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Il lungo viaggio dell’Orthomixovirus A/goose/Guangdong/2/96(H5N1) Prima Parte

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INTRODUZIONE La peste aviaria ed i virus dell’influenza Nel 1878 E.Perroncito1 descrisse una grave malattia gastro-intestinale dei polli a carattere epidemico, che denominò peste aviaria; nel 1901 Centanni e Savonuzzi, mediante prove di filtrazione, ne dimostrarono l’origine virale. Oltre mezzo secolo più tardi, nel 1955, le migliorate metodiche virologiche misero in stretta relazione questo virus con il tipo A del virus influenzale; ambedue furono classificati qualche anno dopo come Orthomixovirus, tipo A. Fra questi virus esistono strette affinità virologiche e percorsi epidemiologici legati fra loro, ma la sintomatologia intestinale della peste aviaria è ben diversa da quella respiratoria dell’uomo e di qualche altro mammifero. Nel 1931 Shope
INTRODUZIONE
La peste aviaria ed i virus dell’influenza
Nel 1878 E.Perroncito
1
descrisse una grave malat-
tia gastro-intestinale dei polli a carattere epidemi-
co, che denominò peste aviaria; nel 1901
Centanni e Savonuzzi, mediante prove di filtra-
zione, ne dimostrarono l’origine virale. Oltre
mezzo secolo più tardi, nel 1955, le migliorate
metodiche virologiche misero in stretta relazione
questo virus con il tipo A del virus influenzale;
ambedue furono classificati qualche anno dopo
come Orthomixovirus, tipo A. Fra questi virus esi-
stono strette affinità virologiche e percorsi epide-
miologici legati fra loro, ma la sintomatologia
intestinale della peste aviaria è ben diversa da
quella respiratoria dell’uomo e di qualche altro
mammifero.
Nel 1931 Shope identificò il virus dell’influenza
suina, e poco più di un anno dopo, nell’inverno
1932-33, Smith, Andrewes e Laidlaw, coltivaro-
no, mediante passaggio nel furetto di liquido di
lavaggio faringeo di un paziente, l’agente dell’in-
fluenza umana, un virus con almeno un antigene
2
in comune con quello di Shope. Dopo la descri-
zione rispettivamente nel 1940 e nel 1947 di altri
due virus simili da casi di influenza, i due primi
furono indicati come “virus A” e gli altri rispetti-
vamente “virus B” e “virus C”.
Nell’uomo l’influenza è nota come malattia da
raffreddamento nei mesi invernali (dicembre feb-
braio) da oltre due millenni, e almeno dal XIV
secolo (Villani) come forma epidemica, addirittu-
ra pandemica, non obbligatoriamente dipendente
dalla stagione fredda. I tre virus provocano forme
cliniche praticamente identiche (salvo una mag-
gior gravità di quella da virus A nel corso di alcu-
ne epidemie), ma ben diverse dal punto di vista
epidemiologico. I virus del tipo A colpiscono oltre
all’uomo e al maiale, qualche altro mammifero,
gli uccelli domestici, nei quali provocano la
malattia descritta dal Perroncito, e gli uccelli
palustri. I virus del tipo B, salvo sporadiche segna-
lazioni, si trovano solo nell’uomo e provocano
piccole epidemie, di solito nel tardo inverno o
all’inizio della primavera. I virus C hanno finora
causato, solo nell’uomo, casi sporadici (Tabella 1).
Gli Orthomixovirus
Il genoma degli Orthomixovirus è un RNA, ad
elica negativa che, legato ad una proteina, forma
nel virione il nucleocapside (a simmetria elicoida-
le) al quale sono associate tre RNA polimerasi
RNA dipendenti, che stampano una elica comple-
mentare positiva, successivamente tradotta nei
ribosomi cellulari in proteine con varie funzioni.
Il genoma del virus A si differenzia da quello
degli altri Orthomixovirus, inclusi quelli B e C
dell’influenza, in quanto, a differenza di questi
dove è un unico tratto, è formato da 8 segmenti a
replicazione indipendente (Tabella 2).
Gli otto segmenti di RNA codificano ciascuno
una diversa proteina, con una o più funzioni
(Tabella 2). Determinanti per la epidemiologia
sono le due glicoproteine (glicosilate da enzimi
cellulari) inserite nella membrana pericapsidica.
