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Gentile e la Cultura Scientifica in Italia1
Luigi Accardi
Centro V. Volterra
Universit`a di Roma “Tor Vergata”
1Relazione al Convegno di Studi: Giovanni Gentile. 1875–1944 , Assessorato alla
Cultura, Comune di Roma, Campidoglio, 20 maggio 1994.
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Indice
1 Le istituzioni scientifiche agli inizi del secolo 6
2 La polemica tra metematici e filosofi 9
2
Innanzitutto vorrei ringraziare gli organizzatori di questo convegno, e in
particolare l’assessore Borgna, per l’invito a partecipare.
Il mio contributo sar`a dedicato al rapporto tra Gentile e le scienze. Non
parler`o, per mancanza di tempo e per la vastit`a dell’argomento, di questi
rapporto in tutto l’arco della vita politica e culturale di Gentile, ma sol-
tanto in un periodo che mi sembra quello concettualmente pi`u significativo,
il periodo che va dagli inizi del ’900 sino alla fine della prima guerra mondiale.
Pi`u in particolare cercher`o di ricostruire il dibattito che, nel periodo tra
i primi anni del secolo e lo scoppio della prima guerra mondiale, contrappo-
se da una parte Croce e Gentile, dall’altra una nutrita schiera di scienziati,
prevalentemente matematici, ma anche biologi, fisici, economisti, geologi, ...
su un problema che ancora oggi mantiene tutta la sua attualit`a: pu`o uno
scienziato militante, impegnato negli aspetti pi`u approfonditi e specifici del-
la ricerca scientifica, impegnarsi anche sul fronte filosofico ed apportare in
questo campo un reale contributo? Vorrei premettere che considero questa
una domanda retorica, alla quale la risposta dovrebbe essere “si” senza esi-
tazione: se la connotazione filosofo non `e solo sociologica o accademica, ma
esiste un complesso di problematiche specifiche della filosofia, allora il grado
in cui qualcuno `e filosofo dev’essere misurato da quanto contribuisce all’avan-
zamento della comprensione di questi problemi, o almeno di alcuni di essi, e
non dall’etichetta professionale. D’altra parte so bene che questa posizione
non `e ampiamente condivisa e il dibattito di cui ci occuperemo `e una prova
di ci`o.
Ci si pu`o chiedere perch´e, in questo dibattito, i matematici hanno avuto
un ruolo privilegiato e particolare rispetto alle altre discipline, scientifiche co-
me la fisica, la biologia, la geologia e altre. Il motivo `e probabilmente dovuto
a due elementi principali: innanzitutto, negli anni della massima incisivit`a
di Gentile, sia come pensatore che come politico, la scuola matematica ita-
liana era non solo riconosciuta in tutto il mondo per il suo valore scientifico,
ma anche estremamente attiva dal punto di vista organizzativo, culturale in
senso lato e istituzionale. Basti pensare alla scelta di Roma come sede del
Congresso Internazionale dei matematici nel 1908, al fatto che che sin dal
1895 era stata fondata la Mathesis, l’organizzazione culturale degli insegnan-
ti di matematica di scuola media e di liceo, che poi includer`a anche i fisici,
fin da allora presieduta dal matematico Federico Enriques; l’Unione Mate-
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matica Italiana, fondata nel 1922, era un’organizzazione rappresentativa e
influente a livello nazionale; si fonda in quell’epoca la Societ`a Italiana di Fi-
sica, il cui presidente, nonch´e redattore della rivista fisica Il Nuovo Cimento,
`e il matematico Vito Volterra. In quel periodo Vito Volterra `e attivissimo:
fonda la Societ`a Italiana per il Progresso delle Scienze, `e fondatore del CNR
nonche dell’Ufficio Europeo di Pesi e Misure. Oltre a Federico Enriques, ac-
canto a Volterra ci sono grosse personalit`a come Peano o Giovanni Vailati
che saranno spesso menzionate nel seguito. `
E stato quest’abbinamento di
personalit`a di spicco con una efficiente rete organizzativa a livello nazionale,
a dare ai matematici un ruolo centrale, purtroppo lontano e irripetuto, nella
vita culturale del paese.
La Mathesis ebbe un ruolo rilevante, assieme all’Accademia dei Lincei,
guidata da Vito Volterra, nella vana opposizione alla cos´ı detta riforma Gen-
tile (che per`o sarebbe meglio chiamare riforma Croce–Gentile) dell’insegna-
mento medio e universitario, nella quale veniva sancita una separazione, tra
l’istruzione classica e quella tecnico-scientifica, che non era solo netta, ma
anche gerarchica, nel senso che non c’era alcun dubbio su quale fosse consi-
derata la vera cultura.
Questa separazione rifletteva una concezione generale che cominci`o ad
affermarsi in quegli anni, condizionando lo sviluppo della cultura nazionale
fino ai nostri giorni, nella quale il sapere scientifico veniva relegato nella ca-
tegoria dell’utilit`a e nello stesso tempo gli si negava il valore di conoscenza
concettuale e sopratutto di cultura.
