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Sviluppo è Coesione e Libertà.

Authors:
  • Fondazione Messina
  • Studio CEVAS

Abstract and Figures

Il testo “Sviluppo è coesione e libertà” indaga e sottopone a valutazione la rete di visioni e azioni di cui si è composta la storia dei primi anni della Fondazione di Comunità di Messina. Con una premessa sulla storia socio-economica e sull’attualità del territorio messinese, con l’introduzione dedicata ai fondamenti costituzionali del welfare di comunità, il testo racconta un modello socio-economico di sviluppo umano territoriale che “va oltre il pensiero liberal-individualistico che ha innervato i paradigmi economici dominanti della modernità”, “oltre” la “dicotomia assoluta” tra la dimensione economica e quella socio-culturale e l’antitesi tra la mano pubblica, unica titolata a rappresentare l’interesse collettivo, e il mercato. Si afferma cioè la “imprescindibilità” della trasformazione migliorativa dell’ambiente in cui viviamo, trasformazione che “consiste ineludibilmente nel rilancio e nell’efficientamento dei beni comuni, nella riqualificazione del territorio e delle costruzioni, nell’autorecupero e nell’autocostruzione del diritto alla casa, nel rilancio imprenditoriale della cultura, dell’artigianato, dell’arte, nella cura dell’ambiente, nella promozione della domiciliarità delle cure, della socialità, dello scambio non monetario, nell’accoglienza”. Il modello è stato sottoposto a valutazione e tre capitoli sono dedicati all’illustrazione della metodologia adottata e dei risultati. In particolare nel quarto e nel sesto capitolo, si analizzano l’evoluzione del capitale sociale del Distretto Sociale Evoluto di Messina e le ricadute a livello socio-economico. Dopo aver analizzato il modello di funzionamento del Distretto Sociale Evoluto (DSE), il modello teorico e valoriale sulla cui base opera e le caratteristiche relazionali del network di enti, imprese profit e non-profit che lo compongono, si risponde ai quesiti principali: (1) Dopo la nascita della Fondazione si è verificata una crescita della fiducia nei confronti dei membri del DSE? (2) Tale crescita si traduce in vantaggi socioeconomici per le organizzazioni che operano nel DSE?
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HDE
Civil economy 1
ISBN 978-88-98973-00-2
@ 2014, Fondazione Horcynus Orca, Messina
@ 2014, Horcynus Digital Editions by GEM s.r.l., Messina
www.horcynusorca.it
www.fdcmessina.org
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera.
Bozarslan, Hamit <1958->
Sviluppo è coesione e libertà: il caso del Distretto Sociale Evoluto di Messina
/ Hamit Bozarslan; traduzione di Mariangela Gasparotto. – Messina: Horcy-
nus Digital Editions, 2014.
(Hde sciences; 1)
ISBN 978-88-????-000-?
I. Sociologia politica – Medio Oriente. I. Gasparotto, Mariangela.
306.20956 CDD-22 SBN Pal0262594
CIP – Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”
sviluppo è
coesione e liber
il caso del distretto sociale
evoluto di messina
a cura della
fondazione di comunità di messina
introduzione di
gaetano silvestri
HDE
Civil economy
Ricerca a cura di:
Gaetano Giunta
Fondazione di Comunità
di Messina e
Fondazione Horcynus Orca
Liliana Leone
Centro Studi CEVAS
Domenico Marino
Università degli Studi
Mediterranea di Reggio Calabria
Francesco Marsico
Caritas Italiana
Gaspare Motta
ASP di Messina
Angelo Righetti
Kip International School
e Fondazione di Comunità
di Messina
Case manager e rilevatori:
Giancarlo Cavallaro
Fondazione di Comunità
di Messina
Piero Cuzzola
ASP di Messina
Fabio Dito
ASP di Napoli
Sara Palermo
Centro studi Ecos-Med
Salvatore Rizzo
Centro studi Ecos-Med
Carla Semaino
ASP di Messina
Elena Trovato
ASP di Messina
Analisi ICF:
Giancarlo Cavallaro
Fondazione di Comunità
di Messina
Fabio Dito
ASP di Napoli
Sara Palermo
Centro studi Ecos-Med
Salvatore Rizzo
Centro studi Ecos-Med
Gaspare Motta
ASP di Messina
Ricerca valutativa
e analisi statistica:
Liliana Leone
Centro studi CEVAS
Lucia Martinez
Centro studi CEVAS
Analisi degli impatti economici:
Elio Azzolina
Centro studi Ecos-Med
Domenico Marino
Università degli Studi
Mediterranea di Reggio Calabria
Liliana Leone
Centro studi CEVAS
Gaetano Giunta
Fondazione di Comunità
di Messina e
Fondazione Horcynus Orca
Modelli matematici:
Gaetano Giunta
Fondazione di Comunità
di Messina e
Fondazione Horcynus Orca
Giovanni Giunta
Ludwig Maximilians Universität,
Monaco di Baviera (Germania)
Domenico Marino
Università degli Studi
Mediterranea di Reggio Calabria
Costruzione degli strumenti
amministrativi:
Angelo Righetti
Kip International School
e Fondazione di Comunità
di Messina
Antonio Pracanica
Amministrativista Messina
Gaetano Giunta
Fondazione di Comunità
di Messina e
Fondazione Horcynus Orca
Coordinatore progetto
di ricerca Sicilia Free:
Angelo Righetti
Kip International School
e Fondazione di Comunità
di Messina
Responsabili del progetto
per l’ASP di Messina:
Biagio Gennaro
ASP di Messina
Antonino Ciraolo
Direttore del Dipartimento
di Salute Mentale di Messina
Il progetto di ricerca è stato
realizzato sotto gli auspici
dell’Assessorato Regionale
alla Salute della Regione
Siciliana, nell’ambito
del progetto Sicilia free
Piano Sanitario Nazionale
Intesa Stato Regione
del 20/4/11 – 84CSR,
e di Caritas Italiana,
nell’ambito del programma
nazionale: Azioni di sistema
contro la crisi.
sommario 7 Premessa
11 capitolo 1
Gaetano Silvestri
I Fondamenti Costituzionali
del Welfare di Comunità
20 capitolo 2
Gaetano Giunta, Liliana Leone, Domenico Marino,
Francesco Marsico, Gaspare Motta, Angelo Righetti
Nuovi Paradigmi Economici
e Welfare di Comunità
31 capitolo 3
Gaetano Giunta
La Descrizione del Distretto Sociale
Evoluto di Messina
e del Progetto Luce è Libertà
165 capitolo 4
Liliana Leone
Evoluzione ed Effetti
del Capitale Sociale del Distretto
Sociale Evoluto di Messina
165 capitolo 5
Liliana Leone, Lucia Martinez
Evoluzione delle Capabilities
degli ex Internati
in Ospedale Psichiatrico
165 capitolo 6
Gaetano Giunta, Liliana Leone
Dinamica Economica del DSE
sviluppo è
coesione e libertà
il caso del distretto sociale
evoluto di messina
165 capitolo 7
Gaetano Giunta, Giovanni Giunta, Domenico Marino
Modello Matematico
165 capitolo 8
Gaetano Giunta, Angelo Righetti, Maria Cristina Netto
Considerazioni Finali
176 Appendici
177 appendice a
Gaetano Giunta
La Fondazione Horcynus Orca
185 appendice b
Angelo Righetti, Maria Cristina Netto
Gli Strumenti Amministrativi a Supporto
del Piano di Superamento degli OPG:
il Caso della Regione Siciliana
196 Bibliografia
Messina, 250.000 abitanti, è una tipica area urbana
meridionale precipitata da anni sotto la soglia di po-
vertà trappola. Essa è caratterizzata da una estrema spe-
requazione nella distribuzione della ricchezza e da una forte
iniquità spaziale (il 2,5% della popolazione detiene il 50%
della ricchezza immobiliare privata). Nel centro cittadino la
ricchezza media pro-capite è 4 volte quella della periferia
nord e 6 volte quella della periferia sud. Molte vallate della
città sono caratterizzate da forte degrado urbano, sociale,
culturale e da strutturale disagio abitativo (oltre 1.800 fami-
glie vivono ancora nelle baraccopoli costruite dopo il terre-
moto del 1908 e dopo i bombardamenti della seconda guerra
mondiale).
In questo contesto sociale ed economico così profondamente
deprivato e disilluso, che quasi come un paradosso si è strut-
turato in un territorio ricchissimo ed unico da un punto di
vista ambientale e paesaggistico, nel luglio 2010 nasce la
Fondazione di Comunità di Messina e con essa il Distretto
Sociale Evoluto.
La Fondazione ha origine dalla costruzione di connessioni pro-
fonde fra i principali sistemi socio-economici del territorio e dal
mettere in rete tali cluster con le più importanti realtà nazionali
ed internazionali dell’economia civile e della nanza etica.
La visione e le pratiche della Fondazione riconoscono che
i processi di progressiva diseguaglianza, le storie sempre
più diffuse di emarginazione ed esclusione personale e col-
lettiva falsicano quel pensiero unico che guarda all’uomo
come una macchina razionale perfettamente utilitaristica,
che guarda conseguentemente ai mercati come all’equilibrio
Premessa
8 curatori
di egoismi, che teorizza come necessaria la diseguaglianza
per incentivare la crescita economica, a discapito di ogni evi-
denza empirica, e che misura il grado di sviluppo delle so-
cietà esclusivamente attraverso il PIL.
Lo sforzo della Fondazione è stato in questi anni ed è an-
cora oggi quello di cercare nuovi orizzonti, nuovi paradigmi
economico-sociali di tipo relazionale, che guardano all’uomo
nella sua irriducibile complessità e agli uomini nella loro ir-
riducibile unicità. La prospettiva in cui opera la Fondazione
è, infatti, proprio quella di sperimentare modelli evoluti di
welfare strutturalmente intrecciati con distretti produttivi di
economia civile, capaci di porre la progressiva espansione
delle libertà strumentali delle persone più fragili, la conti-
nua crescita sui territori di capitale e coesione sociale e la
sostenibilità ambientale come vincoli esterni alla logica di
massimizzazione del protto. Cercare e sperimentare nuovi
paradigmi economici, che scelgono come testate d’angolo le
persone più escluse, le pietre scartate e gettate negli abissi
dell’inferno dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) di
Barcellona P.G., negli abissi dell’inferno delle baraccapoli
centenarie, negli abissi dell’inferno del dominio e del con-
trollo spietato delle mae impone di rischiare, di andare ol-
tre con coraggio gli approcci classici dell’economia fondati su
ipotesi antropologiche riduzioniste e false.
Non è un caso che gli elementi di innovazione introdotti dalla
Fondazione stanno suscitando grande interesse su scala na-
zionale e internazionale. Le teorie e le pratiche socio-eco-
nomiche che stanno alla base del progetto stesso vengono
considerate un paradigma innovativo ed estremamente evo-
luto di welfare comunitario – sarebbe anzi più corretto dire
di workfare comunitario – e di welfare mix. La Fondazione di
Comunità e il progetto Luce è Libertà infatti, sono stati scelti
quali pratiche pilota:
1. dalla principale rete europea di città e regioni per l’econo-
mia sociale REVES,
2. dalla Federazione Europea delle Banche Etiche e Alterna-
tive FEBEA, che lo ha selezionato quale caso studi inter-
nazionale nell’Atlante delle buone pratiche europee rea-
lizzato per conto della Conferenza Economica e Sociale
della Commissione Europea,
3. dall’archivio sulla generatività in Italia, denominato Ge-
nius loci, curato dalla Fondazione Sturzo in collaborazione
con la rivista specializzata Vita,
premessa 9
4. dall’OCSE, nell’ambito del programma LEED.
Recentemente The Global Alliance for Banking on Values ha
selezionato le migliori 24 esperienze di economia etica del
pianeta, fra queste, unica italiana, appare la Fondazione di
Comunità di Messina.
Anche alcune delle organizzazioni delle Nazioni Unite hanno
manifestato grande interesse al progetto Luce è Libertà e
alla Fondazione di Comunità di Messina. Più in particolare,
la Kip International School, la Scuola Internazionale di Sa-
peri, Innovazioni, Politiche e Pratiche Territoriali per la Piat-
taforma del Millennio delle Nazioni Unite ha riconosciuto la
Fondazione quale esperienza matura di sviluppo territoriale
integrato e quale luogo di ricerca e produzione di nuovi
strumenti di conoscenza e d’azione. Per questa ragione la
scuola internazionale ha chiesto alla Fondazione di Comunità
di Messina di fare parte della propria rete internazionale di
strutture di ricerca e formazione.
Il presente volume raccoglie i risultati di un percorso di ri-
cerca-azione che mira a modellizzare e validare i paradigmi
teorici elaborati dalla Fondazione anche attraverso un pro-
cesso valutativo dei primi anni di storia del Distretto Sociale
Evoluto di Messina.
sviluppo è
coesione e libertà
il caso del distretto sociale
evoluto di messina
I Fondamenti Costituzionali
del Welfare di Comunità
Gaetano Silvestri1
L’argomento che mi è stato
assegnato si presta a ri-
essioni molto importanti.
Proverò a proporne soltanto
alcune.
Premetto che la Costituzione italiana è ancora oggi, a di-
stanza di tanti anni, la Costituzione più approfondita e più
completa, dal punto di vista della tutela dei diritti sociali e
quindi in tutti gli aspetti relativi alla tutela sociale. Le altre
costituzioni, anche contemporanee e anche venute dopo la
Costituzione italiana, non contengono un apparato di norme
volte alla valorizzazione, alla tutela e allo sviluppo dei diritti
sociali, intesi come diritti della persona nella comunità. In
quelle costituzioni ci si occupa molto di più dei diritti civili
e dei diritti politici; ecco perché noi abbiamo il vantaggio, e
diciamo anche lo svantaggio, di avere una Costituzione che
guarda lontano sui temi dei diritti sociali.
1 L’uguaglianza e il principio di pari dignità sociale
Partiamo dall’articolo 3 – Principio di uguaglianza. Notiamo
subito un elemento che non sempre è abbastanza messo in
evidenza: la Costituzione non dice semplicemente tutti i citta-
dini sono eguali davanti alla legge; dice “tutti i cittadini hanno
pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”.
1 Presidente della corte costituzionale.
12 gaetano silvestri
Il principio di pari dignità sociale è un elemento sostanziale, e
direi anche consustanziale, della dignità dell’uomo. Ciò implica
la pari dignità di tutti all’interno del tradizionale principio di
eguaglianza, che invece è un principio di uguaglianza formale,
cioè dell’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
L’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge può anche con-
ciliarsi con le più forti, con le più evidenti disparità sociali o
disparità personali. Anatole France (Parigi, 16 aprile 1844 –
Saint-Cyr-sur-Loire, 12 ottobre 1924), afferma che “La legge,
nella sua maestosa equità, proibisce ai ricchi così come ai po-
veri di dormire sotto i ponti, mendicare per le strade e rubare
il pane”. Il principio di uguaglianza è un principio che pre-
scinde dalla situazione specica del soggetto, dalla sua situa-
zione familiare o sociale. Gli dà astrattamente gli stessi diritti
e gli stessi doveri secondo una concezione borghese.
La Costituzione italiana subito, prima di tutte le altre norme,
afferma che tutti hanno pari dignità sociale e sono uguali
davanti alla legge. Perché a nulla, o a poco, varrebbe l’e-
guaglianza formale, cioè l’uguaglianza davanti alla legge, se
i cittadini già non fossero in una condizione di pari dignità
sociale. Questa pari dignità sociale come si ottiene? Non si
ottiene emanando leggi che formalmente sono indirizzate a
tutti, che formalmente attribuiscono diritti e doveri a tutti,
ma che poi nella pratica niscono per non eliminare il disagio
sociale, per non eliminare le condizioni personali che possono
impedire l’accesso a quei diritti, l’esercizio di quei diritti. Ecco
perche la dignità è un prius rispetto all’uguaglianza: se non
si realizza una condizione di pari dignità sociale, cioè l’elimi-
nazione di tutte le cause sostanziali e materiali di discrimina-
zioni, l’eguaglianza formale nisce per essere soltanto un’e-
tichetta, nisce per essere soltanto una nzione giuridica e
non una realtà vissuta.
Quello che dice il I comma dell’articolo 3 è confermato in
pieno nel famoso II comma dell’articolo 3, cioè la cosiddetta
uguaglianza sostanziale. Esso dice: “è compito della Repub-
blica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che
limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impe-
discono in pieno lo sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori e all’organizzazione politica
economica e sociale del paese”.
Vedete come sono messe in relazione queste due cose: il pieno
sviluppo della persona umana è anche un prius rispetto alla
piena partecipazione all’organizzazione politica e sociale. Non
cap. 1 i fondamenti costituzionali del welfare… 13
avremmo una democrazia, una vera democrazia partecipata
(non solo una democrazia del voto e delle campagne elettorali)
se non avessimo messo la persona umana nella condizione di
potere esercitare in pieno il suo diritto di partecipazione. Vi
rendete conto che ci stanno dentro l’istruzione, la salute, la so-
cializzazione e tutti quelli che vengono chiamati diritti sociali,
che consentono questa effettiva partecipazione.
2 L’effettività dei diritti
Qual è la cifra complessiva del secondo comma dell’articolo
3? Il concetto di effettività dei diritti.
Quello che contraddistingue la Costituzione italiana rispetto ad
altre costituzioni contemporanee è che per essa non è suf-
ciente l’attribuzione dei diritti, ma è necessario perseguire l’ef-
fettività degli stessi, cioè la possibilità concreta che vengano
fruiti. Il cittadino non sa che farsene di un diritto che gli viene
attribuito ma che non può concretamente esercitare, per una
serie di ostacoli – come dice il secondo comma – di ordine
economico e sociale. Faccio un solo esempio: in una situazione
in cui non c’è vera libertà, in cui non c’è un’uguaglianza sociale
nelle acquisizioni culturali, di istruzione, di condizioni di vivi-
bilità, di eliminazione di oppressioni di criminalità organizzata
e di altro genere, lo stesso diritto di voto è un diritto solo for-
malmente attribuito: ogni cittadino ha diritto di votare, ma può
essere anche gravemente condizionato. Quindi i grandi diritti
storici, i grandi diritti tradizionali se non sono accompagnati da
un effettivo “uguagliamento degli uomini” – che non signica
egualitarismo, ma signica mettere il soggetto nelle condizioni
migliori per potere partecipare – sono una pura e semplice
attribuzione formale, che nisce addirittura per essere contro-
producente perché il voto condizionato è il voto che porta alla
perpetuazione della stessa oppressione.
3 I diritti inviolabili dell’uomo
L’articolo 3 va visto in relazione all’articolo 2, che forse co-
stituisce una delle norme più felici della nostra Costituzione,
anche per lo stile con cui è stata scritta: “La Repubblica ri-
conosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come
singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua perso-
nalità”. Vedete, qui troviamo l’abbandono dei diritti dell’indi-
vidualismo puro che era tipico della rivoluzione francese (la
14 gaetano silvestri
legge di Isaac René Guy Le ChapelierRennes, 12 giu-
gno 1754-Parigi, 1794 – che aveva abolito tutti i diaframmi
fra l’individuo e lo Stato).
I diritti sono dell’individuo, ma dell’individuo anche all’interno
delle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.
Come dicono i sociologi francesi è l’homme situé (l’uomo nel
suo contesto, “l’uomo situato” letteralmente) quello che viene
preso in considerazione dalla nostra Costituzione, l’uomo nelle
concrete situazioni in cui si trova ad essere inserito, quindi
l’uomo nella famiglia, l’uomo nella scuola, l’uomo nell’orga-
nizzazione sanitaria, sul posto di lavoro, nell’organizzazione di
lavoro; i diritti vanno visti in relazione a questa specica posi-
zione della persona, nell’ambito delle varie formazioni sociali.
Si pone anche un problema dei diritti all’interno di queste for-
mazioni sociali: i diritti dell’uomo nella famiglia e anche verso
la famiglia, i diritti dell’uomo nella scuola e verso la scuola, i
diritti dell’uomo verso l’organizzazione sanitaria che spesso è
anche più costrittiva delle stesse organizzazioni carcerarie. Ho
sempre guardato con molta simpatia a tutte le iniziative me-
ritorie come questa della Fondazione di Comunità di Messina,
e anche a quelle iniziative che pongono attenzione agli istituti
di cura, agli ospedali in generale, dove la libertà e la dignità
dell’uomo spesso vengono fortemente compresse. Qualche
anno fa, proprio a Messina, abbiamo organizzato un convegno
del tribunale del malato dove si parlava appunto di diritti del
malato, di diritti di chi sta ricoverato nella struttura ospeda-
liera. Persone che non possono essere ridotte a un numero e
la loro dignità non può essere considerata irrilevante.