La emoagglutinina (H), così detta in quanto
messa in evidenza “in vitro” dalla attività emoag-
glutinante, determina “in vivo” l’adesione ai
recettori della membrana citoplasmatica delle cel-
lule e la conseguente penetrazione nel citoplasma,
mentre la neuraminidasi (N), così detta per la sua
attività enzimatica, prende parte alla liberazione
del virioni neoformati, ne impedisce l’aggrega-
zione e ne facilita la diffusione fra le cellule delle
mucose. La capacità di aggredire selettivamente
le cellule delle diverse specie animali ed anche
dei diversi tratti dell’organismo, quello respirato-
rio nei mammiferi, quello intestinale negli uccel-
volume 22, numero 1, 2007
Microbiologia
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IL VIAGGIO DEL VIRUS H5N1
Il lungo viaggio dell’Orthomixovirus
A/goose/Guangdong/2/96(H5N1)
Seconda Parte
Guglielmo Gargani
Firenze
Key words: avian influenza, H5N1, migrating birds
The long journey of Orthomixovirus A(H5N1) (Part II of II)
R E V I E W/ R A S S E G N A
1
1847-1922. professore alla Scuola Superiore di Veterinaria di Torino
2
Detto allora “antigene solubile” poi identificato con quello del nucleocapside
li, è legata alla glicoproteina H.
Mentre per i tipi B e C, identificati dall’antigene
del nucleocapside, non si conoscono sottotipi ma
solo piccole variazioni degli antigeni di superficie
(H ed N), per il virus A i sottotipi sono numerosi,
e definiti dalla combinazione degli antigeni H
(che sono 16) e degli antigeni N (che sono 9).
Le grandi pandemie del XX secolo sono state
conseguenza della diffusione di sottotipi nuovi:
quella del 1918 fu attribuita al virus H1N1 (isola-
to solo nel 1933) sulla base di indagini epidemio-
logiche nella popolazione e su reperti conservati,
mentre per quella del 1957, e quella del 1968 l’at-
tribuzione rispettivamente ai sottotipi H2N2 ed
H3N2 fu determinata con sicurezza dalla identifi-
cazione dei rispettivi stipiti prototipo.
Pochi altri sottotipi di virus A sono stati isolati da
alcune specie di mammiferi: cavallo (con un certo
impatto economico), foca, balena, visone. Tutti i
sottotipi si trovano negli uccelli palustri o maritti-
mi, dai quali alcuni passano agli uccelli domesti-
ci provocando la “peste aviaria”.
Tipi e sottotipi antigene, combinati con i dati di iso-
lamento, vengono utilizzati per la denominazione
dei virus influenzali, codificata dalla WHO, secon-
do il tipo (A, B, C), l’ospite se diverso dall’uomo, il
luogo di isolamento, un numero progressivo, l’anno
di isolamento, l’antigene H, l’antigene N. Il virus
che attualmente interessa è chiamato, secondo que-
sti criteri, A/Goose/Guangdong/2/96/(H5N1). Fu
infatti isolato da una oca nella regione cinese del
Guangdong nel 1996, è del tipo A, con antigeni di
superficie H5 ed N1.
Tabella 2. Segmenti di RNA e proteine codificate
Gene HA Emoagglutinine (16 diverse)
Gene NA Neuraminidasi (9 diverse)
Gene NP Nucleoproteina (3 diverse)
Gene M 2 proteine matrici
Gene NS 2 proteine non strutturali
Gene 6 Polimerasi Pa
Gene 7 Polimerasi Pb1
Gene 8 Polimerasi PB2
Influenza: antropozoonosi o zoonosi
Mentre l’influenza da virus B e C è una malattia a
contagio interumano, quella da virus A è da porsi
fra le antropozoonosi: malattie da agenti infettivi,
che circolano abitualmente in animali diversi dal-
l’uomo, ma possono dopo un occasionale passag-
gio, trasmettersi da uomo ad uomo fino a provo-
care epidemie e pandemie.
Le grandi pandemie e le epidemie annuali di
influenza hanno una storia epidemiologica di con-
tagio interumano, ma 50 anni or sono, ricerche di
epidemiologia sierologica e, recentemente, l’anali-
si molecolare degli stipiti virali hanno dimostrato
che sottotipi virali passarono dagli uccelli all’uo-
mo: previa ricombinazione con virus umani già
circolanti nel 1957 e nel 1968, attraverso il maiale
nel 1918
3
. In quei momenti storici non esisteva
nella popolazione esperienza immunitaria verso
gli antigeni (in particolare l’antigene H) di questi
sottotipi, che quindi circolarono ampiamente e
rapidamente dando origine a pandemie, indipen-
denti dalla stagione fredda: nel 1918 alla fine del-
l’estate e nel 1957 e nel 1968 addirittura all’inizio
di questa. Negli anni successivi alle varie pande-
mie, i nuovi sottotipi continuarono a circolare
nella popolazione umana, resistendo alle difese
immunitarie mediante piccole variazioni antigene,
e provocarono in coincidenza con la stagione fred-
da epidemie, talvolta anche di discrete dimensioni,
a contagio esclusivamente interumano.