Fu una sfortuna per la cultura italiana che Croce e Gentile, avversari sia
nelle concezioni filosofiche che nelle posizioni politiche, concordassero invece
totalmente su questa posizione. A poco valsero le posizioni contrastanti, di-
fese soprattutto da gente come Enriques, Volterra e molti altri.
Il dibattito, sia sul tema filosofico del valore concettuale della conoscen-
za scientifica, sia su quello politico della riforma dell’insegnamento medio e
universitario, `e stato recentemente riesaminato nel bel saggio: Gentile e i
matematici italiani. Lettere 1907-1943 di Angelo Guerraggio e Piero Nasta-
si, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 1993.
In questo dibattito vanno distinte due fasi: una che si situa tra i primissi-
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mi anni del ’900 e la fine della seconda guerra mondiale; l’altra, che possiamo
orientativamente datare al 1915, anno in cui, con la nomina al Consiglio Su-
periore dell’Istruzione, Gentile inizia la propria carriera politica, che lo por-
ter`a in sette anni a diventare intellettuale organico al fascismo e poi ministro.
Questo doppio ruolo, culturale e politico, ricoperto negli anni da Gentile,
ha implicato che nel corso degli anni i matematici, e pi`u in generale il mondo
scientifico italiano, hanno interagito con lui in due modi: per le sue posizioni
filosofiche e per il suo ruolo di ministro della Pubblica Istruzione.
Io mi limiter`o agli aspetti filosofici della contesa. Questi, sia pure in prima
approssimazione, possono essere riassunti nelle seguenti domande:
I) Ha la scienza un carattere conoscitivo e, pi`u in generale culturale, o di
mera utilit`a?
II) Pu`o uno scienziato arrivare alla filosofia attraverso una astrazione ed
estrapolazione di verit`a o metodi interni alla sua scienza? Oppure `e vero che
alla filosifia non si pu`o arrivare che attraverso la filosofia?
Non si tratta di astratte questioni accademiche: le loro implicazioni inve-
stono direttamente il problema che `e stato sollevato nella relazione di Lucio
Colletti, che ha individuato in Croce e in Gentile il disegno cosciente, di: “...
fornire lo stato unitario, di recentissima formazione, di uno spessore cultu-
rale adeguato...”
Ma adeguato a cosa? Probabilmente all’assunzione, da parte dell’Italia,
di un ruolo paritario tra le altre nazioni europee; un ruolo che l’Italia imme-
diatamente postunitaria sentiva alla portata delle sue tradizioni e della sua
cultura.
Croce e Gentile non furono gli unici a cogliere la necessit`a di questo
spessore culturale. Personaggi come Volterra, Enriques, Peano, Vailati, ...
ebbero la stessa intuizione, anche se essi cercarono di spostare il baricentro
di tale spessore in una direzione che era stata tralasciata da Croce e Gentile:
la direzione del razionalismo scientifico. Per esempio, nel suo intervento al
Congresso Internazionale dei Matematici, a Parigi, nel 1900, Volterra colle-
ga esplicitamente la rinascita della matematica alla rinascita politica della
Nazione e, nel 1912 in occasione del primo cinquantenario dell’Unit`a d’Ita-
lia, negli Atti della Societ`a Italiana per il progresso delle Scienze, si posso-
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no trovare ricostruzioni storiche dello sviluppo della matematica in Italia,
di Giuseppe Lauricella (analisi), Tullio Levi-Civita (fisica-matematica), Ugo
Amaldi (geometria), testimonianze di una scienza che comincia a riflettere
su se stessa non solo in prospettiva tecnica, ma anche storica.
1 Le istituzioni scientifiche agli inizi del seco-
lo
Sul ruolo utilitaristico delle scienze nessuno, allora come oggi, ha dubbi: da
Croce a Gentile, a molti politici dell’epoca. Dove c’`e il contrasto, un vio-
lento contrasto, `e sul ruolo culturale e formativo del razionalismo scientifico
come paradigma di pensiero razionale. Questo non significa (non vorrei es-
sere frainteso) che chi pratica la scienza sia pi`u razionale degli altri: basta
partecipare a un consiglio di una Facolt`a o di un Dipartimento scientifico
per rendersi conto di come l’irrazionalit`a domini in questi ambienti come, e
talvolta pi`u che, in altri. Mi riferisco, invece, al razionalismo scientifico co-
me archetipo, come paradigma. Quello spessore culturale al quale si riferiva
Colletti `e sostenuto da questi archetipi come da colonne: la religione, l’arte,
l’etica, la filosofia, ...
Questi non sono contenuti, ma plasmano i contenuti. Volterra, Enriques,
Vailati, . . ., nella battaglia storica che li contrappose a Croce e Gentile, si
adoperarono affinch´e l’archetipo del razionalismo scientifico fosse inserito tra
questi paradigmi della cultura, arricchendo lo spessore cuturale delle gene-
razioni di italiani che si affacciavano al XX–o secolo e non fosse relegato nel
ghetto delle conoscenze professionali.