4 Il dovere della solidarietà
Ma torniamo all’articolo 2, che così continua: “… e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”.
“Diritti e doveri”: è una correlazione, un binomio abbastanza
scontato, anche se non sempre nella mentalità corrente c’è
una chiara percezione della necessità che chi vanta diritti
deve pure prendere consapevolezza che su di lui gravano dei
doveri, che non sono solo quelli derivanti dal suo status for-
male. Esempio: io sono un professore, ho il dovere di fare
lezione, io sono un operaio, ho il dovere di fare quelle ore
di lavoro. Non è solo questo. Il dovere di solidarietà sociale
è un dovere che sta fuori dalla logica dello scambio, mentre
cap. 1 i fondamenti costituzionali del welfare… 15
invece la logica dello scambio, anche nei doveri formali di
status, ancora esiste, pur se in forme diverse e variegate. Se
io sono un professore, ho il dovere di fare la lezione perché
mi pagano lo stipendio. Nel campo della solidarietà sociale
la logica dello scambio viene messa da parte e vale la logica
dell’inclusione, la logica del riconoscimento, la logica del sog-
getto che riconosce altri soggetti uguali a lui e ha il dovere di
aiutarli. È chiaro a questo punto che è un dovere peculiare,
morale e giuridico nello stesso tempo. Un dovere giuridico
molto sostanziato di morale, che mi porta a dovere aiutare il
prossimo, a dare qualcosa al prossimo, ma non come segno
di bontà, per seguire i dettami della propria coscienza e così
andare in paradiso, ma perché la Repubblica me lo impone.
Fare parte di questa Repubblica mi grava di questo dovere.
Si tratta di un dovere morale che attiene alla moralità com-
plessiva della Repubblica, che pro quota grava su ciascuno.
Qualcuno potrà dire: stai dipingendo un mondo ideale che
non esiste; la realtà che abbiamo sotto gli occhi è ben diversa
e ben più squallida di questa rafgurazione. Orbene, il com-
pito di una Costituzione è di essere teleologica, cioè di porre
delle nalità; queste devono essere talmente alte, anche
se non astratte, da richiedere sempre uno sforzo ulteriore.
Nel momento in cui qualcuno dicesse che si sia raggiunta la
perfetta libertà, la perfetta uguaglianza forse ci sarebbe un
nuovo regime. Solo i regimi affermano che si è raggiunto
l’obbiettivo e che nulla c’è da fare perché c’è la perfezione.
Nella dittatura del regime sovietico venivano messi in ga-
lera o in manicomio coloro che criticavano il regime perché
esso era così bello, il governo era così perfetto, che chi lo
criticava e non era d’accordo o era un agente straniero, era
un prezzolato nemico del popolo, o era pazzo. Nel primo pe-
riodo staliniano era prevalente la prima qualicazione con i
risultati che tutti conosciamo; nel secondo periodo “breznie-
viano” prevalse la seconda qualicazione; sappiamo che tutti
gli ospedali psichiatrici sovietici erano pieni di oppositori po-
litici deniti malati di mente, perché solo un malato di mente
poteva non riconoscere la felicità che c’era nel regime.
Al contrario, l’articolo 3 della Costituzione italiana riconosce
esplicitamente che la situazione presente, ma non solo nel
1948, la situazione presente anche oggi nel 2013, è imper-
fetta. Esso dice: “è compito della repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale”. L’uguaglianza è pro-
clamata nel comma precedente. Nel secondo comma si ag-
16 gaetano silvestri
giunge: guardate che non è vero che questa uguaglianza ci
sia davvero, perché è necessario un lungo percorso di rimo-
zione di questi ostacoli di ordine economico e sociale.
Quindi il compito del legislatore, del governo, il compito di
tutti coloro che hanno una autorità, un potere pubblico è
quello di rimuovere questi ostacoli, non crearne di nuovi,
cosa che purtroppo talvolta avviene.
5 Il welfare costituzionale
Fatto questo primo inquadramento generale, vediamo subito
che il welfare state, cui pensa la nostra Costituzione, si allon-
tana sia dalla concezione puramente caritatevole della solida-
rietà sia dalla concezione statalista. Entrambe le concezioni
non sono quelle accolte dalla nostra Costituzione, che parla
di un dovere che incombe sui cittadini e non sullo Stato. Ve-
dremo in seguito come si incrocia la posizione dei cittadini e
quella dello Stato, sempre secondo la Costituzione. Si impone
il superamento della logica del mercato, perché i soggetti de-
boli, ai quali maggiormente è dovuta la solidarietà non hanno
nulla da dare in cambio. Deve essere quello che si può chia-
mare, con accento religioso, un dono, ma che un laico chiama
adempimento di un dovere di “membro della Repubblica”
verso qualcuno che non ha niente da dare in cambio.
Su ciò si basa, per esempio, il principio di progressività, cui
si ispira il nostro sistema tributario.
Il principio di progressività del sistema tributario è il supe-
ramento della logica dello scambio, perché chi è ricco deve
dare molto di più di quanto avrà dallo Stato in cambio. La
progressività del sistema tributario è in funzione dell’egua-
glianza, non della logica di scambio, del mercato. Ecco perché
c’è tanta ritrosia a pagare le tasse, perché ciascuno è portato
a pensare: io pago tanto, ma che cosa ricevo in cambio? Può
anche avere ragione: una persona che “dovrebbe” pagare
somme considerevoli si vede dare in cambio molto poco.
C’è un paradosso che mi piace sottolineare: il massiccio im-
piego di risorse nanziarie, da parte dello Stato e di altri enti
pubblici, per sostenere il welfare, siccome le tasse le pagano
in prevalenza i percettori di un reddito sso, nisce per es-
sere per così dire “autonanziato”, nel senso che pesa in gran
parte sulle spalle delle fasce di minor reddito della società.
La maggior parte del carico del welfare burocratico/struttu-
rato/pubblico e pubblicizzato nisce per ricadere sulle spalle
cap. 1 i fondamenti costituzionali del welfare… 17
dei lavoratori, dei percettori a reddito sso, cioè di quelli che
hanno la ritenuta all’entrata e pagano no all’ultimo cente-
simo le tasse, e non invece di coloro che le tasse le evadono
“allegramente”. Questa è una contraddizione; con questo in-
dirizzo non solo non si va in direzione dell’uguaglianza, ma
si va nella direzione opposta, perché la disuguaglianza tende
ancora di più ad accentuarsi, in quanto non soltanto c’è que-
sto grande apparato, ma coloro che già hanno un reddito
basso (solo pochi lavoratori a reddito sso hanno redditi alti)
si vedono decurtare i loro guadagni e sono quelli su cui pesa
il maggior impegno di solidarietà. Anche per questo è neces-
sario alleggerire lo stato sociale e il cosiddetto welfare mix è
coerente con i principii costituzionali.
Bisogna dire che nel 2001, quando è stata fatta la riforma del
titolo quinto della parte seconda della Costituzione, è stato
introdotto un quarto comma all’articolo 118 che in questo
senso è coerente con quello che ho detto nora, ma sulla cui
attuazione lascio a voi giudicare. Dice: “Stato, regioni, città
metropolitane, province e comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento
di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà”.
6 L’idea di sussidiarietà
Il principio di sussidiarietà è un principio molto importante
anche se a volte viene evocato in modo piuttosto generico.
Sussidiarietà signica che i servizi devono essere svolti a un
livello più vicino al cittadino, salvo che ciò non sia possibile;
in tal caso si passa al livello superiore, no a quando si ar-
riva a livello massimo, attualmente quello europeo, quando
è necessaria un’area molto più vasta. La sussidiarietà è stata
paragonata a un ascensore; questo sale man mano che l’a-
rea necessaria per lo svolgimento dei servizi è più ampia.
Si potrebbe obiettare: “chi preme il bottone di quest’ascensore?”.
In realtà il principio di sussidiarietà è un’arma a doppio taglio:
è giusto stabilire come principio che il livello superiore si deve
limitare a fare ciò che è impossibile fare a livello inferiore;
questa può essere una comoda scusa per sottrarre la ge-
stione di determinati servizi. Infatti il IV comma dell’articolo
118 va incontro a una doppia lettura. Qualcuno lo interpreta
come una privatizzazione dell’assistenza, cioè l’eliminazione
del peso burocratico dello Stato e degli altri enti pubblici. Può
18 gaetano silvestri
essere interpretato così, ma non è, a mio modesto avviso,
l’interpretazione più giusta. Con la privatizzazione dell’assi-
stenza, non interviene lo Stato, ad esempio con gli ospedali
pubblici, ma il mercato con le cliniche private: è il cittadino
imprenditore della sanità che si attiva, fatto salvo che alla
ne i soldi sono comunque pubblici.
Un’altra interpretazione (del IV comma dell’art. 118) – ed è a
mio avviso l’interpretazione più corretta – porta alla conclu-
sione che occorre dare il massimo risalto e valore al volonta-
riato, al no prot e alla solidarietà spontanea. Spontanea, ma
incentivata e favorita dallo Stato e dagli altri enti pubblici.
Il circolo virtuoso fra volontariato, no prot e struttura pub-
blica (lo Stato) è fondato sulla incentivazione, sulla crea-
zione di condizioni favorevoli perché si sviluppi questo tipo
di attività e non invece, come purtroppo avviene, per creare
ostacoli di natura burocratica o di altro genere.
7 La qualità della vita come condizione indispensa-
bile della dignità umana
L’obiettivo di questa spontanea solidarietà – da sostenere
e incentivare – è la qualità della vita come condizione indi-
spensabile della dignità umana. La stessa Costituzione te-
desca adottata dopo l’orrore della seconda guerra mondiale
comincia con una affermazione di carattere generale. Nel I
comma della Costituzione tedesca voi leggete che la dignità
umana è inviolabile. La “dignità” ha un signicato molto am-
pio. Dignità nel senso di posizione del soggetto, che deve
poter avere tutte quelle condizioni di vita che lo rendano
uguale ad altri soggetti; condizioni che rendono la sua vita
degna di essere vissuta sia sul piano materiale che sul piano
spirituale. Questa è la dignità: è il non dover dipendere da
nessuno non soltanto in senso materiale, ma di avere attri-
buito come diritto fondamentale tutto ciò che serve per una
esistenza, come dice l’articolo 36 della Costituzione italiana,
“libera e dignitosa”.
È molto interessante mettere in evidenza come si esprime
l’articolo 36, ancorché si riferisca solo ai lavoratori perché
afferma: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione propor-
zionata alla quantità e qualità del suo lavoro” e n qui siamo
nella logica dello scambio. “… e in ogni caso – aggiunge –
sufciente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza li-
bera e dignitosa”. Libertà e dignità signicano disporre di
cap. 1 i fondamenti costituzionali del welfare… 19
risorse sufcienti, poiché chi non dispone di risorse sufcienti
non è né libero né dignitoso. Questo è lo spirito della Costitu-
zione e questa dignità deve essere l’obiettivo fondamentale
anche delle attività di volontariato o di prestazioni spontanee
di servizi che sono orientati alla solidarietà.
Vediamo come la Costituzione – faccio solo qualche esem-
pio – parla di situazioni di disagio che devono essere fron-
teggiate. Ricordate sicuramente l’articolo 38: “I lavoratori
hanno diritto che siano preveduti e che siano assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio,
malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
Se vogliamo sono elencate tutte le cause di disagio. Il IV
comma dell’articolo 38 è ancora più importante, dice che: “ai
compiti previsti in questo articolo provvedono organi e isti-
tuti predisposti o integrati dallo Stato”. Quindi già nel 1948
non si prevedeva una forma di assistenza interamente dele-
gata allo Stato a agli altri enti pubblici. Questa affermazione
del 1948 ha acquistato sempre maggiore attualità man mano
che passavano i decenni.
Ancora altre osservazioni possiamo fare sull’articolo 38. L’a-
iuto ai soggetti deboli non deve limitarsi all’erogazione di de-
naro ma deve consistere in tutto o in parte nella prestazione
di beni e servizi necessari alle esigenze di vita.
“I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio,
malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”.
Mezzi adeguati alle loro esigenze di vita non signicano ne-
cessariamente somme di denaro, ma servizi, condizioni,
aiuti, interventi che valgono a che le esigenze di vita di que-
ste persone siano soddisfatte. Le esigenze di vita sono ma-
teriali, intellettuali, culturali ecc.
Lo Stato non deve necessariamente svolgere direttamente
l’attività assistenziale e di solidarietà ma può scegliere di in-
tegrare le attività che i privati – singoli o associati – svolgono.
Facciamo alcuni esempi: l’assistenza domiciliare agli anziani;
mi ha colpito molto positivamente l’iniziativa recente del Co-
mune di Milano. I cosiddetti “cuochi a domicilio”. Persone che
vanno a casa di anziani in situazioni di non autosufcienza
e cucinano per loro. Mi sembra un’iniziativa bella. Questo
signica prestare mezzi per le esigenze di vita invece di dare
denaro (un assegno e poi è affar tuo) noi ti diamo questo al
posto dei soldi, così puoi affrontare una fondamentale esi-
genza di vita che è quella del nutrimento.
20 gaetano silvestri
8 Servizi sociali come diritti universali
Se proponiamo un modello di welfare comunitario – quello
che stiamo studiando in occasione di questo seminario – ci
accorgiamo che così tenderemo a universalizzare i diritti
(universalizzazione dei diritti signica che questi diritti spet-
tano a tutti in quanto persone umane, anche a coloro che
non sono cittadini) in linea con le più recenti sentenze della
Corte costituzionale in cui si è affermato che i servizi sociali
non sono dovuti soltanto ai cittadini.
Ricordo una delle prime sentenze, appena entrato in Corte:
la Regione Lombardia aveva regolamentato la possibilità
per i disabili (stranieri) di usufruire gratuitamente dei mezzi
di trasporto purché avessero la carta di soggiorno. Questo
avrebbe signicato che il disabile che non avesse la carta di
soggiorno non poteva usufruire del mezzo pubblico gratuita-
mente neanche per andare a curarsi periodicamente. Quella
sentenza insieme a tante altre ribadì l’universalità dei servizi
sociali in quanto mezzi a tutela di diritti fondamentali uni-
versali. Diritti che non possono essere legati a uno status di
cittadinanza, ma che spettano alle persone in quanto esseri
umani; ogni qualicazione ulteriore rispetto a quella di es-
sere una persona umana non è ammissibile.
9 Dall’universalizzazione all’individualizzazione dei
diritti
Quindi universalizzazione (dei diritti sociali); ma c’è qualcosa
di più: c’è la tendenza a individualizzare e a scomporre le
formazioni sociali per individuare appunto i bisogni e per in-
dividuare i mezzi per fronteggiare questi bisogni (economici,
ma non solo). Prendiamo la famiglia, gli aiuti sono pensati
per aiutare la famiglia nel suo complesso, ma anche i sin-
goli componenti: i bambini, gli anziani, le madri. All’interno
di ogni formazione sociale ci sono delle gure speciche ri-
spetto alle quali si sviluppa la solidarietà. Proprio quella lo-
gica dell’homme situé a cui accennavamo prima.
Non possiamo parlare quindi genericamente del povero o del
bisognoso come se ne parlava nella logica e nella losoa ca-
ritatevole del passato: “dobbiamo aiutare i poveri… dobbiamo
aiutare i bisognosi…. No! Noi dobbiamo prevedere dei mezzi
per dare dignità sociale a questi soggetti: ai bambini, ai ma-
lati, agli anziani, alle donne in difcoltà ecc., a coloro che con-
cretamente nella nostra società si trovano in una condizione
cap. 1 i fondamenti costituzionali del welfare… 21
di difcoltà. E lo dobbiamo fare pensando alle loro esigenze
speciche e non prestando rimedi di carattere generale, cui
probabilmente non avrebbero possibilità di accesso.
10 La vera uguaglianza e il riconoscimento delle
differenze
Io ho sempre detto ai ragazzi (gli studenti), nelle mie con-
versazioni di diritto costituzionale all’Università, che l’egua-
glianza, la vera eguaglianza parte dal riconoscimento delle
differenze. Una eguaglianza che non parte dal riconosci-
mento dalle differenze è un “eguagliamento” astratto, giuri-
dico e puramente formale. Il soggetto giuridico, nel vecchio
insegnamento del diritto nelle università era l’asse portante
(della legge). Potenziale destinatario di tutte le norme giu-
ridiche dall’ordinamento. Purtroppo non esiste nessuno che
abbia mai conosciuto un “soggetto giuridico”. Tutti cono-
sciamo Tizio, Caio o Sempronio. Conosciamo il lavoratore,
l’imprenditore, l’avvocato, l’operaio. Conosciamo tutte que-
ste gure, ma il soggetto giuridico non l’abbiamo mai incon-
trato. Non mi è stato mai presentato!
Il soggetto giuridico era un’astrazione dovuta al fatto che i
principii fondamentali del codice della borghesia trionfante
dell’inizio dell’Ottocento venivano considerati talmente uni-
versali da estendersi a qualunque soggetto vivente, a qua-
lunque soggetto fosse nato. Il diritto moderno tende invece
a dire che l’eguaglianza non si realizza attraverso l’astra-
zione, cioè trascurando le differenze, ma anzi valorizzandole
e affermandole attraverso il loro riconoscimento e attraverso
l’uguale diritto ad accedere a determinati servizi, a determi-
nati beni nel corso della vita. Del resto, l’insostenibilità della
gura astratta del soggetto giuridico l’aveva affermata Carlo
Marx alla metà dell’Ottocento, non è proprio una novità. La
novità è che dopo la tragedia della seconda guerra mondiale
si comincia a riconoscere che bisogna trattare i cittadini per
la loro specica collocazione. Il riconoscimento e la tutela
di queste differenze non soltanto sono necessarie per man-
tenere le identità culturali, le identità etiche, il diritto alla
libertà religiosa ecc., ma anche per individuare con sempre
maggiore precisione le forme di disagio da fronteggiare. Non
più “il povero”, “il bisognoso”, ma colui il quale in una situa-
zione specica ha bisogno di uno specico intervento. Ecco
perché il riconoscimento di queste differenze è essenziale
22 gaetano silvestri
per il riconoscimento e la tutela della dignità, perché questa
passa attraverso il riconoscimento della persona umana per
come è! E non per come dovrebbe essere!
Una delle violenze più intollerabili che lo Stato e l’ordinamento
giuridico possa compiere sul soggetto è quella di dirgli come
deve essere per meritarsi determinati beni della vita. La “me-
ritevolezza” attiene all’ascesa sociale del soggetto (il criterio
del merito), ma non può attenere alla sua dignità, cioè al nu-
cleo essenziale della dignità! Anche il peggiore dei criminali
ha diritto al rispetto della sua dignità. E non gli si può dire:
siccome tu avresti dovuto essere diverso da come sei, e non
sei in quel modo, allora determinate cose ti vengono negate.
In altre parole, non c’è un modello di cittadino; solo i regimi
autoritari presentano un modello di cittadino a cui bisogna
uniformarsi. C’è invece “il cittadino” che deve osservare le
leggi! Quando non le osserva ci sono le sanzioni, ma queste
sanzioni non possono mai intaccare il nucleo fondamentale
della sua dignità. Tutta la problematica dei diritti dei detenuti
nasce da questo concetto: il cittadino ha diritto al riconosci-
mento dei suoi diritti e dei suoi bisogni a prescindere anche
dalla “meritevolezza”. Secondo una mentalità tradizionale chi
ha commesso orrendi crimini non merita il riconoscimento dei
suoi diritti o dei suoi bisogni. Ma questi diritti, il rispetto della
dignità, non richiedono una “meritevolezza”. Altra cosa è in-
vece il merito negli studi o nelle professioni.
11 La dignità non è “bilanciabile”
Vorrei chiudere cercando di spiegare che cos’è la dignità,
anche se è difcile dare una denizione; da giurista ho intro-
iettato l’avvertimento: “omnis denitio periculosa est”. Non
bisogna mai dare denizioni generali, perché qualunque de-
nizione si dia o è troppo vasta o troppo ristretta e si trova
sempre chi dice: hai trascurato questo oppure quello. Però
una cosa è certa, e di questo sono assolutamente convinto,
il principio della dignità, introdotto nella Costituzione italiana
da una serie molto lunga di norme, è l’unico valore che non
è “bilanciabile”. Tutti i principii e i valori costituzionali hanno
come loro caratteristica il “bilanciamento”, noi costituzionali-
sti lavoriamo con la bilancia, tutti i principii si bilanciano tra
loro, non c’è una gerarchia tra i principii.