D’altro canto in alcuni contesti epidemiologici
l’influenza è una “zoonosi”, infezione che circola
fra gli animali e solo occasionalmente colpisce
l’uomo, ospite terminale, provocando singoli casi
di malattia o piccoli foco-
lai epidemici, senza ulte-
riori contagi interumani,
come quello di congiunti-
vite in Olanda nel 2003
4
,
con peso assai modesto
sulla vita dell’umanità. A
partire dal 1997, però, si
sono verificati episodi di
trasmissione all’uomo,
ancora ospite terminale, di rilievo non per l’inci-
denza, ma per la gravità di evoluzione (letalità
intorno al 50%), in vaste aree del Sud Est asiatico
e, molto recentemente, del Medio Oriente, fino a
un totale di 228 casi di cui 130 ad evoluzione leta-
le (20 giugno 2006)
Situazioni del genere non dovrebbero destare
preoccupazione se non in campo locale, ma l’al-
larme è giustificato dalle precedenti pandemie.
volume 22, numero 2, 2007 IL VIAGGIO DEL VIRUS H5N1
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3
Le indagini sul virus di questa pandemia sono state fatte su materiale conservato; recentemente l’ipotesi del passaggio
attraverso il maiale è stata messa in dubbio: il genoma ricostruito del virus del 1918 sarebbe interamente di origine aviaria.
4
L’episodio da virus H7N7 fu ad andamento benigno, salvo per un veterinario, probabilmente esposto in modo massiccio nel
quale si ebbe patologia respiratoria con evoluzione infausta.
Tabella 1. Genere Orthomixovirus: i virus dell’influenza*
Nome virus Tipo genoma Epidemiologia umana Habitat
Virus influenza A Segmentato Pandemie ed epidemie annuali Molte specie di uccelli
Uomo cavallo maiale
visone foca
Virus influenza B Non segmentato Epidemie Uomo occasionalmente
qualche mammifero
Virus influenza C Non segmentato Casi sporadici Uomo
*Altri due virus ad RNA con genoma non segmentato, quello dell’anemia infettiva dei salmoni ed il
virus Thagoto sono classificati fra gli Orthomixovirus, ma non hanno relazione epidemiologica con
le malattie umane.
È possibile che dopo l’occasionale passaggio
dagli uccelli all’uomo una variante acquisti la
capacità di passare da uomo ad uomo così che
l’infezione da zoonosi diventerebbe antropozoo-
nosi, con le tre fasi: deposito negli uccelli/pas-
saggio all’uomo/catena infettiva interumana.
Il Virus Influenza A e gli uccelli
Fra il virus dell’influenza A e gli uccelli di varie
specie si individuano due tipi di rapporto. Uccelli
acquatici, in gran parte migratori, sono ospiti
naturali, nei quali l’infezione decorre in modo
silente, con prolungata, continua, anche se non
massiccia, eliminazione del virus nell’ambiente.
Polli, tacchini, oche ed anatre domestiche, struzzi,
sono ospiti aberranti, infettati occasionalmente,
finora solo da alcuni sottotipi antigene, con con-
seguente malattia acuta, ad evoluzione spesso
letale, alta contagiosità ed abbondante eliminazio-
ne del virus nell’ambiente.
Nelle molteplici specie di uccelli acquatici, ed in
alcune di uccelli terrestri, sono stati individuati
tutti i sottotipi del virus A. La maggiore o minore
capacità di aggredire gli uccelli domestici e alcu-
ni mammiferi, incluso l’uomo, è, per l’esperienza
attuale, legata agli antigeni H (le emoagglutini-
ne): i sottotipi che provocano epizoozie negli
uccelli domestici, polli, tacchini, struzzi, anatre ed
oche hanno gli antigeni H5, H7, combinati con
vari antigeni N (1). In tutti gli uccelli le sedi di
riproduzione del virus, con l’eccezione delle ana-
tre domestiche nelle quali è il tratto respiratorio,
sono l’intestino e la cloaca. Da qui il virus neo-
formato viene eliminato elimina con le feci nel-
l’ambiente, dove permane a lungo
5
, con possibili-
tà di trasmissione, nelle aree di pastura, ad altri
uccelli selvatici o domestici. Da questi, alcuni sti-
piti sono occasionalmente passati a qualche mam-
mifero, uomo, cavallo, maiale, visone, foca, bale-
na e recentemente, nel corso della attuale epizoo-
zia in Asia, tigre, leopardo, gatto.
Gli uccelli domestici polli e tacchini, per i quali si
verifica il maggior danno economico, presentano
due forme cliniche, una lieve, caratterizzata da
penne arruffate e ridotta produzione di uova, ed
una grave, che si evolve rapidamente verso la
morte (letalità fino al 100%). La prima è legata
agli stipiti LPAI (Low Pathogenic Avian
Influenza), la seconda agli HPAI (High
Pathogenic Avian Influenza), sia dei sottotipi H5,
sia dei sottotipi H7. Fino a non molto tempo fa si
riteneva che gli uccelli acquatici albergassero e
trasmettessero al pollame solo virus nella forma a
bassa virulenza e che fosse il passaggio in serie
nel nuovo ospite a provocare la selezione di
varianti virulente, ma recentemente si è constata-
to che alcune specie acquatiche selvagge infettate
dal sottotipo H5N1 vanno incontro a malattia
acuta e morte.
