtà produttiva, come anche di una precisa informazione
riguardo alle principali attività metaboliche che coinvolgono
l’olivo al momento del prelievo dei campioni di foglie.
Il “modello a barre”, riproposto da Troncoso (op. cit.), è rea-
lizzato sul presupposto che, tra i macronutrienti presenti nella
foglia di olivo, esiste una relazione lineare con un rapporto quan-
titativo prossimo ai seguenti valori: 1N+10P+1K+1Ca+1Mg.
La tab. 5 è costruita riportando, a partire dal punto zero e fino
al valore considerato massimo per quel nutriente, i valori per-
centuali progressivi che legano la relazione nutritiva per i cinque
elementi. Nello specifico, qualora l’azoto nelle foglie (giugno)
Tab. 5 - “Modello a barre”: rappresentazione di livelli percentuali
diversi per cinque nutrienti (N, P, K, Ca, Mg)
N (%) 10 X P (%) K (%) Ca (%) Mg (%)
0,0 0,00 0,00 0,00 0,00
0,2 0,125 0,08 0,17 0,01
0,4 0,25 0,17 0,35 0,03
0,6 0,375 0,26 0,52 0,05
0,8 0,50 0,35 0,70 0,75
1,0 0,625 0,43 0,87 0,09
1,2 0,750 0,52 1,05 0,11
1,4 0,875 0,61 1,22 0,13
1,6 1,00 0,70 1,40 0,15
1,8 1,125 0,78 1,57 0,16
2,0 1,25 0,87 1,75 0,18
2,2 1,375 0,96 1,92 0,20
2,4 1,50 1,05 2,10 0,22
2,6 1,625 0,13 2,27 0,24
2,8 1,750 1,22 2,45 0,26
3,0 1,875 1,31 2,62 0,28
3,2 2,00 1,40 2,80 0,30
3,4 2,125 1,48 2,97 0,31
3,6 2,25 1,57 3,15 0,33
3,8 2,375 1,66 3,32 0,35
4,0 2,50 1,75 3,50 0,37
Le condizioni di equilibrio nutritivo sono rappresentate dalla linea che indica
il valore dell’azoto uguale a 1,6%.
Fonte: Troncoso, 1998.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 57
risultasse prossimo all’1,6%, la situazione di equilibriotra i cinque
nutrienti sarebbe assicurata solo se i contenuti fossero prossimi
ai seguenti valori: 1% di fosforo, 0,7% di potassio, 1,4% di calcio,
0,15% di magnesio; altrimenti i singoli elementi si troverebbero
a un livello insufficiente oppure eccessivo. L’equilibrio tra gli
elementi avrà invece valori differenti nel caso in cui la verifica
sia condotta in un’epoca diversa della stagione (dicembre).
Il quadro proposto vale per una specifica situazione olivico-
la. È evidente che, per una corretta valutazione dello standard
nutrizionale della pianta, nel decidere il momento del prelievo
del campione di foglie, si dovrà tenere conto dello stadio fisio-
logico dell’albero, quindi delle attività metaboliche in atto e
delle variabili, in maggior misura di natura agronomica, che
possono incidere sulla risposta dell’analisi fogliare. Di seguito si
riportano queste informazioni, e si rimanda al paragrafo succes-
sivo per la metodologia dell’analisi fogliare e per la definizione
delle esigenze nutritive dell’olivo.
1.2.1. Fattori che influiscono sui risultati
dell’analisi fogliare
La cultivar, l’origine del materiale di propagazione (olivi inne-
stati o autoradicati), la presenza del portainnesto, gli aspetti
pedologici del suolo, i condizionamenti ambientali (freddi prima-
verili, piogge, siccità ecc.), l’applicazione di tecniche colturali
(irrigazioni, concimazioni ipogee o fogliari), la produttività della
pianta, lo stato fenologico della pianta e la metodologia del campio-
namento (ad esempio l’età relativa della foglia ecc.) sono alcuni
tra i fattori che debbono essere valutati affinché le informazioni,
ottenute dall’analisi fogliare, possano permettere una corretta
interpretazione dello stato nutritivo della pianta e definire le
eventuali esigenze nutritive dell’olivo.
In primo luogo, è indispensabile conoscere come la pianta
utilizza, durante il ciclo annuale, i diversi nutrienti disponibili.
Effettuando, per quattro anni consecutivi, campionamenti
periodici di foglie della cultivar Manzanilla, è stato possibile
costruire, per ciascuno dei macroelementi, curve che indicano
l’andamento dei nutrienti (espressi come valore percentuale
sulla sostanza secca) in corrispondenza delle varie fasi fenologi-
che della pianta (Gonzales Garcia et al., 1973). La fig. 2 mostra le
variazioni di azoto e calcio in foglie di olivo di un anno di età,
durante il ciclo produttivo (aprile-dicembre). Per questi due ele-
58 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 58
menti le concentrazioni nelle foglie non sono coincidenti duran-
te i diversi stadi fenologici della pianta e variano anche come
valori assoluti.
L’andamento delle curve mostra, infatti, che l’azoto ha valo-
ri superiori a 1,6% dal periodo di espansione della nuova foglia
fino al periodo della fioritura (metà maggio); successivamente,
nelle fasi di allegagione e di prima crescita del frutto (circa 30
giorni dopo la fioritura), periodo caratterizzato da intensa mol-
tiplicazione cellulare, l’azoto totale si riduce progressivamente
fino all’inizio della maturazione delle olive. Peraltro, dal perio-
do di lignificazione dell’endocarpo fino all’invaiatura, alla dimi-
nuzione dell’azoto nelle foglie fa riscontro un contemporaneo
incremento nei frutti. In autunno, invece, la pianta riesce a rifor-
nire di azoto le gemme e le foglie dell’anno per poter risponde-
re alle necessità della ripresa vegetativa (Hartmann, 1950).
L’assorbimento del calcio ha una dinamica accentuata (fig. 2).
Nel ciclo vegetativo dell’olivo, le maggiori percentuali nelle
foglie (circa l’1,9%) si ritrovano in coincidenza dell’indurimento
del nocciolo (fine luglio-metà agosto) e tale valore aumenta nel
59
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Fig. 2 - Variazione del contenuto di azoto e di calcio in foglie di olivo
da alberi in produzione (rielaborazioni da Gonzales Garcia F., 1973).
Le linee tratteggiate corrispondono a situazioni di equilibrio ottimale
riconosciute per ambienti andalusi dell’azoto e del calcio
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 59
tempo con l’invecchiamento delle foglie.
I contenuti di fosforo e magnesio, sebbene risultino su livelli
assoluti molto più bassi del calcio e dell’azoto, mostrano una
variabilità stagionale limitata (fig. 3).
Il magnesio nelle foglie è basso nel periodo della piena fiori-
tura (0,11%); da questo momento in poi l’accumulo è lento e si
porta su valori di 0,14% nella fase terminale dell’autunno. Un
andamento poco variabile è stato registrato anche per il fosforo,
mentre, per il potassio, dal periodo della fioritura e fino all’in-
vaiatura, i valori nelle foglie (fig. 4) diminuiscono.
Ad eccezione del metabolismo dell’azoto, alle stesse conclu-
sioni giungono i risultati degli studi condotti in Toscana (Failla
et al., 1997). Per quest’ultimo nutriente, così com’è riportato in
tab. 4a, il trend, nei quattro momenti fenologici, non cambia, ma
mostra nelle foglie valori totali mediamente superiori (circa 2%).
Infine, nella tab. 6, sono orientativamente riportati i contenuti
dei seguenti microelementi: manganese, ferro, zinco e boro.
L’andamento delle curve che indicano, in corrispondenza delle
varie fasi del ciclo stagionale, il contenuto dei nutrienti in foglie di
60 ARSIA
Fig. 3 - Variazione del contenuto di fosforo e magnesio in foglie di olivo
da alberi in produzione (rielaborazioni da Gonzales Garcia, 1973).
Le linee tratteggiate corrispondono a situazioni di equilibrio ottimale
riconosciute per ambienti andalusi del magnesio e del fosforo
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 60
olivo di circa un anno di età è stato confermato anche quando la
stessa valutazione ha interessato foglie di età diversa (due e tre
anni). Ciò sta a indicare che il tipo di foglia, o più precisamente la
sua età relativa, gioca un ruolo importante sulla risposta analitica
non tanto in termini di dinamica, quanto in termini di quantità di
nutrienti durante la stagione vegetativa. È noto, infatti, che le
foglie più giovani hanno contenuti in elementi minerali superiori
rispetto a quanto è misurabile in foglie di tre anni di età.
Bouat (Bouat et al., 1951; 1953; 1954; 1958; 1964), che per
primo ha segnalato queste valutazioni, ha potuto verificare che,
nei tre anni di permanenza della foglia sul ramo, il valore della
nutrizione globale15 si riduce dal 5,03% delle foglie di un anno
di età al 3,15% quando le stesse sono diventate vecchie (tre anni)
e sono prossime all’abscissione.
Queste variazioni sostanziali sono state notate anche quan-
do il confronto dell’analisi fogliare è stato condotto in due
momenti diversi della stagione: agosto, periodo della sclerifica-
zione dell’endocarpo, e dicembre, periodo della maturazione
dei frutti. In particolare, sempre secondo gli studi di Bouat,
61
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Fig. 4 - Variazione del contenuto di potassio in foglie di olivo da alberi
in produzione (rielaborazioni da Gonzales Garcia, 1973).
La linea tratteggiata corrisponde alla situazione di equilibrio ottimale
riconosciuta per ambienti andalusi
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 61
nelle foglie di circa un anno di età i valori della nutrizione glo-
bale variano da un minimo di 3,21% (periodo della sclerifica-
zione dell’endocarpo) a un massimo del 5,03%, misurato nei
campioni di foglie raccolti dopo circa un anno dalla loro forma-
zione (dicembre); nelle foglie di due anni di età, le variazioni
oscillano da un minimo di 2,70% (agosto) a un massimo di
4,04% (dicembre); e, infine, nelle foglie vecchie di tre anni, dal
2,45% al 3,15%.
Entrando nel merito delle valutazioni per i singoli macronu-
trienti, dal primo al terzo anno di età della foglia, l’azoto ha una
diminuzione percentuale che può arrivare a un terzo del valore
misurato nella foglia di un anno di età.
Il contenuto in fosforo diminuisce tra il primo e il secondo
anno, mentre si mantiene costante nelle foglie tra il secondo e il
terzo. Il potassio mostra valori maggiori nelle foglie giovani, e
via via che invecchiano si riduce. Infine, per quanto riguarda il
calcio, la concentrazione aumenta notevolmente con l’invec-
chiamento delle foglie tanto che, in quelle di tre anni di età, le
percentuali sono più che doppie rispetto ai valori delle foglie di
un anno.
Tutte queste informazioni hanno così chiarito che l’analisi
fogliare fornisce risposte diverse anche in relazione al campio-
ne di foglie analizzato e che, durante l’invecchiamento, nelle
foglie si verifica una forte variazione del valore della nutrizio-
ne globale. Aquesto punto, non resta che analizzare gli altri fat-
tori che sono in grado di incidere sulla concentrazione dei
nutrienti nelle foglie di olivo. Per esempio, la cultivar gioca un
ruolo importante. È un fattore di origine genetica e come tale è
in grado di provocare differenze importanti nel metabolismo
62 ARSIA
Tab. 6 - Livelli medi di microelementi nell’olivo per stadi fenologici
diversi (olivi produttivi e non irrigati)
Stadio fenologico Fe (ppm) Mn (ppm) Zn (ppm) B (ppm)
Riposo invernale 50 25 15 14
Fioritura 40 20 15 16
Fruttificazione 55 20 18 20
Indurimento endocarpo 65 35 20 25
Frutto alla raccolta 80 30 15 15
Frutto maturo 70 30 14 10
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 62
della pianta.
Questa informazione, verificata in numerose specie (agrumi,
vite ecc.), per l’olivo è stata approfondita dai contributi di Bouat
(op. cit.) e Cimato (Cimato et al., 1993). Il primo ha riscontrato, per
due cultivar nello stesso appezzamento di terreno, valori della
nutrizione globale rispettivamente del 2,51% e del 3,66%. Il
secondo, dalle analisi delle foglie di piante adulte (tab. 7), ha
potuto verificare, in un oliveto della collina fiorentina
(Scandicci), un maggiore assorbimento per il potassio e per il cal-
cio del Frantoio rispetto al Moraiolo. Altri studi hanno dimostra-
to che, anche nell’ambito della stessa cultivar, i valori di riferi-
mento sono diversi a seconda che gli olivi siano stati ottenuti per
talea (piante autoradicate) o per innesto (Crescimanno et al., 1975).
La tab. 8 riporta i risultati ottenuti in Sicilia da Crescimanno
e collaboratori (op. cit.). Il confronto ha evidenziato sostanziali
variazioni negli equilibri nutritivi tra piante autoradicate di
Frantoio, Ascolana e Coratina e le stesse varietà propagate per
innesto. In particolare, i valori della nutrizione complessiva
sono stati rispettivamente: 2,00%, 1,90% e 1,78% per il primo
gruppo di olivi e 2,41%, 2,09% e 1,69% per le piante innestate.
Questi risultati confermano, in modo inequivocabile, il ruolo
dell’apparato radicale e quindi del portainnesto sul rifornimento
nutritivo della pianta e, di conseguenza, sulla composizione
chimica delle foglie.
L’evoluzione dei nutrienti nelle foglie ha una dinamica e un
63
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Tab. 7 - Contenuto di macro elementi in foglie di olivo Frantoio (F)
e Moraiolo (M) durante la stagione di crescita
Data Azoto Potassio Calcio Fosforo
FM FM FM FM
23/05 1,56 1,52 0,67 0,45 1,05 0,72 0,12 0,14
02/06 1,27 1,35 0,66 0,59 0,94 0,92 0,08 0,11
22/06 1,13 1,32 0,79 0,59 0,79 0,99 0,09 0,08
16/07 1,33 1,34 0,81 0,52 1,28 1,01 0,09 0,09
08/08 1,32 1,31 0,67 0,48 1,32 1,02 0,16 0,16
05/09 1,23 1,22 0,62 0,41 1,61 1,51 0,16 0,15
24/10 1,35 1,37 0,68 0,55 2,07 2,01 0,16 0,14
15/11 1,45 1,42 0,76 0,57 2,11 1,98 0,15 0,14
Fonte: Cimato et al., 1993.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 63
contenuto differente e più elevato (Gonzales Garcia et al., 1973) se
i campioni di tessuti sono stati raccolti da piante non produttive
(piante adulte ma con stato produttivo alternante).
Le concentrazioni fogliari dell’azoto mostrano una maggiore
presenza, rispetto agli olivi produttivi, già durante la mignola-
tura, e aumentano in modo significativo fino a dicembre (condi-
zioni climatiche tipiche dell’Andalusia).
Risultati analoghi sono stati registrati per fosforo e calcio. In
particolare, quest’ultimo ha mostrato variazioni più lente, nelle
piante non produttive, nel periodo autunnale. Infine, per il
potassio, la variazione è maggiore a giugno e luglio, mentre il
confronto con le piante in produzione, se realizzato in tempi
successivi, non mostra sostanziali cambiamenti.
Variazioni sono ancora segnalate quando la stessa cultivar
occupa suoli diversi (Chaves et al., 1976). Questo risultato confer-
ma, ancora una volta, l’interazione del terreno sulle condizioni
nutritive della pianta e quindi, sulla necessità di definire, nel-
l’ambito di aree colturali specifiche, standard nutrizionali cui
fare riferimento per una migliore interpretazione dei dati forni-
ti dalla diagnostica fogliare. Per la Toscana, il lavoro di Failla (op.
cit.) ha dimostrato questa relazione e lo stretto rapporto tra le
caratteristiche fisico-chimiche, la disponibilità in nutrienti del
64 ARSIA
Tab. 8 - Livelli medi di macroelementi e alimentazione globale
in olivi ottenuti con diverse tecniche di propagazione
(% N+P2O5+K2O)
Cultivar N (%) P2O5(%) K2O (%) Ca (%) Mg (%) Alimentazione
globale
Frantoio 1,15 0,14 0,71 2,99 0,20 2,00
autoradicata
Frantoio 1,29 0,20 0,92 2,72 0,19 2,41
innestata
Ascolana 1,27 0,18 0,45 2,41 0,36 1,90
autoradicata
Ascolana 1,35 0,19 0,55 2,16 0,16 2,09
innestata
Coratina 0,97 0,15 0,66 3,10 0,28 1,78
autoradicata
Coratina 1,14 0,16 0,39 2,47 0,12 1,69
innestata
Fonte: Crescimanno et al., 1975.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 64
terreno e i risultati delle analisi fogliari.
Tra i fenomeni più interessanti si riportano i seguenti: in suoli
sub-alcalini, l’assorbimento di calcio, magnesio e zinco, così
come si può leggere dal risultato delle analisi fogliari, è inferio-
re rispetto alle reali dotazioni del terreno (questo risultato è
meglio evidenziato quando le analisi delle foglie sono eseguite
in fioritura); analogamente, l’analisi fogliare mostra livelli di
potassio ridotti quando è bassa nel terreno la dotazione di que-
sto elemento in forma scambiabile (il risultato è meglio eviden-
ziato con analisi condotte nell’ultimo periodo della stagione).
Queste osservazioni indicano chiaramente che la scelta dello
stadio vegetativo più intenso (prossimo alla fioritura), permette
di evidenziare quei nutrienti (a bassa mobilità floematica quali
calcio, magnesio, ferro e zinco) che l’analisi fogliare riporta in
quantità modeste, pur presenti nel suolo a concentrazioni sod-
disfacenti; viceversa, per gli elementi a maggiore mobilità
(potassio, azoto ecc.), l’analisi può essere condotta su un cam-
pione prelevato nel momento in cui la pianta ha una ridotta cre-
scita vegetativa (inverno). Infine, è indubbio che l’azione dei fat-
tori ambientali (pluviometria, siccità ecc.), di quelli agronomici
(lavorazioni, inerbimenti, sovesci ecc.), dello stato produttivo
della pianta (alternanza di produzione) e specifica della tecnica
colturale (potature energiche, irrigazioni di soccorso, concima-
zioni fogliari ecc.) è in grado di condizionare la ricchezza in
nutrienti inorganici nelle foglie di olivo. Una primavera caratte-
rizzata da precipitazioni scarse fa sì che il contenuto di elemen-
ti minerali nelle foglie risulti modesto, mentre frequenti piogge
primaverili, così come ricche concimazioni fogliari e interventi
irrigui di soccorso, favoriscono una maggiore presenza di
nutrienti inorganici nelle foglie di olivo (Prevot et al., 1960).