I principii costituzionali devono essere posti in condizione
tale che si sacrichi dell’uno o dell’altro il meno possibile.
cap. 1 i fondamenti costituzionali del welfare… 23
Credetemi è un lavoro difcile, difcilissimo, per questo è
anche causa di errori. Più un lavoro è difcile più è facile
sbagliare; per cui nel “bilanciamento” si sbaglia. Il “bilan-
ciamento” di oggi può sembrare anacronistico rispetto alla
situazione di domani oppure un tipo di bilanciamento può
essere affetto da una visione un po’ unilaterale. Ci possono
essere varie criticità nel giudizio di bilanciamento, ma tut-
tavia ci deve essere, altrimenti si va incontro a quella che è
stata chiamata giustamente “la tirannia nei valori”. Se c’è un
“valore” che viene “valorizzato” in modo assoluto nisce per
mangiarsi tutti gli altri valori, diventa tiranno nei confronti
degli altri valori. La dignità sfugge a questa regola perché
non può essere bilanciata con nient’altro. Non c’è principio,
nalità, interesse pubblico o collettivo ecc. che giustichi la
compressione della dignità dell’uomo.
Io dico spesso che la Repubblica può anche chiedere il sa-
cricio della vita al cittadino: “la difesa della patria è sacro
dovere del cittadino” (art. 52). Voi sapete che la Costituzione
ammette solo le guerre difensive. In caso di guerra difensiva,
nel caso in cui l’Italia venisse attaccata, la difesa è dovere
di tutti e nella difesa è chiaro che si mette a rischio anche la
propria vita. Ma mai può essere chiesto, neanche in questo
caso, il sacricio della dignità. Ecco perché lo stesso articolo
della Costituzione dice “l’ordinamento delle forze armate si
informa allo spirito democratico della Repubblica”.
Pertanto anche il principio di gerarchia che è uno degli ele-
menti costitutivi delle Forze armate, funzionale all’organizza-
zione militare non può mai intaccare il nucleo fondamentale
della dignità.
12 In difesa della legalità costituzionale
Fino a quando ci saranno le persone che credono in questi
principii noi abbiamo la possibilità di dire a chi li viola: atten-
zione! state violando la Costituzione, non state violando la
mia losoa, la mia religione o la mia concezione della vita.
State violando la Costituzione: ecco l’importanza della lega-
lità costituzionale, che ci consente sempre di richiamare l’au-
torità ai propri doveri quindi di rimproverarla quando questi
doveri non vengono soddisfatti.
Premessa1
Sin dal 1955 studi em-
pirici di Kuznets hanno
smentito gli approcci
classici dell’economia
alla Solow, secondo cui
la diseguaglianza costi-
tuisce un incentivo per la crescita. Confrontando i dati empi-
rici, infatti, si è riscontrato che i paesi che avevano manife-
stato maggiore crescita negli ultimi anni erano quelli con un
maggior livello di eguaglianza. Successive veriche su dati
empirici (Alesina Rodrick, 1994; Persson, Tabellini, 1994;
Perotti, 1996) hanno confermato i risultati di Kuznets, met-
tendo denitivamente in dubbio i risultati dei modelli teorici
di stampo neoclassico.
Studi storicamente consolidati ‘falsicano’ dunque gli ap-
procci alla Solow, che si fondano su postulati di perfetta
razionalità e su meccanismi di accumulazione di capitale.
Secondo tali postulati le persone sceglierebbero basandosi
su criteri di massimizzazione dell’utile o, in forma più gene-
ralizzata, di utilità (su quest’ultimo punto si dirà più avanti).
Nell’ipotesi classica, dunque, a parità di informazione ogni
persona e ogni agente economico sceglierebbe in modo
1 La elaborazione teorica qui riportata è anche frutto di lunghe e appassionate di-
scussioni e confronti con Carlo Borgomeo, Presidente della Fondazione con il Sud, e
con Giorgio Righetti Direttore Generale della stessa organizzazione, nel periodo di
costruzione della prospettiva strategica della Fondazione di Comunità di Messina.
Nuovi Paradigmi Economici
e Welfare di Comunità
Gaetano Giunta, Liliana Leone,
Domenico Marino, Francesco Marsico,
Gaspare Motta, Angelo Righetti
cap. 2 nuovi paradigmi economici e welfare di comunità 25
omologo. Il riduzionismo antropologico, da cui l’homo oeco-
nomicus, che Amartya Sen chiama il “folle razionale”, è del
tutto privo, come si vedrà più avanti, di molte componenti
fondamentali della natura umana. Non stupisce, infatti,
come risultati su vasta scala di economia sperimentale con-
fermino la povertà dei postulati antropologici degli approcci
classici dell’economia (Becchetti, 2011). Engel (2011) in
una rassegna dei risultati di 328 diversi esperimenti, per un
totale di più di 28.000 osservazioni, calcola che soltanto il
36% degli individui si comporta da homo oeconomicus rive-
landosi, per esempio, del tutto privo di attitudini pro sociali
durante tali esperimenti.
La quota più alta è quella degli studenti delle facoltà eco-
nomiche (attorno al 40%) mentre si scende sensibilmente
(sotto il 20%) tra gli adulti e gli anziani. D’altra parte, oggi
non è certamente più vero che l’accumulazione di capitale
attivi automaticamente, economia reale e quindi generi svi-
luppo economico.
È noto, inne, che le persone in condizione di forte depriva-
zione manifestano scelte economico-sociali caratterizzate da
fortissima irrazionalità economica.
In uno studio di economia sperimentale (Marino, Migliardo,
1999), viene dimostrato che in condizione di incertezza
le scelte effettuate dagli agenti sono inuenzate pesante-
mente dalla percezione soggettiva che il decisore ha dello
stato delle cose. In particolare, viene anche messo in evi-
denza uno sforzo di revisione delle decisioni man mano che
il “gioco” procede. Tale revisione consiste nella variazione
soggettiva dei pesi assegnati ai singoli esiti, senza che siano
variate le distribuzioni di probabilità. In particolare viene evi-
denziata una dissonanza cognitiva degli agenti più marcata
nella fase iniziale degli scambi. In conclusione, gli agenti in
condizioni di incertezza si discostano dalle decisioni razionali
che deriverebbero dall’analisi delle distribuzioni di probabilità
e tendono soggettivamente ad attribuire peso maggiore o
minore a singoli esiti.
Da quanto n qui detto appare chiaro perché, in contesti ter-
ritoriali caduti sotto la soglia di povertà-trappola, paradigmi
economici inclusivi rispetto a soggetti deboli, per esempio
rispetto a persone con problemi di salute mentale, che sono
l’oggetto del nostro studio, vadano radicalmente rifondati a
partire da modelli antropologici più complessi rispetto alle
ipotesi riduzioniste di perfetta razionalità.
26 giunta / leone / marino / marsico / motta / righetti
Figura 1: Le dinamiche delle scelte delle persone
che stanno alla base dei processi socio-economici.
1 Le ipotesi antropologiche
Qui di seguito riportiamo, in modo schematico, la sequenza
logica dei meccanismi di scelta delle persone e quindi degli
agenti economici del nostro modello sociale da cui trarre im-
portanti indicazioni preliminari per ri-fondare politiche di
welfare e di sviluppo locale strutturalmente integrate.
Le persone, dunque
gli agenti economici,
scelgono e agiscono
sulla base della co-
struzione di una “me-
diazione d’oggetto”.
La sfera della scelta ha
certamente una com-
ponente razionale, ma
essa è anche legata
alla salute, al genere,
all’età di ciascun indi-
viduo. È inoltre certa-
mente condizionata da
una dimensione psi-
co-sociale (dalla perce-
zione dei propri bisogni
e dalle credenze – da ciò che appare realistico possa attuarsi)
e da una dimensione psicologica che si costruisce attorno a
quel non-equilibrio dinamico e tutto personale che oscilla fra
i desideri e le paure di ciascuna persona. Il peso, però, che
ciascun individuo attribuisce a paure e desideri, aspettative
e bisogni dipende fortemente dalla propria condizione. Com-
ponenti personali di tipo psicologico non possono non essere
tenute in seria considerazione nel micro-fondare paradigmi
economico-sociali (Tversky, Kahneman, 1974, 1981; Kahne-
man, 1994, 2003; Kahneman et al., 2004).
Il peso che ciascuna persona dà a bisogni e paure rispetto
all’aspettativa reale di uscire, per esempio, dalle condizioni di
povertà, di dipendenza, di deprivazione o comunque rispetto
alla possibilità reale di far convergere le aspettative concrete
verso i propri desideri dipende dal paesaggio urbano e umano
dentro cui vive; dipende, quindi, dalla estetica del proprio
territorio vitale e dalla lettura che ciascuna persona fa del
microclima sico e relazionale dentro cui vive.
Le scelte si fondano su equilibri di contesto, non costruite a
partire da “agenti rappresentativi”, ma più correttamente co-
cap. 2 nuovi paradigmi economici e welfare di comunità 27
struite su dinamiche collettive ed evolutive alla Aoki (2002).
Se le persone percepiscono contesti prevalentemente di fal-
chi (rifacendoci al linguaggio della Teoria dei giochi) è più
facile che le scelte restino intrappolate da paure e bisogni;
se al contrario vengono percepiti contesti di colombe, cioè
di coesione, scattano più facilmente meccanismi di condivi-
sione, di cooperazione e di proiezione di desideri. I conte-
sti condizionano, dunque, fortemente le scelte dei singoli e
quindi le economie dei territori.
Accanto a questo livello orizzontale di costruzione di coe-
sione sociale esiste un livello verticale (temporale) capace
di fornire elementi qualitativi perché l’uomo, nella sua com-
plessità e non nella falsa caricatura (homo oeconomicus)
dei paradigmi economici classici, sia al centro dei processi
di trasformazione sica e socio-economica dei territori: ap-
procci endogeni non possono non fondare le proprie radici
nelle social capabilities delle comunità locali, ma contestual-
mente non possono non evolvere dentro dinamiche di inno-
vazione che nascono dalla capacità dei territori di trattenere
e attrarre talenti creativi e di mettere a valore d’uso l’inno-
vazione scientica e tecnologica, seppur nei limiti della so-
stenibilità. La consapevolezza che l’agire umano è divenuto
una forza critica nel determinare il destino di un sempre più
ampio spettro di sistemi biosici vincola qualsiasi tentativo di
spiegare e di progettare il futuro a partire dall’agire umano
culturalmente, tecnicamente ed economicamente connotato.
Ciò equivale a porre un vincolo di correlazione e di responsa-
bilità sociale rispetto alle generazioni future.
È evidente che a questo punto della riessione siamo an-
cora, seppur in una forma generalizzata, nell’ambito dell’u-
tilitarismo economico con vincoli ambientali. Se micro-fon-
dassimo nuovi paradigmi economico-sociali solo a partire
dalla ricerca di utilità, o anche di felicità personali, dobbiamo
avere la consapevolezza che tali modelli potrebbero essere
compatibili (in termini di equilibri economici paretiani)2 con
2 Si ha ottimo paretiano (detto anche efcienza allocativa) quando non è
possibile alcuna riorganizzazione della produzione che migliori le condizioni di
almeno una persona senza diminuire quelle degli altri. In tale situazione, l’utilità
di una persona può essere aumentata soltanto da una diminuzione dell’utilità di
qualcun altro; vale a dire che nessuna persona può migliorare la propria condi-
zione senza che qualcun altro peggiori la sua.
28 giunta / leone / marino / marsico / motta / righetti
situazioni di forte sperequazione economico-sociale, addirit-
tura con situazioni di sostanziale sfruttamento. Tali equilibri
(di povertà trappola) divengono possibili proprio perché le
persone più fragili, deprivate di libertà, tendono a rimanere
intrappolate dalla loro necessità di sopravvivere e possono
di conseguenza non avere il coraggio di chiedere (di immagi-
nare) concreti cambiamenti e/o agire per essi. Le loro aspet-
tative vengono schiacciate, senza alcuna ambizione, dalle
poche cose considerate possibili. La disillusione allontana il
desiderio da ciò che appare possibile e frena comportamenti
positivi nalizzati a uscire dalla condizione di povertà, di di-
pendenza, di deprivazione. Le politiche di lotta alla povertà,
alle dipendenze e alle deprivazioni devono necessariamente
essere complesse e devono coinvolgere azioni strutturali ri-
volte a sistema e nalizzate alla promozione della coesione
sociale e di contesti socio-economici fecondi rispetto allo svi-
luppo di progetti personalizzati di espansione delle libertà
personali (come vedremo più avanti). Esse devono creare
le condizioni perché le persone abbiano una vera possibilità
di giudicare quale tipo di vita vorrebbe vivere (Sen, 1994;
Nussbaum, 1999).
La base informativa dei modelli economici fondati sulla ra-
zionalità assoluta o anche sull’utilitarismo è evidentemente
insufciente. Il convergere delle aspettative reali verso la
sfera dei desideri personali e collettivi è legata al livello di
capacitazione delle persone e questo fatto costituisce l’oriz-
zonte umano necessario per orientare lo sviluppo delle per-
sone, delle società e perno delle economie.
Se uno dei nostri scopi è, dunque, quello di capire le possi-
bilità reali che ciascuna persona ha di perseguire e realiz-
zare i propri obiettivi si deve tener conto non solo dei beni
principali da essa posseduti, ma anche delle caratteristiche
personali e relazionali che governano i processi di conver-
sione dei beni principali in capacità di promuovere i propri
scopi (in tale prospettiva, per esempio, una persona anziana
o disabile o cagionevole di salute può essere svantaggiata an-
che con un pacchetto di beni primari più consistente rispetto
a una persona giovane e sicamente sana). Sono molteplici
gli elementi che inuenzano il rapporto fra reddito, benes-
sere e libertà. La personalizzazione delle pratiche di welfare
ci appare una opzione strategica assolutamente necessaria.
A tale proposito ricordiamo che Amartya Sen denisce fun-
zionamento ciò che una persona può desiderare, ciò a cui una
cap. 2 nuovi paradigmi economici e welfare di comunità 29
persona dà valore (dall’essere nutrito all’essere curato, dal
bisogno di partecipare a quello di socializzare ecc.) e capabili-
ties l’insieme delle combinazioni alternative di funzionamenti
che ciascuna persona è in grado di realizzare. Le capacita-
zioni sono dunque una sorta di libertà sostanziale, libertà di
mettere in atto più stili di vita alternativi (Sen, 1999).
L’espansione delle libertà reali è dunque il ne, ma anche il
mezzo dello sviluppo.
Se riportiamo quanto n qui detto al linguaggio micro-fonda-
tivo nora utilizzato, non c’è dubbio che le capabilities su
alcune aree di funzionamenti possono spingere la sfera della
scelta e delle aspettative reali verso i desideri e verso di-
namiche di cambiamento anche in contesti ostili, anche ri-
spetto a dinamiche socio-economiche intrappolate in con-
dizioni fortemente sperequate. Amartya Sen ha dimostrato
matematicamente che possono non essere rispettate con-
temporaneamente efcienza paretiana e libertà e alle libertà
va ancorato un paradigma socio-economico funzionale allo
sviluppo umano e perno, per quanto appena detto, allo svi-
luppo economico.
Il nostro scopo, ora appare chiaro perché, è quello di model-
lizzare paradigmi socio-economici capaci di porre le libertà
delle persone più fragili e la sostenibilità ambientale come
vincoli esterni alla logica di massimizzazione del protto.
In coerenza con le più avanzate ricerche in ambito econo mico e
sulla disabilità (Nussbaum, 2007; Borgnolo, De Camillis et al.,
2009) e con le più evolute sperimentazioni di welfare locali, si
può dimostrare che le aree di funzionamenti più strettamente
correlati allo sviluppo economico sono (Giunta, 2011):
superamento delle deprivazioni dovute all’assenza e/o all’in-
sufcienza di reddito/lavoro e alla precarietà dell’abitare;
conoscenza;
partecipazione e democrazia.
Il nucleo interiore più profondo, fondativo di tutti i funziona-
menti umani che afferiscono alle aree sopra indicate è certa-
mente l’affettività.
L’affettività determina la conoscenza; rende funzionale alla
cura di sé, al rispetto della propria intimità, una casa scelta;
concorre a determinare le motivazioni per un lavoro, per
l’impegno sociale, per sviluppare il diritto di prendersi cura
degli atri. L’affettività è dunque un funzionamento genera-
tivo e la sua piena espansione rende possibile la costruzione
30 giunta / leone / marino / marsico / motta / righetti
di capitale sociale bridging e quindi favorisce la partecipa-
zione alla vita civile delle comunità locali e l’accesso a forme
concrete di democrazia.
L’affettività è dunque il determinante originario interno delle
capabilities sulle principali aree dei funzionamenti umani, il
suo sviluppo permette quindi di cogliere e di scegliere fra le
possibili alternative che i sistemi socio-economici territoriali
sono capaci di costruire.
Il diritto a occuparsi degli altri (Righetti, 2013), con rispetto,
benevolenza, tolleranza, senza nalità di potere o di lucro è
certamente tra i diritti interumani, sociali, comunitari, par-
ticolarmente disatteso, discriminato, stravolto o trasformato
in un dovere appartenente al mondo dei poteri e non dei
diritti naturali della persona. È dalla riappropriazione collet-
tiva di questo diritto, che occorre ripartire per costruire o
rinsaldare nuovi paradigmi di welfare e più in generale nuovi
tessuti (micro contesti) sociali capaci di germinare e pro-
porre modelli alternativi di economia inclusiva e rispettosa
della dignità umana, dei diritti fondamentali e costruttivi di
benessere.
È da questo diritto che discendono le conoscenze come ac-
cumulo e come esperienza. È dall’esercizio di questo diritto
che dipende anche la qualità sociale delle relazioni e della
vita delle comunità.
Le professioni d’aiuto, infatti, si sono sviluppate proprio a
partire da questo diritto. La riconoscenza sociale ha dato
loro un valore economico e un’organizzazione che hanno
permesso lo sviluppo delle conoscenze, di abilità applicative,
professionali e riproducibili.
Storicamente, i sistemi di welfare nascono e divengono im-
ponenti a partire da questi presupposti: prima direttamente
caritatevoli, poi con la nascita degli Stati moderni, organiz-
zati come emanazione diretta dello Stato, statali appunto,
con un tasso di democrazia corrispondente alla tipologia po-
litica degli Stati stessi. Sempre, comunque, tendenzialmente
istituzioni autoritarie e, in alcuni casi, votate all’eugenetica
dei comportamenti. Successivamente, con lo sviluppo delle
democrazie, i sistemi di welfare divengono servizi pubblici
più deregolati-partecipati e meno autoritari, ma facile preda
del welfare dei consumatori, nel quale il diritto a occu-
parsi degli altri diviene una tecnica da vendere e comprare
globalmente.
cap. 2 nuovi paradigmi economici e welfare di comunità 31
Quest’ultima tipologia di welfare si è diffusa voracemente,
sull’assioma della coincidenza fra sviluppo dei sistemi di pro-
tezione sociale e società di mercato, assegnando ad essa
dapprima una funzione riparativa e poi riproduttiva del mer-
cato stesso, espropriando i territori, le comunità e le persone
di ogni potere e ponendole in balia di poteri che non hanno
più territorio. Le risorse pubbliche, organizzate nei sistemi di
welfare, vengono consumate come fattori di sviluppo e incre-
mento del mercato. Per il proprio automantenimento, con-
servazione o difesa tendono continuamente a sequestrare un
diritto sostanziale di tutte le persone, trasformandolo in un
privilegio di casta o corporazione, a costi esponenziali.
L’uguaglianza come principio, viene usata contro le libertà:
trasformando il diritto a occuparsi degli altri in un dovere di
alcuni sui molti.
Il diritto a occuparsi degli altri diviene allora un bisogno per
coloro che sono fuori dal sistema e si riaggrega in un diritto
naturale collettivo di condivisione, responsabilità del destino
del prossimo, quindi proprio e delle proprie relazioni.
I sistemi di welfare vivono oggi una crisi solo apparente-
mente economica ma, in effetti, di potere e solo redistribu-
tiva sul versante economico.
In tale contesto, il sistema di protezione sociale cui facciamo
riferimento e che consideriamo una via capace di ricostruire
diritti è il welfare comunitario e familiare.
È questa la condizione attraverso cui la persona riprende una
parte del potere e dei diritti che le erano stati tolti o che aveva
dato in delega alle istituzioni/mercato, pretendendo anche
una maggiore autonomia economica per scegliere come edu-
care i propri gli, dove e come accedere alle cure; chiedendo
inoltre di non essere costretta a consegnare i membri della
propria rete familiare, divenuti non adattivi e improduttivi, ai
sistemi di auto-riproduzione del mercato; inne, di conservare
e rendere più bello l’ambiente nel quale vivere.