Trasmissibilità interspecie
La trasmissibilità, limitata da una “barriera” di
classe zoologica, è facile e frequente fra uccelli di
varie specie, difficile e rara fra uccelli e mammi-
feri. Le emoagglutinine virali, che sono la struttu-
ra di attacco del virione alle cellule, si legano a
glicoproteine o glicolipidi della membrana cito-
plasmatica riconoscendo il legame glicosidico fra
l’acido sialico ed il penultimo residuo “alfa 2-
3Gal” negli uccelli, “alfa 2-6Gal” nei mammiferi.
La diversa evoluzione clinica dell’infezione fra
mammiferi e uccelli, patologia respiratoria nei
primi, patologia intestinale nei secondi, è condi-
zionata dalla presenza prevalente dei recettori sul-
l’epitelio bronchiale nei mammiferi, o sull’epite-
lio cloacale negli uccelli.
Il passaggio dagli uccelli ai mammiferi, non si ha
notizia del contrario, presuppone un adattamento
del virus aviario alle cellule di questi, conseguen-
te ad un riassetto genetico o per mutazione, o per
ricombinazione con altro stipite virale. Non
necessariamente il passaggio dagli uccelli all’uo-
mo avviene attraverso un ospite intermedio, pro-
babilmente il maiale nel 1918, ma è indispensabi-
le che dopo una infezione casuale il virus abbia la
capacità di continuare a trasmettersi in una catena
interumana per provocare, data l’assenza di pre-
gressa immunità nella popolazione, una pandemia
come accadde nel 1918 (spagnola), nel 1957
(asiatica), nel 1968 (cinese).
Il virus A/Goose/Guangdong/2/96(H5N1)
Nel 1961 un virus A con antigeni di superficie
H5N1 fu isolato in Sud Africa da un gabbiano, ed
è un suo particolare stipite quello che occupa le
cronache degli ultimi mesi. Il suo viaggio comin-
cia nel 1996 quando compare in un allevamento
del Guangdong, (Cina Meridionale), dando per la
prima volta sintomi di malattia in un’oca dome-
stica. Secondo le regole WHO il virus viene deno-
minato: A/Goose/Guangdong/2/96(H5N1).
Il primo episodio di malattia umana
Non molto tempo dopo, nel maggio del 1997, in
un ospedale di Hong Kong dall’aspirato tracheale
di un bambino di tre anni, affetto da morbo di
Reye, con soprammessa patologia respiratoria,
venne isolato un virus A H5N1, con la caratteri-
stica sequenza di amino acidi basici della emoag-
glutinina degli stipiti aviari ad alta patogenicità
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Il virus A (H5,N1) può sopravvivere nelle feci di uccello a 4°C almeno 35 giorni,
(HPAI) (5) (21). Da qui l’ipotesi che il caso, sia
pure in assenza di richiami epidemiologici, fosse
connesso con gli episodi di infezione occorsi fra i
polli nella stessa area.
Successivamente, fra la fine dell’estate e l’inizio
dell’autunno l’attento controllo della patologia
respiratoria umana fece individuare 15 casi, 6 ad
evoluzione fatale, di malattia acuta da virus
influenzale A (H5N1), non riportabile a contagio
interumano, bensì a pregressa frequentazione dei
mercati avicoli, dove affluivano uccelli vivi,
senza alcuna separazione fra selvaggi e domesti-
ci, con grande facilità di contagio, mediato dalle
feci, da quelli a questi. Le indagini, su polli ed
altri volatili e sulle gabbie, portarono all’isola-
mento di vari sottotipi, fra i quali A/H5N1 (20%
degli isolamenti) ed H9N2 (5%), e l’analisi mole-
colare dello stipite A/Chicken/Hong Kong/258/97
(H5N1), dimostrò una strettissima relazione gene-
tica con quelli provenienti dai casi umani (19), e
con il virus A/Goose/Guangdong/2/96(H5N1)
della epizoozia nelle oche del Guangdong
(Cartina 1).
Individuata la fonte di contagio, si procedette al
risanamento mediante eliminazione del pollame
infetto o sospetto, in tutto oltre un milione di capi,
riuscendo a stroncare rapidamente ogni ulteriore
apparizione di casi umani.
I casi sporadici del 1999
Due anni più tardi, ancora ad Hong Kong, da due
diversi ospedali furono segnalati altrettanti casi di
patologia polmonare ad evoluzione benigna, con
isolamento del sottotipo A/(H9N2), già individua-
to nei mercati nel 1997. I due casi non avevano fra
loro alcun nesso epidemiologico ed una accurata
ricerca su parenti ed operatori sanitari escluse la
eventualità di trasmissione interumana (24).