A questo proposito vorrei sottolineare - solo per la precisione, e senza
alcuno spunto polemico con quanto detto dal collega Negri in questa confe-
renza - che il paradigma di razionalismo scientifico per il quale questi filosofi
si battevano allora (e altri continuano a farlo oggi), nulla aveva in comune
con il bianco nauseante di Newton dove tutti i colori vengono omologati.
Sono proprio frasi come queste che danno un’idea dell’asprezza cui giun-
se la battaglia culturale in quell’epoca e della permanenza, ancora ai giorni
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nostri, degli strascichi di questa polemica.
Questo falsare le posizioni dell’avversario impoverendone il contenuto `e
strategia dialettica e retorica, non filosofica, che si pu`o capire, ma non giu-
stificare, in un momento come quello, in cui non era in atto soltanto un
dibattito astratto e filosofico, ma c’erano in gioco dei precisi interessi anche
accademici e politici.
Ma pi`u che questa, a mio parere, la pi`u grande colpa filosofica, che acco-
muna Croce e Gentile, `e il non avere saputo distinguere tra certe posizioni
di rozzo positivismo o meccanicismo e le istanze profonde del razionalismo
scientifico.
Anche i fautori di quest’ultimo non furono immuni da colpe e ingenuit`a
filosofiche, ma la loro disfatta, maturata nel quindicennio tra l’inizio del
secolo e la fine della prima guerra mondiale merita un’attenzione pari a quella
che ha ricevuto l’analisi dell’impotenza della cultura liberale e democratica
di fronte alla montante ondata fascista. Naturalmente si tratta di due cose
diverse: una si `e tradotta immediatamente in un potere politico dominante
e oppressivo, l’altra no, ma i suoi effetti negativi sono a mio parere ancora
oggi rilevanti nella cultura e nella formazione italiana.
Il citato volume di Guerraggio e Nastasi `e solo un primo passo nella di-
rezione di questa analisi. L’intreccio tra grandi tendenze storiche, conflitto
tra cultura umanistica e scientifica, rivalit`a accademiche e pura e semplice
lotta per la conquista di una egemonia culturale da trasformare in egemo-
nia politica, `e troppo intricato per poter essere completamente chiarito dalle
cento pagine ad esso dedicate da Guerraggio e Nastasi. Penso che le nuove
leve della filosofia italiana dovrebbero farsi carico dello sforzo di questo chia-
rimento, poich´e non si tratta di un esercizio accademico, ma della necessit`a
di capire il passato per risolvere un problema che oggi resta tanto attuale e
aperto quanto cento anni fa.
Alcuni dati interessanti per la comprensione della situazione della scienza
in Italia, in quell’epoca, sono riportati nel libro di Guerraggio e Nastasi (nel
seguito, tutte le volte che indicheremo il numero di una pagina, sar`a sottin-
teso che ci si riferisce a questo libro).
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Per esempio, la situazione delle cattedre delle Facolt`a Scientifiche nel 1881
`e la seguente:
Matematica: 69
Biologia: 30
Fisica: 15
Chimica: 14
Astronomia: 6
Agli inizi del ’900 la scuola matematica italiana raggiunge una influenza
internazionale unica nella sua storia: Bertrand Russel dichiara esplicitamen-
te, nella sua autobiografia, di essere stato avviato agli studi di logica ma-
tematica dalla chiarezza e limpidit`a della conferenza di Giuseppe Peano al
Convegno Internazionale di Filosofia di Parigi, nel 1900 (e in effetti il famoso
paradosso di Russel ha dei precedenti proprio nella scuola di Peano).
David Hilbert fu influenzato da Peano non solo nel suo programma sui
fondamenti della matematica, ma anche dal suo esempio, che allora colpı
la fantasia dei matematici, di una curva continua che riempie un quadrato:
precursore di quelli che oggi sono noti con il nome di oggetti frattali.
L’analisi funzionale, che nasce con i lavori di Vito Volterra, trova in Fran-
cia, con la scuola di Hadamard un terreno fertilissimo che dar`a luogo a svilup-
pi che, in circa mezzo secolo, cambieranno l’aspetto dell’analisi matematica.
La scuola di geometria algebrica, fondata da Luigi Cremona, riceve rico-
noscimenti internazionali prestigiosi, quali il premio Barodin dell’Academia
de Sciences di Parigi che per due anni consecutivi viene assegnato a mate-
matici italiani: nel 1908 a Federico Enriques e Francesco Severi; nel 1909 a
Bagnera e Franchis. Il calcolo differenziale assoluto di Gregorio Ricci Curba-
stro diviene, per Tullio Levi-Civita lo strumento matematico che permetter`a
a Einstein di realizzare quella che oggi `e chiamata la Relativit`a Generale.