La valutazione di tutti questi fattori che interagiscono sulla
presenza dei nutrienti nelle foglie di olivo sta a indicare chiara-
mente che la ricerca di risultati attendibili è condizionata anche
dall’utilizzo di una rigida metodologia per la scelta e la prepa-
razione del campione.
1.2.2. Analisi fogliare: metodologia
Nonostante le numerose interazioni, l’analisi dei tessuti
fogliari rappresenta, ancora oggi, il mezzo più pratico per cono-
scere lo stato nutrizionale dell’olivo, per indicare eventuali ele-
menti deficitari, per evitare inutili apporti di fertilizzanti e, di
65
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 65
conseguenza, per orientare al meglio la tecnica della concima-
zione (Maume et al., 1956). Di seguito, si tenterà di chiarire le
procedure del campionamento e saranno prese in esame la scel-
ta delle piante, dei rami, del materiale vegetale da campionare
(foglie) e l’epoca del campionamento (stadio fenologico della
pianta, condizioni ambientali e orario della giornata).
Epoca del campionamento. Nel paragrafo precedente è stato già
messo in evidenza che la concentrazione di elementi inorganici
nelle foglie varia a seconda della stagione. A primavera molti
dei nutrienti sono accumulati nel fusto e nelle radici e si rendo-
no disponibili per le gemme e per i tessuti in crescita. Col pro-
gredire della stagione l’assorbimento radicale si intensifica, per
cui la traslocazione dal terreno è più attiva. Nelle foglie le con-
centrazioni aumentano nei periodi della stagione di massima
attività metabolica della pianta (fine maggio-agosto) per poi sta-
bilizzarsi nell’inverno, in coincidenza con gli abbassamenti ter-
mici. Questa è l’epoca da preferire per prelevare i campioni di
foglie da destinare alle analisi.
Individuazione dell’unità di campionamento. L’unità di campio-
namento deve essere un appezzamento a oliveto omogeneo e di
superficie non superiore ai due ettari. La valutazione dello stato
nutrizionale medio delle piante deve prendere, come campione,
alberi della stessa cultivar, coetanei e omogenei per origine del
materiale di propagazione (olivi ottenuti da talea o da innesto),
per stato sanitario, per stato vegetativo e per produttività.
Qualora nell’appezzamento coesistessero cultivar diverse, l’ac-
certamento dello stato nutrizionale dovrà essere effettuato sulla
varietà di maggiore interesse economico. Lo stesso deve essere
fatto nel caso in cui esistano diverse combinazioni d’innesto o
piante molto differenti di età.
Selezione delle piante. La prima raccolta delle foglie è effettua-
ta su 10 piante scelte in modo casuale e rappresentative dell’u-
nità di campionamento. Vanno evitate le piante situate nei filari
periferici o di margine, così come non devono essere campiona-
te quelle piante che per caratteristiche vegetative, produttive e
sanitarie si discostano dalle reali condizioni medie. Può essere
conveniente segnare, in modo permanente, le piante prescelte,
per poterle individuare in futuro. Ciò permetterà di campiona-
66 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 66
re, nel corso della stagione e degli anni, le medesime piante con
evidenti vantaggi nell’interpretazione dei risultati analitici. È
evidente che, nei giorni precedenti il campionamento, le piante
non devono essere sottoposte a trattamenti fogliari (concima-
zioni, interventi di difesa da parassiti ecc.).
Scelta dei rami. Su ogni pianta si prelevano otto rametti del-
l’anno di medio vigore (2 per punto cardinale). Sono da scarta-
re i rami sterili (polloni e succhioni) che, per l’estrema vigoria
hanno, nel lembo fogliare, concentrazioni in elementi nutritivi
differenti e più elevate rispetto a campioni analoghi di foglie
raccolti da rami fertili.
Scelta delle foglie da campionare. Generalmente, è sufficiente un
campione di 80-100 foglie, se tutte provengono da un blocco
omogeneo di piante. Se, invece, le piante differiscono notevol-
mente per varietà o per età, e se crescono su diverse tipologie di
terreno, il campionamento dovrà essere separato. Dal rametto
vanno eliminate le prime foglie, quelle più prossime all’apice
(vegetazione più giovane) e le più distanti (formatesi in prima-
vera e di conseguenza relativamente più vecchie tra quelle del-
l’anno) prelevando, per il campione, le foglie restanti con pic-
ciolo. Le foglie devono essere mature, sane e di normale dimen-
sione. Si scartano tutte le foglie “anomale” o che provengono da
alberi anormali, a meno che la loro scelta non sia dovuta proprio
al problema che si vuole risolvere.
Età della foglie da campionare. Le foglie da destinare alla pre-
parazione del campione devono essere giovani e avere un’età
compresa fra tre e cinque mesi (Fernández Escobar, 1997). Questo
aspetto metodologico, introdotto già in precedenza, merita un
ulteriore approfondimento che, nello specifico, è bene illustrato
(fig. 5) dalle esperienze condotte a Cordoba da ricercatori spa-
gnoli (Delgado et al., 1994). La fig. 5 confronta l’intensità delle
variazioni del boro in foglie di olivo se il campione da analizza-
re è stato preparato con materiale vecchio di un anno di età,
oppure con foglie giovani dell’anno.
Condizioni ambientali e orario del campionamento. È preferibile
raccogliere le foglie nelle prime ore della giornata, non appena
l’eventuale rugiada si sia asciugata. Il campionamento non va
67
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 67
eseguito in caso di pioggia.
L’interpretazione dei risultati dell’analisi fogliare deve ricer-
care la massima espressione della produttività e il migliore rap-
porto quantità-qualità, sulla base dell’interazione che si realizza
tra cultivar (genotipo) e ambiente di coltura.
A tale scopo, una volta misurato lo stato nutrizionale delle
piante, la verifica va condotta riferendosi alle concentrazioni
ottimali dei diversi elementi riportate in letteratura e/o deter-
minate, per l’olivo, con prove di campo (Bandino e Dettori, 2001;
Troncoso, 1998) oltre che a test realizzati con metodologie codifi-
cate (crescita di olivi in contenitore, coltura idroponica16, aero-
ponica) (Panetsos, 1961, Deidda, 1968; Gavalas, 1975; Mazuelos et
al., 1979; Therios et al., 1982; Li et al., 1983; Fiorino et al., 1984;
Therios, 1984; Troncoso et al., 1984; Tattini et al., 1986). Natural-
mente, per ciascun composto (macro e micro nutriente), occor-
rerà fare riferimento sia ai livelli critici, al di sotto dei quali si
verificano nell’olivo stati di carenza, sia ai livelli al di sopra dei
quali si possono originare fenomeni di tossicità.
Nella tab. 9, a titolo di esempio, sono riportati gli standard
orientativi definiti in Sardegna da Bandino e Dettori (op. cit.) per
68 ARSIA
Fig. 5 - Variazione del contenuto di boro (valori in ppm) in foglie di olivo
vecchie di un anno e foglie formate durante la stagione di crescita
della pianta (Fernández Escobar, 1997)
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 68
interpretare le analisi fogliari.
La comprensione dello stato nutrizionale della pianta e delle
eventuali esigenze future, si concretizza nel momento in cui i
valori dell’analisi fogliare sono confrontati con gli standard di
riferimento sia per i livelli adeguati che per quelli critici (carenti
o potenzialmente tossici). Naturalmente, questa metodologia
risente dell’esperienza del tecnico e presenta limiti di conoscen-
ze. È facile, infatti, comprendere che la soluzione di comparare
valori di una realtà specifica con standard ricavati da determina-
zioni analitiche che fanno riferimento a situazioni e a condizioni
agronomico-ambientali diverse, non sfugge a una severa critica
metodologica e che dati statisticamente inefficaci non permetto-
no un’adeguata conoscenza del livello nutrizionale dell’olivo.
Per evitare questo problema e per informare sulla realtà
toscana, di seguito, in tab. 10, sono riportati i valori dei nutrien-
ti come sono risultati dall’analisi fogliare di piante Frantoio e
Leccino in determinati stadi fenologici. Questi valori, che deri-
vano da una mediazione di due cultivar e di terreni molto
diversi tra loro (cap. 3, p. 87), non possono rappresentare l’uni-
69
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Tab. 9 - Rielaborazione da linee guida per l’interpretazione
delle analisi fogliari proposte per gli oliveti della Sardegna
Elemento Valutazioni Concentrazione di riferimento
Azoto Carente al di sotto di 1,4%
Adeguato 1,5-2,2%
Fosforo Adeguato 0,1-0,3%
Potassio Carente al di sotto di 0,4%
Adeguato > 1,8%
Calcio Adeguato > 1,5%
Magnesio adeguato > 0,1%
Sodio Eccessivo > 0,2%
Boro Carente al di sotto di 14 ppm
Adeguato 19-150 ppm
Eccessivo > 185 ppm
Rame Adeguato > 4 ppm
Manganese Adeguato > 20 ppm
Zinco Adeguato > 10 ppm
Ferro Adeguato > 30 ppm
Fonte: Bandino e Dettori, 2001.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 69
verso della realtà olivicola toscana o di un determinato com-
prensorio perché risentono di una metodologia puntiforme e
non riproducibile.
Per superare questa difficoltà, che si presenta per quasi tutte
le colture arboree a larga diffusione, e per definire, sulla base
delle analisi fogliari, i rapporti tra i nutrienti e la situazione
nutrizionale della coltura (diagnosi di carenze o squilibri nutri-
zionali), la ricerca ha suggerito diverse metodologie (Beaufils et
al., 1976; 1977; Schaffer et al., 1988; Beverly et al., 1984; Perretti,
1992). Tra gli altri, il DRIS (Diagnosis and Recommendation
Integrated System), che ha trovato una certa applicazione in viti-
coltura, è in grado di interpretare i valori delle analisi fogliari
comparandole con valori standard che possono essere critici
oppure indicare oscillazioni da valori medi. Il metodo descrive,
su base statistica, lo stato nutrizionale di una popolazione
(vigneto, agrumeto ecc.) a elevata produttività e identifica le
variazioni (rapporti, carenze o squilibri nutrizionali) dal cam-
pione di cui si desidera conoscere la situazione nutrizionale
(Beaufils, op. cit.).
Ma non tutti i ricercatori concordano sull’affidabilità del
metodo. Zanco e collaboratori (1988), per esempio, ritengono
che alcuni nutrienti, pur dotati di ampia variabilità, non sono in
grado di incidere, in maniera rilevante e proporzionalmente
70 ARSIA
Tab. 10 - Valori dei nutrienti nelle foglie a diversi stadi fenologici
della pianta. Media delle cultivar Frantoio e Leccino
Nutriente Fioritura Indurimento nocciolo Riposo invernale
Azoto (%) 2,04 1,93 2,09
Fosforo (%) 0,16 0,14 0,13
Potassio (%) 1,18 1,32 0,78
Calcio (%) 1,52 178 1,99
Magnesio (%) 0,14 0,16 0,15
Zolfo (%) 0,13 0,12 0,12
Ferro (ppm) 73 87 69
Manganese (ppm) 33 36 34
Boro (ppm) 17 17 10
Zinco (ppm) 21 18 21
Rame (ppm) 13 10 15
Fonte: Failla et al., 1997.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 70
diretta, sulla risposta produttiva della pianta. In altri termini,
che non tutti i nutrienti, con la stessa intensità, sono in grado di
condizionare la risposta produttiva della pianta in relazione a
quanto si riscontra con le analisi fogliari. In particolare, per la
vite, in impianti altamente produttivi, è stata evidenziata discor-
danza tra i valori delle analisi fogliari e quelli indicati come
“ottimali” da diversi autori (Scholl, 1979; Ryser, 1982).
È evidente che la risposta del metodo, benché non generaliz-
zabile per la sua applicazione, è legata alla disponibilità di dati
recuperati nello stesso territorio e che facciano riferimento a una
produzione ottimale per una certa coltura. Resta così l’esigenza
di definire, anche per l’olivo, i valori d’efficacia statistica da rite-
nersi “standard” per una produzione ottimale e validi per
ambienti circoscritti e caratterizzanti situazioni pedoclimatiche
omogenee. Un uso corretto degli standard deve, in ogni caso,
prevedere eventuali correzioni in conseguenza di eventi non
previsti (andamenti climatici particolari hanno notevoli effetti
sullo stato nutrizionale della pianta), dell’insorgere improvviso
di fenomeni di antagonismo o di sinergismo tra gli elementi
nutritivi e, sicuramente, delle risposte vegeto-produttive che
annualmente le piante forniscono.
2. Esigenze nutritive dell’olivo
L’argomento che conclude questo capitolo deve fornire indi-
cazioni su quelle che sono le esigenze nutritive dell’olivo, dal
momento che la stessa fertilizzazione mira a realizzare l’equili-
brio tra la crescita vegetativa e una produzione negli anni sem-
pre elevata e costante. Ma, per quanto è stato finora documen-
tato, è evidente che fornire dati precisi sulle quantità di elemen-
ti minerali asportati dall’olivo è piuttosto difficile. Per ottenere
rese elevate e costanti nel tempo, al calcolo di ciò che la pianta
asporta per le formazioni vegetative e produttive annuali, va
aggiunta anche la quota di fertilizzanti trattenuta dal terreno e
quella allontanata dalle acque piovane. Al tempo stesso, benché
modesti, non vanno dimenticati gli apporti esterni in nitrati che
il terreno riceve dalle piogge, dall’irrigazione e da eventuali
residui organici su di esso abbandonati.
Per fornire un’idea delle complessità che esistono quando si
vogliono definire le esigenze nutritive di un oliveto, in tab. 11
71
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 71
sono riportate informazioni rielaborate dalla letteratura
(Morettini, 1950; Baldini, 1971; Morettini, 1972; Loussert et al.,
1980; Di Marco, 1981; Ferreira et al. 1984; Troncoso, 1998).
I dati forniti dagli studiosi indicano, chiaramente, sostanzia-
li differenze per i diversi ambienti e per ciascuno dei tre macroe-
lementi. Questa realtà è giustificata dal fatto che tali valori rife-
riscono di alcune osservazioni condotte in tempi molto lontani
tra loro, e di dati determinati anche con metodologie di campio-
namento e analitiche molto diverse. Inoltre, i valori di asporta-
zione riportati in tab. 11 sono orientativi di realtà olivicole
distinte tra loro per condizioni climatiche e pedologiche, per
situazioni agronomiche e colturali (valori viziati anche per la
consociazione di olivi con altri fruttiferi o con erbacee), per
numero di alberi per ettaro (Crouzet e Bouat, 1971), per livelli
medi di produzione degli olivi, per fenomeni di alternanza di
produzione e, in particolare, per tecniche colturali (potatura e
irrigazione). Così i dati in tabella, che hanno valore solo indica-
tivo, vanno letti nei rapporti tra i macronutrienti e confermano
che l’olivo asporta annualmente quantità di azoto, potassio e
calcio più elevate rispetto a quelle di fosforo e magnesio.
Per stabilire le quantità di fertilizzanti da impiegare nella
concimazione di produzione di un oliveto occorre conoscere: la
produzione che l’impianto può annualmente fornire; il fabbiso-
gno fisiologico specifico della coltura in relazione al ciclo vitale
dell’impianto e al periodo annuale; la disponibilità nutritiva esi-
stente nel terreno nelle forme assimilabili; il comportamento dei
72 ARSIA
Tab. 11 - Rielaborazione da informazioni in letteratura
delle asportazioni per pianta di olivo adulto*
Riferimento bibliografico N (g) P205(g) K20 (g)
Morettini (dalla letteratura) 125 (1,78) 70 (1) 175 (2,50)
Pantanelli (Puglia) 276 (1,94) 142 (1) 488 (3,43)
Morettini (Toscana) 144 (1,87) 77 (1) 255 (3,31)
Baldini (dalla letteratura) 200 (2,17) 92 (1) 350 (3,80)
Bouat (Francia) 300 (5,00) 60 (1) 200 (3,33)
Oliveto sperimentale Centro Eda. 360 (4,00) 90 (1) 507 (5,63)
Siviglia (Spagna)
Hutter (Tunisi) 345 (5,84) 59 (1) 431 (7,30)
* In parentesi i rapporti tra i tre macroelementi.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 72
concimi una volta somministrati nel suolo e la loro efficienza.
La prima informazione (produzione ottenibile da un deter-
minato oliveto) scaturisce da indagini dirette per più anni sulle
stesse piante. Il fabbisogno fisiologico della coltura, calcolato
con le analisi dei tessuti delle diverse parti dell’olivo, deve tener
conto che, nel corso della stagione, le quantità di fertilizzanti da
impiegare devono rispondere alle diverse esigenze della pianta.
Durante il ciclo annuale, come ad esempio al momento dell’al-
legagione dei fiori e dell’indurimento dell’endocarpo, il consu-
mo di azoto della pianta è accentuato.
La disponibilità nutritiva si deduce dall’analisi del terreno e
da quella fogliare. Occorre inoltre valutare, con particolare
attenzione, l’efficienza dei fertilizzanti, vale a dire la frazione di
nutriente che, una volta somministrata nel terreno, sarà assorbi-
ta dalla pianta e di conseguenza la competizione che si instaura
tra il sistema suolo, con le sue componenti minerale, organica e
biotica, e l’apparato radicale.