Ambedue gli isolati, sperimentalmente patogeni
per l’hamster siriano, erano dal punto di vista
molecolare affini e probabilmente discendenti per
quanto riguarda il gene HA dallo stipite di una
quaglia del 1997 (A/quail/HK/G1/97/(H9N2), ma
i geni delle proteine non di superficie avevano un
notevole grado di omologia con quelli dello stipi-
te responsabile dei casi del 1997, A/Hong
Kong/1/1997/(H5N1) (7) 14) (16). Quattro anni
più tardi (2003) il medesimo sottotipo virale fu
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Cartina 1. Inizio diffusione virus A/Goose/Guangdong /2/96/(H5N1)
Cartina 1 - 1996/1997
coltivato da un bambino, ma l’isolato aveva una
diversa provenienza genetica, a testimonianza
della rapida variabilità di questi virus (3).
La circolazione del virus negli uccelli fra il
1997 ed il 2003
Il virus A/Goose/Guangdong/2/96(H5N1),
nonostante la massiccia eliminazione di uccel-
li domestici di Hong Kong, continuò a circola-
re, senza passare all’uomo, nel pollame della
Cina meridionale. Nel 2000 infatti isolati
Goose/Guangdong/2/96/(H5N1) simili furono
coltivati da oche ed anatre importate ad Hong
Kong, e se ne individuarono due linee di discen-
denza genetica, una dalle oche, l’altra, frutto di
recente trasmissione, dall’anatra domestica (18)
(7). Negli anni immediatamente seguenti (2001-
2002) vi furono in Hong Kong vari episodi di
malattia dei polli, con isolamento del medesimo
virus, limitati da misure quarantenarie, dalla eli-
minazione di circa 950.000 uccelli e, a partire dal
2002, dalla vaccinazione con vaccino inattivato
(19).
Nell’ottobre del 2001 comparvero le prime noti-
zie sulla diffusione del sottotipo H5N1 al di fuori
della Cina meridionale. Una indagine trasversale
su uccelli vivi, apparentemente sani, nei mercati
di Hanoi (Viet Nam), portò all’isolamento di vari
sottotipi di virus A. Due, isolati da altrettante oche
sane, erano H5N1/HPAI con elevata virulenza
sperimentale per i polli, ma scarsa per anatre, topi
e furetti (15).
Negli anni immediatamente successivi (2002-
2004) l’influenza aviaria si diffuse in almeno
nove Paesi del Sud Est Asiatico, producendo
notevoli perdite economiche.
A partire dagli ultimi mesi del 2002 ci furono vari
episodi ad alta letalità negli uccelli acquatici
migratori e in quelli domestici di parchi pubblici,
dovuti a vari genotipi della discendenza di
A/Goose/Guangdong/2/96/(H5N1). In questi epi-
sodi vi sono due elementi epidemiologici nuovi:
la tendenza alla escrezione di grandi quantità di
virus dalle anatre domestiche, che potrebbero
assumere, ed hanno assunto in vari distretti, il
ruolo di ultimo anello della catena infettiva prima
del passaggio all’uomo e la notevole mortalità fra
gli uccelli migratori, che ne modificherebbe, per il
ridotto periodo di escrezione, la capacità di diffu-
sione a distanza del virus.
Il ritorno dei casi umani (autunno 2003 -
autunno 2004)
La circolazione sempre più ampia del virus fra gli
uccelli domestici nei primi anni del nuovo secolo
è, per ragioni probabilistiche, premessa della
comparsa di casi umani: quanto più numerosi
sono i focolai di malattia nei polli tanto più fre-
quenti sono le occasioni di infezione per l’uomo.
Un piccolo episodio epidemico, senza seguito,
nell’uomo comparve nel febbraio 2003 in Hong
Kong. Si ammalarono un adulto (con evoluzione
letale della malattia) ed un bambino (con evolu-
zione benigna), ambedue componenti di una
famiglia di quattro persone, che recentemente
aveva fatto un viaggio nella provincia cinese del
Fujian, dove un’altra figlia di 8 anni era morta per
causa imprecisata. Dai pazienti fu coltivato un
virus A/(H5N1), sostanzialmente diverso anche
dal punto di vista antigene, almeno per l’unità
emoagglutinante (8), dai precedenti di origine
umana e con molte caratteristiche dei virus degli
uccelli acquatici (17). L’episodio non è da ritene-
re in relazione con quello del 1997 e con quelli
successivi della fine del 2003 in Tailandia e Viet
Nam, ed è forse conseguente ad infezione da
uccelli acquatici senza il passaggio per i terrestri.