Infine, come scrive Henri Poincar´e su “Le Temps” nel 1908, il Circolo Mate-
matico di Palermo, fondato da Giovan Battista Guccia nel 1884, si afferma
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in quegli anni come la prima, e per molto tempo unica, organizzazione ma-
tematica mondiale.
“... Dal 1895 “Il Nuovo Cimento” diventa l’organo di stampa della fisica
italiana e Volterra fa parte del ristretto comitato scientifico della rivista. Due
anni dopo viene costituita la Societ`a Italiana di Fisica e Volterra, all’inzio
del secolo, ne `e presidente (p. 32)...”.
2 La polemica tra metematici e filosofi
Volterra, nella sua prolusione inaugurale dell’anno accademico all’Universit`a
di Roma, nel 1902, attira l’attenzione dei propri colleghi sull’ingresso della
matematica in campi tradizionalmente lontani da essa: la biologia e l’econo-
mia. Per la prima, Volterra si riferisce agli studi di Karl Pearson, uno dei
padri fondatori della statistica e pioniere dell’uso dei metodi probabilistici
in biolgia; per la seconda, il suo riferimento `e a Wilfredo Pareto e al suo
tentativo di fondare una scienza rigorosa dell’economia, in analogia con la
sistematizzazione matematica della meccanica, conclusasi agli inizi dell”800
con i lavori di Lagrange e Hamilton.
Lo stesso Volterra porter`a, circa venti anni dopo, un contributo importan-
te alla biologia con quelle che oggi sono universalmente note come equazioni
di Lotka-Volterra, ma `e proprio l’accenno all’economia che avr`a un interes-
sante seguito, dal quale emergono alcuni degli aspetti che caratterizzeranno
il confronto dialettico tra matematici e filosofi nei prossimi trent’anni. Infatti
la prolusione di Volterra sar`a recensita da Giovanni Vailati (allievo di Peano)
e da questo inviata a Benedetto Croce. La risposta di Croce `e del 29 giugno
1902 e in essa si afferma, tra l’altro:
Grazie della recensione del discorso di Volterra. L’ho letto col solito inte-
resse. Non c’`e dubbio che l’applicazione della matematica valga a risolvere e
semplificare questioni intricate di indole “pratica”. Sull’indole delle scienze
filosofiche non pu`o avere alcuna influenza e, se l’ha, sar`a cattiva, ossia ten-
der`a a snaturarle celando ci`o che `e proprio e peculiare di quelle scienze. La
matematica numerer`a e misurer`a gli oggetti, ma il fatto economico `e “scel-
ta”, `e volont`a, etc., ossia non `e nulla di riconducibile alla considerazione
matematica.
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La risposta di Croce va inquadrata storicamente: nello stesso 1902 appa-
riva la sua Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale nella
quale il contenuto della sua risposta a Vailati viene teorizzato e articolato
con queste parole, rimaste famose nel mondo scientifico:
Degli pseudoconcetti, quelli rappresentativi o empirici o classificatori co-
stituiscono il modo di trattazione, che si chiama “scienza empirica” o “scien-
za naturale” e, pi`u spesso ai tempi nostri, la “Scienza”; quegli astratti nu-
merativi e misurativi, le “scienze matematiche”; e l’applicazione dei secondi,
mediante i primi, ai giudizi individuali `e nient’altro che la cos´ı detta “scienza
matematica della natura”.
Notare come Croce eviti accuratamente (e certo non per disattenzio-
ne) il termine filosofia della natura che pure egli conosceva benissimo dalla
letteratura filosofica tedesca.
Sempre nel 1902, mentre Croce ribatte a Volterra, Gentile ribatte a Ber-
nardino Varisco, autore di un libro Scienza e Opinioni al quale fu attribuito
il premio reale per la filosofia da parte dell’Accademia dei Lincei. In una
lettera del 13 agosto 1902 Gentile commenta:
[Varisco] `e un professore di matematica, e ha messo in questo lavoro
molte discussioni scientifiche e molte formule niente originali e nienti difficili
di fisica, di chimica, ecc. Questo `e bastato perch´e la Commissione e prima
il Tocco restassero sbalorditi. Un filosofo che `e insieme studioso di scienze
positive! Ma questa `e l’araba fenice, da loro tanto decantata e finalmente
trovata nelle spoglie di questa matematica, che chiacchiera di filosofia! (p.
50).
Da Croce in poi l’abbinamento Scienza–Tecnica diventa quasi un luogo
comune in gran parte della filosofia italiana.
L’immagine, usata da Severino in questa conferenza, della Tecnica guida-
ta dalla Scienza non `e che una versione aggiornata di questo abbinamento.
