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DOI: 10.4442/ency_35_13_04
Abstract
Gli albi illustrati rappresentano una preziosa risorsa educativa nel percorso di crescita
di un bambino. Grazie al peculiare linguaggio della narrazione iconica, i bambini
possono dimostrare, se adeguatamente sollecitati, insospettabili abilità di lettura criti-
ca. Negli ultimi anni, la produzione editoriale italiana di albi illustrati non si è rivolta
esclusivamente ai bambini della scuola dell’infanzia, ma si è arricchita di originali e
audaci proposte che sembrano favorevolmente incontrare l’interesse di lettori più matu-
ri, sino a raggiungere la fascia degli adolescenti e giovani adulti. L’articolo propone una
riflessione critica sul potenziale educativo degli albi illustrati nella scuola primaria,
focalizzandosi sia sulla molteplicità dei linguaggi iconici presenti negli albi illustrati
(linguaggio iconico denotativo e linguaggio iconico connotativo), sia sulle competenze
di alfabetizzazione visiva richieste al giovane lettore per “leggere le figure” e penetrare
ermeneuticamente i significati simbolici di una trama visiva.
Parole chiave: Albi illustrati – Immaginazione – Illustrazione – Alfabetizzazione
visiva – Letteratura per l’infanzia
Educating to Observe. Pedagogic Considerations on Picturebooks
Picturebooks are a valuable educational resource in the children’s growth. Thanks to
the peculiar language of the iconic narration, children can demonstrate, if properly
stimulated, unexpected critical reading skills. In recent years, the Italian production of
picturebooks has not only been aimed at preschool children, but has also been enriched
by original and daring proposals, that seem to favourably meet the interest of more
mature readers (until adolescents and young adults). This article proposes a critical
reflection on the educational potential of picturebooks in primary school, focusing both
on the multiplicity of the iconic languages represented in picturebooks (denotative and
connotative iconic language) and on the visual literacy skills the young reader has to
master to be able to “read pictures “and hermeneutically penetrate the symbolic mean-
ings of a visual narration.
Educare lo sguardo.
Riflessioni pedagogiche sugli albi illustrati
Marnie Campagnaro
Università di Padova
encyclopaideia XVII (35), 89-108, 2013, ISSN 1590-492X
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Marnie Campagnaro
Keywords: Picturebooks – Imagination – Illustration – Visual Literacy – Children’s
Literature
Gli albi illustrati rappresentano una preziosa risorsa educativa nell’ambito
dei contesti di condivisione e socializzazione di spazi narrativi. I contribu-
ti critici, che si soffermano sul valore educativo delle figure nei libri per
bambini, sono numerosi ed eterogenei sia in Italia (Faeti, 1972; Lumbelli,
Salvadori, 1977; Catarsi, 1999; Cardarello, 2002, 2004; Farnè, 2002, 2006;
Dallari, 2008, 2011; Hamelin, 2012; Terrusi, 2012) sia all’estero (Schwar-
cz, 1982; Nodelman, 1988; Kiefer, 1995; Evans, 1998; Lewis, 2001; Niko-
lajeva, Scott, 2006; Van der Linden, 2006; Sipe, Pantaleo, 2008; Colomer,
Kümmerling-Meibauer, Silva-Diaz, 2010; Beckett, 2011; Salisbury, Styles,
2012). Tuttavia, è soprattutto a livello internazionale che si è affermata la
centralità degli studi e delle ricerche osservative che indagano le modalità
di interazione dei bambini con gli albi illustrati nella scuola primaria e se-
condaria (Marriott, 1991; Baddeley, Eddershaw, 1994; Sipe, 2000; Walsh,
2000, 2003; Arizpe, Styles, 2003; Pantaleo, 2004, 2005, 2008; Sipe, Panta-
leo, 2008; Evans 2009; Farrell, Arizpe, McAdam, 2010; Arizpe, McAdam,
2011). Da questi studi emerge che le immagini di un picturebook creano
uno spazio condiviso e di libera discussione in cui i bambini, anche quelli
più piccoli (6-7 anni) o con difficoltà di lettura e apprendimento, hanno
maggiori possibilità di accesso. Nell’esperienza formativa della lettura, l’im-
mersione in un libro con immagini alimenta il coinvolgimento emotivo
di un bambino, perché gli consente di godere doppiamente, nelle opere
più riuscite, dell’esperienza del racconto: il testo soddisfa il suo bisogno di
storie, le figure alimentano la sua dimensione immaginativa. Infine, taluni
albi illustrati, quelli in cui, per intenderci, l’intreccio di metafore, inferenze
e rimandi intertestuali permettono alle immagini di instaurare una relazione
semantica dinamica e articolata con il testo, offrono la possibilità ai giova-
ni lettori, se opportunamente accompagnati da insegnanti appassionati e
preparati nella scelta e nelle proposte di opere di letteratura per l’infanzia,
di esperire un percorso di crescita e sviluppo delle proprie competenze nar-
rative.