L’indicazione di una possibile maggior capacità
del virus ad adattarsi ai mammiferi si ebbe nel-
l’ottobre dello stesso anno quando nello zoo di
Suphanburi (Tailandia) morirono, dopo brevissi-
ma malattia, due tigri ed un leopardo, nei quali gli
esami necroscopici misero in evidenza polmonite,
e quelli virologici presenza di virus influenzale
A/(H5N1) (9). Le indagini rivelarono che questi
animali erano alimentati con carcasse di polli di
allevamenti avicoli, dove era elevata la mortalità
da influenza aviaria. Più tardi le analisi genetiche
su questo isolato e su quello del successivo episo-
dio (fine 2004) ne dimostrarono l’appartenenza
alla linea degli stipiti del Viet Nam (2), dove nel
frattempo era comparsa la malattia sia nei polli sia
nell’uomo.
Alta mortalità in vari allevamenti aviari, attribui-
bile a stipiti A/(H5N1), era segnalata poco dopo,
nel dicembre, dalla Corea e nel gennaio 2004 dal
Viet Nam. Qui comparvero casi umani (il primo
in dicembre comunicato l’11 gennaio), che rag-
giunsero, a metà marzo, un totale di 23 con 16
esiti letali, tutti da virus influenza A/(H5N1), e
tutti riportabili a contagio da allevamenti fami-
gliari di polli.
Nello stesso mese di gennaio furono segnalati in
Tailandia due casi di infezione di laboratorio, altri
seguirono, per contagio su campo in relazione ad
episodi nei polli, fino ad un totale, a metà marzo,
di 12 con 8 esiti fatali. Focolai di malattia nei polli
furono segnalati anche in Laos, in Cambogia e in
Giappone, ed ai primi di febbraio in Indonesia e
in Cina.
Le segnalazioni riprendono dopo un breve inter-
vallo (marzo-maggio): in Viet-Nam a metà giu-
gno malattia nei polli cui seguono a fine luglio
casi umani (4, tutti ad esito letale, fra fine luglio e
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settembre); in Tailandia, 5 casi umani di cui 4 ad
esito letale, mentre in Cina, Indonesia e Malaysia
ci sono focolai solo nei polli.
Nella Corea del Sud la malattia compare nelle
oche domestiche (13) e da una gazza (Pica pica
sericea), con epato - splenomegalia e necrosi pan-
creatica, si coltiva virus H5N1, sperimentalmente
virulento per i polli.( 12)
A metà ottobre 2004 nel corso di un nuovo episo-
dio nelle tigri di uno zoo in Tailandia si ritenne
possibile il passaggio fra tigre e tigre (22), e ci
furono rapporti di casi sporadici fra i gatti. Per
questa specie, indagini di patologia sperimentale,
ne dimostrarono non solo la sensibilità ma anche
la trasmissibilità fra gatto e gatto (10). D’altra
parte, in questo Paese, indagini epizoologiche
rilevarono che la malattia nei polli, e in misura
minore nelle anatre, era presente in ben 1476 vil-
laggi (23)
CONCLUSIONI
Fra l’autunno del 2003 e quello del 2004 lo stipi-
te virale A/Goose/Guangdong/2/96/(H5N1), tra-
sportato dagli uccelli migratori, ed in parte anche
dal commercio di uccelli vivi, si è diffuso agli
uccelli domestici, polli ed in misura minore oche
ed anatre, dalla penisola indocinese a Corea,
Cina, Giappone, tuttavia i casi umani fino alla
fine del 2004 comparvero in due soli: Paesi
VietNam e Tailandia. (Cartina 2)
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volume 22, numero 2, 2007 IL VIAGGIO DEL VIRUS H5N1
Microbiologia
Medica
91
Guglielmo Gargani
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Article
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In January 2004, highly pathogenic avian influenza (HPAI) virus of the H5N1 subtype was first confirmed in poultry and humans in Thailand. Control measures, e.g., culling poultry flocks, restricting poultry movement, and improving hygiene, were implemented. Poultry populations in 1,417 villages in 60 of 76 provinces were affected in 2004. A total of 83% of infected flocks confirmed by laboratories were backyard chickens (56%) or ducks (27%). Outbreaks were concentrated in the Central, the southern part of the Northern, and Eastern Regions of Thailand, which are wetlands, water reservoirs, and dense poultry areas. More than 62 million birds were either killed by HPAI viruses or culled. H5N1 virus from poultry caused 17 human cases and 12 deaths in Thailand; a number of domestic cats, captive tigers, and leopards also died of the H5N1 virus. In 2005, the epidemic is ongoing in Thailand.
Article
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An avian H5N1 influenza A virus (A/Hong Kong/156/97) was isolated from a tracheal aspirate obtained from a 3-year-old child in Hong Kong with a fatal illness consistent with influenza. Serologic analysis indicated the presence of an H5 hemagglutinin. All eight RNA segments were derived from an avian influenza A virus. The hemagglutinin contained multiple basic amino acids adjacent to the cleavage site, a feature characteristic of highly pathogenic avian influenza A viruses. The virus caused 87.5 to 100 percent mortality in experimentally inoculated White Plymouth Rock and White Leghorn chickens. These results may have implications for global influenza surveillance and planning for pandemic influenza.