Ma, per quanto aggiornato e edulcorato, tale abbinamento `e ingiusto, al-
meno nei limiti in cui vuole suggerire una identificazione o addirittura una
subordinazione: esso corrisponde ad una visione enormemente riduttiva della
scienza. Perlomeno tanto ingiusto quanto sarebbe ridurre la filosofia a guida
della politica, solo perch´e in moltissimi casi - e Gentile ne `e un esempio -
c’`e stata un’applicazione di idee filosofiche alla realizzazione di certi regimi
politici, proprio come c’`e stata l’applicazione di certe conquiste speculative
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della scienza alla tecnica. Estrapolare e generalizzare circostanze storiche
particolari `e atto arbitrario, tanto per la filosofia quanto per la scienza.
Nel 1905 Croce pubblica la sua Logica come scienza del concetto puro e
Giovanni Vacca, allievo di Peano, reagisce con l’articolo In difesa della ma-
tematica, apparso nello stesso anno sulla rivista “Leonardo”.
Vacca accusa Croce di esprimere giudizi sulla matematica e la logica ma-
tematica senza conoscere n´e l’una n´e l’altra. La reazione di Croce - molto
decisa, come vedremo - `e indicativa di un atteggiamento culturale che per-
mane vivo nei nostri giorni e che si potrebbe definire orgogliosa ignoranza.
Egli dice:
... io non ne conosco poco, ma pochissimo; la mia ignoranza della mate-
matica `e molto pi`u grande che il Vacca non sospetti...
e aggiunge, ribadendo la tesi espressa nel 1902, secondo cui
... la matematica, non possedendo n´e verit`a storica n´e (poich´e riposa su
postulati arbitrari) verit`a filosofica, non `e scienza ma strumento e costruzione
pratica.
`
E in questo clima, gi`a dichiaratamente polemico, che Gentile, alla fine del
1906, torna nella natia Sicilia in qualit`a di professore straordinario di Storia
della filosofia.
In quel periodo egli, assieme a Giuseppe Amato-Pajero, getta le basi del-
la Societ`a di studi filosofici e dell’annessa biblioteca (che sar`a costituita nel
1910).
La vicenda di questa societ`a `e simbolica di quanto sarebbe poi accadu-
to nel successivo decennio a livello nazionale: originariamente il Circolo di
Amato-Pajero era un gruppo di amici interessati alla filosofia soprattutto
nei suoi rapporti con la scienza. Testimonianza di ci`o era la partecipazione
di fisici, come Orso Mario Corbino, di matematici come Gaetano Scorza, di
biologi come Andrea Giardina.
In questa fase iniziale spontaneista i punti di riferimento nazionali per
molti degli intellettuali del Circolo erano Peano, Enriques e Vailati, il qua-
le elogia la prolusione di Giardina all’universit`a di Pavia su Le discipline
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zoologiche e la scienza generale delle forme organizzate, scorgendo in essa
il sintomo del sorgere anche fra i biologi di preoccupazioni corrispondenti a
quelle che hanno condotto i fisici e i meccanici a un pi`u esatto e chiaro rico-
noscimento del carattere e del compito delle teorie e delle ipotesi di cui fanno
uso.
Il Giardina `e un esempio di quella eccitazione filosofica che serpeggia tra
gli scienziati italiani dell’epoca e che li spinge, per usare le parole di Antonio
Aliotta, a
... elevarsi al di sopra delle loro minute ricerche e spaziare con occhio
sicuro fuori delle pareti del laboratorio per darsi ragione filosoficamente dei
confini della loro scienza e del valore dei metodi usati.
Queste frasi di Giardina e Aliotta chiariscono il ruolo che il mondo scien-
tifico voleva attribuire alla filosofia della natura (oggi denotata col termine
pi`u ampio di filosofia della scienza. Ben altro che il numerare e misurare di
Croce...!
Con la venuta di Gentile l’atmosfera nel Circolo di Palermo comincia a
cambiare, parallelamente allo sviluppo dell’azione dello stesso Gentile e di
Amato-Pajero, volta alla trasformazione, in senso istituzionale, cio`e di for-
male Associazione, di questo Circolo.
Contemporaneamente all’avvio dell’azione di Gentile in Sicilia, ma nella
direzione opposta, si intensificano a Milano le attivit`a volte alla fondazione
della rivista “Scientia” che si realizzer`a l’anno dopo, nel 1907.
Questa rivista, oggi purtroppo chiusa, ospiter`a in pochi anni contributi
di tutti i pi`u grandi filosofi della scienza mondiali: da Mach a Russel, da
Cassirer a Durkheim, a Poincar´e... Tuttavia la stessa fase istitutoria della
rivista rivela, a mio parere, un errore strategico dei cultori di quella che oggi
viene chiamata la filosofia della scienza, cio`e il non aver capito che la crea-
zione di due blocchi contrapposti: scientismo contro filosofia tradizionale era
strategicamente perdente e culturalmente sbagliato.