La persona, in questo sistema, vuole essere considerata
bene comune e fondamento dell’esistenza delle Istituzioni
pubbliche, ribadite quali enti indispensabili; essa comincia
ad affrancarsi dalla schiavitù dei consumi e richiede indietro
il proprio destino, reso mercato e venduto come presta-
zione o tecnica, affermando sistemi di welfare di rete, di
comunità, di villaggio, di paese e di quartiere in cui le rela-
zioni, l’ambiente, i consumi ridiventano strumenti regolati
32 giunta / leone / marino / marsico / motta / righetti
Figura 2: Le principali aree
dei funzionamenti umani
di responsabilità delle persone stesse nei confronti del loro
prossimo e per questo autoprodotti in modo microcollettivo
e condiviso. Si determina in tal modo una globalizzazione
che mette in rete il valore della persona, della comunità
locale, dell’ambiente, dei prodotti, delle esperienze e dei ri-
sultati ottenuti nell’esercitare il diritto naturale a occuparsi
degli altri.
Sostenere e promuovere il diritto a occuparsi degli altri, con
rispetto, benevolenza, tolleranza, senza nalità di potere o
di lucro signica immaginare e produrre all’interno di un si-
stema di protezione un nuovo paradigma economico fonda-
tivo e ricostruttivo dei legami comunitari e familiari.
Ripartire dai diritti fondamentali delle persone, concorre a
determinare il livello di espansione delle libertà strumentali
(le capabilities) in un territorio, e queste, a loro volta, con-
corrono a determinare lo sviluppo economico. Ciò non appar-
tiene più a una teorizzazione astratta ma è largamente di-
mostrato dalle esperienze concretamente realizzate in molti
territori e nell’esperienza oggetto di questo studio.
Lo schema seguente riassume quanto appena detto e chiari-
sce perché sistemi di welfare evoluti devono, interdipenden-
temente alla promozione di capitale sociale, agire in modo
personalizzato sugli assi di intervento dell’abitare, del red-
dito/lavoro e dell’affettività: è necessario, infatti, sostenere
la fuori-uscita da situazioni di deprivazione materiale e di
povertà profonda, e contestualmente incontrare e farsi ca-
rico di quel bisogno d’amore, profondamente umano, che è
capace di riattivare la persona nel suo complesso (nella pie-
nezza della propria dimensione relazionale, conoscitiva, par-
tecipativa ecc.).
2 Il modello
Sul piano logico strategico piani di sviluppo locale inclusivi in
aree cadute sotto la soglia di povertà trappola e caratterizzati
Conoscenza Abitare Reddito/Lavoro Partecipazione
Affettività
cap. 2 nuovi paradigmi economici e welfare di comunità 33
da forte sperequazione nella distribuzione della ricchezza e
da una scarsa propensione alla coesione sociale dovranno
implementare in modo interdipendente progetti personaliz-
zati nalizzati ad espandere le libertà relativamente ai prin-
cipali funzionamenti umani sopra individuati e, contestual-
mente, promuovere sistemi socio-economici ad alto capitale
sociale, responsabili sul piano ambientale e sociale e capaci
di generare climi di ducia, che da qui in avanti chiameremo
Distretti Sociali Evoluti (DSE). L’utilizzo del termine Distretto
si lega alla tradizione italiana dei sistemi produttivi, così
come si è evoluta nell’idea di Distretti Culturali Evoluti (vedi
per esempio Sacco e Tafani Blessi, 2005).
Il DSE nasce per promuovere la creazione di interconnessioni
feconde tra sistema di produzione, sistema di welfare, dota-
zione di conoscenze, ricerca e sviluppo, le social capabilities
dei territori in cui si opera.
Il punto di partenza è costituito dalle relazioni analitiche che
governano la composizione e l’evoluzione del DSE. Esse at-
tengono alla presenza di molteplici equilibri storicamente
determinati presenti a livello locale e che si sostanziano in
un differenziale legato a diversi funzionamenti istituzionali,
culture locali, capacità innovative diffuse, sistemi produttivi,
dotazioni di stock di capitale.
Da un punto di vista economico il DSE opera in una logica
di tipo bottom-up che garantisce un maggiore pluralismo e
una crescente cooperazione tra gli attori in campo (Bian-
chi, 1995b). Inoltre, le economie di network (che compren-
dono anche i volumi determinati dalla domanda economica
che nasce dalla comunità allargata di persone stakeholders
del DSE) costituiscono una base importante per garantire il
break-even delle singole imprese componenti i cluster.
Da un punto di vista comunitario e socio-sanitario indubbia-
mente il DSE costituisce il substrato che condiziona e mo-
dica i più inuenti determinanti ambientali di salute e di
benessere distali e prossimali. I determinanti di salute sono
classicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS/
WHO) secondo un modello “a più livelli” che include stili di
vita, reti sociali e legami comunitari, contesto socio-econo-
mico e socio-culturale, accesso all’istruzione e al lavoro. Il
modello di sviluppo sottostante al DSE, al contrario degli ap-
procci atomistici (il servizio più o meno istituzionalizzante, la
singola cooperativa di inserimento ecc.), genera alternative
rispetto alle principali aree dei funzionamenti umani esplici-
34 giunta / leone / marino / marsico / motta / righetti
tate nel precedente paragrafo e pertanto costituisce un mi-
cro-clima sociale generatore di libertà.
Inne, fatto non meno importante, la promozione di si-
stemi ad alto capitale sociale di dimensione mesoscopica,
dove si sperimentano forme stabili di cooperazione anche
economica, facilita la transizione territoriale di società non
cooperanti verso società cooperanti (Nowak, 2006; Nowak e
Higheld, 2012). Il Distretto Sociale Evoluto può quindi rap-
presentare un nucleo aperto capace di indurre cambiamenti
più ampi e di costruire attivamente un proprio ambiente
‘favorevole’, sviluppando scambi di risorse (strumentali,
conoscitive, economiche ecc.) con rilevanti attori esterni al
reticolo strettamente territoriale. Condizione, quest’ultima,
necessaria per attivare le persone, le comunità e quindi le
economie dei territori in cui esso opera.
Le condizioni che regolano una durevole ed efcace self-go-
vernance di beni e risorse comuni e il rapporto tra processi di
produzione e condivisione della conoscenza, processi decisio-
nali, relazioni duciarie e norme sono stati ampiamente stu-
diati dal Premio Nobel per l’Economia Elinor Ostrom. La sua
teoria dei beni comuni o theory of commons (Ostrom, 1990)
è stata sviluppata per spiegare il successo o l’insuccesso di
soluzioni collettive prodotte dalle comunità e dalle istituzioni
per risolvere il problema della gestione di risorse comuni ‘-
nite’ e a rischio di depauperamento come acqua, foreste, ter-
reni, spazi urbani e anche conoscenza (Hess, Ostrom, 2003,
2007). Le istituzioni sono qui intese quali prodotti culturali
che facilitano e sostengono l’azione collettiva che in essi ha
un carattere di tipo regolativo in cui i soggetti si coordinano
e agiscono in maniera congiunta. Tali Studi hanno dimostrato
teoricamente e anche empiricamente che molte istituzioni di
successo sono un ricco mix privato-pubblico non necessaria-
mente regolamentate da norme legislative ma, al contrario,
da soluzioni a base comunitaria.
Esiste una stretta corrispondenza tra i meccanismi, il sistema
di regole e le strutture di governance del DSE di Messina con
gli otto design principles identicati dalla teoria per una sta-
bile gestione di risorse e beni comuni locali.
Gli individui sono concepiti come “allievi fallibili”, persone
considerate per le risorse che portano e non solo per man-
canze-interessi e preferenze, non sono concepiti in un’ot-
tica di massimizzazione della propria utilità ma piuttosto
come individui morali dotati “di un senso di giustizia com-
cap. 2 nuovi paradigmi economici e welfare di comunità 35
Figura 3: Schema logico del modello
di welfare di comunità
plesso, non riducibile a quello modellizzato dall’utilitarismo”
(Vitale, 2010).
Quanto n qui detto chiarisce come nuovi paradigmi per lo
sviluppo locale, non possono prescindere dall’implementa-
zione di modelli di welfare comunitario strutturalmente inter-
connessi a forme di economia civile3 produttiva, ecologica-
mente sostenibile e organizzata per cluster a reti di cluster,
capaci di costruire opportunità plurali, di fare da facilitatori
ambientali per le persone più fragili, riconoscendo le diffe-
renti storie, potenzialità relazionali, capacità individuali, il
portato dei desideri e delle paure, delle aspettative e dei
bisogni che dinamicamente caratterizzano ogni persona.
Paradigmi efcaci per lo sviluppo locale sono, dunque, fun-
zionalmente schematizzabili come una sorta di algoritmo di
politiche e meccanismi che si alimentano di capitale sociale
(dei sistemi socio-economici di riferimento), del livello delle
capacità delle persone (interne ai sistemi osservati) e delle
risorse economiche endogene ed esogene capaci di attivare
e poi sostenere i processi economici dei cluster stessi.
Tale modello, al contrario degli approcci classici di welfare
istituzionalizzanti, amplica il capitale sociale, le capacità in-
dividuali e le risorse economiche connettendosi a forme di
economie produttive.
Il modello e tutte le variabili socio-economiche si riferiscono
a un DSE.
Lo schema riassume gracamente quanto appena detto.
3 Per una rassegna sulla denizione di economia civile vedi per esempio Bruni L.,
Zamagni S. (2004), Bruni L., Zamagni S. (2009), Sacco P.L., Zamagni S. (2002),
Sacco P.L., Zamagni S. (2006), Pelligra V. (2007), Bruni L. (2009).
Il welfare comunitario
Capitale sociale Capitale sociale
Capacitazioni Capacitazioni
Risorse economiche Risorse economiche
36 giunta / leone / marino / marsico / motta / righetti
Appare chiaro come una prima validazione empirica della te-
oria sinteticamente sopra esposta passi dalla risposta a una
serie di quesiti valutativi applicati al caso reale del Distretto
Sociale Evoluto promosso dalla Fondazione di Comunità di
Messina nell’area dello Stretto di Messina:
1. Qual è e come si è evoluto il Capitale Sociale del DSE di
Messina?
2. Quali sono e come si sono evolute le capabilities delle
persone, a partire dalle più fragili (gli ex internati dell’O-
spedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.G.) che
operano nell’ambito del DSE di Messina?
3. Come si è evoluta l’economia del DSE di Messina nei
primi anni di operatività? Il DSE si trasforma per salti?
E quindi coerentemente l’analisi statistica conferma un
nesso fra capitale sociale e beneci socioeconomici del
DSE di Messina?
Le risposte a ciascuna di queste domande valutative hanno
costituito l’oggetto di altrettante ricerche sviluppate con dif-
ferenti metodologie e qui descritte separatamente nei capi-
toli 4, 5 e 6.
Premessa
L’idea strategica per
sperimentare le policy
sopra descritte è stata
quella di creare nell’a-
rea dello Stretto di
Messina, nita da oltre 10-15 anni sotto la soglia di povertà
trappola, una Fondazione di Comunità quale strumento terzo
rispetto alle dinamiche del mercato e rispetto a ogni forma di
dipendenza economica dal pubblico, che sia capace di infra-
strutturare sul territorio un Distretto Sociale Evoluto.
Il Distretto Sociale Evoluto nasce per promuovere inter-
connessioni organiche e funzionali fra sistema di welfare,
sistema educativo, sistema culturale, economia sociale e
solidale, sistema di produzioni, innovazione scientica e tec-
nologica e capacitazioni sociali dei territori. Tutto ciò ci ap-
pare assai coerente con lo scenario della strategia di Lisbona,
dove cultura e coesione vengono proposti quali fattori che
stanno all’origine della catena del valore, i canali per eccel-
lenza attraverso cui affermare e attestare un diffuso orienta-
mento sociale verso l’innovazione, la creatività.
Coerentemente con la prospettiva strategica micro-fon-
data nella sezione precedente l’agire della Fondazione è
orientato a:
promuovere processi di capacitazione dei cittadini e
delle comunità locali. La riconquista, infatti, dei diritti
fondamentali all’intimità e all’autonomia dell’abitare, all’af-
fettività, alla conoscenza e alla creatività-reddito-lavoro
costituisce il presupposto per liberare il desiderio altrimenti
La Descrizione del Distretto
Sociale Evoluto di Messina
e del Progetto Luce è Libertà
Gaetano Giunta
38 gaetano giunta
schiacciato dal bisogno, dalla malattia, dalle dipendenze
materiali e dai pregiudizi. L’attesa nuova di una possibile
futura felicità o comunque di un crescente benessere co-
stituisce l’orizzonte umano necessario per guidare scelte
e comportamenti, per orientare lo sviluppo delle persone,
delle società e perno delle economie;
promuovere la coesione sociale attraverso la speri-
mentazione di forme mature di dialogo sociale e di par-
tecipazione, nonché attraverso lo sviluppo di reti lunghe,
che abbiano anche valore economico proprio a partire dal
riconoscimento delle reti di vicinato/parentato che ancora
oggi costituiscono il tessuto antropologico dominante delle
aree più deboli della città;
promuovere un’economia sociale e solidale che sia
paziente, maschile e femminile, dove gli esclusi dallo svi-
luppo trovino piena cittadinanza e che sia un’alternativa
solida e riconosciuta alle forme grigie di economie compia-
centi, illegali e criminali;
promuovere l’apertura dei sistemi locali allo scambio
di risorse, conoscenze, opportunità.
1 I fondatori
La partnership che ha costituito la Fondazione di Comunità
è certamente uno dei punti di forza di tale programma di
infrastrutturazione sociale. Sono infatti coinvolte le principali
reti sociali, educative, istituzionali e della ricerca scientica
dell’area, oltre a importanti attori e network sociali nazionali
e internazionali.
Gli attori locali coinvolti sono Ecos-Med, centro di ricerca/
azione per la promozione dell’Economia Sociale nel Mediter-
raneo e la rete di tre cluster socio-economici, promossi in
quest’ultimo decennio da Ecos-Med.
Il primo cluster è la Fondazione Horcynus Orca. Si tratta di
un grappolo di 18 attori istituzionali, della ricerca scientica,
del terzo sistema e del mercato eticamente orientato. Fra
essi ricordiamo: l’Università degli Studi di Messina, l’Univer-
sità degli Studi di Reggio Calabria, l’Istituto Talassograco
IAMC-CNR, lo stesso Centro Studi e Ricerca Ecos-Med, ID-
S&UNITELM Informatica – una delle principali aziende italiane
di ITC – la casa editrice mediterranea GEM-Mesogea ecc. La
Fondazione è lo strumento di internazionalizzazione e di at-
trazione di talenti creativi per il Distretto. Oggi essa è:
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 39
Figura 1: Forte Petrazza
polo internazionale sulle scienze e le tecnologie marine e
ambientali;
polo delle culture mediterranee;
polo di divulgazione scientica e del turismo culturale ed
educativo.
(Per maggiori dettagli si rimanda all’appendice A).
Il secondo cluster è la Fondazione Padre P. Puglisi, nata come
strumento di lotta all’usura e all’economia criminale e quale
strumento nanziario per la promozione dell’economia so-
ciale ed etica. Suoi fondatori sono: l’Arcidiocesi di Messina,
Lipari e S. Lucia del Mela, la FISAC-CGIL, l’Arci-Sicilia, il Mo.
V.I. Nazionale ecc.
Il terzo cluster socio-economico è il Consorzio Sol.E., del cir-
cuito CGM. Esso raccoglie 17 attori dell’economia sociale
messinese ed è creatore e gestore del Parco Sociale di Forte
Petrazza, sito in un grande edicio militare di epoca umber-
tina – per anni abusivamente occupato dalla maa – a pro-
prio carico risanato e rifunzionalizzato. Il Parco sociale è pen-
sato come luogo di integrazione del mondo dei saperi
(formazione avanzata nell’ambito dell’economia e del lavoro
sociale), dei saperi del fare (è agenzia di sviluppo e speri-
mentazione di modelli di welfare comunitari), dei saperi della
relazione (è spazio di socialità-foresteria, spazi culturali,
astro-café ecc.).
40 gaetano giunta
Questi tre cluster e il loro sistema si fondano su processi par-
tecipativi di coorganizzazione e messa a sistema di un parte-
nariato locale assai ampio, caratterizzato dalla condivisione
di una vision e da una complementarietà funzionale, che si
esplicita in relazioni e interdipendenze sistemiche e/o di -
liera. Il raggruppamento ha negli anni prodotto alto valore
aggiunto nelle idee progettuali e nella qualità realizzativa.
Il sistema socio-economico ha, in questi anni, messo in rete:
azioni di co-marketing;
management avanzato;
azioni di ricerca e sviluppo e trasferimento dell’innovazione
tecnologica;
servizi di nanza etica;
formazione mirata;
servizi in rete;
e ha prodotto progressivamente lo sviluppo di:
economie interne;
professionalizzazione delle risorse umane e sviluppo di ca-
pacità di management diffuso;
rafforzamento dell’esistente e del potere contrattuale
complessivo;
creazione di nuove imprese.
Il partner pubblico dei cluster locali, che ha co-fondato la
Fondazione di Comunità, è l’Azienda Sanitaria della Provincia
di Messina che da molti anni sperimenta modelli innovativi
di welfare comunitari coerenti con le prospettive strategiche
esplicitate in questo lavoro. La sua presenza certamente raf-
forza il peso istituzionale della Fondazione, così come quello
di Conndustria Messina fortemente impegnata, in questa
fase storica, nella lotta alle mae e in particolare al racket
delle estorsioni.
Accanto a questa ampia rete locale sono stati co-fondatori e
partner organici della Fondazione di Comunità:
Banca Popolare Etica, fra le principali esperienze europee
di nanza etica;
Caritas Italiana, che ha inteso così aprire una modalità
nuova, strategicamente orientata al cambiamento, di co-
struire segni di testimonianza civile sui territori del Sud
del paese;
Parsec, cluster romano, che sta sostenendo le azioni di
networking e di comunicazione sociale della Fondazione a
livello nazionale;
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 41
l’Associazione Culturale Pediatri che sta sostenendo i pro-
getti di comunità a favore dell’infanzia.
La Fondazione di Comunità sin dalla sua costituzione fa parte
in modo strutturato, in qualità di membro, di SEFEA (Società
Europea della Finanza Etica e Alternativa) e della principale
rete di città e regioni d’Europa per la promozione dell’Econo-
mia Sociale, REVES. Tali importanti attori dell’UE sostengono
i processi di internazionalizzazione della Fondazione, i suoi
investimenti in green economy e le sperimentazione degli
approcci partecipativi di tipo TSR® (Territori Socialmente Re-
sponsabili) di cui si dirà più avanti.
Un ruolo rilevantissimo nella elaborazione concettuale, nella
nascita e nello sviluppo della Fondazione di Comunità di Mes-
sina ha certamente avuto la Fondazione con il Sud che a tutti
gli effetti va considerata quale principale partner esterno
dell’organizzazione no prot dello Stretto. In realtà l’elabo-
razione concettuale della Fondazione di Messina è assai co-
erente con la revisione critica che C. Borgomeo (Presidente
della Fondazione con il Sud) ha fatto sugli approcci tradizio-
nali di interventi al Sud (Borgomeo C., 2013).
2 Il fondo
Come sarà discusso più dettagliatamente nel capitolo 6, la
Fondazione nei suoi primi anni di attività ha raggiunto un pa-
trimonio netto superiore a € 6.500.000,00. Il patrimonio della
Fondazione nasce da una raccolta dei cluster fondatori, dalla
mutualizzazione dei capitali di capacitazione del progetto Luce
è Libertà (come si dirà più avanti) e da un contributo della Fon-
dazione con il Sud, concepito non dentro logiche assistenziali,
ma secondo principii di sussidiarietà circolari. Esso infatti viene
erogato soltanto a raddoppio delle raccolte locali e costituisce
dunque una leva di sviluppo delle risorse endogene.
Il fondo della Fondazione è stato investito in modo altamente
innovativo: etico ed efciente. Poco più del 60% del fondo
amplicato da un progetto di nanza realizzato con Banca
Popolare Etica e SEFEA è stato immobilizzato per creare un
parco diffuso di energie rinnovabili, ricco di prototipi, e reso
economicamente vantaggioso da tecnologie consolidate: fo-
tovoltaico e in porzione molto minore micro e mini-eolico. Il
principale partner industriale per l’attuazione di tale inizia-
tiva è stato il gruppo Beghelli.
Complessivamente il Parco diffuso di energie rinnovabili rag-
42 gaetano giunta
Figura 2: Impianto fotovoltaico
del parco di energie rinnovabili della Fondazione
giunge un totale di poco inferiore ai 2 MWp, i quali permet-
tono ogni anno:
1. di risparmiare il consumo di 600 tonnellate di combusti-
bile fossile;
2. di evitare l’emissione di quasi 1.800 tonnellate di CO2.
Questo equivale a piantare ogni anno circa 2.500 alberi.
La componente fotovoltaica del parco diffuso di energie rin-
novabili è resa possibile dall’adesione all’iniziativa della Fon-
dazione di circa 200 fra istituzioni, famiglie e organizzazioni
che hanno messo a disposizione per 20 anni i loro fabbricati
e/o terreni incolti.