Article
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In 1997, 18 cases of influenza in Hong Kong (bird flu) caused by a novel H5N1 (chicken) virus resulted in the deaths of six individuals and once again raised the specter of a potentially devastating influenza pandemic. Slaughter of the poultry in the live bird markets removed the source of infection and no further human cases of H5N1 infection have occurred. In March 1999, however, a new pandemic threat appeared when influenza A H9N2 viruses infected two children in Hong Kong. These two virus isolates are similar to an H9N2 virus isolated from a quail in Hong Kong in late 1997. Although differing in their surface hemagglutinin and neuraminidase components, a notable feature of these H9N2 viruses is that the six genes encoding the internal components of the virus are similar to those of the 1997 H5N1 human and avian isolates. This common feature emphasizes the apparent propensity of avian viruses with this genetic complement to infect humans and highlights the potential for the emergence of a novel human pathogen.
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In April 1999, isolation of avian influenza A (H9N2) viruses from humans was confirmed for the first time. H9N2 viruses were isolated from nasopharyngeal aspirate specimens collected from two children who were hospitalized with uncomplicated, febrile, upper respiratory tract illnesses in Hong Kong during March 1999. Novel influenza viruses have the potential to initiate global pandemics if they are sufficiently transmissible among humans. We conducted four retrospective cohort studies of persons exposed to these two H9N2 patients to assess whether human-to-human transmission of avian H9N2 viruses had occurred. No serologic evidence of H9N2 infection was found in family members or health-care workers who had close contact with the H9N2-infected children, suggesting that these H9N2 viruses were not easily transmitted from person to person.
Article
In May, 1997, a 3-year-old boy in Hong Kong was admitted to the hospital and subsequently died from influenza pneumonia, acute respiratory distress syndrome, Reye's syndrome, multiorgan failure, and disseminated intravascular coagulation. An influenza A H5N1 virus was isolated from a tracheal aspirate of the boy. Preceding this incident, avian influenza outbreaks of high mortality were reported from three chicken farms in Hong Kong, and the virus involved was also found to be of the H5 subtype. We carried out an antigenic and molecular comparison of the influenza A H5N1 virus isolated from the boy with one of the viruses isolated from outbreaks of avian influenza by haemagglutination-inhibition and neuraminidase-inhibition assays and nucleotide sequence analysis. Differences were observed in the antigenic reactivities of the viruses by the haemagglutination-inhibition assay. However, nucleotide sequence analysis of all gene segments revealed that the human virus A/Hong Kong/156/97 was genetically closely related to the avian A/chicken/Hong Kong/258/97. Although direct contact between the sick child and affected chickens has not been established, our results suggest transmission of the virus from infected chickens to the child without another intermediate mammalian host acting as a "mixing vessel". This event illustrates the importance of intensive global influenza surveillance.
Article
Only type A influenza viruses are known to cause natural infections in birds, but viruses of all 15 haemagglutinin and all nine neuraminidase influenza A subtypes in the majority of possible combinations have been isolated from avian species. Influenza A viruses infecting poultry can be divided into two distinct groups on the basis of their ability to cause disease. The very virulent viruses cause highly pathogenic avian influenza (HPAI), in which mortality may be as high as 100%. These viruses have been restricted to subtypes H5 and H7, although not all viruses of these subtypes cause HPAI. All other viruses cause a much milder, primarily respiratory disease, which may be exacerbated by other infections or environmental conditions. Since 1959, primary outbreaks of HPAI in poultry have been reported 17 times (eight since 1990), five in turkeys and 12 in chickens. HPAI viruses are rarely isolated from wild birds, but extremely high isolation rates of viruses of low virulence for poultry have been recorded in surveillance studies, giving overall figures of about 15% for ducks and geese and around 2% for all other species. Influenza viruses have been shown to affect all types of domestic or captive birds in all areas of the world, but the frequency with which primary infections occur in any type of bird depends on the degree of contact there is with feral birds. Secondary spread is usually associated with human involvement, probably by transferring infective faeces from infected to susceptible birds.