Altre valutazioni più generiche sono quelle che mettono in
evidenza in che misura – e in rapporto al ciclo vitale dell’impian-
to – gli alberi giovani, in attivo accrescimento, richiedono quan-
tità di azoto più elevate rispetto ad alberi adulti e come le esi-
genze nutritive dell’olivo variano in rapporto allo sviluppo vege-
tativo che gli alberi assumono in particolari aree colturali (per la
stessa cultivar al Sud lo sviluppo è più elevato rispetto alle zone
olivicole del Centro e del Nord). Infine, occorre segnalare che in
molte regioni italiane le normative locali o la semplice adesione
dell’azienda a programmi particolari di produzioni (prodotti bio-
logici ecc.) fanno sì che il calcolo del fabbisogno di elementi nutri-
tivi debba essere realizzato sulla base di specifici bilanci e
seguendo metodologie dettate da regolamenti comunitari.
Note
1Carenza: mancanza di una sostanza organica o minerale necessaria alla vita;
tossicità: da tossico; nello specifico, effetto della presenza di una sostanza che ad
alte concentrazioni è nociva per la pianta.
2È la proprietà dell’humus e dell’argilla di assumere, trattenere e scambiare
anioni e cationi presenti nella soluzione circolante del terreno e di renderli
73
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 73
disponibili alla radice.
3Quantità di sostanze presenti nel terreno in forma tale da poter essere assi-
milate dalla pianta.
4Degradazione fisica operata dalle acque correnti.
5Proporzioni delle sostanze nutrienti presenti nel terreno che non soddisfano
le esigenze nutritive della pianta.
6Da organico, relativo a materiali sedimentari costituiti direttamente di tes-
suti e parti molli alterate di organismi.
7Da torba, resti vegetali di piante palustri al primo stadio del processo di car-
bonizzazione, contenenti ancora alte proporzioni di acqua.
8Da cemento: il minerale secondario, formato dopo la deposizione di un sedi-
mento clastico per precipitazione dalle soluzioni circolanti entro i suoi vuoti, che
lega insieme i granuli e la matrice.
9Quantità di sodio presente nel terreno in forma chimica tale da poter essere
assorbito.
10 Si tratta di silicato idrato di alluminio, amorfo, il cui nome significa all’ incir-
ca “apparire diverso” per il cambio di aspetto che subisce se riscaldato. Si rin-
viene soprattutto nei giacimenti metalliferi quale prodotto di alterazione.
11 Fanno parte dei minerali argillosi. Nei minerali argillosi strati tetraedici di
silicio si alternano a strati diottaedrici di alluminio (Al2(OH)6: Gibbsite) e strati
triottaedrici di magnesio (Mg3(OH)6: Brucite). Nei fillosilicati si ha il rapporto
Si/O di 1:2,5.
12 Fillosilicati che hanno rapporto Si/O di 2:1.
13 Fillosilicati che hanno rapporto Si/O di 1:1.
14 Porzione laminare della foglia, percorsa in tutta la sua estensione da fasci
vascolari (nervature).
15 Sommatoria dei valori percentuali sul contenuto nelle foglie di tre macronu-
trienti (N, P, K).
16 Tecnica che permette di allevare una pianta in soluzione nutritiva completa
per definire la funzione degli elementi minerali durante il ciclo vitale.
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76 ARSIA
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III. Fertilizzare l’oliveto
La fertilizzazione dell’oliveto ha oggi come obiettivi di assi-
curare stabilità al sistema suolo/pianta, di ricostituire le riserve
nutritive per conservare la fertilità agronomica del terreno e,
finalmente, di assicurare l’assorbimento da parte delle radici di
tutti i nutrienti che sono in grado di armonizzare lo sviluppo
della pianta e di ottimizzare il prodotto (olive da mensa o da
olio).
Questo terzo capitolo, dedicato alle problematiche della fer-
tilizzazione, sarà sviluppato attraverso una serie di informazio-
ni che vogliono chiarire i seguenti argomenti: come pianificare
la concimazione minerale e organica; quali sono le tecniche più
efficienti di somministrazione dei nutrienti al suolo o, diretta-
mente, alla pianta per via fogliare; infine, quali sono le modalità
e le epoche di concimazione, a seconda che si tratti di interven-
to che anticipa la realizzazione dell’impianto, oppure che sup-
porti gli olivi nel primo periodo di crescita, o ancora, durante
tutto il ciclo produttivo.
Nel capitolo è compreso anche un paragrafo che chiarisce il
ruolo dei numerosi concimi disponibili sul mercato, aggiorna le
leggi che ne disciplinano il commercio e riporta i risultati che la
ricerca ha messo a disposizione circa l’impiego dei reflui dei
frantoi. Si tratta di mezzi e conoscenze che mirano a ottimizza-
re le risorse naturali e che si concretizzano per l’ottenimento
della massima espressione della fertilità del terreno che accoglie
l’oliveto.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 77
1. La fertilità del terreno
La fertilità di un terreno esprime, sia in termini qualitativi,
sia quantitativi, l’attitudine a garantire la vita e la produzione
della pianta in determinate condizioni climatiche e con l’ado-
zione di tecniche agronomiche ordinarie.
Per quanto sia difficile definire il massimo di produzione
raggiungibile da una pianta in una realtà olivicola, si può, in
ogni modo, cercare di analizzare quali siano i fattori che,
annualmente, l’aiutano o la condizionano nel completare il com-
plesso metabolismo che controlla l’equilibrio tra sviluppo vege-
tativo e produzione.
Fattori chimici: sono legati soprattutto alla presenza nel suolo
di elementi nutritivi disponibili per la pianta, ma anche alla rea-
zione del terreno per la mobilitazione degli elementi nutritivi e
delle sostanze tossiche in continua interazione con le attività
microbiologiche.
Fattori genetici: sono strettamente connessi alla cultivar.
L’elevata produttività della pianta, le caratteristiche qualitative
del prodotto, la tolleranza a specifiche patologie sono, infatti,
sotto il controllo genetico e, di conseguenza, la risposta di culti-
var di olivo diverse a condizioni di fertilità simili è differente
(Cimato et al., 1993; 1997; 2001). Quelle riconosciute come più esi-
genti presentano un campo di adattabilità più ristretto e mostra-
no un’interazione (varietà-fertilità) più evidente rispetto alle
altre.
Fattori biotici: indicano la relazione della fertilità con la pre-
senza nel suolo della microflora (inclusi i funghi micorrizici). La
presenza nel terreno di una microflora attiva permette alle radi-
ci della pianta di sottrarre un certo numero di elementi chimici
derivati da lenti processi degradativi, di natura puramente fisi-
co-chimica, (mineralizzazione, umificazione, nitrificazione, fissa-
zione dell’azoto atmosferico) della materia organica. I fattori bio-
tici possono, in alcuni casi, ridurre la disponibilità dei nutrienti,
se non annullare la stessa crescita delle piante, nel caso di inten-
si interventi di fertilizzazione minerale. Tale sbilanciamento
quantitativo dei nutrienti può divenire ragione per una maggio-
re incidenza delle malattie a carico dell’apparato radicale.
78 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 78
79
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Fattori ambientali: comprendono l’insieme delle condizioni
esterne che concorrono alla fertilità del suolo intervenendo nei
processi pedogenetici di formazione e di trasformazione del ter-
reno agrario e, come tali, sono in grado di condizionare diretta-
mente lo sviluppo e la produttività della pianta. Temperatura,
energia radiante, piogge e composizione dell’aria atmosferica
sono tutti fattori che interagiscono sullo sviluppo della radice,
sull’attività della microflora e degli enzimi, sul pH del terreno,
sulla componente pedologica e che sono in grado di giocare un
ruolo importante sulla fertilità del suolo.
Anche se di difficile interpretazione, a causa della notevole
complessità dell’ecosistema, la componente pedologica e la struttu-
ra del terreno sono gli elementi decisivi che esprimono l’attitudi-
ne a garantire la vita e la produzione della pianta. Entrambi
esercitano azioni dirette sulle caratteristiche di coesione e sbri-
ciolabilità del terreno, sulle proprietà idrogeologiche (profon-
dità della falda) e sulle caratteristiche fisiche (tessitura, porosità,
permeabilità, profondità del terreno e drenaggio).
Per esempio, i suoli definiti particolarmente adatti a elevate
produzioni, hanno profondità quasi sempre superiore al metro
e dispongono di acqua nel periodo estivo. Per contro, i terreni
giudicati poco adatti sono sempre sottili e con elevato contenu-
to di scheletro.
Talvolta l’esame della quantità e del tipo di vegetazione
spontanea può fornire un’utile indicazione sullo stato di fertilità
di un suolo: in generale i terreni che si inerbiscono facilmente,
coprendosi di abbondante cotico erboso1, manifestano maggiore
fertilità naturale rispetto ad altri, dove l’inerbimento spontaneo
è meno abbondante. In particolare, specie indicatrici di terreni
fertili sono la malva, il sambuco, l’ortica, il papavero selvatico, il
chenopodio. Dall’esame di tutti questi fattori è chiaro che la fer-
tilità di un terreno è il prodotto dell’interazione di numerose
variabili e che il mantenimento di questa situazione agronomi-
ca rappresenta l’obiettivo di un qualsiasi piano colturale.
Di seguito, dopo una breve introduzione sul ruolo degli ele-
menti minerali (macro e micro elementi) e della sostanza orga-
nica nel metabolismo della pianta, saranno fornite indicazioni
su come pianificare la fertilizzazione dell’oliveto, sui concimi da
impiegare (azotati, fosfatici, potassici, complessi e organo-mine-
rali), sulla tecnica (fertilizzazione al suolo e alla pianta), sulle
modalità e sulle epoche di somministrazione dei fertilizzanti.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 79
1.1. Gli elementi minerali
L’olivo, benché descritto come pianta rustica, richiede la
disponibilità nel terreno di elementi essenziali per completare
tutte le attività metaboliche responsabili della crescita e del ciclo
produttivo.
La fertilizzazione deve quindi far coincidere l’offerta dei
nutrienti con la domanda da parte della pianta di macro e micro
elementi quali azoto, potassio, fosforo, calcio, magnesio, ferro e
boro. All’interno della pianta, ciascuno di questi elementi svol-
ge una ben precisa funzione che non è mai indipendente ma, al
contrario, è sempre collegata, in modo sinergico o antagonistico,
a quella svolta dagli altri nutrienti.
Azoto. È il nutriente inorganico a cui l’olivo risponde con
maggiore rapidità ed è il più importante perché migliora l’atti-
vità vegetativa e riproduttiva della pianta limitando fenomeni
indesiderati di alternanza di produzione (Klein et al., 1977).
Stimola l’accrescimento sostenendo la produzione di nuovi ger-
mogli; controlla con il fosforo la dominanza apicale; facilita i
processi di allegagione dei fiori e di sviluppo dei frutti; è com-
ponente della clorofilla e ne aumenta la quantità nelle foglie
favorendo così l’assimilazione degli altri elementi. L’olivo reagi-
sce piuttosto velocemente alla somministrazione di azoto ma la
sua azione è strettamente connessa alle disponibilità idriche del
suolo (Ortega Nieto, 1964). Nelle piante arboree l’azoto è caratte-
rizzato da una notevole mobilità all’interno della pianta
(Marangoni et al., 1991). In primavera la ripresa vegetativa avvie-
ne, però, quasi interamente a spese delle sostanze azotate di
riserva accumulate nell’autunno precedente negli organi legno-
si (radici, branche e rami). Il ricorso all’utilizzo delle sostanze di
riserva è reso necessario dal fatto che, in questo periodo della
stagione, l’assorbimento radicale è ancora molto limitato e la
sintesi degli assimilati da parte della superficie fogliare non è
ancora ripresa a pieno ritmo. La precoce traslocazione di azoto
verso le gemme è fondamentale per favorirne la schiusura e per
assistere alla prima fase di formazione della nuova vegetazione.
La carenza di azoto limita la crescita, soprattutto delle foglie e
dei frutti, e, allo stesso tempo, si associa a un ridotto trasferi-
mento delle sostanze nutritive verso questi organi e a un
aumento del trasporto verso le radici. Di contro, gli eccessi
allungano il ciclo vegetativo stagionale, rendono i tessuti più
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La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 80
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
“succulenti” aumentando, in misura notevole, la suscettibilità
dell’olivo ai danni da freddo e a specifici attacchi parassitari.
Livelli elevati di azoto nella pianta riducono la consistenza della
polpa della drupa e ritardano la maturazione (Cimato et al.,
2001).
Potassio. È l’elemento della produttività e della maturazione
dei frutti. Presente nei centri di più intensa attività biologica, il
potassio è basilare nei fenomeni connessi al metabolismo idrico
della pianta, accentuandone la resistenza alla siccità e alle malat-
tie fungine. Il potassio favorisce la sintesi degli zuccheri, il loro
accumulo sotto forma di amido e la formazione dei grassi (lipo-
genesi), aumentando la resa in olio delle olive. Nel corso della
maturazione, tale nutriente neutralizza gli acidi uronici formati
dalla degradazione delle protopectine2(Sanchez Raya et al., 1975)
e controlla le attività enzimatiche che regolano la sintesi degli
Pianta di olivo
Frantoio
in produzione
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 81
amminoacidi e degli acidi fenolici (Gonzales et al., 1976).
Nell’olivo il potassio mostra la maggiore mobilità, tant’è che dif-
ficilmente, durante il ciclo stagionale, esso è presente a livelli
costanti. Circa il 60% del potassio totale si riunisce nei frutti per
cui, al momento della raccolta, la pianta subisce una grave per-
dita che non sempre è in grado, in breve tempo, di compensare.
Tale difficoltà è dovuta alla scarsa mobilità del potassio nel ter-
reno e alla stessa difficile disponibilità di questo elemento in
determinati periodi dell’anno. Un limitato contenuto di potassio
nelle foglie, se legato a bassi valori di fenoli, riduce il processo
di fioritura (Gonzales Garcia, 1983). Sintomi da carenza di potas-
sio si manifestano nelle foglie più vecchie con necrosi apicali più
o meno marcate, con una colorazione verde meno intensa e, nei
casi più gravi, con una precoce filloptosi3e un ridotto sviluppo
dei frutti. Il livello di potassio nelle foglie, in genere, è inversa-
mente proporzionale a quelli di calcio e magnesio: ad alte per-
centuali di calcio e magnesio sono associate, infatti, basse per-
centuali di questo elemento nelle foglie. Viceversa, un’eccessiva
disponibilità di potassio nel suolo si traduce, normalmente, in
una maggiore difficoltà nell’assorbimento del magnesio.
Fosforo. È un componente essenziale di enzimi e proteine e
svolge un ruolo di primaria importanza nel processo di divisio-
ne cellulare e nello sviluppo dei tessuti meristematici. Riguardo
all’influenza del fosforo sulla produttività della pianta la lette-
ratura, ancora insufficiente, indica che il fosforo favorisce i feno-
meni legati alla fioritura, all’allegagione e ai processi metabolici
che accelerano la maturazione dei frutti. Il consumo di fosforo
da parte delle piante di olivo non è eccessivo e, nel corso del-
l’anno, il suo livello nelle foglie non subisce sensibili variazioni.
Generalmente è raro che si verifichino carenze di fosforo nel
suolo; tuttavia questo elemento è bloccato da calcio, ferro o allu-
minio che lo rendono indisponibile. Qualora si verifichi questa
situazione, i sintomi da deficienza di fosforo appaiono evidenti
per la notevole riduzione delle dimensioni fogliari e per l’inten-
so color verde purpureo (Recale e Chaves, 1975). Eccessi di fosfo-
ro, invece, si ripercuotono negativamente sul suolo e sull’assor-
bimento di altri elementi nutritivi, quali ferro e zinco.
Calcio. La sua funzione principale è collegata alla resistenza
meccanica dei tessuti. Nella pianta il ruolo svolto dal calcio è
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La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 82
strettamente legato alla presenza del potassio tanto che, secon-
do Gonzales (op. cit.), i rapporti ottimali Ca/K per le cultivar
esaminate oscillano tra 1,64 e 2,03. Nel caso si verifichi un rap-
porto Ca/Mg anomalo (intorno a valori di 0,91-1,0) nell’olivo si
instaura una particolare tossicità da magnesio, fenomeno che
non si verifica se il rapporto si aggira intorno a 2. Tra le specie
arboree da frutto, l’olivo è la pianta più sensibile alle carenze di
calcio; tuttavia, nei terreni italiani che sono prevalentemente cal-
carei, il calcio è presente in quantità sufficienti se non elevate.
Magnesio. Assorbito dalle piante in quantità relativamente
elevata, a volte anche pari se non superiore al fosforo, il magne-
sio fa parte dei costituenti la clorofilla, interviene nei processi di
sintesi dell’RNA ed è un attivatore di molti enzimi. Stati di caren-
za di magnesio sono evidenti nell’olivo quando si verifica una
drastica riduzione dell’attività vegetativa con conseguente com-
parsa di foglie clorotiche che, nel tempo, si distaccano dal ramo.
Occorre comunque precisare che i casi di accertata carenza di
magnesio in pieno campo per l’olivo sono piuttosto rari.
Boro. Elemento importante per l’olivo, esso interviene nel
metabolismo dei carboidrati, attiva sistemi enzimatici e funzio-
ni ormonali, favorisce la sintesi dei flavonoidi, delle basi pirimi-
diniche (DNA e RNA) e il trasporto degli zuccheri attraverso il
floema. In situazioni di boro carenza, tra maggio e giugno, la
pianta manifesta una vistosa diminuzione della fioritura e del-
l’allegagione a cui segue una intensa cascola estiva dei frutticini
(Delgado et al., 1994). In casi limite, la boro carenza si manifesta
con eccessivo sviluppo di succhioni sui rami e con una crescita
breve (a rosetta) dei nuovi germogli. Nel periodo estivo, la clo-
rosi apicale, caratteristica della carenza di boro, si manifesta
dapprima con ingiallimenti apicali e poi con imbrunimenti e
caduta delle foglie. In questi casi le foglie hanno percentuali di
calcio notevolmente inferiori al normale dimostrando, così, lo
stretto rapporto nel metabolismo di questi due nutrienti. Inoltre,
in estate, la carenza di boro determina sulle drupe un dissecca-
mento del mesocarpo nella zona apicale (Ciferri et al., 1956).