Ecco come Giardina, uno dei pi`u attivi fondatori di “Scientia”, scrive ad
Amato nell’autunno 1906:
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Cosı pure tutti i miei condirettori sono d’avviso contrario a chiedere la
collaborazione dei filosofi di professione, principalmente per la ragione di
non ispirare diffidenza nel pubblico scientifico. Forse non hanno tutti i torti,
perch´e gli scienziati generalmente, bench´e siano incapaci di riconoscere la
filosofia l`a dove c’`e, si allarmano quando la sentono chiamare col suo nome.
Queste parole sono indicative del pubblico al quale si rivolge “Scientia”:
... gli scienziati.... La sintesi, cui la rivista aspira, rimane sostanzialmen-
te interna al mondo scientifico. Gentile coglie questo limite e lo esaspera
polemicamente:
Una rivista in cui si discorra, in uno stesso fascicolo, dell’elettro–magnetismo
dell’universo, della medianit`a, dei rapporti tra chimica e biologia, del bisogno
di luce che hanno le piante, della coscienza, della scuola economica austriaca,
delle principali leggi della sociologia, delle origini del celibato religioso, della
riforma dell’insegnamento di matematica elementare, ecc., secondo me, non
pu`o incoraggiare se non il dilettantismo scientifico, di cui non so quanto sia
per giovarsi la scienza”.
La critica di Gentile `e pi`u rilevante per ci`o che lascia intendere che per
quanto renda esplicito: la parola filosofia non compare neppure una volta.
Il lungo elenco di temi riguarda esclusivamente la scienza, o questioni come
il celibato religioso e l’ultima stoccata sul dilettantismo scientifico non serve
tanto a esternare le preoccupazioni di Gentile per la scienza, quanto a fissare
nel lettore l’impressione che l’ipotesi che questa rivista possa avere a che fare
con un progetto filosofico non viene neppure presa in considerazione.
Un ulteriore esempio di ingenuit`a didascalica `e fornito da una affermazio-
ne di Gaetano Scorza, algebrista e geometra, il quale conclude un suo articolo
del 1902 sulla teoria del baratto affermando, in polemica con Pareto, che
... a considerare il modo di scrivere di parecchi economisti sembra che
essi obbediscano pi`u a delle preoccupazioni letterarie che a delle esisgenze
scientifiche: cosı che pare di non essere troppo lontani dal vero quando si
afferma che essi non si fanno un conto esatto dell’estrema importanza dello
stretto rigore nelle dimostrazioni. Ebbene, non sar`a male rammentare che i
grandi progressi ottenuti nella matematica nel secolo ora trascorso [...] sono
dovuti all’introduzione generale di quel rigore logico, di cui tra gli analisti
`e stato modello il Prof. Weierstrass [...]. Che proprio, dunque, l’economia
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politica non debba ricavare nessun frutto dalle fatiche di chi intende a darle
una base solida? (p. 34)
Una frase del genere, a mio parere, dimostra solo l’incapacit`a di alcuni
matematici di uscire dai paradigmi della loro disciplina: la pretesa d’imporre
la matematica come unico modello di razionalit`a `e essa stessa prova di razio-
nalit`a e, anzi, decisamente smentita dai fatti.
Critiche analoghe a quelle che Sforza muoveva agli economisti avrebbe-
ro potuto essere poste ai cultori della fisica che, fin da allora, era la pi`u
fortemente matematizzata delle scienze. Ma gi`a nel caso della fisica `e falso
affermare che i grandi progressi di questa disciplina sono stati dovuti all’in-
troduzione generale di quel rigore logico. A maggior ragione, considerazioni
del genere valgono per discipline come la biologia, l’ecologia, l’economia,...
la cui complessit`a intrinseca rende evidente il fatto che la pretesa di imporre
acriticamente il modello matematico rigorista ad altre discipline denota solo
una povert`a culturale di chi la avanza. Quello su cui bisognerebbe insistere
non `e tanto il rigore nelle dimostrazioni, che spesso `e irraggiungibile o con-
cettualmente secondario gi`a in discipline come la fisica, quanto l’accuratezza
e la precisione nella formulazione dei problemi e la chiarezza nella definizio-
ne dei termini coinvolti.
Il rapporto tra la matematica e queste discipline dovr`a essere molto pi`u
sofisticato e colto di quanto traspare dall’affermazione di Sforza!
La nozione di modello matematico, cosı come si `e affermata nella fisica ha
avuto un grande successo, ma la pretesa, di fatto isolazionista, dei promotori
di “Scientia”, di trapiantare cosı com’`e questo modello, senza tener conto di
reazioni di rigetto dovuta alle specificit`a delle diverse discipline, ha in s´e il
germe della sconfitta che purtroppo non mancher`a di fiorire.
All’interno dello schieramento scientifico la persona pi`u sensibile alle at-
mosfere culturali, Giovanni Vailati, in una lettera a Papini del giugno 1908,
lamenta la sottovalutazione delle prepotenze speculative dei trionfatori e lu-
cidamnete prevede
che per una quantit`a di ragioni, tra le quali `e da contare, oltre all’ingegno
e alla cultura di Croce, anche la mancanza di tali qualit`a nei difensori che
presiedono e costituiscono la guarnigione dei castelli filosfici italiani, il Croce
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conquister`a l’Italia filosofica ufficiale rapidamente e senza colpo ferire (p.