Article
Since the outbreak in humans of an H5N1 avian influenza virus in Hong Kong in 1997, poultry entering the live-bird markets of Hong Kong have been closely monitored for infection with avian influenza. In March 1999, this monitoring system detected geese that were serologically positive for H5N1 avian influenza virus, but the birds were marketed before they could be sampled for virus. However, viral isolates were obtained by swabbing the cages that housed the geese. These samples, known collectively as A/Environment/Hong Kong/437/99 (A/Env/HK/437/99), contained four viral isolates, which were compared to the 1997 H5N1 Hong Kong isolates. Analysis of A/Env/HK/437/99 viruses revealed that the four isolates are nearly identical genetically and are most closely related to A/Goose/Guangdong/1/96. These isolates and the 1997 H5N1 Hong Kong viruses encode common hemagglutinin (H5) genes that have identical hemagglutinin cleavage sites. Thus, the pathogenicity of the A/Env/HK/437/99 viruses was compared in chickens and in mice to evaluate the potential for disease outbreaks in poultry and humans. The A/Env/HK/437/99 isolates were highly pathogenic in chickens but caused a longer mean death time and had altered cell tropism compared to A/Hong Kong/156/97 (A/HK/156/97). Like A/HK/156/97, the A/Env/HK/437/99 viruses replicated in mice and remained localized to the respiratory tract. However, the A/Env/HK/437/99 isolates caused only mild pathological lesions in these tissues and no clinical signs of disease or death. As a measure of the immune response to these viruses, transforming growth factor beta levels were determined in the serum of infected mice and showed elevated levels for the A/Env/HK/437/99 viruses compared to the A/HK/156/97 viruses. This study is the first to characterize the A/Env/HK/437/99 viruses in both avian and mammalian species, evaluating the H5 gene from the 1997 Hong Kong H5N1 isolates in a different genetic background. Our findings reveal that at least one of the avian influenza virus genes encoded by the 1997 H5N1 Hong Kong viruses continues to circulate in mainland China and that this gene is important for pathogenesis in chickens but is not the sole determinant of pathogenicity in mice. There is evidence that H9N2 viruses, which have internal genes in common with the 1997 H5N1 Hong Kong isolates, are still circulating in Hong Kong and China as well, providing a heterogeneous gene pool for viral reassortment. The implications of these findings for the potential for human disease are discussed.
Article
Two H9N2 viruses were isolated, for the first time, from humans in Hong Kong in 1999. Isolation of influenza viruses with a novel subtype of the hemagglutinin (HA) drew attention of health care authorities worldwide from the view of pandemic preparedness. Sequence analysis of the HA genes reveals that HA of A/Hong Kong/1073/99 (H9N2) is most closely related to that of A/quail/HK/G1/97 (H9N2) that contains the internal genes similar to those of Hong Kong/97 (H5N1) viruses. Phylogenetic and antigenic analyses demonstrated the diversity among H9 HA. A/Hong Kong/1073/99 was shown to cause a respiratory infection in Syrian hamsters, suggesting that the virus can replicate efficiently in mammalian hosts. We developed a whole virion test vaccine with a formalin-inactivated egg-grown HK1073. Intraperitoneal administration of the vaccine twice to hamsters conferred a complete protection against challenge infection by the MDCK cell-grown homologous virus. Receptor specificity of HK1073 appeared different from that of other avian influenza viruses of H9 subtype which recognize preferentially alpha-2,3 linked sialic acid. Hemagglutination of HK1073 with guinea pig erythrocytes was inhibited by both alpha-2,3 and alpha-2,6 linked sialic acid containing polymers. These data suggested that HK1073 had acquired a broader host range, including humans. Together with data so far available, the present study suggested that isolation of the H9 influenza viruses from humans requires precaution against the emergence of a novel human influenza.
Article
The H5N1 viruses (H5N1/97) associated with the "bird-flu" incident in the Hong Kong SAR have not been isolated since the slaughter of poultry in December 1997 brought that outbreak to an end. Recent evidence points to this virus as having arisen through a reassortment of a number of precursor avian viruses and a virus related to Goose/Guangdong/1/96 (H5N1) (Gs/Gd/96) was the likely donor of the H5 hemagglutinin. We characterize the Goose/Guangdong/1/96-like viruses isolated from geese and ducks imported into Hong Kong in the year 2000. Antigenically and genetically, these recent H5N1 viruses fall into two groups, one mainly associated with geese, and the other, recently transmitted to ducks. Further, viruses isolated from a goose and a duck in December 2000 have acquired NS, PA, M, and PB2 genes from the aquatic avian influenza gene pool through reassortment. For pandemic preparedness, it is important to monitor whether these reassortant viruses have the capacity for interspecies transmission to terrestrial poultry or mammals.
Article
The H5N1 virus (H5N1/97) that caused the bird flu incident in Hong Kong in 1997 has not been isolated since the poultry slaughter in late 1997. But the donor of its H5 hemagglutinin gene, Goose/Guangdong/1/96-like (Gs/Gd/96-like) virus, established a distinct lineage and continued to circulate in geese in the area. In 2000, a virus from the Goose/Guangdong/1/96 lineage was isolated for the first time from domestic ducks. Subsequently, it has undergone reassortment, and these novel reassortants now appear to have replaced Gs/Gd/96-like viruses from its reservoir in geese and from ducks. The internal gene constellation is also different from H5N1/97, but these variants have the potential for further reassortment events that may allow the interspecies transmission of the virus.