1.2. La sostanza organica
La sostanza organica presente nel terreno agrario si distin-
gue in quattro classi: l’edaphon, ossia la frazione rappresentata
83
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 83
dagli organismi viventi; la sostanza organica “non umificata”;
quella “parzialmente umificata” e, infine, la sostanza organica
umificata definita anche “humus stabile”. Ciascuna di queste
classi ha un comportamento e un significato pedologico diffe-
rente che, per l’agricoltore, si concretizza anche in funzioni
agronomicamente diverse.
In condizioni di adeguata aerazione, la materia organica pre-
sente nel terreno va incontro a trasformazioni diverse con pro-
cessi che, legati all’attività di animali terricoli e della microflora
fungina e batterica, portano alla sua mineralizzazione. In prati-
ca essa svolge un ruolo fondamentale nell’ottimizzare la fertilità
e le risorse naturali del suolo ed esercita benefici effetti sulle
caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche del terreno
agrario.
La funzione nutrizionale consiste nel fornire composti orga-
nici e nell’immettere, direttamente a disposizione della pianta,
gli elementi nutritivi inorganici (N, K, P, Ca, Mg ecc.). Quest’ul-
timo aspetto riveste particolare importanza per l’assorbimento
dell’azoto. Tale nutriente, quando si trova nel suolo in forma
nitrica, tende a essere facilmente dilavato dalle piogge per cui,
nel tempo, risulta poco disponibile per le radici. Viceversa, quan-
do l’azoto deriva dai processi di mineralizzazione della sostanza
organica, poiché la sua disponibilità nel terreno avviene in modo
graduale, esso è meno soggetto a perdite per dilavamento e
rimane, per un intervallo più lungo, a disposizione della coltura.
La partecipazione della sostanza organica all’assorbimento
dei nutrienti avviene anche attraverso la sua trasformazione e la
formazione di composti finali (acidi umici, fulvici)4e intermedi
quali amminoacidi, nucleotidi, vitamine, antibiotici e auxine.
La sostanza organica gioca un ruolo importante anche sulle
caratteristiche fisiche del terreno agrario perché ne asseconda la
formazione della struttura. Quest’ultima favorisce la presenza
di aggregati stabili, con relativo aumento della permeabilità nei
terreni argillosi e della capacità idrica di trattenuta in quelli sab-
biosi; riduce la coesione e la tenacità nei terreni ricchi di mate-
riale argilloide e, indirettamente, consente l’accrescimento radi-
cale (Sequi, 1986).
Le quattro classi distinte di sostanza organica esplicano,
ovviamente, azioni agronomiche differenti.
Nei terreni sabbiosi, anche un basso contenuto di sostanza
organica è spesso in grado di accrescere la stabilità strutturale;
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La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 84
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
in quelli limosi, riesce ad aumentare la stabilità di aggregazione
fra le particelle evitando, così, il formarsi di croste superficiali.
Infine, nei terreni argillosi, un adeguato tenore di sostanza orga-
nica riduce la plasticità e, parzialmente, gli inconvenienti che si
possono verificare sulla struttura in caso di eccessiva o di limi-
tata umidità nel terreno.
2. Pianificazione della fertilizzazione
Con la concimazione sono apportati al terreno gli elementi
minerali indispensabili per uno sviluppo equilibrato e per una
buona produttività delle piante.
Solo una corretta impostazione del problema, che faccia rife-
rimento al maggior numero possibile di parametri e fattori con-
comitanti, può permettere il raggiungimento degli obiettivi de-
siderati e, al tempo stesso, di realizzare la massima efficienza
economica e agronomica dai nutrienti somministrati.
Il fine ultimo della fertilizzazione è quello di ottenere un’ele-
vata qualità globale, vale a dire una produzione che tenga conto
degli aspetti ambientali e delle caratteristiche chimiche e orga-
nolettiche dell’olio, e in grado di garantire un ragionevole pro-
fitto economico dall’impianto. Risolvere questo problema non è
facile, sia per le incomplete conoscenze di base sulla nutrizione
degli olivi, sia per la complessità del sistema colturale in cui tutti
i fattori della produzione hanno forti azioni interagenti fra di
loro.
Ogni pianificazione della fertilizzazione deve essere esami-
nata singolarmente, prendendo in considerazione tutta una serie
di fattori: caratteristiche del terreno; clima; stato nutrizionale ed
età della pianta; cultivar; epoca di concimazione; pratiche agro-
nomiche ecc. Successivamente, si dovrà iniziare a valutare il
programma di fertilizzazione più idoneo tenendo presente che,
oltre al quantitativo totale dei singoli elementi, andrà valutato
anche il rapporto sinergico e/o antagonistico che si stabilisce fra
questi. Occorrerà, tuttavia, valutare attentamente anche quanto
della fertilizzazione sarà utilizzato e, successivamente, quanto
andrà perso per la formazione di rami, foglie e frutti che annual-
mente si asportano con la potatura e con la raccolta.
A tale proposito, un recente lavoro condotto in Basilicata
(Palese et al., 1997), ha segnalato, in giovani piante autoradicate
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86 ARSIA
di Coratina, le concentrazioni di azoto, potassio, fosforo, calcio
e magnesio che la pianta utilizza per formare i diversi organi
(tab. 1).
Una sperimentazione condotta in provincia di Firenze ha evi-
denziato che un olivo adulto in produzione asporta ogni anno
circa 144 g di azoto, 77 g di anidride fosforica (P2O5), 255 g di
ossido di potassio (K2O), 172 g di ossido di calcio (CaO) (Bargioni,
1992). Sono valori medi del tutto orientativi, ma in grado di for-
nire utili informazioni riguardo alle perdite di nutrienti che,
annualmente, occorre reintegrare con la fertilizzazione.
Il piano di concimazione dovrà essere diverso a seconda
della densità di impianto e della disponibilità di acqua (Ferreira
et al., 1984). In coltura asciutta, infatti, l’umidità del terreno è
uno dei fattori limitanti e l’andamento della produzione è lega-
to più alle precipitazioni che agli apporti nutritivi. In coltura
irrigua, viceversa, i nutrienti azotati sono utilizzati meglio e la
risposta produttiva delle piante è sempre elevata.
La fertilizzazione all’oliveto può avvenire come sommini-
strazione al terreno di elementi nutritivi (concimazione ipogea),
permettendo la creazione e il mantenimento di una riserva di
fertilizzanti negli strati del terreno facilmente raggiungibili dalle
Rami di olivo Frantoio con abbondante mignolatura e con frutti appena
formati
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
radici che, man mano, si sviluppano e si estendono; oppure,
direttamente alla pianta, per via fogliare. In quest’ultimo caso, la
scelta intende utilizzare le capacità dell’olivo di assorbire, in
tempi brevi, macro e micro elementi che, in soluzione acquosa,
raggiungono le foglie.
Per non correre il rischio di effettuare interventi poco razio-
nali, dispendiosi in termini economici e rischiosi per l’ambiente,
è bene, prima di impostare un piano di fertilizzazione per l’oli-
veto, rispondere ad alcuni quesiti fondamentali:
quali sono i prodotti e le sostanze da somministrare alle
piante;
quali sono le epoche migliori per la fertilizzazione;
quali sono le quantità di concime da somministrare;
infine, quale è la tecnica più conveniente per eseguire la fer-
tilizzazione.
Prima di entrare nel merito della tecnica di fertilizzazione, di
seguito sarà affrontata la problematica della scelta dei concimi
(inorganici e organici) nonché del loro comportamento nel
suolo.
2.1. I concimi
Per quanto riguarda i tipi di fertilizzanti da usare, va detto
subito che per l’olivo la scelta è facile poiché sul mercato è dispo-
nibile una vasta gamma di prodotti (tab. 2) di facile utilizzo e con
caratteristiche tali da soddisfare le più diverse esigenze.
A seconda della loro natura i concimi che si trovano in com-
mercio possono essere distinti in: organici, minerali e organo-
minerali.
Tab. 1 - Media quadriennale dei valori di N, P, K, Ca e Mg nei diversi
organi di piante Coratina autoradicate
Elementi Frutti Foglie Germogli Branche, tronco Radici
(% s.s.) (% s.s.) e rami (% s.s.) e ceppo (% s.s.) (% s.s.)
N 1,53 ± 0,00 1,67 ± 0,14 0,71 ± 0,07 0,38 ± 0,05 0,70 ± 0,08
P 0,14 ± 0,00 0,18 ± 0,04 0,10 ± 0,02 0,05 ± 0,01 0,09 ± 0,01
K 1,19 ± 0,02 1,23 ± 0,14 1,05 ± 0,23 0,50 ± 0,14 0,83 ± 0,17
Ca 0,09 ± 0,00 2,25 ± 0,48 0,82 ± 0,27 0,55 ± 0,24 0,64 ± 0,19
Mg 0,03 ± 0,00 0,23 ± 0,03 0,13 ± 0,03 0,05 ± 0,02 0,17 ± 0,04
Fonte: Palese et al., 1997.
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Tab. 2 - Caratteristiche di solubilità e mobilità per alcuni fertilizzanti
usati in olivicoltura
Fertilizzante Solubilità Altre caratteristiche
in acqua (g/l)
Nitrato ammonico 1180 Mobile e dilavabile
Nitrato calcico 2000 Applicarlo superficialmente e in più dosi
Nitrato potassico 130
Nitrato sodico 700
Solfato ammonico 700
Solfato di rame 200
Solfato di ferro 250 Applicarlo solo in caso di mancanza
Solfato di magnesio 700
Solfato di manganese 750
Solfato di zinco 750
Solfato potassico 67 Poca mobilità. Applicarlo localizzato
Fosfato biammonico Forte potere di fissazione e poca mobilità
Fosfato bicalcico Insolubile Applicarlo una volta localizzato
e in profondità
Fosfato monoammonico 500
Fosfato monocalcico Insolubile
Urea 1000 Non è dilavata ma nitrifica rapidamente
Fonte: Troncoso, 1998.
Ciascun fertilizzante può contenere uno o più elementi prin-
cipali della fertilità (N, P, K) o anche elementi secondari (Ca, Mg,
S) e/o microelementi (B, Mn, Zn, Cu, Mo, Co, Fe).
Al momento della scelta, è importante controllare le indica-
zioni e dichiarazioni riportate sulle confezioni:
la dicitura “Concime CEE”, indica che si tratta di concime
disciplinato da disposizioni comunitarie; altrimenti, se si
tratta di concimi nazionali, sulla confezione è riportato
“Concime minerale semplice”, “Concime minerale compo-
sto” ecc.;
la denominazione del tipo di concime (nitrato ammonico, urea
ecc.) seguita, nei concimi composti, da numeri indicanti il
titolo degli elementi fertilizzanti (nell’ordine N, P, K);
il titolo, è la percentuale in peso dell’elemento o degli ele-
menti fertilizzanti contenuti nel prodotto.
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Altre informazioni sono:
il titolo relativo alla forma (ad esempio azoto nitrico, azoto
ammoniacale) e alla solubilità (ad esempio anidride fosfori-
ca solubile nell’acqua);
il peso netto (o lordo con la tara);
il nome (o la ragione sociale o il marchio depositato) e la sede
dello stabilimento di fabbricazione;
il nome e l’indirizzo del responsabile dell’immissione in com-
mercio.
Nei concimi organo-minerali è obbligatoria la dichiarazione
del titolo in “Carbonio organico” (di origine biologica) e quella
dei concimi minerali semplici e/o composti utilizzati per la
preparazione.
Nella illustrazione successiva (fig. 1), a solo titolo di esempio,
sono state riunite le dichiarazioni di alcuni tra i concimi com-
merciali più utilizzati e le rispettive caratteristiche riportate nel-
l’etichetta.
2.1.1. Concimi organici
Sono derivati da residui o deiezioni organiche che possono
avere origine animale, vegetale o mista.
89
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Rinnovo degli oliveti in Maremma
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 89
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Fig. 1a-b - Caratteristiche di concime minerale composto (a)
e organico-minerale con microelementi (b)
a)
b)
Concime minerale composto NPK con 2 MgO, 0,01 Mn
e 0,005 Mo “a basso tenore di cloro” - Idrosolubile
Composizione Azoto (N) totale 15%
di cui: Azoto (N) nitrico 8,4%
Azoto (N) ammoniacale 3,6%
Azoto (N) ureico 3%
Anidride fosforica (P2O5) solubile
in citrato ammonico neutro e acqua 5%
di cui: Anidride fosforica (P2O5) solubile in acqua 5%
Ossido di potassio (K2O) solubile in acqua 30%
Ossido di Magnesio (MgO) solubile in acqua 2%
Manganese (Mn) chelato solubile in acqua 0,01%
Molibdeno (Mo) solubile in acqua 0,005%
Formulazione Granuli microcristallini
Confezione 10 kg
5.5.12 + 2,5 MgO + 24 SO3 + 6 Fe + 7,7 C
Concime organo-minerale NPK con magnesio, zolfo e ferro
Composizione Azoto (N) totale 5%
di cui: Azoto (N) organico 3%
Azoto (N) ammoniacale 1%
Azoto (N) ureico 1%
Anidride fosforica (P2O5) totale
solubile negli acidi minerali 5%
di cui: P2O5solubile in citrato ammonico neutro e in acqua 4,5%
P2O5solubile in acqua 4,2%
Ossido di potassio (K2O) solubile in acqua 12%
Ossido di Magnesio (MgO) solubile in acqua 2,5%
Anidride solforica (SO3) solubile in acqua 24%
Ferro (Fe) solubile in acqua 6%
Carbonio organico (C) in origine biologica 7,7%
Formulazione Microgranulato (Ø 0,5 ÷ 1,0 mm)
Confezione 10 kg
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 90
91
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
12.7.8 + 0,1 B + 0,2 Fe + 0,05 Zn
Sospensione di concimi NPK contenente B, Fe, Zn
“a basso tenore di cloro”
Composizione Azoto (N) totale 12% (145 g/l)
di cui: Azoto (N) ureico 12%
Anidride fosforica (P2O5) solubile
in citrato ammonico neutro e acqua 7% (84 g/l)
di cui: Anidride fosforica (P2O5) solubile in acqua 7%
Ossido di potassio (K2O) solubile in acqua 8% (96 g/l)
Boro (B) solubile in acqua 0,1%
Ferro solubile in acqua 0,2%
Zinco (Zn) solubile in acqua 0,05%
Formulazione Liquida
Confezione 1 kg
Ammendante organico naturale umati
solubili da Leonardite
Composizione Carbonio (C) organico totale sul t.q. 5,8%
Carbonio (C) organico solubile in acqua 5,2%
Carbonio (C) organico umificato 4,93%
Azoto (N) organico sul t.q. 0,09%
Azoto (N) organico sulla s.s. 0,75%
Sodio totale (Na) sulla s.s. <0,5%
Sostanza organica totale sul t.q. 10%
Rapporto sostanza organica umificata su sostanza
organica totale 85
Rapporto C/N 64
Peso specifico 1,05
Componenti Acidi umici estratti da Leonardite
Formulazione Liquida
Confezione 5 litri, 25 litri
Fig. 1c-d - Caratteristiche di ammendante organico naturale (c)
e polivalente fogliare (d)
c)
d)
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 91
Letame. Il letame è formato dalle deiezioni solide e liquide
degli animali in stabulazione miscelate a lettiere vegetali (foglie,
paglia). Per essere utilizzato deve subire processi di trasforma-
zione (periodo minimo di 3-4 mesi) che avvengono mediante fer-
mentazione naturale ammoniacale, aerobica (in presenza di aria)
e anaerobica (in assenza d’aria). Il risultato finale è un composto
omogeneo che non deve presentare tracce di lettiera. Il fertiliz-
zante fresco, o ancora non maturo, può contenere semi di maler-
be ancora vitali che possono costituire, nel terreno, una pericolo-
sa sorgente di infestazione. Pur avendo un basso titolo di azoto,
fosforo, potassio (mediamente: N = 0,7%, P = 0,08%, K = 0,5%), il
letame rimane sempre il concime organico più importante e com-
pleto per i piani di fertilizzazione. Si ritiene che una tonnellata di
letame apporti al terreno, rispettivamente: 4 kg di azoto, 2 kg di
fosforo e 5 kg di potassio. Questo concime organico è un ottimo
ammendante5perché concorre a migliorare la struttura del terre-
no mentre, a livello chimico, oltre al già citato contributo in
nutrienti, è in grado di migliorare la capacità di scambio, di aiu-
tare a equilibrare il pH della soluzione circolante e di favorire
l’attività microbiologica del terreno apportando una complessa
flora batterica e numerosi microelementi. Esso è impiegato in
dosi variabili, da circa 20 a 60 t/ha ed è sparso sul terreno prima
dello scasso o dell’aratura profonda che precede l’impianto.
Al fine di contenere le perdite di ossidazione della sostanza
organica e la volatilizzazione dell’azoto (sia elementare che in
forma ammoniacale), è buona norma limitare l’esposizione del
letame all’aria. Una volta mescolato nel terreno, l’azione del
letame non si esaurisce al solo primo anno, ma si protrae anche
nelle annate successive (4-5 anni). La durata della sua azione,
tuttavia, varia in funzione, oltre che della dose, anche del tipo di
terreno (nei substrati molto sciolti si esaurisce rapidamente),
della profondità d’interramento (nelle zone più profonde del
terreno i processi di mineralizzazione sono lenti), dell’anda-
mento climatico (nei climi freddi l’effetto permane più a lungo),
del grado di maturazione (il letame maturo rimane disponibile
più a lungo) e infine, dell’epoca di distribuzione (l’interramento
eseguito in estate ha un effetto fertilizzante di minor durata
rispetto a quello eseguito in autunno).