La componente fotovoltaica del parco diffuso di energie rin-
novabili ha le seguenti caratteristiche funzionali:
meso-impianti, su fondi abbandonati. Tali impianti sono
stati nalizzati alla realizzazione di ombrari agricoli per
coltivazioni biologiche. L’iniziativa è divenuta un progetto
esemplare di contrasto ai processi di de-antropizzazione e
di conseguente deserticazione delle nostre campagne ab-
bandonate. È evidente che tali terreni si sono trasformati
in incubatori di imprenditorialità sociale inclusiva, da of-
frire anche, dato il loro valore simbolico, alla fruibilità delle
agenzie educative formali e informali del DSE;
impianti su edici di pubblica utilità (ospedali, parrocchie,
istituzioni di ricerca, comuni ecc.);
impianti su edici privati della dimensione media di 3-6
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 43
kWatt. Le famiglie che aderiranno custodiranno gratuita-
mente l’impianto. Le famiglie che hanno aderito all’inizia-
tiva hanno costituito di fatto un grande gruppo d’acquisto
solidale che ha in una seconda fase esteso il proprio in-
teresse dall’energia ad altri prodotti (alimentari, beni di
consumo quotidiani e occasionali) che raccontano storie di
libertà e di responsabilità sociale e ambientale.
In tutti i casi sopra elencati, le famiglie, le istituzioni e le
organizzazioni che hanno aderito all’iniziativa restano bene-
ciarie di tutta la produzione energetica degli impianti, men-
tre il conto energia viene donato alla Fondazione di Comunità
che potrà utilizzare tali somme, al netto della quota-parte
necessaria per la ricostituzione del patrimonio, per auto-
nanziare le proprie iniziative sociali, ambientali, culturali ed
economiche.1
3 Le azioni della Fondazione di Comunità di Messina
Il rendimento netto generato da questo investimento in
green economy integrato dalla raccolta fondi annuale attuata
dalla Fondazione di Comunità permette di auto-nanziare sul
lungo periodo le iniziative sociali, culturali, di economia soli-
dale, di attivazione di processi di democrazia partecipativa,
di ricerca e sviluppo, di alta formazione e di nanza etica del
Distretto.
Coerentemente con l’impostazione strategica prima sintetiz-
zata, la Fondazione di Comunità ha scelto di strutturare sul
territorio policy durature, che costituiscono i pilastri di una
moderna e innovativa idea di infrastrutturazione sociale del
Sud. Esse afferiscono alle seguenti aree logiche:
partecipazione e qualità della governance – processo TSR®;
welfare locale orientato alla capacitazione delle comunità
locali e dei cittadini. Il primo progetto speciale ha permesso
la deistituzionalizzazione di 56 internati dell’Ospedale Psi-
chiatrico Giudiziario di Barcellona P.G. secondo modelli
evoluti di welfare che attuano le ipotesi teoriche fondative
della Fondazione di Comunità di Messina;
formazione delle comunità locali, a partire dai bambini ne-
1 Nella gestione del fondo si attribuisce grande importanza al supporto dato
alla Fondazione di Comunità di Messina dallo staff tecnico della Fondazione con
il Sud diretto prima da Giorgio Righetti e poi da Pietro Ferrari Bravo.
44 gaetano giunta
onati e favorendo il fare patto fra tutte le agenzie educa-
tive formali e informali del territorio;
sviluppo dell’economia sociale e solidale e promozione del
consumo responsabile per favorire l’inclusione lavorativa di
soggetti deboli, deprivati, esclusi dai modelli classici dello
sviluppo;
qualità dell’offerta culturale, processi di internazionalizza-
zione, attrazione di talenti creativi e sviluppo del talento
locale;
qualità e nalizzazione della produzione delle conoscenze e
della Ricerca e Sviluppo alla crescita dell’economia sociale
e solidale.
Nei paragra successivi sviluppiamo i dettagli di quei pro-
grammi che costituiscono i meccanismi di fondo importanti
nell’ambito delle questioni valutative del presente pro-
gramma di ricerca.
La metodologia TSR®
La metodologia dei Territori Socialmente Responsabili TSR®
è un approccio olistico, partecipativo, co-certicabile ed ef-
cace mirato a far convergere le politiche e le pratiche di
enti pubblici, organizzazioni e imprese verso i principii (i
desideri) delle comunità locali. Questa sua caratteristica di
costruzione di progressiva prossimità e reciproco riconosci-
mento di attori signicativi e cittadini lo rende uno stra-
ordinario strumento di costruzione di coesione e capitale
sociale e, proprio per questa sua caratteristica intrinseca,
ne fa uno strumento strategico in aree, come Messina, in
cui la carenza di ducia rende deboli norme sociali condivise
orizzontalmente e network di cooperazione capaci di andare
oltre le reti familistiche.
Tale metodologia, introdotta nella letteratura internazio-
nale dalla principale rete europea dell’economia sociale e
solidale REVES, è oggi riconosciuta dalla Commissione eu-
ropea e dal Comitato delle Regioni come la più importante
novità di supporto alle politiche dei territori. Mr. Luc Van Der
Brande, Presidente del Comitato delle Regioni ha dichiarato
all’Assemblea di REVES 2008 che la metodologia TSR® “è la
più importante novità fra gli strumenti di programmazione
delle politiche locali e che per questa ragione dovrà divenire
metodologia diffusa e riconosciuta a livello Comunitario”. La
sperimentazione di Messina, resa permanente dalla nascita
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 45
Figura 3: Il processo TSR®
della Fondazione di Comunità, costituisce la prima impor-
tante sperimentazione europea di questo approccio.
La gura successiva schematizza il ciclo metodologico del
processo partecipativo, in cui è utile distinguere quattro fasi
prima della iterazione progressiva:
1. la fase di analisi partecipata del contesto mira a iden-
ticare gli elementi chiave che descrivono e rappresen-
tano un territorio dai punti di vista demograci, sociali,
economici, culturali, ambientali e antropologici. Questa
fase è assai importante per scegliere o validare l’attore
locale che potrà svolgere il ruolo di co-organizzatore, per
denire l’universo partecipante e per impostare corretta-
mente, evitando forme manipolatorie, le azioni di decodi-
ca che porteranno alla elaborazione dei principii;
2. la fase di elaborazione dei principii comprende tutto il
processo di pedagogia partecipativa che porterà a rico-
struire il quadro dei principii dell’intera comunità locale,
dei criteri valutativi, su cui si fonda la metodologia TSR®;
3. la fase della misurazione comprende il lavoro di costru-
zione delle matrici di valutazione che si ottengono incro-
46 gaetano giunta
ciando come righe e colonne campi di indagine e principii:
pratiche e principii (nel caso di organizzazioni private e
imprese) o politiche/pratiche e principii (nel caso di enti
pubblici territoriali). Ciascun incrocio riga-colonna (pra-
tica e/o politica – principio), cioè ciascun elemento della
matrice, è un’area tematica di analisi per la valutazione.
La costruzione per ciascun elemento matriciale di descrit-
tori, prima, e di indicatori quantitativi, poi, completa la
fase di analisi TSR®;
4. nella fase di riprogrammazione, ciascun attore del si-
stema territoriale coinvolto nel processo TSR® proporrà
alcuni scenari di cambiamento che vadano nella direzione
di convergere verso i principii valutativi delle comunità
locali, dei cittadini e quindi della società. Tali scenari do-
vranno essere supportati da obiettivi quantitativi e veri-
cabili, esprimibili attraverso matrici di riprogrammazione.
Attraverso metodologie multicriteriali si potrà quindi sce-
gliere, fra i futuri scenari individuati come cambiamenti
possibili dai diversi attori coinvolti, quello che meglio
converge verso i principii localmente espressi e codicati,
quello che meglio incontra e quindi supporta i desideri
delle comunità locali, e per questo che meglio costruisce
capitale sociale.
TSR® costituisce l’ossatura della governance della Fondazione,
determina i suoi meccanismi evolutivi, il suo piano di comu-
nicazione e di fund raising e contemporaneamente è un’a-
zione efcacissima nel promuovere coesione e capitale sociale
e il diritto alla partecipazione e alla cittadinanza attiva, cioè
la principale caratteristica collettiva e uno dei funzionamenti
propedeutici allo sviluppo locale (vedi cap. 2).
L’analisi condotta da Putnam (Putnam, Leonardi, Nanetti,
1993), infatti, ha reso maggiormente nota un’accezione di
capitale sociale come risorsa della collettività e ha identi-
cato con “le caratteristiche della vita sociale – reti, norme,
ducia – che mettono in grado i partecipanti di agire più ef-
cacemente nel perseguimento di obiettivi condivisi”, anche
di carattere economico. A prescindere dalle differenti deni-
zioni che vengono date di Capitale Sociale tutti gli studiosi
concordano che l’attività economica nella società è inuen-
zata dalle relazioni sociali, dalle norme e dalla ducia.
Fukuyama (Fukuyama, 1995) ha accentuato la natura du-
ciaria del capitale sociale, considerandola una sorta di condi-
zione necessaria per la creazione di norme sociali condivise
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 47
Figura 3: Denizione di capitale sociale
e della strutturazione di comportamenti cooperativi prope-
deutici a qualunque forma di sviluppo locale. La struttura
concettuale sviluppata fornisce un utile schema nell’analiz-
zare le misure di capitale sociale utilizzate in letteratura (si
veda lo schema successivo). Seguendo Uphoff (Uphoff,
1999) essa può essere divisa in una dimensione strutturale e
in una dimensione cognitiva. La prima fa riferimento ad
aspetti più visibili e forse più tangibili del concetto, quali le
relazioni tra persone all’interno di gruppi sociali. La seconda
concerne aspetti più astratti e più intangibili, come le norme
sociali e la ducia. Mentre una organizzazione sociale può
essere immediatamente osservata ed è soggetta a una misu-
razione diretta, le norme sociali e la ducia sono, in preva-
lenza, osservate indirettamente attraverso comportamenti e
percezione delle persone.
Da quanto appena detto risulta evidente come il processo TSR®
sia uno strumento straordinario di costruzione di coesione e
capitale sociale. Esso sviluppa pratiche partecipative e di cit-
tadinanza attiva nella prima fase della procedura, sviluppa -
ducia e consenso sociale orizzontale nel determinare cambia-
menti concreti come dinamiche di convergenza delle politiche
e delle pratiche degli enti locali, delle organizzazioni e delle
imprese verso le scelte valoriali delle comunità locali.
L’impatto di valorizzazione del capitale umano, l’impatto
occupazionale, l’impatto economico legato allo sviluppo
dell’economia sociale e solidale, i processi di internaziona-
lizzazione, il miglioramento dei paesaggi urbani, la progres-
siva crescita delle capacitazioni individuali legate ai progetti
e ai programmi della fondazione orientati negli obiettivi, nei
contenuti e nei metodi dal processo TSR® sono certamente
importanti elementi di costruzione di network e di ducia
collettiva.
Lo sviluppo di un distretto TSR®, costituito da tutti gli attori
che hanno scelto e che sceglieranno di stare dentro questo
percorso di convergenza verso i desideri dei cittadini locali, è
un ulteriore importantissimo elemento di costruzione di ca-
Relazioni sociali
all’interno dei gruppi sociali
Fiducia
e norme sociali
Strutturale Cognitivo
Comunità
48 gaetano giunta
pitale e coesione sociale. Parte della letteratura sulla teoria
dei giochi (si veda Kreps, 1990) afferma, che una soluzione
cooperativa diventa più facile quando gli agenti si aspettano
di dover interagire spesso in futuro; cosa che accade più fre-
quentemente in ambito distrettuale. Ciò avverrebbe perché
gli agenti sociali ed economici che hanno aspettative di colla-
borazione e di rendimenti a lungo termine non possono per-
dere l’opportunità di guadagnare reputazione. La creazione
del Distretto TSR® va quindi nella direzione anch’esso di pro-
durre in modo strutturale capitale e coesione sociale.
L’Agenzia di Sviluppo dell’economia sociale e solidale
L’Agenzia ha operato e opera in grande coerenza con l’e-
pistemologia alla base di tutta la Fondazione di Comunità
di Messina. Essa ha accompagnato e accompagna la pro-
gettazione di imprese, di liere corte e di veri e propri mo-
delli di sviluppo locale a partire dalle persone più fragili che
stanno dentro la logica e le pratiche TSR®. L’esclusione, la
sofferenza e il dolore di persone, di intere comunità scartate
non possono essere risolti attraverso meccanismi adattivi
(spesso violenti) di contenimento, perché essi sono elementi
profondi, umanissimi, espliciti di falsicazione dei paradigmi
e dei modelli economico sociali realizzati. Essi sono, dunque,
elementi inconfutabili di contraddizione, ma insieme conten-
gono l’ispirazione per l’ideazione e la costruzione di nuovi
paradigmi; se gli si dà voce, esprimono la forza del cam-
biamento e della trasformazione della realtà, questa volta
a favore dei più, nella proiezione utopica, a favore di tutti.
Qui di seguito riportiamo schematicamente le azioni svilup-
pate dall’Agenzia in relazione alle politiche:
di incentivazione,
a. per accompagnare la fase di progettazione e di costru-
zione di business plan nella logica sistemica dell’eco-
nomia civile;
b. per attrarre risorse nalizzate a sostenere investi-
menti e la capitalizzazione di imprese in rete;
c. per promuovere o sviluppare direttamente attività di
venture capital etici;
d. per favorire il riutilizzo di beni conscati alle mae e di
spazi demaniali non utilizzati;
e. per sostenere progetti co-marketing e per accompa-
gnare il management delle imprese sociali e dei cluster;
f. per sostenere processi di spin off;
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 49
g. per promuovere liere corte;
h. per promuovere partnership commerciali e produttive
a livello regionale, nazionale e internazionale;
2. territoriali,
a. per sviluppare la nanza etica e quella specializzata
per il terzo sistema. A tale proposito la Fondazione ha
attivato la Tesoreria Solidale di Distretto. Inoltre, per
fabbisogni nanziari più rilevanti le nuove imprese del
Distretto potranno usufruire degli accordi con Banca
Etica e SEFEA (la Società Europea della Finanza Etica
e Alternativa) partner organici della Fondazione;
b. per promuovere il trasferimento tecnologico e la ricerca
nalizzata ai processi di industrializzazione dei prototipi;
c. per attrarre talenti creativi;
d. per promuovere il consumo responsabile e una do-
manda che guardi non solo al prezzo, ma anche alle
storie di oppressione o di liberazione che i prodotti
raccontano;
di innalzamento del capitale umano, secondo la me-
todologia dei progetti personalizzati, che mirano
alla costruzione di alternative sui principali funzio-
namenti umani legati:
a. all’abitare;
b. all’affettività, alla socialità e alla partecipazione
democratica;
c. alla conoscenza;
d. alle capacità di accedere a un reddito e quando pos-
sibile al lavoro.
Nel capitolo dedicato allo studio dell’evoluzione economica
del DSE verrà discusso l’impatto generato nei primi tre anni
di attività dall’Agenzia.
Il primo progetto speciale: Luce è Libertà
Il progetto ha riguardato la deistituzionalizzazione di 56 per-
sone internate nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Bar-
cellona P.G. in regime di proroga della misura di sicurezza.
La metodologia di Luce è Libertà è centrata sull’idea di asse-
gnare a ciascuna persona beneciaria del progetto un capi-
tale personale di capacitazione. Tale budget ha rappresentato
in modo simbolico e sico per gli internati la concreta possibi-
lità di riprendere in mano la propria vita co-progettando con i
servizi dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.G.
(OPG), del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASP di Mes-
50 gaetano giunta
sina, dell’Ufcio Esecuzione Penale Esterna del Ministero della
Giustizia e con gli operatori socio-economici del Distretto So-
ciale Evoluto percorsi di riconquista dei propri diritti civili sul
piano individuale e sul piano sociale e comunitario. Come si
vedrà nel capitolo 5 il progetto sperimenta policy capaci di
ancorare lo sviluppo umano e perno lo sviluppo economico a
processi di espansione delle libertà, che vengono poste come
vincolo esterno all’efcienza economica.
Durante il lavoro all’interno dell’OPG, gli internati hanno sco-
perto gradualmente che un comportamento cooperativo nella
gestione e nel re-investimento produttivo dei capitali perso-
nali di capacitazione porta beneci economici durevoli capaci
di supportare nel lungo periodo i loro progetti personalizzati
di liberazione e di inclusione socio-lavorativa.
La mutualizzazione dei capitali personali di capacitazione
presso la Fondazione di Comunità di Messina, ha permesso
di implementare meccanismi di immobilizzazione del fondo
fortemente produttivi (v. Parco diffuso di energie rinnova-
bili), capaci di generare sul lungo periodo risorse economiche
che possano nanziare processi personalizzati di riconquista
dei diritti (forme di reddito integrativo capaci di coprire even-
tuali gap di produttività, azioni di socializzazione, di housing
sociale ecc.).
Come si vedrà nel capitolo 6 in cui si discute l’evoluzione
economica del DSE, la gestione del Parco diffuso fotovoltaico
costituisce già di per sé una grande occasione per garantire
il diritto al lavoro ad alcuni dei 56 ex internati dell’OPG, ma
l’aspetto più interessante è che il rendimento netto di tale in-
vestimento sta permettendo e permetterà sul lungo periodo
(20 anni) di nanziare le azioni del progetto. Nessun altro
progetto tradizionale di fuori-uscita (per es. borse lavoro di
breve periodo, budget di salute annuali ecc.) ha no a oggi
garantito simili risultati, nonostante costi annui per persona
di ordini di grandezza più elevati (si fa notare che ciascun
capitale personale di capacitazione è economicamente equi-
valente al costo di ricovero di una persona in una Comunità
Terapeutica Assistita per un solo anno).
Più specicatamente il progetto sta nanziando e nanzierà
per per 20 anni dal suo avvio il sostegno allo sviluppo delle
imprese sociali partner perché possano garantire con stabi-
lità e qualità gli inserimenti socio-lavorativi, svolgendo fun-
zioni da agenzia di sviluppo dell’economia sociale.
Parallelamente e interdipendentemente vengono gestiti, se-
cap. 3 la descrizione del distretto sociale evoluto… 51
Figura 4: Progetto Luce è Libertà.
Frammento di vita quotidiana
condo un modello maturo di mix gestionale, progetti perso-
nalizzati di inclusione, che hanno le seguenti caratteristiche
funzionali:
1. azioni di housing sociale, attraverso esperienze di afdo
familiare ed etero-familiare, organizzazione di gruppi-ap-
partamento ubicati in fabbricati conscati alle mae e/o
resi disponibili dalle Caritas diocesane e/o di nuova edi-
cazione, realizzati attraverso pratiche di auto-costruzione
e secondo i modelli più avanzati di bio-architettura. Tali
azioni, stanno garantendo e garantiranno il diritto pro-
gressivo all’abitare autonomo dei beneciari del progetto;
2. azioni formative per garantire l’acquisizione di compe-
tenze speciche;
3. azioni di accompagnamento di
tutor esperti dedicati alla me-
diazione e a sostenere processi
di socializzazione che stanno
favorendo l’inclusione piena dei
beneciari del progetto;
4. azioni progressive reddito di
cittadinanza (di lungo periodo)
=> salario che permetteranno
a una percentuale importante
(mai raggiunta prima – nell’am-
bito delle policy tradizionali) di
persone beneciarie di mettere in valore sin da subito,
all’interno delle imprese sociali, le loro capacità residue
e nel tempo, ciascuno con la propria gradualità, di ac-
crescere la produttività no a diventare una risorsa lavo-
rativa progressivamente più emancipata, più retribuita e
quindi più autonoma.
L’alta innovatività e l’alto valore aggiunto del progetto, il ri-
gore scientico che fonda le scelte metodologiche, l’approc-
cio olistico capace di mettere a sistema responsabilità am-
bientale, sociale, orizzonti culturali ed educativi, la qualità
riconosciuta e l’internazionalità dei partner hanno fatto di
questa sperimentazione un modello paradigmatico da utiliz-
zare per programmare piani di infrastrutturazione sociale e
di lotta strutturale alla povertà e all’esclusione.
Evoluzione ed Effetti del
Capitale Sociale del Distretto
Sociale Evoluto di Messina
Liliana Leone
Premessa
La valutazione del Di-
stretto sociale Evoluto
e del ruolo della Fon-
dazione di Comunità
ha indagato il ruolo del
capitale sociale e dei meccanismi di governance per spie-
gare gli effetti sviluppati (a livello territoriale nel network
di organizzazioni del DSE e a livello microscopico nei singoli
individui. Nei seguenti paragra diamo alcuni cenni sulle de-
nizioni di capitale sociale (par. 1) da noi utilizzate, descri-
viamo le ipotesi alla base dello studio, il metodo utilizzato
per misurare il capitale sociale (norme, valori reti di du-
cia tra soggetti e tra organizzazioni) e il modello di gover-
nance del DSE per valutarne i beneci in termini di sviluppo
socioeconomico.