55).
E Papini, idealmente, rincara la dose:
Cosa possono opporre gli italiani filosofanti all’agguerrita e impetuosa in-
vasione che viene dal mezzogiorno fecondo, da Napoli e da Palermo capeggiata
da quei bravvissimi uomini che sono Croce e Gentile? Forse gli antropologi
positivisti a cui `e stata data a bere la filosofia nei libroni di Roberto Ar-
dig`o? Forse quei professori di Universit`a tentennanti tra un cauto criticismo
e l’amabile erudizione? Forse i giochi rosminiani accasermati a Lodi? O i
quattro ragazzi pragmatisti, mal preparati ed incerti? O quel medico medica-
to che piglia per pensiero l’organamento faticoso dei suoi discorsi? O quei
due o tre logici modesti e ritirati che coltivano accanto a casa un giardinetto
all’inglese?... (una chiara allusione al gruppo di Peano).
Come si vede, si tratta di analisi lucide e pessimiste, forse eccessivamente
riduttiva quella del Papini, ma entrambe profetiche. Parlo di profezia poich´e
nel 1908 occorreva una notevole sensibilit`a per capire che il fronte della scien-
za era ormai senza speranza nella disputa filosofica.
In effetti, da tutta una serie di sintomi esterni potrebbe sembrare che in
quegli anni la situazione sia del tutto rosea per il fronte scientifico: la fon-
dazione della rivista “ Scientia” era stata preceduta da quella della Societ`a
Filosofica Italiana (SFI). Entrambe iniziative di Enriques, che fu anche il
primo presidente della SFI. La SFI tiene il suo secondo congresso a Parma,
nel 1907, in concomitanza con la prima riunione della Societ`a Italiana per
il Progresso delle Scienze (SIPS) e in questa occasione Enriques tiene una
conferenza dal titolo Il rinascimento filosofico nella scienza contemporanea.
Due anni dopo, nel 1909 a Roma, in occasione del terzo congresso della
SIF, la sua relazione sar`a La metafisica di Hegel considerata da un punto di
vista scientifico. Di questo articolo Gentile scriver`a che
... `e cosı sciocco che quasi non mi pareva opportuno occuparmene non
volendo dare troppa importanza a quel fatuo.... L’attivit`a organizzativa e
promozionale di Enriques, in campo filosofico, raggiunge il proprio apice nel
1911 quando si tiene a Bologna il quarto Congresso Internazionale di Filo-
sofia che “La Voce” chiama simbolicamente il congresso del Prof. Enriques
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suscitando le ire di Gentile che minaccia, in una lettera a Croce del 1910, di
ritirarsi dal Comitato Scientifico se ci`o accadr`a ancora. Nella stessa lettera
Gentile afferma:
se il Prof. Enriques si deve presentare al congresso come il rappresentante
pi`u competente degli studi italiani di Logica e Filosofia generale, e parlare poi
all’inaugurazione come il Presidente della Societ`a Filosofica Italiana; io non
ci sto....
Segue a ci`o, un frenetico carteggio tra Croce e Gentile che poi si risolve
con una specie di compromesso, ossia con l’andata di Enriques a Napoli a
discutere con Croce il programma del convegno. A conclusione di questo col-
loquio Croce rassicura Gentile in una lunga lettera in cui, tra l’altro afferma
che:
... Il vero e il solo errore grave commesso dall’Enriques `e stato per le
confereze generali a sezioni riunite, per le quali egli ha invitato troppa gente
e, tra questa, non pochi che non hanno nulla a che fare con la filosofia.
Questo episodio comunque testimonia lo strettissimo intreccio, che si era
instaurato in quell’epoca, tra la filosofia e la matematica. Di questi organici
rapporti oggi rimangono purtroppo ben poche tracce.
Tornando a Napoli dal congresso di Bologna, Croce rilascia un’intervista
a Guido de Ruggiero, per il “Giornale d’Italia” dove afferma:
Sapevo che l’Enriques voleva organizzare un congresso destinato ad attua-
re la particolare concezione che egli si era formato della filosofia: cio`e una
sintesi delle scienze. E perci`o aveva invitati fisici, astronomi, ecc. a parlare
dove non sarebbero stati capiti e dove non avrebbero capito....
Nella stessa intervista Croce accenna al . . . volenteroso professor Enri-
ques, che con zelo ma scarsa preparazione si diletta di filosofia . . . Questa
vera e propria dichiarazione di guerra prelude al passaggio dalla “guerra delle
idee” all’ostracismo politico che si realizzer`a, qualche anno dopo, attraverso
la riforma Gentile.