Liquami. Derivano dalle deiezioni liquide degli animali tenuti
in stalla senza l’impiego di lettiera. Le caratteristiche sono diver-
92 ARSIA
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 92
se da quelle del letame e la diversità è legata, soprattutto, alla
provenienza. Il potere fertilizzante del liquame bovino è più ele-
vato di quello suino. Mediamente 10 tonnellate del primo com-
posto contengono: 0,80-0,85 tonnellate di sostanza organica, 40 kg
di N, 35 kg di P2O5, 40 kg di K2O; 10 tonnellate di liquame suino
contengono invece: 0,22-0,24 t di sostanza organica, 20 kg di N, 12
kg di P2O5e 20 kg di K2O. È utile rimarcare l’alto contenuto in
fosforo di entrambi i liquami. Sotto il profilo agronomico, le dosi
consigliabili di liquame suino rientrano nell’ordine di 150-200
m3/ha mentre, per il liquame bovino, tra 50 e 70 m3/ha. L’epoca
migliore per la distribuzione è quella della pre-aratura. Anche in
questo caso è necessario ricorrere all’incorporamento del liquame
nel terreno per limitare le perdite di azoto e per apportare gli ele-
menti nutritivi e la sostanza organica a una maggiore profondità.
Sovescio. La tecnica del sovescio consiste nel seminare una
coltura erbacea a breve ciclo (erbaio), di non raccogliere il pro-
dotto e quindi di interrarne la massa vegetale per aumentare la
fertilizzazione e per migliorare la disponibilità degli elementi
nutritivi alle piante. Generalmente per la pratica del sovescio si
utilizzano leguminose (favetta, lupino, trifoglio ecc.), perché
notoriamente sono ricche di azoto, ma possono essere seminate
anche graminacee, crucifere e altre specie erbacee. Il sovescio
può apportare vantaggi indiretti perché è in grado di migliora-
re la struttura del terreno e la disponibilità dei nutrienti resi, nel
tempo, assimilabili dalla stessa coltura erbacea. L’apporto di
sostanza organica con un sovescio può raggiungere valori di 4-
7 tonnellate per ettaro.
2.1.2. Concimi minerali
Ricavati da minerali inorganici o prodotti mediante un pro-
cesso di sintesi industriale, questi fertilizzanti si trovano in
commercio come concimi semplici, se costituiti da un solo ele-
mento nutritivo; come composti, quando realizzati con miscele di
più sali, e come complessi se la miscela chimica è stata realizzata
con più principi nutritivi.
Concimi semplici
Concimi azotati. Contengono azoto, espressamente dichiara-
to, in una o più forme e solubilità. Possono anche contenere ele-
menti secondari e microelementi, ma non fosforo e potassio in
93
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 93
quantità dichiarabile. I concimi azotati sono distinti in: nitrici,
ammoniacali e concimi contenenti azoto organico di sintesi.
Concimi azotati nitrici. Sono quelli più prontamente utilizza-
bili dalla pianta, dato che lo ione nitrico è direttamente e facil-
mente assorbito dall’apparato radicale. Si ritiene, infatti, che,
entro 10-20 giorni dalla distribuzione, la pianta sia in grado di
disporre dell’azoto assorbito dal suolo. A questa pronta dispo-
nibilità si contrappone un notevole pericolo di perdite per dila-
vamento da forti piogge. Oltre alla normale azione nutritiva, ai
concimi nitrici si attribuiscono anche altre due funzioni: antia-
sfissiante e antiossidante. La prima è dovuta al fatto che lo ione
nitrico è ricco di ossigeno, che risulta utile alla pianta soprattut-
to quando essa si trova a vivere in ambiente umido e asfittico.
Lo ione nitrico, inoltre, può essere assorbito in grande quantità
per cui, aumentando la concentrazione nella linfa, si abbassa il
punto di congelamento della pianta e si creano le premesse per
una sua maggiore tolleranza a eventuali ritorni di freddo.
In commercio, i concimi nitrici comprendono:
Nitrato di sodio (15-16% di N). Di origine naturale e a reazio-
ne alcalina, è un fertilizzante adatto a terreni acidi;
Nitrato di calcio (15-16% di N). Concime solubile e rapida-
mente assorbito dalle colture, può essere altrettanto veloce-
mente dilavato dal terreno in coincidenza di piogge o sup-
porti irrigui. Ricco di calcio, quindi alcalino, è adatto a terre-
ni acidi;
Nitrato ammonico. Contiene azoto in forma nitrica e ammo-
niacale ed è quindi assorbito dalle radici in parte rapida-
mente e in parte lentamente. Nel titolo devono essere indi-
cate la percentuale di azoto totale e le frazioni di nitrico e
di prodotto ammoniacale. Il nitrato ammonico (26-13) è
costituito dal 26% di azoto nitrico e dal 13% di azoto
ammoniacale.
Concimi azotati ammoniacali. Sono caratterizzati da un’azione
più lenta rispetto ai precedenti, soprattutto se la distribuzione
coincide con periodi della stagione più fredda, quando l’attività
microbica nel terreno è rallentata. Lo ione ammonio è trattenu-
to dai colloidi del terreno, perciò tali concimi sono meno sog-
getti a perdite per dilavamento. In commercio, i concimi ammo-
niacali comprendono:
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La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 94
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Solfato ammonico. Ha titolo del 20-21% di azoto (N). La pre-
senza dello zolfo gli conferisce una reazione acida per cui è
preferito negli interventi fertilizzanti ai terreni alcalini;
Ammoniaca anidra. È il concime azotato a più alto titolo (82%
di N). Pur essendo poco costoso, ha il difetto di essere un
composto gassoso, di una certa pericolosità.
Concimi contenenti azoto organico di sintesi. Questi concimi
possiedono caratteristiche agronomiche abbastanza simili ai
composti ammoniacali. Subito dopo lo spargimento nel terreno,
l’azoto organico è rapidamente trasformato in ammoniacale
per cui, pur non possedendo la caratteristica di rapidità di
assorbimento, più tipica dei nitrati, questi fertilizzanti sono tra
gli azotati a pronto effetto e poco dilavati. A questo gruppo
appartengono due composti piuttosto diffusi: la calciocianam-
mide e l’urea.
Calciocianammide. È ottenuto chimicamente (20-21% di N) e
contiene, oltre alla calciociannamide (CaCN2), ossido di cal-
cio ed esigue quantità di urea e di sali di ammonio. Ha rea-
zione alcalina, non è completamente solubile in acqua, ha
effetto piuttosto lento ed è caustica, per cui deve essere mani-
polata con prudenza. La calciociannamide deve essere accu-
ratamente interrata. Oggi è usata più come correttivo della
reazione del terreno che come concime.
Urea. È un prodotto di sintesi (46% di N) che contiene diam-
mide carbonica e l’1-2% di biureto (fitotossico). Possiede un
alto titolo di azoto, un’azione sufficientemente pronta, si
distribuisce facilmente nel terreno e, rispetto agli altri conci-
mi azotati, è di costo più contenuto. Immessa nel terreno, l’u-
rea è rapidamente trasformata in ammoniaca. Il tempo
necessario per questa trasformazione varia in relazione alla
temperatura e alla presenza nel terreno della sostanza orga-
nica (tra le poche ore e i 3-4 giorni). È un fertilizzante spesso
impiegato anche per la concimazione fogliare.
Concimi fosfatici. Sono concimi minerali semplici che conten-
gono fosforo (in forme e solubilità diverse) e a volte anche ele-
menti secondari o microelementi. Il fosforo possiede scarsissima
mobilità nel terreno, per cui occorre tenere conto di questa carat-
teristica quando si procede alle scelte della tecnica e dell’epoca
di distribuzione. Gli ioni sono assorbiti rapidamente dai colloi-
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 95
di del terreno e bloccati negli strati più superficiali. Il titolo è
espresso come P2O5e non deve essere inferiore al 10%.
Persfofato semplice. Il titolo è espresso in percentuale di P2O5;
è solubile in acqua o in citrato ammonico. Tra i prodotti com-
merciali è quello maggiormente impiegato ed ha un titolo
che oscilla tra 18% e 21%. Possiede un’elevata solubilità ed è
ricco di elementi secondari.
Concimi potassici. Sono concimi minerali semplici contenen-
ti potassio in una o più forme e solubilità. Possono anche avere
elementi secondari e microelementi ma non quantità dichiara-
bili di azoto o di fosforo. Aeccezione dei terreni acidi, dove lo
ione idrogeno sostituisce il potassio assorbito dai colloidi favo-
rendone l’entrata in soluzione, il potassio non è praticamente
soggetto a fenomeni di dilavamento; al contrario, è fortemente
trattenuto dal terreno risultando, come il fosforo, poco mobile.
Rispetto ai concimi azotati e fosfatici, il potassio è meno
importante sotto il profilo agronomico dal momento che i ter-
reni italiani ne sono, in genere, costituzionalmente ricchi.
Occorre comunque sottolineare che le piante richiedono eleva-
ti quantitativi di questo nutriente e, soprattutto, adottando
particolari tipi di agricoltura (senza interramento di residui
colturali, con poche o nulle letamazioni) si creano delle perico-
lose carenze nel terreno. Il titolo dei concimi potassici è espres-
so in K2O solubile in acqua e il valore minimo ammesso è del
10%.
Cloruro di potassio (60% di K, Cl 45-47%). È il concime potas-
sico più economico, è utilizzabile senza problemi solo nei ter-
reni sciolti e con elevata disponibilità di acqua.
Solfato di potassio (50-52%). Ha reazione acidificante e pronta
disponibilità per le piante.
Concimi complessi
Sono fertilizzanti formati da miscele di sali. Possono essere
binari, se costituiti solo da due elementi nutritivi (NK, PK, NP)
oppure ternari quando i tre elementi fondamentali sono presen-
ti in proporzioni diverse (NPK). Il titolo dei concimi complessi
viene espresso in unità di: N, P2O5e K2O indicati sempre in que-
st’ordine. Così, ad esempio, il concime ternario 8:24:24, contiene
8% di N, 24% di P2O5e 24% di K2O.
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La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 96
Concimi composti
Questi prodotti contengono più di un principio nutritivo e
permettono un notevole risparmio nelle spese di trasporto, di
immagazzinamento e di distribuzione in campo. Bisogna, tutta-
via, considerare anche altri fattori: i concimi composti conten-
gono gli elementi nutritivi in rapporti ben determinati e rigidi,
che non sempre si adattano alle esigenze aziendali; inoltre, il
prezzo dell’unità nutritiva contenuta è, generalmente, più ele-
vato rispetto a quello dei concimi semplici.
Nitrato di potassio (13% di N e 46% di K). Contiene azoto e
potassio ed è molto solubile. Spesso è utilizzato per la fertir-
rigazione o per la concimazione fogliare.
Fosfato biammonico (18% di N, 47% P). Concime complesso
con azoto e fosforo, adatto, in particolare, per le concimazio-
ni di fondo.
Solfato di magnesio (20% di S, 25% di Mg). Particolarmente
indicato per apportare magnesio al terreno, è utilizzato sia
per la correzione di specifiche carenze sia per equilibrare la
nutrizione quando la coltura ha ricevuto consistenti conci-
mazioni potassiche.
2.2.3. Concimi organo-minerali
Contengono una miscela di uno o più concimi organici
(sostanze di scarto quali stallatico e pollina sottoposte a fermen-
tazione, o sostanze umiche) con uno o più concimi minerali
(semplici o composti). La matrice organica deve essere dichiara-
ta e concorrere a formare il prodotto in misura non inferiore al
5%. Nel caso in cui il concime organo-minerale sia costituito da
più matrici, tutte devono essere dichiarate in ordine decrescen-
te rispetto alle quantità presenti nel fertilizzante. In genere tali
composti hanno formulazioni diverse perché prodotte da diffe-
renti ditte. Infine, va segnalato che la presenza della sostanza
organica, per le modeste quantità in cui partecipa al formulato,
è in ogni caso insufficiente a far variare il “bilancio organico”
del suolo.
3. La fertilizzazione dell’impianto
Più volte è stato segnalato che l’eterogeneità dell’olivicoltura
toscana è dovuta a differenti climi e suoli, nei quali l’olivo ha
97
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 97
98 ARSIA
trovato forti elementi di peculiarità per il suo prodotto (Cimato
et al., 1993; 1995; 1998).
Un esempio di tale diversità si evince dalla lettura della tab.
3di seguito allegata. Si tratta di una rielaborazione di dati che
esaltano le molteplici tipologie dei terreni toscani utilizzati, da
tecnici dell’ARSIA, per prove sperimentali in olivicoltura (Toma,
1999; Failla et al., 1997).
All’attento lettore questa realtà non può sfuggire ed è evi-
dente che sarebbe azzardato sviluppare la fertilizzazione dell’o-
liveto senza considerare questi aspetti; di conseguenza, tutte le
proposte di seguito riportate si dovranno considerare d’indiriz-
zo piuttosto che risolutive della tematica.
Nel fertilizzare l’impianto è opportuno valutare: la dinamica
con la quale gli elementi nutritivi somministrati e gli altri, già
presenti nel terreno, si disciolgono nella fase acquosa del suolo
e si rendono disponibili alle radici; la tendenza dei singoli sali a
restare legati alle particelle colloidali del terreno (diventeranno
disponibili solo in tempi successivi quando, come ioni, entre-
ranno nella soluzione circolante); il rischio dei concimi di essere
allontanati per effetto d’improvvise piogge o d’irrazionali inter-
venti irrigui (rimozione per dilavamento).
Così, la fertilità del terreno non dipende dal totale delle
sostanze in esso contenute quanto dalla concentrazione delle
sostanze nutritive in soluzione.
In un paragrafo precedente a questo sono state indicate le
valutazioni necessarie per pianificare la fertilizzazione dell’oli-
veto. Di seguito, dopo un breve accenno alle modalità tecniche
d’intervento per somministrare i fertilizzanti al suolo e/o alla
pianta (concimazione fogliare), l’attenzione sarà rivolta alla
tipologia di concime che s’intende usare (organica e minerale) e
alle proposte di concimazione (momento che precede la messa a
dimora delle piante, primi anni di allevamento, concimazione
“a regime” produttivo).
3.1. Modalità di fertilizzazione
Gli elementi nutritivi possono essere somministrati al terre-
no con varie modalità: sull’intera superficie o in maniera loca-
lizzata intorno a ciascuna pianta; in superficie o interrati. Le
scelte dipendono: dalle tecniche colturali che abitualmente sono
applicate al terreno (morganature, erpicature, fresature, zappa-
ture ecc.); dal metodo irriguo ove previsto; dalla pluviometria
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 98
stagionale; dalla praticità delle operazioni di fertilizzazione;
infine, non ultimo, da un’attenta valutazione economica.
Nel somministrare i fertilizzanti al terreno è necessario
distribuirli in corrispondenza delle aree maggiormente esplora-
te dalle radici assorbenti e, di conseguenza, al di fuori della
proiezione della chioma, evitando le zone più vicine al tronco. Il
rispetto di questo criterio non è indispensabile nel caso di
impianti a elevata densità giacché, in tal caso, i concimi sono
comunque utilizzati dagli alberi, ma è essenziale quando i filari
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Tab. 3 - Tipologia di suoli sui quali è stata condotta
una sperimentazione in olivicoltura
Comune Provincia Altitudine Tipologia del terreno
Civitella Ar 400 argilloso-sabbioso
Cerreto Guidi Fi 55 argilloso sabbioso
Cerreto Guidi Fi 118 pesante
Incisa V.A. Fi 264 pesante
San Casciano V.P. Fi 249 di medio impasto
Barberino V.E. Fi 347 ricco di scheletro
Lastra a Signa Fi 150 di medio impasto ricco di scheletro
Semproniano Gr 530 argilloso-sabbioso
Pitigliano Gr 266 limoso-sabbioso
Pitigliano Gr 306 limoso-sabbioso
Pitigliano Gr 374 limoso-sabbioso
Pitigliano Gr 266 limoso-sabbioso
Manciano Gr 255 limoso-sabbioso
Bibbona Li 75 argilloso-sabbioso
Castagneto Carducci Li 90 argilloso-sabbioso
Rosignano M.mo Li 77 argilloso-sabbioso
Suvereto Li 28 argilloso-sabbioso
Capannori Lu 270 argilloso-sabbioso
Fosdinovo Ms 300 sabbioso-limoso
Pomarance Pt 311 argilloso-sabbioso
Pescia Pt 70 argilloso-sabbioso
Larciano Pt 42 argilloso-sabbioso
Castelnuovo Berard. Si 300 medio impasto
San Gimignano Si 270 al limite della possibilità delle colture
Asciano Si 290 al limite della possibilità delle colture
Fonte: Toma, 1999.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 99
100 ARSIA
sono molto distanziati fra loro. Per alcuni fertilizzanti, quali il
superfosfato, l’efficienza del concime varia notevolmente se si
procede all’interramento; così, ad esempio, in terreni a tessitura
argilloso-limosa, a basso pH e poveri di fosforo, la procedura di
incorporare nello strato più superficiale del terreno il perfosfato
appena distribuito ne favorisce l’assorbimento.
Le macchine per la distribuzione dei fertilizzanti apparten-
gono a categorie molto diverse tra loro, soprattutto in funzione
del fatto che i concimi da distribuire possono essere solidi, liqui-
di o gassosi. Nelle macchine distributrici di concimi esiste una
vasta gamma di soluzioni tecniche adatte anche ai due tipi di
prestazioni richieste: spargimento del fertilizzante su tutta la
superficie (a spaglio) o localizzato. Aun buon spandiconcime si
richiede: di essere costruito con materiale di non facile corrosio-
ne; di essere adatto alla differente maneggevolezza dei concimi;
di essere regolabile e agevole per la pulizia, per i rifornimenti e
per la distribuzione.
3.1.1. La fertilizzazione al suolo
La fertilizzazione al suolo sarà finalizzata solo quando insi-
stono le seguenti condizioni: che gli elementi nutritivi siano
presenti nel terreno; che siano disponibili in quantità sufficien-
te per soddisfare le esigenze della coltura; infine che essi si tro-
vino in forma tale da favorire i meccanismi di assorbimento
della radice.