Nel presente capitolo analizziamo alcuni aspetti a carattere
descrittivo riguardanti il modello di funzionamento del DSE
e le caratteristiche relazionali del network e risponderemo ai
seguenti due quesiti:
Nell’ultimo biennio si è vericata una crescita della ducia
nei confronti degli altri membri del DSE di Messina? Se sì,
verso quali soggetti?
Il far parte o meno della FdC ha una inuenza rispetto alle
caratteristiche dei legami e gli effetti derivati dal capitale
sociale?
Nel sesto capitolo descriviamo gli effetti del processo attivato
dalla Fondazione di Comunità in termini di ricadute socio-e-
conomiche e proponiamo un modello statistico di tipo predit-
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 53
tivo che, a partire dalle proprietà relazionali, cioè dal capitale
sociale, cerca di spiegare gli effetti a livello di innovazione e
competitività del sistema.
I paragra 1 e 2 illustrano il disegno di ricerca valutativa e i
metodi impiegati; pur utilizzando talvolta un linguaggio tec-
nico, possono essere utili per capire come abbiamo tradotto
in termini operativi alcuni concetti e termini ricorrenti e, per
tale ragione, a rischio di ambiguità. Come anche in altri parti
del testo, le tabelle e i riquadri sintetizzeranno i passaggi
salienti.
1 Dimensioni del Capitale Sociale e teoria dei Beni
Comuni per lo studio del Distretto Sociale Evoluto
Diverse teorie sul capitale sociale sono state avanzate per
spiegare il potere causale delle reti di ducia nel favorire
l’azione individuale e collettiva e le complesse interazioni tra
ducia, ineguaglianza, segregazione e corruzione. L’Organiz-
zazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE/
OECD) nel testo ‘Del Benessere delle nazioni (Well-Being of
nations)’ denisce il capitale sociale come: “un network con
norme condivise, valori e conoscenze che facilitano la coo-
perazione all’interno dei gruppi o tra i gruppi” (trad. nostra
OECD, 2001, p. 41).
Secondo una denizione ancora più generale della World
Bank “il capitale sociale di una società include le istituzioni,
le relazioni, gli atteggiamenti e i valori che governano l’inte-
razione tra persone e contribuiscono allo sviluppo sociale ed
economico” (World Bank, 1998, p. 1, trad. nostra).
Il capitale sociale è stato indagato sotto la duplice prospet-
tiva di proprietà del sistema e delle interazioni sociali e delle
norme sociali implicate nei processi di sviluppo socioecono-
mico. Alcune caratteristiche accomunano i differenti concetti
che ruotano attorno al costrutto di capitale sociale e alle dif-
ferenti prospettive disciplinari con cui è stato studiato: a) la
presenza di legami tra sfera economica, sociale e politica; b)
l’assunto che le relazioni sociali possano inuenzare il modo
in cui operano mercati e Stati e come, di converso, possano
essere da questi inuenzati. Sembra esserci comunque una
convergenza tra le diverse denizioni attorno a una serie di
concetti chiave connessi a: partecipazione politica, coinvolgi-
mento della comunità, ruolo dei network informali/socialità,
ducia, norme e sanzioni.
54 liliana leone
Gli studi sul capitale sociale hanno dimostrato che i network
di impegno civico, la ducia generalizzata e le norme di re-
ciprocità hanno effetti beneci sul funzionamento delle isti-
tuzioni politiche, sul benessere individuale e anche sulla cre-
scita economica (Stolle, Hooghe, 2004). Il capitale sociale
è, quindi, un costrutto teorico astratto di tipo multi-dimen-
sionale che non è possibile rappresentare tramite una sin-
gola misura o valore numerico. Uno dei problemi nell’uso
di questo costrutto (Claridge, 2004) riguarda la necessità
di distinguere le forme di capitale sociale, dalle fonti e dalle
conseguenze. Poiché si è prodotta poca evidenza empirica
che supporti la relazione tra gli indicatori che intendono mi-
surare le diverse componenti del capitale sociale e le sue
componenti ‘core’, risulta abbastanza difcile modellizzare il
ruolo di tali componenti all’interno di programmi di sviluppo
o di welfare.
Ad esempio, la ducia, che rappresenta una delle com-
ponenti centrali del capitale sociale, da alcuni autori è stata
considerata una fonte (Putnam et al., 1993), da altri è
stata concepita quale risultante del capitale sociale in-
teso come asset relazionale (Lin, 1999), altri autori ancora
equiparano la ducia alla stessa nozione di capitale sociale
(Fukuyama, 1995).
Nel nostro studio, la ducia – insieme alla condivisione di un
sistema di valori e norme e alla congurazione del sistema
di scambi del network – viene intesa quale componente cen-
trale del capitale sociale. Per inciso, occorre anticipare che ci
riferiamo non alla ducia generalizzata – a cui si riferiva ad
esempio il lavoro di Putnam – ma agli scambi duciari in con-
testi lavorativi sviluppati tra attori di uno specico network
di organizzazioni.
Da una revisione della letteratura (Claridge, 2004) risulta
che le dimensioni maggiormente utilizzate per misurare il
capitale sociale sono:
ducia;
regole e norme che governano l’azione sociale;
tipi di interazione sociale;
risorse del network;
altre caratteristiche a livello di network, come la ‘chiusura’.
Tra le dimensioni del capitale sociale viene solitamente in-
clusa anche la partecipazione nelle sue diverse accezioni:
partecipazione ai processi decisionali (decision making),
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 55
identicare problemi, formulare alternative e pianicare
attività, allocare risorse ecc.;
partecipazione come collaborazione nell’implementazione
delle attività e nella gestione gli interventi;
partecipazione ai beneci di tipo economico, sociale poli-
tico (individuali e collettivi);
partecipazione come processo di empowerment di gruppi
e comunità.
Per tale ragione anche nel nostro studio abbiamo conside-
rato la dimensione dei processi decisionali sviluppati all’in-
terno del Distretto Sociale Evoluto e dalla Fondazione di
Comunità di Messina e, come outcome del capitale sociale,
la presenza di beneci di tipo economico connessi alla pos-
sibilità di accedere ad altre risorse economiche, relazionali
o conoscitive.
Un’ulteriore questione connessa allo studio e alla concettua-
lizzazione del capitale sociale riguarda il livello in cui questo è
collocato e individuato: a livello di singoli individui, di gruppi
informali, di organizzazioni formali, di comunità o addirittura
a livello di caratteristiche nazionali.
Trattandosi di una proprietà connessa ai sistemi, e al sistema
di scambi e relazioni tra singoli nodi, possiamo ipotizzare, più
che proprietà di un singolo attore, inuenze reciproche tra i
livelli. Come sottolineato da parte della letteratura post-Co-
leman, il capitale sociale e la società civile riguardano essen-
zialmente proprietà sociali e collettive e non singole caratte-
ristiche individuali (Newton, 2001). Il capitale sociale è stato
denito un bene privato con entrambe le esternalità, posi-
tive e negative a livello collettivo (Dasgupta, 1999) e quindi
si è mirato a vericare in che misura si sono accresciute
le dimensioni di capitale sociale connesse al rafforzamento
di beni comuni e al benessere collettivo, piuttosto che cen-
trarci sull’accrescimento di reti duciarie di singoli soggetti
e sottogruppi.
In relazione alle nalità del nostro lavoro, abbiamo scelto
di indagare la relazione tra livello meso (gruppi) e macro
(società), non le proprietà dei singoli individui ma quelle dei
sistemi di relazione presenti nel DSE.
I ‘beni’ prodotti dal capitale sociale sono diversi in relazione
al livello di analisi. Il ruolo del capitale sociale osservato a
livello di reticoli organizzativi, e non di singoli cittadini re-
56 liliana leone
sidenti nel territorio in cui opera la Fondazione di Comunità
di Messina, rappresenta il focus di questa rilevazione. Ci si
aspetta che la comunità locale e i network organizzativi coin-
volti nell’implementazione del progetto sviluppino nel corso
dell’azione nuove alleanze interne ed esterne in grado di atti-
vare e attrarre nuove risorse di tipo economico, conoscitivo e
relazionale. Il tema dei processi di conoscenza organizzativa
e interorganizzativa gioca un ruolo cruciale nello spiegare
le dinamiche innovative del DSE di Messina e quindi anche i
processi trasformativi connessi presumibilmente al progetto
Luce è Libertà.
Per rispondere ai diversi quesiti alla base delle ricerche va-
lutative realizzate nel DSE, abbiamo utilizzato diverse pro-
spettive. Il rapporto tra processi di produzione e condivisione
della conoscenza, al rapporto con i processi decisionali, le
relazioni duciarie e le norme, è stato ampiamente indagato
non solo dagli studi sul capitale sociale ma anche dal lone
di studi sviluppato nell’ambito della Teoria dei beni comuni
(Theory of Common di E. Ostrom) (v. anche cap. 2).
Gli otto principii individuati dalla Teoria dei beni comuni (an-
che TBC) per identicare e disegnare istituzioni robuste, in
grado di gestire i beni comuni, e che hanno molti punti in
comune con le precedenti concettualizzazioni sul capitale so-
ciale, sono:
1. chiarezza con cui sono deniti i conni;
2. proporzionalità fra costi e beneci;
3. modalità partecipativa che permette alle persone coin-
volte di prendere parte alle decisioni sulle regole da
adottare;
4. attività continue di monitoraggio delle condizioni della ri-
sorsa in comune e del comportamento delle persone che
la fruiscono;
5. presenza di sanzioni graduali;
6. effettività di meccanismi per la risoluzione dei conitti fra
gli attori coinvolti;
7. libertà costituzionali che garantiscono alle persone un di-
ritto a organizzarsi e organizzare;
8. presenza di una pluralità di livelli in cui sono organizzate
le modalità di governance della risorsa in comune.
Le regole di governance adottate dal DSE sono state inda-
gate attraverso l’utilizzazione di alcuni dei principii (i principii
1, 3, 4, 6) indicati in precedenza.
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 57
La soluzione di problemi sociali ‘via politiche’, secondo gli
analisti delle politiche pubbliche, avviene tramite la mobili-
tazione di tre tipi di conoscenze: la conoscenza scientica,
quella ordinaria che trae origine dal senso comune e non da
processi di verica delle ipotesi testate con tecniche profes-
sionali e, in ultimo, la conoscenza interattiva, prodotta dagli
attori coinvolti durante la stessa interazione e riguardante
il processo stesso e la reciproca conoscenza degli attori del
network decisionale (Fareri, 1998). Nell’indagare i processi
di sviluppo e diffusione delle conoscenze nel presente lavoro
abbiamo utilizzato questo tipo di distinzione per classicare
le conoscenze.
2 Disegno di ricerca valutativa
Scopo e ipotesi di ricerca
Lo scopo della ricerca valutativa è stato quello di vericare
il ruolo della Fondazione di Comunità, intesa come possibile
mobilizzatore di risorse rispetto alla produzione di capitale
sociale, nel DSE di Messina.
L’ipotesi alla base dello studio valutativo è che l’intensicarsi
degli scambi e dei legami duciari sviluppatisi nell’ultimo
biennio in relazione alla nascita della Fondazione di Comu-
nità, e parallelamente all’implementazione del progetto Luce
è Libertà, possano aver avuto inuenza favorevole su una
serie di dimensioni implicate nella crescita del livello di capi-
tale sociale di un territorio. In particolare su:
1. aumento delle capacità di innovazione e crescita delle co-
noscenze del sistema DSE;
2. aumento del livello di competitività connessa a migliore
accesso a nuovi mercati, accesso al credito e sviluppo di
economie di scala;
3. attivazione di meccanismi di amplicazione delle capaci-
tazioni dei cittadini;
4. aumento della ducia tra partner del DSE e aumento
dello scambio di conoscenze.
Quest’ultima ipotesi è stata vericata solo in relazione all’au-
mento del benessere sociale e all’inserimento lavorativo dei
beneciari del progetto Luce è Liberta connesso al supera-
mento dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG).
Rispetto al dilemma messo in luce dalla letteratura sul capi-
58 liliana leone
tale sociale circa l’ambiguità delle misure identicate talvolta
come proprietà relazionali dei nodi e altre come esiti di tali
proprietà, abbiamo adottato una concezione di causalità ri-
corsiva o circolare. Per tale ragione ci attendiamo anche che
a partire da una condizione iniziale in cui siano presenti de-
terminate risorse in termini di capitale sociale e in particolare
di reti di ducia, a seguito di un processo virtuoso vi possa
essere un aumento dello stesso.
Poiché il DSE è un sistema in cui operano da anni soggetti
che intrecciano relazioni e hanno forti legami di ducia, tali
legami rappresentano un presupposto e al contempo un ef-
fetto dell’azione, là dove, come veniva ipotizzato, si accre-
scono e intensicano gli scambi grazie a un intervento speci-
co. Avevamo ipotizzato che la nascita della Fondazione di
Comunità, e il contemporaneo avvio di un importante pro-
getto pilota come Luce è Libertà, potesse accelerare dei pro-
cessi, intensicare legami di ducia tra i membri del reticolo
del DSE e tra questi e altri partner esterni al DSE, e che tale
dinamica potesse produrre esiti desiderabili connessi allo svi-
luppo socio-economico del sistema.
Tra gli effetti intermedi attesi a livello di DSE si ipotizzano:
1. sviluppo di processi di innovazione e accresciuta competitività del DSE e dei
singoli attori economici dovuto all’incremento di scambi orizzontali e di reti
‘lunghe’ (v. funzioni di ‘bridging’ e ‘bonding’) che favorirebbero la sinergia
delle risorse possedute dagli attori nonché migliori condizioni per l’accesso
al credito;
2. accrescimento di conoscenze tecniche e a carattere relazionale;
3. aumento del senso di appartenenza e del coinvolgimento diretto delle per-
sone nalizzato alla promozione del DSE;
4. elaborazione di un sistema di regole condiviso nel DSE rispondente ad al-
cuni princiop per lo sviluppo di istituzioni in grado di gestire beni comuni
(secondo la TBC), di capacità manageriale della Fondazione di Comunità e
della funzione di leadership nel DSE.
Tra gli esiti sociali ed economici a medio-lungo termine ci si attende:
1. maggiore competitività del sistema DSE e sviluppo economico dei singoli
attori o di nuovi organismi dell’economia sociale;
2. creazione di opportunità di inserimento socio-lavorativo per persone con
forti svantaggi (v. ex internati nell’OPG) e aumento della qualità della vita
di tutti i soggetti coinvolti;
3. sviluppo di un modello di governance del DSE con il rafforzamento di ‘isti-
tuzioni’ preposte a: (a) efcace gestione delle risorse del DSE, (b) sostegno
di un’azione collettiva e di modalità innovative di gestione delle politiche di
welfare locale.
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 59
Ci aspettavamo che i legami tra membri del network del
DSE funzionassero da ponte e facilitatore di reti ‘lunghe’
con altri nodi esterni al DSE (funzione bridging) e che si sa-
rebbero rinforzati, là dove preesistenti, i legami e gli scambi
orizzontali collaborativi all’interno della comunità (funzione
di bonding).
Il presupposto di questa parte della ricerca valutativa è che
l’attivazione di modelli di welfare inclusivi, improntati alla tu-
tela dei diritti e alla promozione di vincoli solidaristici, possa
in talune condizioni innescare meccanismi di rafforzamento
di alcune dimensioni del capitale sociale di una comunità. Lo
sviluppo di relazioni solidali, di ripristino di diritti violati, di
attività generatrici di socialità, benessere, salute e reddito
‘per’ i soggetti ex internati dell’OPG di Barcellona P.G., si tra-
duce in modelli di sviluppo socio-economico e promozione di
‘capacitazioni’ e diritti a livello collettivo.
Al contempo si assume che il capitale sociale preesistente
del DSE rappresenti un fattore di contesto che ha svolto e
sta svolgendo una funzione essenziale nel mettere in rete
le risorse organizzative, istituzionali, economiche, relazionali
e conoscitive necessarie alla gestione del nuovo progetto.
In altri termini, come già indicato dalla letteratura, ciò che
stiamo indagando rappresenta nello stesso tempo una fonte
e un esito.
Secondo l’approccio neo-istituzionalista – avviato dagli
studi di Oliver Williamson, Nobel per l’economia nel 2009
assieme a Elinor Ostrom – per gestire i fallimenti di mer-
cato generati dai costi di transazione esistono strutture
di governance alternative che si differenziano per il modo
diverso di risolvere i conitti di interesse e che hanno
diversi gradi di efcienza nel gestire i costi crescenti di
transazione connessi all’aumento dell’incertezza dei centri
decisionali.
Un obiettivo del lavoro valutativo è stato quello di compren-
dere meglio il ruolo giocato dalla Fondazione in quanto isti-
tuzione nascente e le forme speciche di regolazione svi-
luppate all’interno del DSE anche in ragione di fattori quali
i valori e le regole del sistema, l’accesso alla conoscenza,
l’attitudine alla cooperazione, la reputazione e così via.
Strumenti e metodi
La rilevazione è stata effettuata nel periodo 2010-2013 uti-
60 liliana leone
lizzando tecniche di rilevazione qualitative e quantitative.
Sono state realizzate numerose interviste non strutturate,
attività di osservazione partecipante e, nel corso degli ultimi
mesi del 2012, è stata realizzata un’indagine tramite sommi-
nistrazione online di un questionario strutturato. All’indagine
hanno partecipato 71 membri, dirigenti e funzionari di tutte
le organizzazioni del DSE e di alcune amministrazioni pub-
bliche locali maggiormente coinvolte nelle progettualità della
Fondazione di Comunità di Messina.
Oltre a rilevare dati di tipo demograco e dati sull’organiz-
zazione di appartenenza, sono state indagate le seguenti sei
dimensioni attinenti alle caratteristiche strutturali, ai pro-
cessi attivati a livello di network e ad alcune percezioni circa
i cambiamenti osservati nell’ultimo biennio da parte dei sog-
getti intervistati:
1. presenza e sviluppo, durante l’ultimo biennio, dei legami
duciari e intensicarsi degli scambi lavorativi formali
e informali. Viene considerato il livello dichiarato di du-
cia nell’ambito della rete degli stakeholder, istituzionali e
non, più inuenti nel DSE. Viene inoltre rilevata la perce-
zione relativa alla assenza/presenza di corruzione;
2. processi di istituzionalizzazione di sistemi di regole e
procedure per la gestione di beni comuni. Ci riferiamo ad
esempio a procedure decisionali, livello di trasparenza,
accesso alle informazioni e processi di monitorag-
gio del progetto, con restituzione a livello di comunità
locale;
3. membership (sentirsi parte attiva) e processi parteci-
pativi e decisionali all’interno del network. Partecipa-
zione personale ad attività associative o di volontariato
nel corso degli ultimi 12 mesi. Partecipazione personale a
processi e organi decisionali;
4. ricadute in termini di sviluppo e diffusione della cono-
scenza (knowledge translation) e innovazione organiz-
zativa. Funzione di volano per lo sviluppo di innovazioni e
creazione di ‘reti lunghe’.
Altri elementi rilevati nell’indagine e non attinenti diretta-
mente al costrutto di capitale sociale sono:
1. prospettive positive circa potenzialità dei bene-
ciari del progetto Luce è Libertà e ducia nei con-
fronti degli utenti da parte di diversi soggetti (speranza
inserimento);
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 61
2. percezione di sicurezza;
3. ottimizzazione dei processi decisionali, comunica-
tivi e transazioni tra gli attori organizzativi operativi a
livelli diversi (i tre livelli) del reticolo (es. accordi su sin-
golo caso, organizzazione del lavoro e modalità di coordi-
namento, avvio altri progetti ecc.);
4. capacità di gestione dei conitti.
Per rilevare la struttura e il tipo di scambi nel DSE si è scelto
di misurare:
le caratteristiche ‘strutturali’ delle organizzazioni indivi-
duate in anticipo per selezionare il campione di rispondenti
(tipologia di appartenenza al DSE: membro FdC, organiz-
zazione di base del DSE, istituzione coinvolta nel progetto);
le informazioni fornite dai rispondenti in merito all’inten-
sità, la direzione e l’aumento degli scambi tra organizza-
zioni e alla presenza di ducia e scambi condenziali sul
lavoro.