Educare lo sguardo attraverso l’esperienza estetica del “fantastico” nei
libri di figure (fiction), oltre a contribuire al consolidamento dell’alfabetiz-
zazione visiva, può favorire nel bambino un atteggiamento di rinnovato
stupore e meraviglia anche rispetto all’ambiente “reale” che lo circonda:
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Educare lo sguardo. Riessioni pedagogiche sugli albi illustra
la molteplicità di sollecitazioni immaginative che si addensano attorno ai
beni culturali e ambientali del nostro paesaggio (Bonifacio, 2008, p. 75)
può essere più facilmente compresa, se l’adulto mediatore ha coltivato nel
bambino l’attitudine a conferire un senso, seppure nelle pagine di un libro,
alle esperienze del visibile. Con capace preveggenza, studiosi di letteratura
per l’infanzia del calibro di Antonio Faeti e Anna Maria Bernardinis (Fae-
ti, 1972; Bernardinis, 1976) illustrarono con largo anticipo le potenzialità
educative dei libri e degli albi illustrati.
In Italia, la produzione editoriale di albi illustrati è attualmente molto
vasta, il che maggiormente impegna il delicato lavoro di riflessione critica e
di selezione da parte degli insegnanti e degli educatori. Essi, travolti spesso da
una produzione editoriale perniciosa, caratterizzata da stereotipi letterari e fi-
gurativi, si trovano impreparati a valutare criticamente l’imperare ineluttabi-
le di coniglietti, orsetti, gattini o topolini che, a dispetto di diversificate fogge
e colori, sono tutti ugualmente sorridenti e vispi, ripetitivamente impegnati
a fare le stesse cose. Questi albi sono ben lontani dallo sfamare il bisogno di
storie dei bambini: sono produzioni editoriali pensate perlopiù per la scuola
dell’infanzia, per il primo ciclo della scuola primaria e per essere acquistate o
proposte da un adulto che, al di là della valenza di una trama, cerca anzitut-
to una rassicurazione sulla neutralità emozionale del testo e sull’adeguatezza
delle immagini rispetto all’età del bambino, come sovente librai, bibliotecari
specializzati e insegnanti in formazione ci hanno confermato durante i per-
corsi di specializzazione sulla Letteratura per l’infanzia dell’Università di Pa-
dova. Nella scelta dei libri per bambini più grandi (secondo ciclo della scuola
primaria e/o secondaria di primo grado), gli adulti a diverso titolo impegnati
nell’educazione dei ragazzi sono spesso restii ad offrire, oltre alle opere di nar-
rativa, anche albi illustrati e graphic novels. Le ragioni possono essere diverse.
Si ritiene che il testo narrativo troppo breve o l’assenza di testo (come nel
caso dei silent o wordless picturebooks) non siano in grado di alimentare il va-
lore “educativo” della lettura: si pensi al contrario alla “portata” narrativa del-
le opere illustrate da autorevoli artisti italiani quali Bruno Munari, Roberto
Innocenti, Fabian Negrin, Lorenzo Mattotti, o stranieri, quali, ad esempio,
Peter Sis, Shaun Tan o David Wiesner. Si ipotizza che la presenza di codici
stilistici e iconografici originali e innovativi risulti di difficile interpretazione
e inadeguata a un pubblico di giovani lettori, come spesso accade ai lavori di
autori quali, ad esempio, Chiara Carrer, Federico Maggioni, Arianna Papini
o, a livello internazionale, alle opere di Atak, Joanna Concejo, Dave McKean
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o Kvêta Pacovska, oppure che i temi affrontati inducano nel lettore un pro-
fondo senso di inquietudine e spaesamento: si vedano, ad esempio, le opere,
di grande tensione emotiva, di Kitty Crowther, Geert De Kockere, Armin
Greder o Stian Hole. Timorosi di non coglierne la corretta interpretazione,
di non sapervi leggere il “vero” significato, o semplicemente convinti che
talune immagini sono troppo raffinate o complesse per poter essere proposte
ai bambini delle scuole primarie, l’adulto spesso rifugge da albi illustrati in-
novativi e trova riparo in lidi molto più standardizzati e convenzionali.