L’analisi chimica, che è lo strumento in grado di informare
sulla ricchezza in elementi nutritivi presenti nel terreno, di per
sé non è sufficiente a indicare quantità e modalità di nutrienti da
distribuire al suolo.
Tale affermazione risente di una serie di fattori che giocano
un ruolo di primaria importanza nei processi di fissazione,
retrogradazione6e solubilizzazione dei fertilizzanti.
Tra le diverse cause si possono segnalare: la disponibilità dei
colloidi (minerali e organici) e il loro grado di saturazione; i
valori del pH, del calcare, dell’umidità; il rapporto tra gli ioni.
Per meglio chiarire l’interazione fra terreno e fertilizzanti e
spiegare come la disponibilità degli elementi alle piante sia
subordinata a questi fenomeni, riportiamo di seguito alcuni
esempi: la presenza di calcare nel suolo favorisce la retrograda-
zione del fosfato monocalcico; un pH troppo basso facilita l’in-
solubilizzazione dei fosfati; i colloidi umici favoriscono i pro-
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 100
cessi di scambio. Così, solo sulla base di queste conoscenze
(analisi del suolo e relative interazioni), si è in grado di decide-
re correttamente le quantità di fertilizzanti (organici e minerali)
e le procedure (tecnica ed epoche) per la loro distribuzione al
terreno.
La fertilizzazione organica. È l’intervento predominante che
precede l’impianto dell’oliveto e coincide con la concimazione
di fondo.
Una volta stabilite le esigenze di sostanza organica e il pro-
dotto da utilizzare, si procede alla fertilizzazione tenendo conto
della tipologia del terreno. Il letame maturo (bovino o ovino) è
sicuramente il prodotto migliore e si somministra in dosi che
possono arrivare a 40-50 tonnellate per ettaro. Se, come spesso
avviene, non si dispone di letame, si possono apportare altri
prodotti organici (ad esempio pollina, pennone, cascami di
cuoio ecc.) con l’avvertenza di integrarli con apporti di materia-
li poveri di azoto (paglia o stocchi di mais trinciati a dosi fino a
25-35 tonnellate per ettaro). L’alternativa più efficace è il sove-
scio7di leguminose (o di altre specie) per le proprietà che hanno
di apportare al terreno una notevole quantità di materiale orga-
nico facilmente decomponibile.
Questa pratica deve essere realizzata nel periodo autunno-
invernale per evitare eventuali competizioni idriche tra gli albe-
ri e la specie erbacea (sovescio). Quest’ultima è scelta, ovvia-
mente, in base agli scopi per cui si esegue questa pratica. Un
sovescio di veccia, ad esempio, può apportare fino a 150 unità di
azoto per ettaro. Le crucifere hanno una forte capacità di assi-
milare i fosfati minerali più insolubili; sovesciando colza o sena-
pe si rendono disponibili rilevanti quantità di fosforo.
Diversi studi concordano nel dire che almeno il 50% degli
elementi nutritivi forniti da un sovescio sono rilasciati con pron-
tezza e, di conseguenza, sono subito disponibili per l’assorbi-
mento radicale, mentre la restante frazione lo sarà a distanza di
un anno (Guet, 1997).
Nei casi di limitata disponibilità idrica, una soluzione alter-
nativa alla letamazione è il sovescio parziale a file alternate o,
ancora, l’impiego di compost ricavati da materiale organico di
diversa natura (residui solidi urbani, scarti organici da lavora-
zioni industriali ecc.). Questi prodotti sono ottenuti con proces-
si standardizzati che prevedono l’accumulo del materiale orga-
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
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nico in contenitori e una serie di radicali trasformazioni (chimi-
che e fisiche) per azione fermentativa di una specifica flora
microbica.
Da diversi anni, la letteratura specializzata riporta le rispo-
ste agronomiche che seguono all’utilizzo dei compost da residui
solidi di lavorazioni industriali. In circa un mese, un compost
ottenuto da miscela di fango di cartiera e paglia raggiunge una
soddisfacente stabilità nel contenuto in azoto totale e idroliz-
zabile, nel carbonio umificato e nella presenza di batteri
ammonizzanti e proteolitici. Sono invece necessari due mesi
per ottenere la stabilizzazione di altri parametri quali: carbo-
nio organico, cellulosa, emicellulosa, lignina, fenoli, acidi
umici, azoto ammoniacale e nitrico, microrganismi nitrificanti
e cellulolitici.
Il confronto tra letame e compost non ha dimostrato differen-
ze apprezzabili nella cessione dei singoli nutrienti alle piante.
L’uso del compost in terreni con un basso contenuto di sostan-
za organica (meno dell’1%), come in quelli sottoposti a energi-
che lavorazioni, può evitare gli inconvenienti che si riscontrano
in genere quando sono interrati i residui colturali (potature,
fogliame ecc.) e/o altro materiale organico. In queste condizio-
ni, infatti, i materiali vegetali apportati tendono a disgregarsi
lentamente intralciando le operazioni colturali, determinando
inizialmente l’accumulo di sostanze tossiche per le piante e
favorendo, allo stesso tempo, lo sviluppo di microrganismi par-
ticolari che riducono le riserve di azoto nel terreno.
La fertilizzazione minerale. Per quanto riguarda la concimazio-
ne con fertilizzanti minerali, è da tener presente che il movi-
mento di questi concimi nel suolo è molto diverso. Per i fertiliz-
zanti azotati, come ad esempio i nitrati, la mobilità è stretta-
mente legata alla disponibilità idrica.
Una volta distribuiti sulla superficie del suolo, questi sali rie-
scono a penetrare nel terreno in breve tempo perché trasportati
dall’acqua piovana o di irrigazione.
Per l’azoto ammoniacale il movimento e l’utilizzazione sono
più lenti. Infatti, secondo le condizioni climatiche, il processo di
trasformazione in azoto nitrico si può svolgere in un intervallo
breve (qualche settimana), oppure lungo (qualche mese). Una
parte di azoto ammoniacale può, comunque, essere assimilata
dall’olivo in tempi brevi.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 102
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Nei climi più freddi la fertilizzazione minerale con i fertiliz-
zanti nitrici, e in particolare con il nitrato di calcio (prontamen-
te assimilabile dall’olivo), ha fornito i migliori risultati. In que-
ste aree, infatti, in primavera, quando l’olivo ha maggiori richie-
ste di azoto, i processi di nitrificazione sono ancora lenti e di
conseguenza i sali nitrici sono da preferire a quelli ammoniaca-
li. Nei climi più caldi, invece, possono essere utilizzati anche
quelli ammoniacali con buoni risultati proprio perché i processi
di nitrificazione che rendono disponibile l’azoto per la pianta
sono, con queste temperature, accelerati.
La stretta relazione tra fertilizzanti azotati e disponibilità
idriche chiarisce che, nella scelta del tipo di concime azotato da
impiegare, è necessario prendere in esame anche il regime delle
precipitazioni.
Durante i periodi dell’anno con suolo asciutto eventuali con-
cimi nitrici o ureici somministrati al terreno rimangono in
superficie e l’infiltrazione avviene solo in coincidenza delle
prime piogge. In una simile situazione agronomica, è evidente
che tali sali, prima di raggiungere le radici dell’olivo, potranno
essere assorbiti e utilizzati da altre piante presenti in superficie
(cotico erboso ecc.), oppure può accadere che i fertilizzanti giun-
gano a contatto con le zone di assorbimento radicale in epoche
della stagione meno favorevoli. La possibilità di praticare l’irri-
gazione consente, invece, di intervenire con la concimazione
azotata secondo le puntuali esigenze fisiologiche degli alberi: il
binomio acqua-azoto rappresenta, in tal senso, un valido stru-
mento per controllare efficacemente il comportamento vegetati-
vo e produttivo degli olivi (Marangoni et al., 1991).
Prima di concludere questo paragrafo, meritano una segna-
lazione i diversi tentativi compiuti dai ricercatori per proporre
l’impiego dei reflui della frangitura come integrazione al suolo
di nutrienti (organici e minerali) e di acqua.
Tale materiale, che rappresenta circa il 50% del frutto, è carat-
terizzato da un pH che varia tra 4,5 e 5,2 e può apportare, a
seconda del sistema di estrazione, valori di sostanza organica di
105 kg/m3(sistema tradizionale) o di 26 kg/m3(sistema conti-
nuo a tre fasi) e di macro e micro elementi (azoto, potassio, cal-
cio, magnesio, fosforo, sodio e ferro) in varie concentrazioni
(Garcia-Ortiz et al., 1995).
Motivi diversi, non ultimi quelli legati all’inquinamento e al
riscontro che, dopo alcuni anni di applicazione, il suolo a circa
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60 cm di profondità evidenziava valori elevati di salinità, hanno
consigliato una blanda applicazione di tale refluo organico solo
nel settore della fertilizzazione del mais e del girasole.
Più di recente, in Grecia, è stato dimostrato che le acque di
vegetazione bio-processate possono sostituire validamente la
fertirrigazione tradizionale all’oliveto (Chatjipavlidis et al., 1997).
Il bio-processamento di queste acque, realizzato dal cianobatte-
rio azotofissatore (Azotobacter vinelandii), è necessario per il loro
arricchimento in azoto e per renderle un “liquido biologico” ad
alto potere fertilizzante.
La prova, condotta a Messina (Grecia), è stata strutturata in
modo da confrontare il risultato produttivo di quattro parcelle
di uno stesso oliveto tra un trattamento con acque bio-fertiliz-
zate e uno con la tradizionale fertilizzazione chimica.
La tab. 4, che riunisce i risultati dell’esperimento, ha dimo-
strato che la produzione media di olivi della varietà Mavrelia,
dopo quattro anni, si è collocata su livelli molto simili e, di con-
seguenza, che l’applicazione di acque reflue bio-processate
(arricchite di azoto da cianobatteri) è in grado di sostituire, per
un certo numero di anni, la tradizionale fertilizzazione inorga-
nica senza alterare la produttività degli impianti olivicoli.
Prima di concludere la fertilizzazione minerale, si segnala
l’unico studio che ha dimostrato la possibilità di integrare, alla
concimazione minerale tradizionale, lo zolfo per abbassare il pH
del terreno (Guerrero Garcia et al., 1975).
Tab. 4 - Confronto della produzione in oliveto sperimentale trattato
con acque di vegetazione e con fertilizzanti inorganici
Ripetizioni Produzione (kg/pianta)
Bio-fertilizzazione Fertilizzazione inorganica
A 81,7 108,0
B 86,3 77,5
C 92,1 89,0
D 78,0 72,7
Produzione media 84,5 86,8
Deviazione standard ± 6,1 ± 15,7
Fonte: Chatjipavlidis et al., 1997.
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105
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
3.1.2. La concimazione alla pianta (fogliare)
È la tecnica che, sfruttando la capacità delle foglie di assorbi-
re rapidamente sia micro, sia macro elementi, consente la distri-
buzione diretta di fertilizzanti (organici e minerali) alla pianta
attraverso la parte epigea. Rispetto agli organi già lignificati le
foglie hanno, infatti, una maggiore capacità d’assorbimento e
tale meccanismo è sempre più accentuato nelle foglie giovani
rispetto a quelle adulte.
Per quanto riguarda l’accesso dei nutrienti all’interno del
lembo fogliare, è stato dimostrato che nell’olivo i fertilizzanti
sono assorbiti in modo accentuato nelle primissime ore che
seguono l’applicazione e che il fenomeno si mantiene costante,
ma con intensità inferiore, per tutte le 24-48 ore successive;
inoltre, è stato verificato che l’assorbimento avviene in preva-
lenza, e con maggiore intensità, dalla pagina inferiore, mentre
è più limitato attraverso la cuticola che protegge la pagina
superiore.
L’assorbimento fogliare è, tuttavia, condizionato da altri fat-
tori quali: le condizioni ambientali al momento della sommini-
strazione (illuminazione intensa e aria sufficientemente umida
favoriscono l’assorbimento); la natura e le dosi degli elementi
nutritivi (manganese, boro, azoto, fosforo, potassio ecc.) e l’e-
ventuale aggiunta di sostanze ipotensive ai fertilizzanti.
La concimazione fogliare, tradizionalmente utilizzata per
correggere in tempi brevi squilibri nutrizionali delle piante, non
può sostituire la concimazione annuale al terreno che, comun-
que, va realizzata nei tempi e con modalità opportune.
Esperienze diverse hanno, infatti, dimostrato che l’efficacia
della concimazione fogliare è superiore quando le piante si tro-
vano già in “buone” condizioni nutritive. Se è applicata corret-
tamente e con tempestività, tale tecnica permette di ridurre le
quantità di fertilizzanti da somministrare al terreno e di agire, in
modo tempestivo e mirato, sui processi biologici della crescita e
della produzione dell’olivo. Difatti, l’arricchimento dei nutrien-
ti dalle foglie è in grado di creare nella pianta una situazione di
equilibrium tra attività vegetativa e riproduttiva, di controllare
così la competizione nutritiva che si instaura tra sink8diversi e
infine di creare le premesse per ridurre il fenomeno dell’alter-
nanza di produzione. Questa competizione, segnalata già da
tempo in frutticoltura (Cook et al., 1978; Faust, 1979a; 1979b; 1980;
Giulivo et al., 1975; Weaver et al., 1985), nell’olivo si realizza in
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106 ARSIA
tempi e modi molto complessi (Tombesi et al., 1980; Cimato et al.,
1985; Klein et al., 1984; Rallo et al., 1985).
Nelle prime fasi di crescita, quando la morfogenesi della
pianta è sostenuta dalle sostanze di riserva e i germogli rappre-
sentano sink metabolici più forti, la ripartizione degli assimilati
è regolata dal gradiente di concentrazione; in un secondo
tempo, subito dopo l’allegagione, tra germogli e giovani frutti si
stabilisce una competizione per gli elaborati fotosintetici e per i
nutrienti, competizione che determina la persistenza sulla pian-
ta solo delle drupe in grado di competere con i germogli
(Tombesi et al., 1980; Paz Suarez et al., 1984; Marangoni et al., 1999)
la cui crescita risulta, comunque, condizionata dai frutti presen-
ti sul ramo. Un’ultima competizione si realizza, ancora, tra gli
stessi frutti presenti sul ramo: il risultato finale si concretizza
con la permanenza sulla pianta solo delle olive con il più eleva-
to potenziale di crescita (Rallo et al., 1985).
La ricca letteratura specializzata riporta che l’azoto è un ele-
mento più pronto a essere assorbito per via fogliare rispetto al
fosforo e questo, a sua volta, più del potassio (Fiorino et al., 1973;
Fiume et al., 1975; Perika et al., 1994; Garcia, 1995; Tan, 1997; Tombe-
si, 2000); che tra i diversi composti azotati, l’urea è il concime più
rapidamente assimilato (Hartmann, 1958; Hartmann et al., 1966);
mentre, tra i fosfati, l’acido ortofosforico viene assorbito più
velocemente del fosfato monoammonico e questo, a sua volta,
più del fosfato di magnesio; e, infine, che la più alta disponibi-
lità di azoto, assorbito per via fogliare, si traduce con una mag-
giore mobilità del potassio all’interno della pianta (Marzi, 1998).
Ma occorre risalire alle ricerche di Klein e Weinbaum (1984;
1985) per comprendere che l’urea fogliare è l’ideale carrier9per
fornire azoto, o altri elementi, all’olivo. I due ricercatori hanno
dimostrato, inoltre, che l’azoto ureico, una volta assorbito per
via fogliare, subisce un’intensa traslocazione verso le infiore-
scenze prima e verso i frutti più giovani poi per rispondere alle
loro richieste di intenso accrescimento cellulare.
La risposta produttiva dell’olivo a trattamenti fogliari con
urea è stata verificata in Toscana da ricerche condotte in provin-
cia di Firenze (Cimato et al., 1989; 1991; 1993; 1994).
Somministrazioni (urea all’1,5%) da fine aprile a metà mag-
gio, sospese durante la fioritura e riprese ad allegagione avve-
nuta, con tre interventi durante il periodo estivo (ogni 2-3 setti-
mane), sono state in grado di modificare la ripartizione degli
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107
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Fig. 1 - Effetti della concimazione fogliare con urea (1,5%) sulla crescita
dei germogli in olivi cv Frantoio e Moraiolo (Cimato et al., 1994)
assimilati nei tessuti e di favorire la crescita dei germogli (fig. 1)
e l’allegagione dei fiori (fig. 2) in piante di Frantoio e Moraiolo.
La prima risposta (fig. 1) è stata misurata con allungamenti
medi superiori della vegetazione, rispetto alle piante controllo,
del 23% nel Frantoio e del 34% nel Moraiolo; la seconda (fig. 2),
con un netto miglioramento dell’allegagione e quindi della pro-
duzione. Nelle piante di Frantoio è stata accertata una variazio-
ne di allegagione (dal 4,26% nelle piante di controllo al 5,38% in
quelle trattate) con incrementi medi del 26%; nel Moraiolo l’in-
cremento percentuale è stato maggiore (valori del 2,72% contro
l’1,84% misurato nelle piante controllo).
3.2. La concimazione dell’oliveto
La concimazione dell’oliveto può essere schematizzata in tre
momenti diversi della vita delle piante: quando precede la
messa a dimora degli olivi appena ritirati dal vivaio (concima-
zione di fondo o d’impianto); durante i primi tre-quattro anni
che gli alberi dedicano alla crescita e alla formazione della chio-
ma (concimazione di allevamento); e, finalmente, quando l’im-
pianto inizia, prima con produzioni annualmente crescenti e
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successivamente con produzioni costanti, la fase che si può con-
siderare a regime (concimazione di produzione).
Di seguito, questa forma schematica della concimazione del-
l’oliveto sarà mantenuta solo per rendere più efficaci le infor-
mazioni. Così spetterà al tecnico, caso per caso, situazione per
situazione, anno per anno, valutare il contributo riportato e
decidere sulle scelte operative.