Analisi statistica
Abbiamo utilizzato un apposito software per l’analisi dei dati
relazionali denominato UCINET 6 (Borgatti, Everett, Free-
man, 2002). UCINET è un software per l’analisi dei network
sociali che permette di calcolare varie misure (es. centra-
lità, coesione, brokerage, interposizione) e anche di testare
ipotesi. Le misure sviluppate nel nostro lavoro attraverso il
software sono successivamente state inserite quali indica-
tori, e quindi proprietà di singoli nodi, in modelli statistici
predittivi che hanno utilizzato dati di tipo non relazionale.
Tale secondo step di analisi è stato realizzato attraverso il
software SPSS vers. 17.
Nel seguente paragrafo descriviamo il processo di costru-
zione degli indici che abbiamo elaborato per studiare le rela-
zioni nel DSE e il capitale sociale posseduto.
Indicatori di capitale sociale: costruzione di scale e indici
Gli indicatori di capitale sociale da noi identicati, che si rife-
riscono sia agli scambi tra individui – livello micro – sia alle
organizzazioni del DSE – al livello meso – riguardano:
1. sistema di valori condiviso: l’item indagava la percezione
dei soggetti circa l’esistenza di un sistema di valori condi-
viso nel DSE (Attributo Analisi Network Individui);
62 liliana leone
2. scambi signicativi tra organizzazioni nell’ultimo bien-
nio con indicazione di ciascuna organizzazione (Analisi
network Organizzazioni);
3. contatti frequenti (Indicare le persone con cui nell’ultimo
biennio si hanno avuto dei contatti almeno 1 volta a set-
timana) (Analisi Network Individui);
4. legami duciari misurati da:
indicazione con ordine gerarchico di 10 organizzazioni
con cui si sono sviluppati intensi legami di ducia;
opinione rilevata con item: “È aumentato il legame di
ducia tra la sua organizzazione e alcune altre realtà
del DSE?” (Attributo Analisi network Organizzazioni);
indicazione delle organizzazioni con cui è aumentato il
livello di ducia da quando è operativa la FdC (Analisi
network Organizzazioni);
individuazione delle persone con cui si è soliti avere
degli scambi per “Problemi Condenziali legati al La-
voro” (Analisi Network Individui);
5. esiste, inoltre, un indicatore di aumento degli scambi che
rileva i cambiamenti avvenuti nell’ultimo biennio e che
quindi, in una prospettiva di tipo valutativo, retrospetti-
vamente ci dice qualcosa circa gli effetti della politica (il
progetto Luce è Libertà e la nascita della Fondazione di
Comunità). Il questionario prevedeva un elenco con i no-
minativi di tutte le organizzazioni presenti nel DSE e i ri-
spondenti hanno segnalato quelle nei confronti delle quali
era aumentata l’intensità dei contatti nell’ultimo biennio
(Analisi network Organizzazioni).
Il procedimento per costruire un unico indicatore con cui
misurare costrutti complessi è stato il seguente. Abbiamo
costruito due Scale: la Scala di Governance e la Scala Inno-
vazione e competitività.
La scala denominata “Governance: partecipazione e traspa-
renza” misura la presenza di processi decisionali partecipati nel
DSE e il modello di leadership della Fondazione di Comunità.
È stato vericato il livello di attendibilità della scala e suc-
cessivamente è stata costruita una scala a dieci punti (da
1 a 10) con un indice sintetico attraverso il procedimento
additivo dei valori delle variabili selezionate.1 La scala è com-
1 Si ricorda che laddove l’indice è superiore a 0,8 la scala può essere consi-
derata molto attendibile.
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 63
posta da 5 item, ottiene un punteggio elevato pari a 7,4 su
una scala a dieci punti e risulta essere molto attendibile sul
piano statistico (Indice Alpha di Cronbach 0,897 con item
standardizzati, varianza 61,79 e Dev. Stan. 7,85).
La seconda scala che abbiamo sviluppato è denominata
“Scala Innovazione e competitività” e misura la presenza di
processi di innovazione e la crescita dei livelli di competitività
del DSE.
Anche questa scala è composta da 5 item, ottiene un punteg-
gio medio pari a 7 su una scala a dieci punti (valore effettivo
31,31 su un range da 5 a 50) e risulta anch’essa molto atten-
dibile sul piano statistico (Indice Alpha di Cronbach ,873 con
item standardizzati, varianza 122,05 e Dev. Stan. 11,05).
I seguenti principii individuati dalla Teoria dei Beni Comuni
per identicare e disegnare istituzioni robuste, in grado di
gestirli hanno molti punti in comune con gli item inclusi nella
nostra scala di misurazione della Governance del DSE.
3° principio: Modalità partecipativa che permette alle per-
sone coinvolte di prendere parte alle decisioni sulle regole da
adottare (v. item 1. e 3. della scala).
Item Scala di ‘Governance del DSE’
1. Le decisioni importanti sono state sempre discusse e vi è
stata una buona partecipazione dei diversi soggetti.
2. Buona capacità di restituire i risultati del lavoro fatto dalla
Fondazione di Comunità (FdC).
3. La FdC ha sviluppato un sistema di regole per prendere de-
cisioni condivise.
4. La gestione delle risorse della FdC di ME è molto trasparente.
5. È migliorata la capacità di confrontarsi tra organizzazioni di-
verse e gestire i conitti.
Item “Scala Innovazione e competitività”
1. Grazie al fatto che si opera come ‘sistema’, credo sia aumen-
tata la competitivita’ del DSE.
2. Come partner del DSE abbiamo condizioni più favorevoli di
accesso al credito.
3. Far parte del DSE per noi ha favorito l’introduzione di forme
di innovazione tecnologica.
4. Il far parte del DSE ci ha permesso di accedere a contatti
commerciali e professionali con altri network e organizzazioni
esterne alla nostra realtà.
5. Con alcune organizzazioni del DSE abbiamo centralizzato e
condiviso l’erogazione di alcuni servizi.
64 liliana leone
4° principio: Attività continue di monitoraggio delle condi-
zioni della risorsa in comune e del comportamento delle per-
sone che la fruiscono (v. item 2.).
6° principio: Effettività di meccanismi per la risoluzione dei
conitti fra gli attori coinvolti (v. item 1. e item 4. in quanto
costituiscono una chiave per prevenire i conitti e far dialo-
gare interessi contrastanti).
Caratteristiche del Campione
I questionari validi riguardano complessivamente 54 su 71
soggetti invitati a rispondere all’indagine. Tra i rispondenti,
circa un terzo (n. 16) fanno parte di organizzazioni di base
non aderenti alla Fondazione di Comunità, quasi due terzi (n.
29) operano nell’ambito del Distretto Sociale Evoluto o nella
qualità di fondatori della Fondazione di Comunità di Messina
o di membri degli stessi soci fondatori o di enti internazionali
a cui essa è associata. Le organizzazioni rappresentate sono
27: l’organizzazione con maggiori rispondenti (n. 8) è Ecos-
Med cui fanno seguito la Fondazione Horcynus Orca e la Fon-
dazione di Comunità di Messina. Trattandosi di un network
organizzativo complesso, distinguiamo i diversi attori che
partecipano al DSE.
Una prima distinzione riguarda il tipo di rapporto tra ogni or-
ganizzazione e la Fondazione di Comunità di Messina: sono
presenti 15 organizzazioni che operano nel DSE ma non fanno
formalmente parte della Fondazione di Comunità, altre 12 or-
ganizzazioni ne sono partner e/o ricoprono cariche nei suoi
organi direttivi. Inne, la Fondazione di Comunità è membro
di due organizzazioni internazionali/reti: REVES e SEFEA. Su
27 organizzazioni, 5 sono istituzioni pubbliche locali.
Tra gli intervistati sono presenti i responsabili e alcuni di-
pendenti di 5 organizzazioni pubbliche (n. 2 Università, il
Comune di Messina, l’OPG e l’ASP di Messina), organizzazioni
private (IDS&Unitelm) e in prevalenza organismi del terzo
settore.
Una seconda distinzione riguarda il livello organizzativo. Le
organizzazioni ‘semplici’ sono quelle di primo livello, gli or-
ganismi che aggregano organizzazioni di primo livello sono
indicate come organismi di secondo livello, mentre tra gli
organismi di terzo livello troviamo soggetti che aggregano
sia organizzazioni di primo sia organizzazioni di secondo li-
vello. A titolo esemplicativo, il Consorzio Sol.E. è un orga-
nismo del privato sociale di secondo livello che aggrega co-
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 65
Tabella 1: Titolo di studio
operative sociali di primo livello; la Fondazione di Comunità
di Messina, come pure la Fondazione antiusura Pino Puglisi
Onlus, rappresenta un organismo di terzo livello in quanto
nella compagine dei membri fondatori compaiono consorzi
(es. Consorzio Sol.E.) o associazioni (es. MoVi e Arci Sicilia)
che a loro volta associano molti partner.
Caratteristiche sociodemograche
L’analisi delle caratteristiche del campione evidenzia con
immediatezza un tratto distintivo del DSE di Messina: il di-
stretto ha attratto e ‘coagulato’ un insieme di persone con
livelli di capacitazione particolarmente elevati. Il livello di
istruzione è molto alto con l’83% dei rispondenti aventi un
titolo di studio pari o superiore al diploma di laurea. Un terzo
dei rispondenti (34,6%) ricopre un ruolo dirigenziale all’in-
terno dell’organizzazione di appartenenza prevalente. Par-
liamo di appartenenza prevalente in quanto alcuni soggetti
appartengono o ricoprono cariche in più organismi.
Frequenza %
Licenza Media Inferiore 1 1,9
Diploma Media Superiore 8 15,4
Laurea 29 55,8
Specializzazione post-lauream 14 26,9
Totale 52 100,0
Un rispondente su 4 è di sesso femminile (13 femmine e 39
maschi), confermando una maggiore presenza del genere
maschile nel gruppo di management. I soggetti intervistati
sono particolarmente propensi a svolgere attività a carattere
pro sociale, quali riunioni e attività gratuite per organismi del
terzo settore e di volontariato o versamento di soldi; tali atti-
vità vengono generalmente considerate indicatori di capitale
sociale diffuso.
Un terzo dei soggetti (32,6%) ha realizzato 4 o più attività
pro sociali nel corso degli ultimi 12 mesi mentre solo il 5,8%
dei rispondenti non ne ha realizzata alcuna. Le voci citate
con maggiore frequenza sono la partecipazione a riunioni
per associazioni a carattere culturale (56%), attività gratu-
ite a favore di altre organizzazioni (52%) e partecipazioni a
manifestazioni e interventi pubblici (46%). Se compariamo
66 liliana leone
Tabella 2: Attività a carattere pro-sociale
realizzate dai membri del DSE
questi stessi indicatori con la rilevazione compiuta nel 2010
dall’Istat nell’indagine Multiscopo, possiamo apprezzare lo
scarto assai rilevante che esiste tra i comportamenti della
popolazione italiana adulta e i comportamenti adottati dai
rispondenti membri del DSE.
In sintesi questi dati dimostrano in modo inequivocabile come
il Distretto sia un catalizzatore di comportamenti pro-sociali
e di cultura ben caratterizzato e non omogeneo con la so-
cietà in cui esso si auto-organizza.
Attività pro sociali % DSE % Italia
35-44 anni*
Riunioni in Associazioni ecologiche, per i
diritti civili, per la pace 29 1,8
Riunioni in Associazioni culturali, ricrea-
tive o di altro tipo 56 9,4
Attività gratuita per Associazioni di
volontariato 27 9,4
Attività gratuita per altre organizzazioni 52 2,7
Attività gratuita per un sindacato 8 1,1
Soldi versati per sostenere un’associa-
zione, un ente religioso ecc. 33 20,3
Manifestazioni o interventi pubblici 46
Attività e riunioni di partito 12 1,2
Totale
* Fonte: Istat Multiscopo 2010.
Analisi dei risultati
Rispondendo allo scopo originario alla base dello studio svi-
luppato nel capitolo 4 abbiamo vericato se l’attività della
Fondazione di Comunità nell’ultimo biennio abbia inuenzato
la crescita del capitale sociale dei soggetti coinvolti nel DSE
e se abbia avuto degli effetti positivi sul piano organizzativo
istituzionale e a livello economico.
Abbiamo quindi analizzato:
1. alcune misure di capitale sociale connesse alle relazioni
nel network, all’intensità degli scambi, al grado di condi-
visione di valori e norme e al grado di ducia reciproca;
2. le modiche avvenute nel sistema di scambi interni al
DSE nell’ultimo biennio;
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 67
3. la connessione delle precedenti dimensioni con alcuni be-
neci organizzativi quali la crescita del livello di competi-
tività, l’intensicazione di relazioni con organismi ‘ponte’
e l’accesso a nuove risorse (es. nuovi mercati per scambi
commerciali, accesso al credito…), lo sviluppo di econo-
mie di scala, lo sviluppo di processi di innovazione e di
nuove conoscenze e competenze.
Caratteristiche del network: intensità dei legami, centralità,
ducia
Per descrivere le caratteristiche del network degli individui
referenti del DSE abbiamo utilizzato alcune misure basilari
della Network Analysis (Cordaz, 2005). In questo paragrafo
diamo una prima denizione sintetica di tali misure, in se-
guito approfondiremo l’analisi del network alla luce di alcuni
quesiti della ricerca riguardanti il nesso tra grado e tipo di
capitale sociale posseduto dai singoli soggetti e caratteristi-
che strutturali e funzionali del network.
Una prima analisi del network a livello micro e meso riguarda
le misure di centralità, quelle riguardanti il potere e la coe-
sione (Densità).
Una delle misure basilari più interessanti riguarda la centra-
lità denita come connessione/inuenza diretta (De-
gree) di ciascun soggetto all’interno del network. Il grado di
propensione verso gli altri (Outdegree) di ciascun soggetto
indica il numero di scelte effettuate dallo stesso, mentre l’In-
degree indica le scelte ricevute da ciascun nodo della rete.
L’approccio iniziale allo studio del grado di centralità parte
dal presupposto che gli attori che hanno maggiori connes-
sioni riescono con maggiore probabilità ad avere una mag-
giore inuenza all’interno del network. Sebbene ciò abbia
un senso, in questo modo non si tiene conto che lo stesso
grado di centralità non signica necessariamente dare ai di-
versi attori una simile importanza. Essere connessi ad altri
nodi molto interconnessi aumenta il grado di centralità del
primo attore, ma paradossalmente non il grado di inuenza
o potere del primo sugli altri, che infatti possono, grazie alle
proprie connessioni, non dipendere da un singolo attore e
mantenere un margine di autonomia maggiore. Il dilemma è
stato risolto dall’algoritmo proposto da Bonacich.
Secondo Bonacich (Bonacich Power Beta centrality), il grado
di centralità è una funzione di quante connessioni l’attore ha
e di quante connessioni hanno gli attori che fanno parte della
68 liliana leone
Figura 1: Misure di centralità
2
rete di vicinato (il reticolo personale o neighbor) dello stesso
attore. La seconda idea riguarda la questione della ‘dipen-
denza’: se il primo attore, che chiameremo nel linguaggio
della network analysis ‘Ego’, ha dei vicini che a loro volta
hanno molte connessioni con altri vicini, il grado di dipen-
denza da Ego sarà ridotto e di conseguenza anche il grado di
potere di questo nel reticolo.
2 Consideriamo due attori da una rete, A e C. Supponiamo che tra di loro ci
siano diversi sentieri. Da tutti questi percorsi che vanno da A a C, e che passano
da B, osserviamo il più breve. È importante comprendere che può accadere
che il percorso più breve non è l’unico. Ci possono essere diversi percorsi che
soddisfano tale condizione. Chiameremo il numero di questi percorsi N1. Dai
percorsi di questi ultimi, concentriamoci solo su quelli che passano dal nodo B,
chiameremo N2 il numero di questi percorsi. Quindi, l’interposizione di B tra A e
C è N2/N1. Cerchiamo di generalizzare: per tutti i nodi della rete a cui A, B e C
appartengono. Il grado di betweenness di B è la somma delle loro intermedia-
zioni relative a ciascuna coppia di nodi di tale rete.
Legenda
A=Closeness (quanto lontano dagli altri, quanta distanza afnché ar-
rivino le informazioni)
B=Degree (ben connessi, inuenza diretta)
C=Interposizione/Betweenness (brokerage, gatekeeping, interposi-
zione e controllo delle informazioni)2
D=Eigenvector (popolarità, essere connesso a nodi ben connessi)
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 69
Un’altra misura di centralità è denominata eigenvector ed evi-
denzia la centralità degli attori (cioè la somma delle distanze
geodetiche di ogni attore dagli altri o farness) in termini di
struttura globale del network conferendo minor attenzione
a pattern che riettono caratteristiche locali (sottonetwork).
La densità di un network ci restituisce invece una informa-
zione sul grado di coesione della rete e rappresenta quindi,
tra le principali statistiche descrittive, una importante misura
di coesione. La densità di un network binario è il numero
totale di legami diviso il numero totale di possibili legami.
Network come sistema di relazioni tra individui
Il DSE di Messina è caratterizzato da una densità degli
scambi con frequenza settimanale abbastanza elevata, con
una media per ciascun soggetto di 7 contatti settimanali tra
i membri del network (Densità 17,9%).
Il network dei soggetti intervistati è caratterizzato inoltre da
un alto livello di centralizzazione (Indice di centralità Fre-
eman Degree 67%), da una forte variabilità tra i casi (Dev
Stan 15,9) e da una presenza di contatti frequenti concen-
trata in un nucleo di soli 8 soggetti; il primo soggetto realizza
l’80% degli scambi possibili.
L’Indicatore di interposizione (Indice Betweenness) indica la
frequenza con cui ogni singolo nodo-soggetto si trova nel per-
corso più breve che collega ogni altra coppia di nodi (distanza
geodetica). Circa il 19% dei legami mediamente comporta
una interposizione (Betweenness Media) e cioè la presenza
di intermediari in grado di veicolare informazioni rilevanti per
il network del DSE. Quasi la metà dei soggetti (20/46) ha un
valore pari a 0,0 sull’indice di interposizione, non svolgendo
neanche nei confronti di un singolo membro della rete il ruolo
di intermediario. La quantità di variabilità è elevatissima (Dev
Stand. Betweenness 73,6) e ciò sta a indicare forti asimme-
trie circa i ruoli di interposizione. I nodi, infatti, sono solo
tre che in misura rilevante svolgono il ruolo chiave di ‘in-
terposizione o intermediario’, ruolo assimilabile alla funzione
di relè con l’esterno, essi sono: la Fondazione di Comunità,
Ecos-Med e Fondazione Puglisi. Ad essi è afdata la funzione
di veicolare in modo sostanziale gli scambi tra i membri del
network e senza di essi verrebbero a cadere, almeno in una
prima fase, molte relazioni tra i membri del network e tra
membri del DSE e attori rilevanti esterni (le reti lunghe).
70 liliana leone
Le persone o nodi ben connessi, con una forte propensione
verso gli altri e da cui transitano le comunicazioni in uscita (In-
dicatore OutDegree) – e cioè che dichiarano di avere un mag-
giore numero di contatti con gli altri membri del network – sono
in genere coloro che hanno una funzione di coordinamento
all’interno delle quattro organizzazioni del DSE. Gli individui
che invece vengono indicati con maggior frequenza da tutti gli
intervistati come destinatari dei contatti (InDegree) sono sog-
getti che non necessariamente svolgono funzioni gerarchiche
ma che fanno parte di un nucleo originario con forti legami
duciari che svolge una funzione di collante relazionale.
Esiste comunque una forte sovrapposizione delle due misure
che sta a indicare una reciprocità degli scambi.
Se consideriamo nuovamente il network composto da indivi-
dui e analizziamo solo i loro contatti più frequenti, osserviamo
una densità complessiva del network non elevata (15% con-
tatti possibili) con una media pari a 7,5 contatti per persona
a settimana. Trattandosi di un network molto ampio compo-
sto da soggetti che operano in circa trenta organizzazioni non
tutte residenti a Messina, si tratta di valori moderati.
Se passiamo ora a considerare gli scambi duciari (Var.:
Indichi quali sono le persone, tra quelle indicate nel suc-
cessivo elenco, con cui parla di problemi condenziali legati
al lavoro) emerge nuovamente una struttura del network
estremamente centralizzata – con indici della misura di ‘in-
terposizione’ (Betweenness) del network molto elevati e
indici dei singoli soggetti estremamente disomogenei. Il 42%
del grado di interposizione è spiegato da un solo nodo men-
tre il secondo nodo assorbe il 12% del valore (valori standar-
dizzati Betweenness).
Analisi del network delle organizzazioni del DSE
Per esplorare il sistema di scambi, la rete di ducia e la pre-
senza di legami privilegiati abbiamo chiesto agli intervistati
di indicare con quali organizzazioni (indicate in un elenco) ci
fossero stati nel biennio scambi signicativi; è stato chiesto
poi di indicare dallo stesso elenco, mettendole in ordine di
importanza, le organizzazioni con le quali fosse presente un
legame di ducia più forte. In alcuni casi, qualora ci fossero
più attori della stessa organizzazione che esprimevano una
opinione sui temi trattati, si è deciso di utilizzare, nell’analisi
del network, la risposta del rappresentante dell’organizza-
zione stessa.