Sembra dunque importante, a questo punto, individuare un orizzon-
te, oltre che pedagogico, specificamente morfologico, entro cui collocare
la varietà dei picturebooks, che ci permetta di valorizzare e comprendere la
molteplicità e la variabilità dei linguaggi testuali e iconici utilizzati negli albi
illustrati contemporanei. L’obiettivo è di offrire agli insegnanti della scuola
primaria un utile terreno di confronto su cui costruire una maggiore consa-
pevolezza sul valore narrativo e iconografico degli albi illustrati, sulle ragioni
e sul “gusto” estetico che, implicitamente o esplicitamente, guidano l’adulto
nella scelta dei libri di figure da proporre ai ragazzi.
Denotare o connotare: linguaggi iconici a confronto
Nell’analizzare il linguaggio iconico nella narrativa fantastica per ragazzi si
intende utilizzare, quale sfondo teorico, la nota formula della rappresentazio-
ne visiva di Gombrich, secondo cui “vedere uguale interpretare” (Gombrich,
1965, p. XIII). L’azione del vedere, qui intesa come l’atto dell’osservare, impli-
ca un atteggiamento attivo del soggetto, che osserva intenzionalmente e cer-
ca di scandagliare, al di là dell’evidente, l’oggetto osservato, per attualizzarlo
(Eco, 1986) e per imprimergli una direzione di senso. Quando un bambino,
opportunamente sollecitato, guarda con attenzione e rinnovato interesse un
oggetto, lo osserva con uno sguardo nuovo: la possibilità di esperire l’oggetto
secondo una nuova modalità interpretativa carica l’oggetto di un plusvalore di
senso, che conduce a nuove dimensioni conoscitive. Un sentimento di auten-
tico stupore investe il bambino, che vive un senso di positivo disorientamen-
to e fascinazione, come accade, ad esempio, quando bambini e ragazzi (ma
anche gli adulti) osservano la splendida illustrazione di un paesaggio inglese
immerso nel verde con colline, montagne, boschetti, pascoli, radure, case,
castelli, rovine greco-romane tratta dall’opera Imagine dell’illustratore inglese
Norman Messenger. Lo sguardo nuovo disvela un mondo “altro”, sconosciu-
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Educare lo sguardo. Riessioni pedagogiche sugli albi illustra
to, solcato da strade sino a quel momento ignorate, che lo possono condurre
a esplorare orizzonti sensoriali inusuali e a intraprendere percorsi ermeneutici
arricchenti e formativi (il siffatto paesaggio, infatti, dai tratti apparentemente
bucolici, si rivelerà essere, ad uno sguardo indagatore, un paesaggio costruito
esclusivamente su profili di giganti).
Secondo l’approccio ermeneutico, al centro dell’atto di una lettura vi
è un’interrogazione: un’interrogazione del testo e un’interrogazione che il
lettore muove a se stesso. In questa prospettiva, la domanda assurge ad una
posizione gerarchicamente superiore rispetto alla risposta, tanto più se si
considera che, mentre le domande possono essere infinite, non è altrettanto
detto che lo siano le risposte (Ferrieri, 1995, p. 49). Questa prospettiva fa,
dunque, decadere la possibilità di comprensione totale del testo: il testo non
è mai totalmente trasparente, e, anche alla luce di un’analisi puntuale e ap-
profondita, rimane, comunque, adombrato da aree di ambiguità e indeter-
minatezza. Questa condizione, tuttavia, si rivela particolarmente formativa
per il giovane lettore, in quanto, se adeguatamente sollecitato dall’adulto
mediatore, gli permette di trasformare la dimensione dell’indeterminatezza
e dell’ambiguità in un prezioso strumento di conoscenza: le zone d’ombra
vanno colte e interrogate e, proprio perché sono ambigue, possono dare
luogo a diverse forme di lettura, di interpretazione e di costruzione di senso
(Bertolini, 1988). L’ambiguità si prefigura come un viatico munifico per
il lettore, in quanto lo sensibilizza rispetto ad alcuni valori imprescindibili
della letteratura quali, ad esempio, la relatività di uno sguardo, la facoltà di
un testo di originare molteplici letture e interpretazioni. Inoltre, essa met-
te in luce la costitutiva natura bidirezionale del dialogo fra testo e lettore:
il lettore interroga il testo, ma anche il testo interroga il lettore (Ferrieri,
1995). È in questa relazione dialogica che il lettore esercita il proprio potere
co-autoriale. Anche se vincolato dalle norme e dalle regole del gioco testua-
le, il lettore ha la possibilità di costruire il proprio testo: le zone d’ombra, il
“non visibile”, l’indeterminato, lasciano al lettore lo spazio di esercitare la
propria direzionalità nella lettura che viene esplicitata attraverso la dialettica
della scoperta, dell’analogia, dell’assonanza, della memoria. Orientando il
proprio pensiero critico e il conseguente processo inferenziale, il lettore at-
tribuisce al testo una progettualità e traccia un disegno di senso frutto della
scelta tra le possibili letture evocate dal testo.