3.2.1. Concimazione di impianto (o di fondo)
L’intervento agronomico ha lo scopo di rendere disponibile
una riserva di elementi fertilizzanti per il futuro apparato radi-
cale dell’olivo.
La somministrazione del concime (40-50 tonnellate per etta-
ro di letame o altro composto organico) si effettua nel periodo
primaverile e su terreno sodo; successivamente, il materiale
apportato sarà interrato o con aratura profonda (scasso) o con
lavorazioni più superficiali seguite da rippature.
Il letame maturo (ovino o bovino) rappresenta ancora la
miglior riserva di nutrienti per la coltura e il miglior concime a
lenta cessione (cap. 3, p. 100). In sostituzione si possono utilizzare
altri prodotti organici (ad esempio pollina, compost, farine ecc.)
108 ARSIA
Fig. 2 - Entità dell’allegagione in piante Frantoio e Moraiolo controllo e
trattate con urea (1,5%) fogliare (Cimato et al., 1994)
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109
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
con l’avvertenza di integrarli con apporti di materiali poveri di
azoto o, in modo più efficace, con il sovescio (interramento in
aprile-maggio) di leguminose o di altre specie erbacee.
Da qualche anno, in olivicoltura è consentito utilizzare anche
i sottoprodotti della lavorazione delle olive nel frantoio. La
Legge 574/1996 prevede, infatti, l’utilizzo agronomico delle
acque di vegetazione e delle sanse umide attraverso lo spandi-
mento controllato sui terreni a uso agricolo.
Considerate le oggettive difficoltà di alcuni ioni (fosforici e
potassici) di raggiungere gli strati più profondi del terreno
(Arambarri et al., 1974), è raccomandabile, in questa fase, inte-
grare alla concimazione organica fertilizzanti in grado di forni-
re, nel tempo, nutrienti fosfatici (0,4-0,6 t di perfosfato minerale:
18-20%) e potassici (0,5-0,6 t di solfato potassico: 50-52). Queste
ultime integrazioni, per le quantità, andranno, in ogni caso,
decise sulla base dell’analisi fisico-chimica del terreno. In gene-
re con il potassio è consigliabile distribuire magnesio in rappor-
to K/Mg=3/1.
3.2.2. Concimazione di allevamento
L’intervento, programmabile nei primi tre-quattro anni dopo
l’impianto, mira essenzialmente ad accelerare la formazione
dell’apparato radicale del giovane olivo assecondandone l’ele-
vata crescita.
Le dosi di fertilizzante devono essere correlate all’età della
pianta, alla dimensione che negli anni essa raggiunge e, ovvia-
mente, debbono tenere conto del progressivo sviluppo sotterraneo
della radice (maggiore in terreni di medio impasto e limitato in ter-
reni pesanti-argillosi); quindi, sono da evitare i tentativi di fornire,
ai giovani olivi, dosi eccessive e/o non raggiungibili dalle radici.
Nell’olivo la richiesta di azoto è predominante e ciò vale
soprattutto per le piante giovani. Nei primi tre anni sono suffi-
cienti 100-200 g di azoto per pianta e per anno, frazionate in due
somministrazioni a partire dalla ripresa vegetativa e fino al ter-
mine del periodo primaverile. Per i formulati le scelte ricadono
su urea, nitrato di calcio e nitrato potassico.
3.2.3. Concimazione di produzione
L’intervento al terreno coincide con il momento in cui la
pianta ha completato la prima fase di sviluppo vegetativo e ini-
zia a fruttificare in modo significativo.
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Per quanto riguarda la concimazione azotata, questa sommi-
nistrazione può essere frazionata in due momenti dell’anno:
due terzi poco prima della ripresa vegetativa (febbraio-marzo)
e, la parte restante, prima della fioritura (maggio-giugno).
Nel caso in cui la mignolatura risultasse scarsa, è buona
norma evitare la seconda somministrazione per non favorire
eccessivamente lo sviluppo vegetativo dell’albero con formazio-
ne di rami sterili al pedale (polloni) o sulle branche (succhioni).
La proposta di dividere la somministrazione dei concimi
azotati in due periodi è valida negli impianti dov’è previsto un
soccorso irriguo (per la Toscana generalmente queste realtà sono
la minoranza). Per le altre situazioni è preferibile somministrare
i concimi azotati nel periodo in cui si prevede una buona piovo-
sità (fine inverno-inizio primavera).
Definire le quantità di concimazione da somministrare nella
fase in cui l’impianto è in piena produzione è alquanto difficile.
In primo luogo, perché si dovrebbe indicizzare o mediare
una situazione olivicola che per definizione in Toscana è molto
eterogenea; secondariamente, perché si deve tener conto delle
diverse climatologie che incidono su questo territorio (piogge e
temperature minime e massime) e sulla risposta agronomica dei
fertilizzanti; infine perché l’apporto annuale dei concimi non
sarà mai “fisso”, ma dovrà anche seguire il trend produttivo del-
l’impianto (annate di carica e scarica, produttività media annua-
le ecc.).
Tuttavia, proveremo a fornire indicazioni generiche “di meri-
to”, partendo da esperienze e/o da quanto la letteratura stessa
riporta.
Intanto, la concimazione azotata di produzione varia da 250
a 300 g per olivo in impianti adulti, tradizionali e con sesti ampi
(200-250 piante per ettaro); mentre, qualora si trattasse di olive-
ti giovani e “moderni”, razionali e produttivi (per la Toscana 4-
5 tonnellate di frutti per ettaro sono da considerarsi produzioni
elevate), la dose proposta può raggiungere 400-500 g di azoto a
pianta.
Per fosforo e potassio, trattandosi di elementi fissati dal ter-
reno, è evidente che la valutazione dovrà considerare che i loro
effetti fertilizzanti saranno tanto maggiori quanto più questi
nutrienti saranno somministrati e incorporati (lavorazione
profonda 20-30 cm) in un terreno ricco di sostanza organica.
Pertanto, anche se nella consuetudine la concimazione fosfo-
110 ARSIA
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potassica è ancora affidata, essenzialmente, agli apporti sommi-
nistrati prima dello scasso del terreno, è buona norma, ad anni
alterni oppure ogni due-tre anni, provvedere a introdurre fosfo-
ro e potassio attraverso concimi complessi.
Nella formulazione 0,4-0,5 t/ha di concime ternario (NPK
8:24:24) si potrebbe integrare azoto ureico (0,25 t/ha).
Il primo da somministrare e interrare dopo la raccolta delle
olive (inverno); il secondo (urea) in pre-mignolatura. Ovvia-
mente, la scelta del complesso (8:24:24; 15:18:12 ecc.) e della
forma azotata (nitrato di ammonio, nitrato potassico ecc.) sono,
in ogni caso, decisioni che nascono da esperienze dirette.
Negli oliveti toscani fenomeni di carenza da microelementi
(boro e magnesio) sono rari. Tuttavia, qualora emergessero
situazioni particolari, per il boro è possibile intervenire con
somministrazioni di borato sodico (200-300 g/pianta) da ese-
guirsi verso la fine dell’inverno (Delgado et al., 1994) interrando
il concime sottochioma a 10-15 cm di profondità, oppure per via
fogliare.
Il magnesio è, generalmente, somministrato alla pianta per
via fogliare come solfato di magnesio. Infine, la scarsità di ferro,
tipica dei terreni molto calcarei (questa situazione è frequente
nelle zone olivicole a nord dell’Andalusia), si può correggere
mediante l’uso di chelati o d’iniezioni di solfato di ferro diretta-
mente sul tronco (Fernandez Escobar et al., 1993).
Prima di concludere, occorre segnalare che, in merito alla fer-
tilizzazione minerale, di recente la Regione Toscana ha fissato,
nel Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006, i quantitativi massimi di
elementi fertilizzanti da apportare annualmente al terreno. Per
la concimazione azotata sono ammessi 0,5 kg per pianta di
azoto, fino a un massimo di 100 kg/ha; per quella fosfo-potassi-
ca (P2O5e K2O) le dosi annuali sono di 50 kg/ha o 250 kg/ha per
cinque anni.
I concimi organici possono essere distribuiti da soli o a inte-
grazione di concimi di sintesi; in entrambi i casi devono essere
rispettate le dosi massime consentite per l’azoto. Inoltre, è
ammesso l’uso dei reflui secondo la normativa vigente.
111
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 111
Note
1Vegetazione di piante erbacee, spontanee o seminate, che coprono le zone di
terreno inter e tra i filari dei fruttiferi.
2Polimeri associati a una piccola quantità di proteina che svolgono la funzio-
ne di “cemento” per le microfibrille che conferiscono robustezza e rigidità alla
parete cellulare.
3Abscissione delle foglie.
4Acidi umici e fulvici: composti organici di origine naturale presenti nel ter-
reno e in altri materiali organici. Sono frutto di una lenta trasformazione della
materia organica ed hanno importanti funzioni agronomiche.
5Sostanza che modifica le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e mec-
caniche di un terreno, migliorandone l’abitabilità per le specie coltivate.
6Passaggio da composto solubile a composto insolubile.
7Pratica agronomica che consiste nella coltivazione di specie erbacee le quali,
una volta raggiunto un determinato sviluppo vegetativo, sono interrate con lo
scopo di apportare sostanze organiche al terreno.
8Centro metabolico a elevata attività riproduttiva (gemme, fiori, frutti appe-
na formati ecc.).
9Molecola di natura diversa, facilmente assorbibile dalla pianta e in grado di
trasportare all’interno uno o più elementi.
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WEAVER R.J., JOHNSON J.O. (1985) – III Ed. Encyclopedia of Plant Physiology, vol.
11 Springer-Verlag, Berlin-Heidelberg.
114 ARSIA
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IV. Fertilizzazione e produzione
Esaminato nel capitolo precedente il rapporto che lega la fer-
tilizzazione all’efficienza produttiva dell’olivo, di seguito sono
introdotti due argomenti particolarmente attuali: il primo
riguarda la maggiore attenzione del mondo agricolo verso l’a-
groecosistema1e di conseguenza le proposte per realizzare una
olivicoltura biologica; il secondo valuta la relazione che inter-
corre tra fertilizzazione all’impianto e caratteristiche qualitative
dell’olio prodotto.
1. Fertilizzazione nell’impianto biologico
L’agricoltura biologica è un metodo di produzione che
impiega insetti utili o prodotti di origine minerale e vegetale per
la difesa dai parassiti; che non utilizza sostanze chimiche di sin-
tesi per la fertilizzazione; che sostituisce le varietà sensibili a
situazioni agronomiche difficili con altre più tolleranti; che
rispetta l’ecologia e la biodiversità. Inoltre, garantisce tutte le
forme di vita degli organismi utili; diversifica le tecniche tradi-
zionali per conservare e migliorare le caratteristiche del suolo e
gestisce l’oliveto con sistemi colturali che preservano la fertilità
del terreno.
Il metodo di produzione dell’agricoltura biologica è definito
dal Regolamento CE (2092/91 e successive modifiche) che stabilisce
quali prodotti utilizzare per la difesa e per la concimazione, il
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116 ARSIA
regime di importazione di materie prime da paesi terzi, le pro-
cedure di vendita, di etichettatura e di controllo dei prodotti
immessi sul mercato da parte di organismi autorizzati.
1.1. La fertilità nell’olivicoltura biologica
Obiettivo prioritario delle aziende olivicole condotte con il
metodo biologico è di migliorare le caratteristiche del terreno
sotto l’aspetto fisico, chimico e microbiologico utilizzando, in
modo sinergico, tutti i fattori agronomici senza l’apporto di con-
cimi chimici di sintesi che possono alterare l’equilibrio degli
organismi presenti nel terreno.
Per assicurare alla coltura la presenza degli elementi nutriti-
vi necessari al metabolismo della pianta, la fertilità naturale e
l’attività biologica del suolo sono conservate e aumentate attra-
verso sistemi colturali sostenibili che combinano tecniche di fer-
tilizzazione con materiale organico di origine vegetale o anima-
le (sovescio, compost, letamazione, copertura vegetale, paccia-
matura2) e lavorazioni al terreno, superficiali e ridotte nel nume-
ro, non aggressive per l’ambiente.
Nell’olivicoltura biologica il miglioramento della fertilità si
può realizzare con il sovescio totale o parziale: nel primo caso si
interra una pianta erbacea che è stata coltivata per questo obiet-
tivo; nel secondo si interrano, invece, i residui di piante coltiva-
te per realizzare altri tipi di produzioni. In entrambi i casi si
apporta al terreno una massa verde, facilmente aggredibile dai
microrganismi, con conseguente miglioramento delle caratteri-
stiche chimico-fisiche e arricchimento di materia organica e di
sostanze nutritive.
Nella tab. 1 sono riportate le quantità medie in elementi
nutritivi e biomassa apportati al terreno con un sovescio. I valo-
ri sono diversi perché legati alla specie scelta e alle condizioni
agronomiche del terreno.
Tra le leguminose, le specie più indicate per i sovesci nell’o-
liveto sono lupino, favino, veccia e trifoglio, da soli o in miscu-
glio con senape, avena e orzo.
Negli oliveti con eccessiva pendenza non è possibile interve-
nire con lavorazioni meccaniche; la pratica del sovescio è realiz-
zata con inerbimento controllato che prevede sfalci periodici
dell’erba (cap. 1, p. 21).
Le lavorazioni debbono essere eseguite utilizzando mezzi e
modalità che limitino gli effetti degradativi della struttura del
terreno: le lavorazioni profonde sono dannose perché traspor-
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
tano in superficie una parte degli orizzonti più poveri, rallen-
tano i processi di umificazione, costipano il terreno, modifica-
no la struttura e, conseguentemente, aumentano i fenomeni di
erosione.
Negli ambienti caratterizzati da clima caldo-arido, quindi
con precipitazioni insufficienti e mal distribuite, per arricchire il
suolo degli impianti con materia organica sono adottate tecni-
che riconducibili all’aridocoltura3.
Nello specifico, l’obiettivo è di immagazzinare la limitata
pioggia sfruttando al meglio la poca acqua disponibile ed evi-
tando o riducendo le perdite per evaporazione. Nel corso del
ciclo colturale si può programmare una ripuntatura autunno-
vernina per favorire l’infiltrazione dell’acqua piovana, e succes-
sive lavorazioni superficiali (primaverili-estive) per contenere lo
sviluppo delle infestanti e ridurre l’entità dei fenomeni di eva-
potraspirazione.
Nell’olivicoltura irrigua è possibile attuare la non lavorazio-
ne. Adottando tale tecnica le radici degli alberi si sviluppano
nello strato più superficiale dove trovano maggiore disponibi-
lità di aria, acqua e di residui organici che garantiscono una più
intensa attività microbica nel terreno.
1.2. La fertilizzazione dell’oliveto biologico
Anche se in termini meno esasperati che negli altri modelli
agricoli, nel processo biologico la produzione resta sempre un
obiettivo da raggiungere.
Le modalità con le quali i fertilizzanti organici sono scelti e
utilizzati dipendono principalmente dalla funzione che essi
Tab. 1 - Biomassa di alcune colture erbacee da sovescio
e relativi apporti di azoto al terreno
Colture da sovescio Biomassa verde (t/ha) Azoto (kg/ha)
Favino 3-9 90-240
Veccia 10,2 90-111
Pisello 6 174-219
Trifoglio alessandrino 0,5-5 56-156
Trifoglio incarnato 3-7 64
Erba medica 10 78-222
Lupino 2,36 94
Fonte: sito Internet del MiPAF www.sinab.it.
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dovranno svolgere una volta apportati al terreno. Se lo scopo è
quello di migliorare le caratteristiche fisico-meccaniche del
suolo, l’intervento di fertilizzazione sarà realizzato con ammen-
dante e concretizzato con l’apporto di quantità adeguate di
materiale organico.
Quando, al contrario, si vogliono sfruttare direttamente le
proprietà nutritive della sostanza organica, l’intervento sarà di
natura concimante ed effettuato con fertilizzanti organici a ele-
vata concentrazione di elementi nutritivi.
Diversa ancora è la scelta quando l’obiettivo della fertilizza-
zione è di ottenere il massimo rendimento da quelle che sono le
proprietà fisiologiche della sostanza organica. In questo caso la
concimazione avverrà in specifici momenti della stagione o
delle fasi colturali e con apporti periodici ma limitati nelle
quantità.
Talvolta, anche quando la coltivazione avviene con metodo
biologico, può essere indispensabile ricorrere ai fertilizzanti
ausiliari, vale a dire a prodotti che non derivano direttamente
dal sistema agroecologico ma da altri non direttamente e/o fun-
zionalmente collegati a questo.
In agricoltura biologica, in ogni caso, il Regolamento
Comunitario 2092/91 dispone che sia ammesso esclusivamente
l’impiego di fertilizzanti riportati in uno specifico elenco, preci-
sando però che essi possono essere usati solo se l’impiego è
autorizzato in agricoltura generale nei singoli stati membri.
L’elenco di tali prodotti non è sempre facile a capirsi perché,
oltre a includere prodotti non ammessi dalla normativa italiana
sui fertilizzanti, come le deiezioni di insetti o il cloruro di sodio,
esso riporta spesso denominazioni diverse sia da quelle impie-
gate dalla normativa italiana che da quella comunitaria sui ferti-
lizzanti. Tale disomogeneità, sebbene a volte sia solo formale,
crea non pochi problemi agli agricoltori biologici e agli stessi
organismi di controllo.
Per coordinare il regolamento comunitario, la Direzione
Generale delle Politiche Agricole e Agroindustriali del MiPAF
(Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) ha emesso, in
data 13 settembre 1999, la Circolare n. 8 (Gazzetta Ufficiale del 3
novembre 1999) che fornisce l’elenco dei fertilizzanti (tab. 2) e dei
correttivi (tab. 3) ammessi in agricoltura biologica, corredati
dalle norme di conformità obbligatorie che debbono essere
riportate sulle confezioni.