I rapporti dei matematici con Gentile sono divisi in due periodi molto
netti la soglia dei quali ´e proprio la fine della Prima guerra mondiale. Fi-
no alla Prima guerra mondiale, Croce e Gentile sono sostanzialmente sullo
stesso fronte culturale e c’`e un dibattito tra pari, che vede schierati il mondo
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scientifico da una parte e Croce e Gentile dall’altra.
Si confrontano due linee che cercano ciascuna un tipo di egemonia cultu-
rale, ciascuna con le sue ragioni valide e con le proprie ingenuit`a e chiusure.
Dopo il ’15 – quasi simbolicamente il ’15 `e proprio l’anno in cui Gentile viene
nominato al Consiglio Superiore della Pubblica istruzione e comincia la sua
carriera politica che in sette anni lo porter`a a diventare ministro – il rapporto
cambia. Il mondo scientifico viene sconfitto e il rapporto tra questo e Gentile
diventa totalmente difensivo: dal rapporto paritario che si pu`o avere con un
organizzatore culturale a un rapporto con un affermato uomo politico. Dal
’15 in poi, il dibattito vivacissimo, e talvolta anche polemico, sostanzialmente
si chiude.
La riforma Gentile - che poi sarebbe pi`u giusto chiamare riforma Croce-
Gentile, poich´e fu Croce a suggerire a Mussolini il nome di Gentile come
unica persona in grado di fare passare quel progetto di legge che lui non
era riuscito ad attuare - non nacque all’improvviso, n´e fu creata dai soli due
filosofi. Questa attitudine nei riguardi della matematica, e pi`u in generale
della scienza, ha una radice molto pi`u lontana del 1923.
Un provvedimento del 1881 sopprime in tutti gli esami, tranne in quello
di licenza liceale, lo scritto di Matematica, nel 1888 un’ulteriore riduzione di
orari e di programma `e accompagnata dal decreto che rende facoltativa, anche
all’esame di licenza liceale, la prova scritta di matematica (in alternativa al
greco). La distinzione ministeriale tra materie primarie e secondarie vede
chiaramente la matematica nel secondo gruppo. E il processo di opzionalit`a
viene ulteriormente accelerato da un decreto del 1904 che consente agli alunni
degli ultimi due anni del liceo classico di scegliere tra greco e matematica per
venire incontro a loro eventuali “idiosincrasie” (testuale nella redazione del
decreto) (p. 29).
L’analisi andrebbe approfondita, ma questi brevi cenni da me riportati
sono sufficienti a mostrare come Croce e Gentile non furono gli artefici, ma
gli interpreti, di questa diffidenza verso il razionalismo scientifico che, da
allora in poi trov`o i canali giusti per diventare una componente stabile del
panorama culturale italiano. Il rozzo positivismo fu sconfitto, ma si gett`o
via il bambino con l’acqua sporca e quando oggi, a distanza di tanti anni,
si riflette alla diffusione di massa dell’abitudine di tentare di occultare la
realt`a dietro discorsi fumosi, di alterare i dati con le parole, di compensare
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azioni cattive con magniloquenza verbale, alla confusione del profondo con
l’oscuro e al dilagare di questo, al rinascere dei vari tipi d’irrazionalismo, . . .,
non si pu`o fare a meno di chiedersi come sarebbe stata la societ`a italiana
oggi se quella iniezione di razionalismo scientifico propuganata dal manipolo
dei matematici, all’inizio del secolo, avesse trovato dei canali istituzionali
attraverso i quali filtrare nella societ`a, invece che quel muro che di fatto la
isol`o.
Vorrei concludere questa brevissima panoramica accennando a un atto
umanamente lodevole di Gentile il quale, una volta giunto al potere, user`a la
sua teoria della riduzione della scienza a tecnica, come un modo per aiutare
gli scienziati antifascisti, quali i firmatari del Manifesto Croce. Egli stesso
li fece entrare all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana usando proprio questo
argomento (l’irrilevanza filosofica, e quindi politica, dei tecnici) per opporsi
alla parte oltranzista del partito fascista e utilizzare questa potenza tecnica
e intellettuale a favore della societ`a italiana. Oltre che all’Istituto dell’En-
ciclopedia Italiana, episodi del genere, che evidenziano nella personalit`a di
Gentile non solo aspetti umanamente positivi, ma anche il dramma interiore
del filosofo fascista che tenta vanamente di conciliare fascismo e libert`a intel-
lettuale nell’illusione (peraltro non condivisa dal partito) che il fascismo non
ha nulla da temere da questa libert`a, proliferarono anche nel lungo e tormen-
tato periodo in cui il filosofo fu direttore della Scuola Normale Superiore di
Pisa. Una ricostruzione, lucida e storicamente accurata di tali episodi `e stata
recentemente effettuata dallo storico Paolo Simoncelli, sia nella sua relazione
al presente convegno sia nel saggio Cantimori, Gentile e la Normale di Pisa
(ed. Franco Angeli).
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