Come si declina questa prospettiva rispetto all’universo degli albi illu-
strati?
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Il processo conoscitivo, che interroga il testo e il lettore, si attua solo se l’al-
bo illustrato dispone di un adeguato livello di indeterminatezza: gli albi carat-
terizzati da un linguaggio iconico ad alto livello di referenzialità generalmente
non alimentano la dimensione dell’ambiguo. Quando le immagini offrono
una lettura puramente letterale e denotativa di un testo, ogni possibilità di
ambivalenza e di rilancio interpretativo della lettura è preclusa: il sole acce-
cante annulla le zone d’ombra. Al contrario, è nella flessibilità, nell’instabilità,
nell’apertura del rapporto testo/immagine che scaturisce l’accesso conoscitivo
al nuovo, come dimostra l’esemplare intreccio fra testo e immagini dell’albo
Voglio il mio cappello, in cui l’autore e illustratore Jon Klassen invita il giovane
lettore ad essere smaliziato e arguto, e a saper leggere il visibile fra le righe del
“non detto”. La comprensione di un testo è un processo molto più complesso
della semplice comprensione di una sequenza di frasi e richiede delle cono-
scenze che vanno ben oltre la padronanza della lingua o delle competenze di
letto-scrittura. Il testo narrativo rappresenta un microcosmo (Levorato, 2000,
p. 19); il lettore è in grado di penetrarlo, se dispone di un adeguato bagaglio di
conoscenze del mondo che gli consentano di trascendere il significato letterale
e di cogliere anche quello simbolico. Nel mettere in relazione ambientazioni,
personaggi, stato delle cose, scopi, azioni ed eventi imprevisti della trama, nel
cogliere inferenze e nel generare ipotesi, il lettore costruisce la propria alfa-
betizzazione letteraria. Tale processo si sviluppa, analogamente, anche nella
comprensione della narrazione iconica. In essa, il bambino deve mettere in
relazione la singola immagine con le diverse sequenze visive per riuscire a
cogliere connessioni e significati. Non è affatto detto che il riconoscimento
visivo delle figure e degli oggetti, quello cioè legato al primo livello di lettura
di un’immagine (il più superficiale), conduca poi alla lettura “autentica” del
testo, ovvero alla penetrazione ermeneutica del codice simbolico contenuto
nel testo e alla conseguente produzione di senso, ossia alla lettura interpretati-
va. Ciò avviene solo se i bambini avvertono l’esistenza di più piani di lettura in
una storia. Volendo esemplificare, si potrebbe così tradurre l’iter processuale
che un bambino frequentante il primo ciclo della scuola primaria pone in es-
sere: nella prima fase, egli riconosce i personaggi, gli oggetti e l’ambientazione
della storia, li nomina o li enumera; in una fase successiva, coglie le relazioni
all’interno di una singola immagine e in rapporto alla sequenza di immagi-
ni (precedenti e successive) e si sofferma su alcuni dettagli apparentemente
“senza senso”; realizza, dall’analisi di tali dettagli, che è necessario attivare un
salto interpretativo (passaggio a un livello più profondo di lettura); formula
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un’ipotesi di interpretazione della trama narrativa “sotterranea”, che egli infe-
risce indugiando proprio sui dettagli “senza senso”: illuminati dal “senso” della
sua nuova interpretazione, questi dettagli disvelano i significati simbolici del
“non detto”, del “non manifesto” della storia, e accompagnano il bambino alla
comprensione “autentica” del testo.
Alla luce di quanto detto, può essere utile individuare, nella grande fa-
miglia degli albi illustrati, non ai fini di una logica di semplice opposizione
o di categorizzazione, ma con l’obiettivo di enfatizzare il ruolo della dimen-
sione sensoriale e della plurivocità semantica di un testo (Barthes, 1981),
due tipologie, che, per certi aspetti, recuperano le due vie classiche della
rappresentazione figurale della storia dell’arte (Sciolla, 2001), vale a dire il
linguaggio iconico che si prefigge la mimesi della realtà naturale (assimila-
bile al concetto di denotazione, vale a dire ad un rapporto univoco e diretto
con la realtà) e il linguaggio iconico che offre una interpretazione, una rap-
presentazione allegorica di essa (assimilabile al concetto di connotazione).
Tali tipologie si fondano sulla constatazione che, nell’architettura generale
dell’albo illustrato, esistono, per l’appunto, un linguaggio che potremmo
definire prevalentemente denotativo (dal latino denotare, ovvero segnare,
distinguere) caratterizzato da segni che disegnano, e un linguaggio connota-
tivo (dal latino connotare, ovvero segnare insieme o in aggiunta), caratteriz-
zato da segni che prevalentemente designano.