118 ARSIA
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
Tab. 2 - Principali caratteristiche dei fertilizzanti (valori in %)
ammessi in agricoltura biologica
Prodotto N tot. N org. P2O5K2O C org. S.O. C/N
Borlanda essiccata 3 6 20
Borlanda fluida 1,5 4 10
Pannelli di semi oleosi 3
Residui di fungaie 25-30 25-50
Rifiuti domestici 20 30
trasformati in compost
Farina di sangue 9
Cornunghia naturale 9
Cornunghia torrefatta 9
Farina d’ossa 2 18
Farina d’ossa degelatinate 1 15
Ruffetto d’ossa 3 12
Farina di pesce 5 3
Farina di carne (carniccio) 4
Residui di macellazione 3 2 10
idrolizzati
Ammendante animale 1 40
idrolizzato
Pennone 10
Cascami di lana 8
Pelli e crini 5
Cuoio torrefatto 8
Cuoio e pelli idrolizzati 10 4
Letame 30 50
Letame essiccato 3 2 25
Pollina essiccata 2 2
Letame suino essiccato 2,5 2 30 12
Vermicompost, 1,5 40 20
deiezioni di insetti
Guano 3 3
Scorie di defosforazione 12
Fosfato naturale tenero 25
Fosfato naturale calcico 30
Sale grezzo di potassio 18
Solfato di K 22
contente sale di Mg
Kieserite 6
con solfato di potassio
Fonte: Gazzetta Ufficiale 3/11/1999, tratta dal sito Internet del MiPAF www.sinab.it.
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120 ARSIA
Tab. 3 - Caratteristiche di correttivi e di altri concimi (valori in %)
ammessi in agricoltura biologica
Prodotto MgO Cl CaO SO3CaO+MgO
Correttivo calcareo 35
Marna 25
Sospensione di calcare 20
Correttivo calcico solfo-magnesiaco 8 30 12
Correttivo calcareo-magnesiaco 8 35
Dolomite 17 40
Solfato di magnesio 15 28
Kieserite 24 45
Solfato di magnesio per uso agricolo 15 30
Soluzione di cloruro di calcio 12
Solfato di calcio (gesso) 25 35
Calce di defecazione 20
Sale grezzo di potassio 5
Solfato di K contenente sale di Mg 8 3
Kieserite con solfato di potassio 8 3
Fonte: sito Internet del MiPAF www.sinab.it.
Nell’etichettatura le indicazioni debbono riportare la compo-
sizione, le matrici organiche e minerali utilizzate per il formula-
to, la dimensione della confezione e la seguente dicitura:
“Consentito in Agricoltura Biologica ai sensi della Circolare
MiPAF n. 8 del 13 settembre 1999”.
Fra i fertilizzanti organici quello più utilizzato, perché com-
pleto, è il letame che, com’è noto, oltre all’apporto nutrizionale,
svolge azione ammendante e correttiva sulle caratteristiche del
suolo. La legge prevede (art. 6, prg. 4 del Reg. CE 2328/91 e suc-
cessiva modifica 3669/93) che il letame debba provenire unica-
mente da allevamenti estensivi.
Una tonnellata di letame bovino (cap. 3, p. 89) fornisce media-
mente al terreno 4 kg di azoto, 2 kg di fosforo e 5 kg di potassio.
Considerate le perdite dovute a fenomeni di ossidazione della
matrice organica e a probabili azioni di dilavamento, è prevedi-
bile che un buon rapporto fra questo concime organico e la pro-
duzione media di un oliveto sia di uno a dieci; per cui, oltre alla
produzione di base, permessa dai contributi organici dell’iner-
bimento controllato e del materiale ottenuto dalla triturazione
dei residui di potatura (complessivamente pari a circa 1,5 t/ha),
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
per incrementare la produzione di una ulteriore tonnellata di
olive, saranno necessari 10 tonnellate di letame bovino, ossia 20-
25 tonnellate di letame maturo.
Nella programmazione della concimazione organica annua-
le occorre prevedere anche i tempi necessari alla mineralizza-
zione che, nelle condizioni medie, sono calcolabili in almeno tre
mesi. Seguendo la successione della richiesta dell’olivo per i
nutrienti azotati, periodo che coincide con l’inizio dello svilup-
po vegetativo e dell’apertura delle gemme fiorifere (mignolatu-
ra), il letame deve essere distribuito nei mesi invernali (dicem-
bre-gennaio) e non prima, per evitare perdite per dilavamento.
Viceversa, se invece il letame è già un compost, sarà meglio
distribuirlo nel mese di marzo. Subito dopo lo spargimento è
conveniente fare seguire a questa operazione un intervento di
erpicatura per favorire il riscaldamento del terreno e la minera-
lizzazione della sostanza organica.
In commercio esiste un’ampia disponibilità di materiale
organico che, se è arricchito, è in grado di sostituire il letame. La
pollina, da sola o lavorata (in compost, essiccata e pellettata), è
un buon fertilizzante, considerato che gli elementi apportati, per
ogni tonnellata di prodotto, sono 15 kg di azoto, 15 kg di fosfo-
ro e 10 kg di potassio e che la sua distribuzione è piuttosto sem-
plice anche negli oliveti impervi.
Dal momento che obiettivo dell’olivicoltura biologica è
anche ridurre gli input da materiali esterni all’azienda, valoriz-
zando così le risorse interne, di frequente per contribuire alla
fertilizzazione organica al terreno sono utilizzati i residui del
materiale di potatura, la sansa vergine e le acque di vegetazione
(Legge 574/1996).
Il materiale di potatura di solito è interrato su tutta la super-
ficie dell’oliveto in coincidenza con la semina delle piante da
sovescio; per le sanse e per il materiale residuo dei processi di
trasformazione delle olive, l’utilizzazione è concessa solo nel
rispetto della legislazione.
Prima di concludere, occorre affermare che nell’olivicoltura
biologica sono impiegabili anche particolari concimi fogliari.
Anche per questi prodotti valgono le norme finora indicate; per i
tempi di somministrazione e per una rilettura della problematica
si rimanda al paragrafo specifico (§ 3.1.2, p. 105) del terzo capitolo.
Di seguito, nella fig. 1 sono riportate le descrizioni di due
concimi (organico arricchito da microelementi e polivalente
fogliare) consentiti in agricoltura biologica.
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122 ARSIA
Fig. 1a-b - Caratteristiche obbligatorie per la descrizione di concimi
consentiti in agricoltura biologica (ai sensi della Circolare MiPAF n. 8
del 13 settembre 1999). Sono riportati esempi di concime organico
arricchito da microelementi (a) e di concime polivalente fogliare (b)
Concime a base di microelementi - Borato di sodio
Composizione Boro (B) solubile in acqua 21%
Componenti Ottoborato di sodio tetraidrato
Formulazione Microprills
Confezione 5 kg
Concime organico azotato fluido
Epitelio animale idrolizzato fluido con microelementi
Composizione Azoto (N) totale 8%
di cui: Azoto (N) organico solubile in acqua 8%
Carbonio (C) organico di origine biologica 23,5%
Boro (B) solubile in acqua 0,04%
Ferro (Fe) solubile in acqua 0,12%
Manganese (Mn) solubile in acqua 0,12%
Zinco (Zn) solubile in acqua 0,05%
Componenti Matrice organica di partenza: Epitelio animale idrolizzato
Formulazione Liquida
Confezione 1 kg e 6 kg
2. Fertilizzazione e caratteristiche dell’olio
Non è possibile stabilire con assoluta certezza una relazione
diretta tra apporti nutritivi al terreno e qualità dell’olio. L’unica
ricerca che riferisce su tale relazione è stata condotta in Spagna
(Uceda Oieda et al., 1985) ed ha permesso di evidenziare una cor-
relazione positiva tra concimazioni azotate al terreno e aumen-
to dei contenuti di acido oleico e acido stearico negli oli; di con-
tro, livelli ridotti di azoto causerebbero un aumento consistente
dei livelli di acido palmitico e acido linoleico. Sempre secondo
Uceda, le concimazioni potassiche e fosfatiche sono in grado di
incrementare solo il tenore dell’acido palmitico.
Esperienze più recenti hanno, invece, potuto verificare l’a-
zione della somministrazione di azoto (urea 1,5%) per via foglia-
a)
b)
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LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
re sulle caratteristiche dell’olio (Cimato et al., 1994). L’appli-
cazione di questo fertilizzante in periodi primaverili non ha
modificato la composizione acidica negli oli monovarietali delle
cultivar Frantoio e Moraiolo, mentre è stata verificata una
importante variazione nei valori totali in polifenoli e tocoferoli
(Figg. 2a e 2b).
Fig. 2a - Contenuti di polifenoli totali (mg/kg) in oli monovarietali
di Frantoio e Moraiolo. Confronto tra campioni ottenuti da piante
controllo e trattate con urea (1,5%) fogliare (Cimato et al., 1999)
Fig. 2b - Contenuti di tocoferoli totali (mg/kg) in oli monovarietali
di Frantoio e Moraiolo. Confronto tra campioni ottenuti da piante
controllo e trattate con urea (1,5%) fogliare (Cimato et al., 1999)
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124 ARSIA
Tale risultato, confermato anche quando la raccolta delle
olive è stata rinviata a dicembre, è attribuibile al più lento meta-
bolismo della maturazione dei frutti nelle piante trattate con
urea, fenomeno che è conseguenza della maggiore attività vege-
tativa mostrata dagli olivi in seguito al trattamento fogliare
(Cimato et al., 1999).
Questi risultati, se confermati, consentirebbero di raccogliere
le olive in epoca della stagione più tardiva offrendo, al tempo
stesso, due vantaggi: la resa più elevata dei frutti alla frangitura
e il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e nutrizio-
nali dell’olio.
Note
1Ecosistema agricolo che l’uomo sottopone a frequenti modifiche nelle com-
ponenti abiotiche e biotiche.
2Tecnica con la quale si ricopre il terreno di materiale vario (paglia, materie
plastiche ecc.) che garantisce all’apparato radicale della specie coltivata di svi-
lupparsi, ma che limita la crescita delle erbe spontanee.
3Pratica agronomica applicabile in ambienti dove scarseggiano gli apporti
idrici naturali che mira a ottimizzare il rendimento produttivo dell’impianto
senza l’ausilio di interventi irrigui.
Bibliografia
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Biodinamica, www.labuonaterra.it.
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che. Ed. Regione Toscana, CNR, ARSIA, pp. 1-93.
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Ed. Mundi-Prensa, pp. 541-564.
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 124
La diversità agronomica e colturale dell’olivicoltura toscana
non permette di concludere il testo con l’attesa formula di conci-
mazione che assecondi le esigenze degli imprenditori coinvolti
in questo particolare settore produttivo. Tale affermazione, sem-
plice di per sé, potrebbe essere sufficiente per dare una prima
risposta alla preoccupazione segnalata già nella premessa.
Tuttavia, revisionando questo contributo, è nostro auspicio
che il lettore possa trovare aggiornate indicazioni su una serie di
problematiche metodologiche per definire lo stato di fertilità del
terreno e quello nutrizionale della pianta. Nel testo sono, inol-
tre, forniti suggerimenti di natura agronomica atti a supportare
il tecnico nel momento in cui dovrà scegliere il programma di
fertilizzazione più idoneo alla sua “realtà di campo” e in grado
di incidere sulla produttività dell’oliveto.
Le acquisizioni scientifiche disponibili sull’argomento, anco-
ra piuttosto limitate, hanno consigliato di aggiornare la fertiliz-
zazione dell’oliveto affermando che la nutrizione della pianta
oggi va vista in una concezione più moderna e più ampia.
L’obiettivo, infatti, non è solo quello di restituire al terreno gli
elementi asportati, quanto di assicurarne l’assorbimento da
parte delle radici e la traslocazione all’interno della pianta per
creare un determinato equilibrium nutritivo in particolari organi
(gemme, foglie, fiori, frutti) e per indirizzare la pianta nella dire-
zione economicamente più conveniente (produzione di frutti).
Così la richiesta, ancora attuale, di come intervenire per supera-
re le barriere che limitano la produttività dell’olivo in Toscana è
condizionata da conoscenze e da scelte.
Le prime dovranno chiarire come l’introduzione di un
piano di fertilizzazione aziendale possa modificare le aspetta-
V. Conclusioni
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 125
tive dell’agricoltore sia in termini di ottimizzazione delle risor-
se agronomiche sia in termini di prodotto (olio) ottenibile. Si
tratta, evidentemente, di dover porre una maggiore attenzione
alle diverse condizioni ambientali e di campo con le quali
occorre confrontarsi per realizzare un “particolare risultato
produttivo”.
Le seconde, invece, nascono da una valutazione economica e
dalle decisioni del tecnico che dovrà, senza facili generalizza-
zioni, definire il piano di fertilizzazione valutando la diversa
situazione agronomica che distingue una zona dall’altra e persi-
no un’azienda da quella più vicina.
L’uso eccessivo dei fertilizzanti incide sui costi di produzio-
ne e, per gli ambienti toscani, non sarà l’unico mezzo in grado
di ottimizzare l’efficienza dell’oliveto. Tra l’altro, tale tendenza
sta progressivamente diminuendo nella realtà regionale anche
per effetto del piano di sviluppo rurale (Agenda 2000) e del rego-
lamento comunitario (2092/91), che limitano l’impiego in agri-
coltura dei fertilizzanti di sintesi.
Così, la ricerca di sviluppare una strategia in difesa dell’eco-
sistema “oliveto” e, di conseguenza, di riunire tutti gli elementi
126 ARSIA
Ramo di olivo con frutti
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 126
della produzione (climatici, agronomici e biologici) per ottenere
un olio extra vergine di qualità non è difficile ma, nello stesso
tempo, non sarà facile. Occorre che ciascuno si convinca che l’ac-
cumulo dell’olio nel frutto è un metabolismo complesso, in cui la
pianta e l’ambiente assumono un ruolo diverso ma sempre
determinanti e che la corretta pianificazione delle scelte di tecni-
ca colturale, tra cui la stessa fertilizzazione, sono delle opportu-
nità che garantiscono di ottimizzare gli obiettivi produttivi.
127
LA FERTILIZZAZIONE DELL’OLIVETO
La fertilizzazione book 18 4-06-2002 8:26 Pagina 127
Finito di stampare
nell’aprile 2002
da EFFEEMME LITO srl
a Firenze
per conto di
ARSIA • Regione Toscana
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La fertilizzazione dell’oliveto
Regione Toscana
A.R.S.I.A. Istituto sulla Propagazione
delle Specie Legnose • C.N.R.
La fertilizzazione dell’oliveto
... la variabilità orografico-ambientale che distingue gli ambienti
olivicoli toscani mal sopporta semplificazioni né, tanto meno,
che siano suggerite soluzioni emerse da esperienze acquisite
in condizioni operative diverse. Le “regole” della fertilizzazione
dell’oliveto rimangono così aperte alla professionalità
e all’esperienza del tecnico che, per ottimizzare l’intervento
agronomico, dovrà decidere – da zona a zona e persino
da azienda ad azienda – evitando semplificazioni e/o facili
adattamenti. Il tecnico dovrebbe tener presente che il sistema
terreno-pianta è un sistema aperto e differenziato perché
legato agli apporti idrici (precipitazioni), alle tecniche colturali
e di gestione del suolo (lavorazioni, diserbo ecc.) e, finalmente,
alle concimazioni organiche e minerali che periodicamente
sono distribuite nell’oliveto. Queste ultime, se realizzate
con criteri di razionalità, assicurano stabilità al sistema
e saranno in grado di restituire al terreno gli elementi asportati,
di favorire l’assorbimento da parte delle radici, di garantire
la successiva traslocazione “in particolari” organi (gemme,
foglie, fiori, frutti) affinché la pianta indirizzi i singoli nutrienti
nella direzione economicamente più conveniente.
Finanziato dalla Comunità Europea
Regolamento (CE) n. 528/99
La fertilizzazione dell’oliveto
18
... mente valutati perché interagiscono sui risultati finali (Cimato et al., 2002). Le prossime proposte sono inserite per chiarire che i risultati delle analisi fogliari sono legati anche al momento fenologico della pianta (Tab. ...
... mente valutati perché interagiscono sui risultati finali (Cimato et al., 2002). ...
... I livelli fogliari normali di boro accertati in olivo variano da 19 a 150 mg/kg s.s. (Perica et al., 2001;Cimato e Franchini, 2002). ...
Book
Full-text available
Per soddisfare l’interesse sempre crescente dei consumatori verso prodotti alimentari tipici e genuini, bisogna chiarire cos’è l’olio extra-vergine di oliva e rendersi conto che produrre un buon olio non è difficile, ma non è neanche troppo facile. Piuttosto occorre comprendere che l’accumulo di olio nel frutto è un metabolismo complesso, in cui la pianta (cultivar), l’ambiente e soprattutto l’uomo, con l’applicazione delle tecniche colturali, giocano un ruolo diverso ma sempre determinante.
  • Arambarri P Madrid L
ARAMBARRI P., MADRID L. (1974) – An. Edaf. Y Agrob., 33, pp. 467-476.
  • Flouri F Balis C
CHATJIPAVLIDIS I., ANTONAKOU M., DEMOU D., FLOURI F., BALIS C. (1997) – Int. Biodeter. & Biodeg., pp. 183-187.
  • Cimato A Fiorino P
CIMATO A., FIORINO P. (1985) – Riv. Ortoflorofrutt. It., 6, pp. 413-424.
  • Marranci M Tattini M
CIMATO A., MARRANCI M., TATTINI M., SANI G. (1991) – L'Informatore Agrario, 14, pp. 71-73.
Atti del convegno "L'olivicoltura mediterranea
  • Cimato A
  • G Modi
  • Mattei A
  • Alessandri S
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Influenza di concimazioni con un ternario sulla produttività e riflessi sulla diagnostica fogliare. Indagine di un quinquennio
  • P Fiorino
  • G Petruccioli
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FIORINO P., PETRUCCIOLI G., PARLATI M.V. (1973) -Influenza di concimazioni con un ternario sulla produttività e riflessi sulla diagnostica fogliare. Indagine di un quinquennio. Annali Ist. Sperimentale Olivicoltura, Cosenza, 1, pp. 71-85.