Il linguaggio iconico denotativo è segnato da una esplicita referenziali-
tà rispetto al testo: l’immagine è originata da un processo di “imitazione”
e aderenza al contenuto testuale della narrazione, che concorre a rendere
tale contenuto chiaro ed esplicito: l’immagine convoglia il significato con-
venzionale, ovvio, primario, letterale del testo. Il rapporto testo/immagine
si contraddistingue per essere monosemico, fisso, stabile, chiuso; vi è una
pressoché totale contiguità fra testo e immagine che, ovviamente, azzera
le zone d’ombra: il significato veicolato è tendenzialmente unico, preciso,
inequivocabile. Gli albi illustrati governati da siffatto linguaggio si caratte-
rizzano per un impianto in cui vige il primato del testo sull’illustrazione: le
figure lo richiamano con forte aderenza e hanno per lo più una funzione di
“rispecchiamento”, di supporto al testo narrativo. Predomina la dimensione
della ridondanza. In questi albi si ritrova una marcata referenzialità dell’im-
magine rispetto al testo: le illustrazioni sono strettamente ancorate alla real-
tà testuale descritta e utilizzano un linguaggio iconico figurativo, imitativo,
aderente alla trama (“fabula”). L’interpretazione della storia non dà adito a
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rimandi e a inferenze polisemiche, in quanto il significato della narrazione è
esplicito e il finale chiuso non sollecita dubbi, domande, perplessità, e non
lascia spazio a eventuali e/o ulteriori sviluppi della storia. È importante se-
gnalare che il linguaggio iconico denotativo si può declinare secondo diversi
livelli qualitativi: vi sono, infatti, illustratori, quali Lisbeth Zwerger o Paul
Zelinsky per citare alcuni affermati illustratori internazionali, che hanno
dato vita ad opere di assoluto rilievo e di straordinario valore estetico. La
varietà qualitativa degli albi illustrati caratterizzati da questa tipologia di lin-
guaggio è assai variabile. Si vedano, a titolo esemplificativo, le figure 1 e 2.
Figure 1 e 2. Esempi di linguaggio iconico denotativo a confronto che palesano diversi livelli di
qualità iconica e valenza estetica.
Figura 1. Grimm, J., Grimm, W., & Valentinis P. (2005). Cappuccetto Rosso. Milano: Fabbri.
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Il linguaggio iconico connotativo è, invece, il frutto di un’implicita libertà
interpretativa del testo: l’immagine è il risultato di un processo di interpre-
tazione del testo, che produce, in aggiunta al significato ovvio e primario del
testo, un plusvalore di significato. Nella connotazione risiede la valorizza-
zione della dimensione empatica, emozionale, simbolica, culturale del con-
tenuto di una narrazione. Per raccontare, con immediatezza e drammaticità
narrativa, ad esempio, lo stato di imprigionamento, paura, ansia, impotenza
e solitudine che vive un bambino abbandonato in una foresta, la sequenza
di immagini di un gigantesco groviglio nero (o rosso sangue) di rami intri-
Figura 2. Grimm, J., Grimm, W., & Orecchia G. (2005). Hansel e Gretel. Milano: Fabbri.
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catissimi che si avvicinano e si chiudono, in maniera soffocante, sull’esile e
minuscola figura di un bambino è molto più eloquente di un’intera pagina
di testo, come alcune suggestive versioni illustrate di Cappuccetto Rosso o
di Hansel e Gretel dimostrano (figure 3 e 4). Il rapporto testo/immagine è
governato dalla flessibilità, dall’instabilità, dall’apertura, dalla polisemia, il
potenziale narrativo della storia si amplifica: non essendo in diretta relazio-
ne con la referenzialità, esso lascia al lettore lo spazio per vagare e affronta-
re nuovi sentieri inferenziali e, quindi, raggiungere una nuova, interessata,
personale, e proprio per questo, coinvolgente e significativa lettura del testo.
Al lettore viene aperto il regno dell’inconsueto, dell’imprevedibile, dell’inat-
teso, dell’equivoco, della discontinuità fra testo e immagine; le immagini
violano le aspettative del testo, finanche a creare inganni e illusioni, salti e
incongruenze narrative, e invitano il lettore, opportunamente sostenuto da
un’adeguata alfabetizzazione, ad iniziare una ricerca di attribuzione di senso.
Gli albi illustrati, che utilizzano il linguaggio iconico connotativo, presenta-
no, sovente, una sensibile rivisitazione e un’originale combinazione dei con-
tenuti, degli stili e delle tecniche di rappresentazione figurale in rapporto al
testo (fra i principali precursori ricordiamo autori quali Bruno Munari, Leo
Lionni, Maurice Sendak, che hanno fatto scuola sin dagli anni ’50 e ’60).
In essi, le immagini non hanno più solamente una funzione di decoro o di
supporto al testo, non sono più un ritratto “fedele” della realtà testuale, ma
raccontano una storia parallela, colmando i silenzi, le lacune, le reticenze
della parte letteraria: il bambino è invitato a “cadere” nella storia. In essi
entrano con prepotenza i nuovi codici iconografici legati all’astrattismo, al
simbolismo, al surrealismo: l’albo illustrato diventa un luogo di sperimenta-
zione grafico-visiva, il progetto tipografico assume un suo intrinseco valore
narrativo. L’intertestualità, il simbolismo, la parodia e la dimensione “gio-
cosa” del testo iconico diventano uno spazio semiotico di sperimentazione,
non solo per l’illustratore impegnato a restituire la valenza letteraria di una
storia, ma anche per il giovane lettore che prova ad avventurarsi in nuovi
viluppi iconografici (figure 5 e 6). Nel testo iconico è ravvisabile, in tal caso,
una fusione simbolica o ironica, ma sempre sapiente, delle diverse tecni-
che grafico-visivo-letterarie (ad es.: uso estensivo del collage, elaborazione
digitale, contaminazioni fra narrativa, cinema, arte, fotografia, scultura).
L’interpretazione della storia non è più univoca, ma rimanda ad altro: riferi-
menti spazio-temporali, artistici, culturali ed esperienziali. Gli albi illustrati
sono strutturati in modo da provocare un forte impatto emotivo nel bambi-
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no: le originali e ingegnose metafore visive lo sollecitano a guardare le figure
con stupore, curiosità e rinnovato interesse. Vi predomina l’importanza di
offrire al lettore molteplici possibilità di accesso ai significati della storia
attraverso differenziati percorsi di lettura e interpretazione, come accade, ad
esempio, nell’albo Cappuccetto Rosso. Una fiaba moderna, una “fiaba a carica
realistica” (per usare un’espressione cara a Vittorini), ideata e illustrata da
Roberto Innocenti e accompagnata dal testo di Aaron Frisch. I finali sono
spesso lasciati aperti o senza soluzione. I meccanismi letterari di metafiction,
che permettono di indagare la relazione tra finzione e realtà (tali meccani-
smi possono essere ravvisabili, ad esempio, nell’albo illustrato La vera storia
dei 3 porcellini!: di A. Wolf, raccontata da Jon Scieszka ed illustrata da Lane
Smith, nell’albo La bambina nel castello dentro il museo, di Kate Bernheimer
e Nicoletta Ceccoli, o ancora in Wolves, l’ironica opera dal finale spiazzante
di Emily Gravett), tra contenitore e contenuto, e di esplorare le molteplici
possibilità fornite dalle tecniche d’incastro narrativo, offrono al lettore spazi
di dialogo e riflessione sullo sviluppo narrativo e sul valore educativo del
processo di co-costruzione di una storia.
Giovani lettori crescono
Le immagini, grazie al loro elevato grado di narratività, svolgono un pecu-
liare ruolo di stimolo nel processo di comprensione e di interpretazione di
un’opera. Molteplici sono i fattori che possono favorire questi processi mul-
tiformi nella lettura di un albo illustrato di genere fantastico: l’equilibrato
intreccio semantico di testo e immagini, la modalità di interazione dei vari
codici interpretativi racchiusi nelle pagine di un albo illustrato, la ricchezza
e la varietà delle proposte editoriali, l’adeguata progettazione di percorsi per
l’alfabetizzazione letteraria e iconica del bambino.
Le illustrazioni possono sensibilmente arricchire il processo di compren-
sione, di interpretazione e di valutazione di un testo, e l’educatore ha, in
tal senso, un ruolo fondamentale nel trasformare i bambini in lettori ap-
passionati. L’educazione dello sguardo è una pratica che va costruita con
assiduità e frequentata con sistematicità: è importante garantire ai bambini
il contatto e la frequentazione di linguaggi iconici attraverso tutta una serie
di sollecitazioni che lo allenino a sviluppare attività ermeneutiche, solleci-
tandolo a percepire visivamente similitudini, differenze, associazioni visive
talvolta inusitate.
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Figure 3 e 4. Esempi di linguaggio iconico connotativo, caratterizzati da linguaggi iconografici mar-
catamente simbolici e di forte impatto emotivo.
Figura 3. Grimm, F., & Pacovská K. (2008). Cappuccetto rosso. Milano: Nord-Sud.
Figura 4. Grimm, J., Grimm, W., & Mattotti, L. (2009). Hänsel e Gretel. Roma: Orecchio acerbo.
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Figura 6. Disegno tratto dal
diario di bordo di Billy, 10
anni, redatto durante una ri-
cerca osservativa sugli albi illu-
strati realizzata nel 2010 in una
scuola primaria del Veneto con
bambini di 6, 8 e 10 anni. Il
bambino ha raccontato l’espe-
rienza vissuta a scuola, accom-
pagnando il testo con un di-
segno: “Alla fine mi è piaciuto
anche le strane illustrazioni del
libro di Cappuccetto Rosso che
mi hanno fatto ricordare quan-
do io disegnavo all’asilo. […]
Insomma mi è piaciuto tutti
i lavori che abbiamo fatto ma
il più bello è stato quello che
ci hai detto di “vedere” e poi
“guardare” perché è una bella
tecnica di pittura” (Campagna-
ro, 2012, pp. 162-163).
Figure 5 e 6. Il testo iconico diventa uno spazio semiotico di sperimentazione, non solo per l’illustra-
tore, ma anche per il giovane lettore che, se adeguatamente sollecitato, trae piacere nell’intraprendere
nuovi e originali percorsi iconografici.
Figura 5. Almodóvar, A.R., Taeger, M. (2009). La vera storia di Cappuccetto Rosso. Firenze: Kalan-
draka.
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“È impossibile disegnare uno specchio”.
Silenzio. Non rispondo mai alle provocazioni di mio figlio: la chiarezza di idee che
gli danno i suoi undici anni mi mette in svantaggio. Inoltre, in quel momento sto
cercando di disegnare uno specchio.
“È molto bello quello che hai detto” devo ammettere.
“Beh, sì, si può ma dovresti essere uno di quelli che disegnano come se fosse una
fotografia, che stanno lì ore e ore a fare un disegno. Come si chiama quello che ha
fatto Pinocchio, con tutti i dettagli?”.
“Innocenti?”.
“Innocenti, quello sì potrebbe disegnare uno specchio”.
Mio figlio ritiene che fuori dal realismo non ci sia salvezza. Inutile parlargli di Hen-
ry Matisse quando c’è Norman Rockwell.
Questo straordinario scambio di battute fra un padre ed un figlio è parti-
colarmente significativo dal momento che il padre in questione non è un
dilettante allo sbaraglio che si dedica saltuariamente alla pittura nel tempo
libero, ma un affermato illustratore che da anni ci continua a regalare opere
di rara intelligenza e bellezza: Fabian Negrin (Negrin, 2009, p. 134). Ciò
a testimoniare che il desiderio dei bambini di guardare figure di spiccata
aderenza realistica, soprattutto con l’avvicinarsi dell’età preadolescenziale, è
un bisogno pressante che va assecondato. Se è raccomandabile mettere a di-
sposizione dei giovani lettori opere che gratifichino il loro naturale bisogno
di concretezza e di realismo, l’insegnante si dovrebbe, tuttavia, impegnare
a rendere loro possibile anche un’adeguata ed equilibrata fruizione di opere
più astratte, con immagini caratterizzate da intrecci simbolici e metaforici.
Il grado di maggiore o minore familiarità del bambino con alcune tipolo-
gie di immagini influisce sulla sua comprensione e sul suo coinvolgimento
emozionale nei confronti di un libro. Solitamente, il lettore “immaturo”
sceglie albi illustrati con figure rasserenanti, prevedibili, familiari, come an-
che una ricerca osservativa condotta dal gruppo di ricerca sulla Letteratura
per l’Infanzia dell’Università di Padova ha avvalorato (Campagnaro, Dallari,
2013). Se si vogliono offrire nuovi orizzonti formativi, è necessario proget-
tare itinerari di lettura che, da un lato, offrano rassicurazioni al naturale
bisogno di referenzialità del bambino, e che, dall’altro, porgano opportune e
continuative occasioni di confronto con albi illustrati in grado di sollecitare
processi di lettura più complessi, che portino a rinnovati approdi interpreta-
tivi sempre più arricchenti. È evidente che la conoscenza dell’ampia offerta
editoriale per ragazzi sostiene il compito dell’insegnante nella scelta di opere
103
Educare lo sguardo. Riessioni pedagogiche sugli albi illustra
di qualità che, dal punto di vista della narrazione iconica, non devono esclu-
sivamente essere sbilanciate a favore del linguaggio referenziale e denotativo.
Quali considerazioni finali possiamo, dunque, ora avanzare?
Il narrare per immagini va offerto non solo ai bambini della scuola
dell’infanzia o del primo ciclo della scuola primaria, ma anche ai ragazzi
più grandi: quelli, per intenderci, che stanno transitando da una fase infan-
tile ad una fase pre-adolescenziale. Il viaggio visivo attraverso la narrazione
fantastica può destare interesse e meraviglia anche nei ragazzi più grandi, e
configurarsi come un’autentica esperienza educativa.
È necessario, tuttavia, fare un lavoro capillare e costante con i giovani
lettori. Gli itinerari di lettura devono essere progettati in maniera adeguata:
le opere ed i tempi di fruizione vanno scelti con grande cura. Si tratta di
progettare un vero e proprio ambiente di apprendimento di matrice co-
struttivista, in cui i bambini hanno la possibilità di riflettere ed interagire
con il libro di figure (testo e immagini) e con i propri compagni attraverso
diverse tipologie di narrazioni iconiche e la mediazione dell’insegnante che
li sollecita in inusuali percorsi di scoperta e ricerca di senso.
Il picturebook è uno strumento preziosissimo perché, se adeguatamente
proposto, consente di operare su tre livelli del pensiero umano: linguistico,
visivo-spaziale, metacognitivo.
C’è molto lavoro da fare. I bambini hanno bisogno di essere accompagnati,
in maniera progressiva, in questo percorso formativo: la capacità di indagare
un testo complesso, sia esso letterario che iconico, non è né immediata, né tan-
to meno scontata. Anche se l’immagine può essere fruita in maniera diretta,
immediata, istintiva, la lettura ermeneutica di una narrazione iconica implica
un processo di lettura, comprensione e interpretazione dei significati il cui
valore non può essere semplicemente ricondotto alla dimensione evocativa o
emozionale. La lettura di un libro con le figure mette in gioco tutta la sogget-
tività del bambino, in quanto le immagini “non si limitano a rappresentare
qualcosa di oggettivamente dato, ma chiedono al bambino di essere interpre-
tate e riconosciute all’interno di una lettura di senso” (Farnè, 2002, p. 134).
Si può affermare che, contrariamente a quel che si potrebbe credere, lo
zoccolo più duro è rappresentato dai bambini più grandi nei quali i modelli
culturali e visivo-estetici, assimilati attraverso una più forte e continuativa
esposizione ai condizionamenti mediatici, si sono già radicati (Campagna-
ro, Dallari, 2013). Gli stereotipi visivi e i pregiudizi culturali da combatte-
re sono numerosi: non solo rispetto all’importanza di “assaggiare” modelli
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Marnie Campagnaro
iconografici diversi e divergenti ma, e soprattutto, in rapporto alle resisten-
ze manifestate dagli insegnanti nei confronti di alcune opere di letteratura
ritenute inadeguate, incomprensibili, difficilmente “recepibili” da parte dei
bambini. È necessario un lavoro puntuale e appassionato, attraverso il quale
saper coinvolgere e contagiare i bambini, ma soprattutto è fondamentale
affrontare uno snodo cruciale: la formazione degli insegnanti. Essi si trova-
no spesso impreparati, e non attrezzati, ad affrontare un mercato editoriale
in continua crescita e inondato da centinaia di novità, che destabilizzano e
creano forti dubbi e incertezze. È necessario, pertanto, investire in adeguati
percorsi formativi che permettano all’insegnante di acquisire nuove compe-
tenze: letterarie, visive ed estetiche.
Nel racconto C’è nessuno? (Gaardner, 1999), Joakim, il giovane prota-
gonista rimasto solo in casa, incontra Mika, un piccolo bambino extrater-
restre. Fra i due bambini inizia un dialogo intenso. Ad un certo punto,
Joakim, profondamente colpito da una risposta saggia dell’amico marziano,
si inchina. Offeso dall’inchino, Mika chiede la ragione di tale azione. “Per-
ché hai risposto in modo molto intelligente alla mia domanda” (Ivi, p. 22),
spiega il bambino terrestre. Risoluto e diretto, Mika profetizza all’amico una
magistrale lezione di vita: “Una risposta non merita mai un inchino: per
quanto intelligente e giusta ci possa sembrare, non dobbiamo mai inchinar-
ci a una risposta. […] Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle
spalle. Solo una domanda può puntare oltre” (Ibidem).
Ci sembra una riflessione pedagogica particolarmente valida anche per
affrontare con maggiore serenità e consapevolezza la scelta di albi illustrati
da offrire ai nostri allievi nei percorsi di promozione della lettura a scuola.
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Marnie Campagnaro ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Scuola
di Dottorato in Scienze Pedagogiche, dell’Educazione e della Formazione
dell’Università di Padova. Attualmente, sta conducendo una ricerca osser-
vativa post doc sulla lettura e l’interpretazione degli albi illustrati contem-
poranei nella scuola primaria. È membro dell’IRSCL International Research
Society of Children’s Literature.
Contatti: marnie.campagnaro@unipd.it