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 71
Figura 2: Scambi signicativi tra attori
del network nell’ultimo biennio.
Il colore del nodo indica l’intensità degli scambi avuti da ciascuna or-
ganizzazione con Fondazione di Comunità (Giornalieri=viola, Settimana-
le=arancione, Mensili=giallo oro, Sporadici=giallo chiaro). La forma del
nodo indica la tipologia rispetto al network DSE: Quadrato=Membro della
Fondazione di Comunità, Triangolo=Organizzazione di base, Cerchio in
quadrato=Organizzazione di cui la Fondazione di Comunità è membro.
Se si considerano i valori di outdegree, le organizzazioni che
hanno espresso un maggior numero di scelte sono nell’or-
dine: Fondazione di Comunità (23), Ecos-Med (14), Radio-
street (11) e Fondazione Horcynus Orca, OPG e Consorzio
Sol.E. (10). Le scelte in ingresso hanno invece interessato
maggiormente la Fondazione Horcynus Orca e la Fondazione
di Comunità (15), Ecos-Med e il Consorzio Sol.E. (13).
La centralità può essere misurata anche dal grado di interpo-
sizione, detto anche grado di Betweenness, inteso come fre-
quenza con cui ogni nodo si trova nel percorso più breve (di-
stanza geodetica) tra ogni altra coppia di nodi. Analizzando
la matrice delle 24 organizzazioni relativa alla presenza di
scambi signicativi nell’ultimo biennio e calcolando l’indice
di interposizione dei nodi, ovvero il loro grado di interme-
diazione, emerge la forte centralità di alcuni nodi con scarti
però molto differenti nei valori dell’indice (in ordine: Fonda-
zione di Comunità 180,8; Fondazione Horcynus Orca 66,62;
Ecos-Med 66,25; Sol.E. 29,16). L’indice che misura il grado
di intermediazione nel network è abbastanza elevato e pari a
33,64% (valore medio di 17,75 e Dev Stand 38,4).
72 liliana leone
Se consideriamo ora i legami di ducia verso le organizza-
zioni sociali attraverso l’ordinamento delle preferenze, la si-
tuazione subisce alcune variazioni. L’indice di centralizza-
zione del network è ancora abbastanza elevato, pari a 14,7%,
e ben il 23,7% dei legami esistenti comporta la presenza di
intermediari. Gli attori che hanno una posizione centrale nel
network risultano essere nell’ordine: la Fondazione di Comu-
nità (18% valore Freeman Betweenness standardizzato), la
Fondazione Horcynus Orca (17,5%), il Consorzio Sol.E.
(14,5%) e, diversamente da quanto osservato in prece-
denza, la società IDS&Unitelm (12,5%). A conferma della
forte centralizzazione, osserviamo che un quinto dei soggetti
risulta avere un valore dell’indice inferiore a 1%.
Grado di conoscenza nel DSE del progetto Luce è Libertà
Data l’importanza che il progetto sperimentale gioca nel con-
testo dell’attuale ricerca abbiamo analizzato nel DSE il grado
di conoscenza del progetto Luce è Libertà e il livello di condi-
visione della vision e della mission dello stesso.
Su 52 rispondenti, 43 conoscono il progetto Luce è Libertà
della Fondazione di Comunità; tali soggetti si dichiarano molto
ottimisti circa il futuro del progetto (Media 8,8 – Dev. Stand.
1,6) apprezzando in particolare le opportunità di inserimento
lavorativo sviluppate grazie ad esso (media 8) e ai legami in-
formali sviluppatisi tra le persone che vi operano (Media 7,7).
Le ricadute del progetto Luce è Libertà sulle comunità locali
del DSE sono considerate decisamente positive: si riporta
un aumento del livello di solidarietà (item 1 – Media 6,8 su
scala 1-10) e una moderata crescita dei legami tra operatori
e cittadini (item 4 Media 6,1 e mediana 7). Inoltre si registra
un elevato grado di accettazione e supporto con la metà dei
La Fondazione di Comunità ha un ruolo centrale all’interno degli
scambi del network. Essa rappresenta, tra le 24 organizzazioni
del DSE, quella che trovandosi nel percorso più breve tra ogni
altra coppia di nodi (Indice Betweenness 180,8) è stata nell’ul-
timo biennio, maggiormente in grado di garantire e mediare gli
scambi signicativi tra i membri del DSE e favorire l’accesso a
reti esterne.
La Fondazione di Comunità è inoltre l’organizzazione che gioca un
ruolo centrale riguardo le preferenze e i legami duciari privile-
giati sviluppati nel DSE (18% dei legami di interposizione).
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 73
Tabella 3: Risposte degli intervistati
in merito al progetto Luce è Libertà
rispondenti, che si dichiara totalmente in disaccordo sul fatto
che ci possa essere stato un aumento del senso di insicu-
rezza dei cittadini nelle aree dove sono stati reinseriti gli ex
utenti dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona P.G.
(item 3 – Media 2,5).
La maggior parte degli intervistati (80%) afferma di cono-
scere abbastanza o molto il progetto Luce è Libertà. Com-
parando tale gruppo con coloro che conoscono meglio il pro-
getto osserviamo quanto segue.
Tramite l’analisi delle differenze tra le medie (Test ANOVA
Analisi della Varianza) possiamo vericare che tra i due sot-
togruppi esistono differenze signicative circa i seguenti
NMedia Mediana Std.Dev.
Valid
Penso che grazie al progetto Luce è Libertà sia
aumentato il livello di solidarietà delle comunità
locali coinvolte
43 6,8 7 2,03
Sono ottimista rispetto ai risultati del progetto LèL 43 8,2 8 1,64
Molti cittadini si sentono più insicuri a causa
delle dimissioni fatte dall’OPG di Barcellona
Pozzo di Gotto
43 2,5 1 2,54
Durante il progetto sono aumentati i legami tra
operatori e gruppi di cittadini, esercenti, realtà 43 6,1 7 2,36
Sono state sviluppate importanti opportunità di
inserimento socio lavorativo 43 8,0 8 2,03
Sono stati modicati e innovati alcuni aspetti del
nostro lavoro 43 6,7 8 2,67
A coloro che operano come Distretto Sociale
Evoluto la malattia mentale ora fa meno paura] 43 7,1 8 3,23
Si sono sviluppati molti legami anche informali
tra persone che operano nell’ambito del progetto 43 7,7 8 2,22
Personalmente ho sviluppato nuove conoscenze
e competenze grazie al progetto Luce è Libertà 43 6,8 8 3,06
Sono in genere soddisfatto del lavoro svolto con
i colleghi che operano nel progetto 43 6,8 7 2,48
Mi sono sentito/a spesso orgoglioso/a di fare
parte del progetto 43 7,6 9 2,83
Sento di aver dato un contributo signicativo al
progetto Luce è Libertà 43 5,7 6 3,05
74 liliana leone
aspetti: la percezione che esista un sistema di valori molto
condiviso tra le organizzazioni del DSE (F 6,99 Sig ,011), la
percezione che ‘Durante il progetto sono aumentati i legami
tra operatori e gruppi di cittadini, esercenti, realtà com-
merciali operanti nelle comunità in cui sono stati inseriti gli
utenti’ (F 16,9 Sig. ,000), il sentirsi “spesso orgoglioso/a di
fare parte del progetto” (F 13,4 Sig. ,001), l’innovazione di
alcuni aspetti del lavoro (F 6 Sig. ,018).
3 Evoluzione del Capitale Sociale del DSE di Messina
Lo studio delle caratteristiche e dell’evoluzione del Capitale
Sociale del Distretto Sociale Evoluto di Messina è uno dei
principali obiettivi della ricerca valutativa. Qui di seguito ri-
portiamo i risultati delle analisi sviluppate intorno ai quesiti
valutativi originari.
Quesito 1: Nell’ultimo biennio si è vericata una cre-
scita della ducia nei confronti degli altri membri del
DSE di Messina? Se sì, verso quali soggetti?
In otto casi su dieci (43 soggetti pari all’83%) gli intervi-
stati affermano che si è vericata una crescita della ducia
nei confronti di alcune realtà del DSE da quando è opera-
tiva la Fondazione di Comunità e cioè nell’ultimo biennio.
Solo tra alcune organizzazioni di base che non sono part-
ner della Fondazione di Comunità e per due membri della
stessa Fondazione di Comunità non sembra essere avvenuto
un cambiamento in tal senso. Tra i membri della FdC, come
prevedibile, l’aumento della ducia è più diffuso rispetto alle
organizzazioni di base che non ne sono membri.
Nell’ultimo biennio, benché alcuni soggetti si conoscessero da
molti anni, si registra un aumento generalizzato del livello di
ducia nei confronti delle organizzazioni appartenenti al DSE.
Se consideriamo le opinioni espresse dai 52 intervistati, le
organizzazioni nei cui confronti è aumentato il livello di du-
cia nel corso del biennio sono 33 su 34: praticamente tutte.
Gli enti nei cui confronti si registra un maggiore aumento del
livello di ducia sono in ordine: la Fondazione di Comunità
di Messina che in ogni caso non esisteva in precedenza (27
scelte), Ecos-Med (21 scelte), Sol.E. (20 scelte), Fondazione
Horcynus Orca (19 scelte), l’OPG, Banca Etica, ASP di Mes-
sina, l’Associazione Culturale Pediatri e Caritas Italiana (da
12 a 9 scelte).
Le organizzazioni che viceversa esprimono una propensione
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 75
maggiore a dichiarare la propria ducia nei confronti degli
altri membri del DSE sono le due fondazioni – Fondazione di
Comunità e Horcynus Orca – assieme a Ecos-Med organizza-
zioni ‘storiche’ del Distretto.
La crescita generalizzata della ducia (variabile dicotomica
aumento/non aumento), è fortemente associata al vissuto
di appartenenza, al sentire di far parte del DSE e al grado di
centralità del singolo attore (Misure di centralità Indegree e
Outdegree – Sig .012 e .000) nel network, ma non dipende
dal numero di anni di operatività all’interno del DSE. Ne de-
sumiamo che, pur trattandosi di un sistema molto denso e
coeso, esiste un grado di apertura che permette al sistema
di accogliere anche nuovi soggetti.
Per capire se esiste una differenza statisticamente rilevante
nei due sottogruppi con e senza aumento di ducia, rispetto a
misure che riguardano le relazioni nel network o le percezioni
di appartenenza ad esso, indichiamo alcuni dati offerti dal test
sull’analisi della varianza (valori ANOVA test Brown-Forsty
Robust Tests of Equality of means) che dimostrano differenze
signicative rispetto agli indici di centralità nel network (Out-
degree_Norm Statistica 27,95 Sig ,000 e InDegree_Norm
Statistica 7,18 Sig ,012) e al senso di appartenenza al DSE
(Statistica 6,4 Sig ,031), ma una mancanza di relazioni ri-
spetto agli anni di collaborazione con il DSE.
Il valore di densità di questo network è moderato e pari a
0.15, che signica che sono presenti il 15% di tutti i legami/
scelte possibili. Un’informazione interessante, dal momento
che uno dei rischi segnalato dalla letteratura riguarda la den-
sità ‘eccessiva’ dei network che potrebbe ridurre la capacità
di generare nuove relazione e aperture all’apprendimento e
all’innovazione.
Accanto a un generale clima caratterizzato da signicativi
scambi duciari osserviamo la presenza di un sistema di va-
lori, così come percepito dagli stessi interessati, estrema-
mente condiviso.
Il valore medio dell’item “Esiste un sistema di valori molto con-
diviso tra le organizzazioni parte del DSE”, su una scala di ac-
cordo/disaccordo da 1 a 10, è elevato e pari a 7,8 (Dev Stand
1,7) e solo il 12,5% dei casi si attesta sotto il valore 6. Anche
questo indicatore, insieme a quello sugli scambi e sui legami
duciari, nel nostro lavoro è stato considerato una misura di-
retta di ‘Capitale Sociale’ posseduto dal network del DSE.
Quesito 2: Il far parte o meno della FdC ha una in-
76 liliana leone
Figura 3: Mappa aumento ducia
nell’ultimo biennio
uenza rispetto alle caratteristiche dei legami e gli ef-
fetti derivati dal capitale sociale?
Si potrebbe ipotizzare che la posizione dei soggetti nel reti-
colo, come pure le ricadute organizzative espresse in termini
di accresciuto livello di capitale sociale, siano favorevolmente
inuenzate dall’appartenenza diretta e indiretta (essere mem-
bro di secondo livello) alla FdC che, come abbiamo precedente-
mente osservato, rappresenta l’organizzazione che ha il ruolo di
governance del DSE. Se così fosse si confermerebbe il vantag-
gio di far parte di un cluster di organizzazioni avente un ruolo
di promotore del distretto, ma al contempo si evidenzierebbe
un problema legato allo squilibrio e ai vantaggi differenziati di
coloro che fanno parte del DSE con ruoli minoritari o più distali.
Tali vantaggi differenziati potrebbero far sorgere problemi di
ducia e di efcienza nella gestione delle transazioni.
Analizziamo di seguito alcuni dati di due sottogruppi: da un
lato coloro che fanno parte direttamente, o come referenti
di organizzazioni partner, della FdC (33 soggetti) e, dall’altro
coloro che non ne fanno parte (17 soggetti).
Il risultato dell’analisi della varianza ci permette di affermare
che il far parte della Fondazione di Comunità risulta avere una
connessione forte e signicativa con il livello di inuenza e
potere nel network. L’indicatore di centralità utilizzato, Power
Bonacich, misura la centralità di un soggetto in relazione alla
centralità degli altri attori cui è connesso tenendo quindi in
cap. 4 evoluzione ed effet ti del capitale sociale… 77
Figura 4: Mappa scambi frequenti
e aumento capitale sociale complessivo
considerazione anche il livello di inuenza dettato dal sistema
di relazioni in cui è immerso il singolo soggetto.
Osservando nella gura sottostante i legami all’interno del
network tra i soggetti che hanno tra loro scambi frequenti
(almeno 1 a settimana), possiamo notare che non solo i par-
tner della Fondazione di Comunità (nodi indicati con qua-
drati), ma anche metà delle organizzazioni di primo livello (i
triangoli), non membri della Fondazione, riportano una crew-
scita del capitale sociale durante il biennio (colore verde).
Il livello di ottimismo nei confronti del futuro del DSE, risulta
essere elevato con un valore medio di 7,9 decimi, e non si
associa al far parte o meno della Fondazione di Comunità
(ANOVA non signicativa) o al fatto di lavorare per una orga-
nizzazione del DSE. Esistono quindi attese generalizzate po-
sitive nei confronti del DSE, che creano un clima ottimistico
e di ducia. Il livello di ottimismo nei confronti del futuro del
DSE è più elevato tra coloro che hanno un alto livello di coin-
volgimento personale, che si dichiarano soddisfatti di ope-
rare nel DSE, e che hanno un’età più elevata (Regressione
Lineare Multipla R Quadro corretto, 233).
Indicatore complessivo aumento capitale sociale (dicotomico) Blu=no,
Verde=sì, Nero=M.r.
Forme dei nodi: Triangolo=Organizzazione di primo livello; Quadrati=Part-
ner di Fondazione di Comunità; Cerchio=FdC; Quadrato con cerchio=Rete
di terzo livello di cui fa parte la FdC.
Evoluzione delle Capabilities
degli ex internati
in Ospedale Psichiatrico
Liliana Leone, Lucia Martinez
Premessa
Le principali domande
poste alla base degli ap-
profondimenti valutativi
di questo capitolo riguar-
dano l’eventuale crescita
dei livelli di capabilities (e la loro evoluzione) delle persone
più fragili coinvolte nel DSE: i beneciari del progetto Luce è
Libertà. Se il DSE risulta essere un microclima caldo, fe-
condo, capace di costruire alternative nelle più rilevanti aree
dei funzionamenti umani delle persone più deboli e più depri-
vate, esso pre sumibilmente sarà un determinante di benes-
sere per tutti.
1 Obiettivi e metodi
Per vericare le ipotesi sottese al paradigma economico illu-
strato nel lavoro – la cosiddetta ‘teoria del programma’ nel
linguaggio della valutazione – la ricerca valutativa intendeva
rispondere ai seguenti quesiti:
a. Si determina un miglioramento dopo l’uscita dall’Ospe-
dale Psichiatrico Giudiziario delle condizioni di benes-
sere dei beneciari del progetto? Le capacità e le perfor-
mance nelle aree della socialità, abitare e vita quotidiana,
lavoro e salute ottengono dei miglioramenti? Si riducono i
fattori di rischio e le necessità di misure di controllo?
b. In termini di sviluppo di ‘capacitazioni’ la presenza di
una pluralità di opportunità rappresenta realmente un
vantaggio per la persona? Viene utilizzato tale ‘vantag-
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 79
gio’ nei progetti individuali di capacitazione? Aumentano
i gradi di libertà delle persone accolte e seguite se-
condo il modello di Luce è Libertà?
c. Funziona il meccanismo di ‘paracadute’ (sistema di
protezione dato dall’attivazione di reti locali istituzionali
del privato sociale e familiari) nel caso in cui i soggetti
sperimentino fasi di crisi con rischio di reingresso in con-
testi ad alto livello di contenimento e supporto? Come
vengono utilizzate le misure di sicurezza nel caso di
episodi che interessano gli ex internati OPG?
d. La recidività (reingresso in OPG o in altri istituti peniten-
ziari) tra coloro che fanno parte del progetto, a distanza di
12-18 mesi si mantiene nei parametri ‘normali’ o si riduce?
La nozione di efcacia è connessa alla “espansione delle li-
bertà delle persone” dopo la fase di deistituzionalizzazione e
i tre possibili esiti sono:
a. rientro in OPG;
b. cronicizzazione, ovvero permanenza nelle comunità in as-
senza di reale progresso della propria qualità della vita;
c. ‘successo’, inteso come progressività di espansione delle
libertà. Libertà dal bisogno materiale, libertà di progredire
sul piano culturale, libertà di progredire sul piano della
socialità e della partecipazione, con la doppia dimensione
delle reti primarie-affettive e di quelle sociali-comunitarie.
Poiché i cambiamenti osservati sono innescati, nel linguaggio
della valutazione realista1 da noi adottato, da meccanismi
(Pawson, Tilley, 2007; Biolcati Rinaldi, Leone, 2010) che nei
diversi step del progetto, e in interazione con dati contesti
ambientali, inuenzano gli effetti dei percorsi di capacitazione
delle persone, si è cercato di identicare i meccanismi più rile-
vanti alla base del successo/insuccesso del progetto.
In particolare si è cercato di individuare le caratteristiche
qualitative di ‘contesto’ che possono spiegare gli esiti dei
percorsi di ‘capacitazione’ dei soggetti. Sono stati indagati
i processi di implementazione per capire in che modo ven-
gano attivati, nel corso del progetto, i meccanismi ipotizzati
1 Per un approfondimento sull’approccio della valutazione realista e sugli ap-
procci di valutazione orientati alla teoria, si può consultare la specica sezione
sul sito www.cevas.it e analizzare la documentazione sul Ciclo di seminari 2009-
2011 de ‘I Classici della Valutazione’.
80 leone / martinez
in precedenza: a) di attivatore di rete sociale di supporto e
rete di ‘protezione’ degli individui; b) di suggeritore di op-
portunità (gradi di libertà, essibilità dei percorsi e delle pro-
poste); c) di attivatore di risorse delle comunità locali e in
particolare di supporto agli organismi del privato sociale e ai
Dipartimenti di Salute Mentale; d) di moltiplicatore di risorse
per innescare processi di coesione sociale.
Il seguente schema intende cogliere e riassumere nel modo
più sintetico possibile, la logica sottesa al progetto e le ca-
tene causali connesse alla strategia complessiva (n.b. la ‘te-
oria del programma’).
Nell’allegato 2 del presento capitolo, si ricodicano gli obiet-
tivi specici e i risultati attesi del progetto Luce è Libertà in
funzione dei diversi sottosistemi.
Il disegno di ricerca è consistito in una indagine longitudinale
sulle condizioni di vita dei beneciari del progetto, volta ad
analizzare le evoluzioni nel tempo delle caratteristiche di in-
teresse, studiando le modicazioni intervenute nel gruppo a
partire dai cambiamenti dei record individuali.
La prima2 rilevazione si riferisce al periodo maggio 2010-no-
vembre 2012, ed è stata effettuata durante la permanenza
dei soggetti in OPG, mentre la seconda fa riferimento al pe-
riodo successivo all’uscita dall’Ospedale Psichiatrico Giudizia-
rio, realizzata in un periodo più circoscritto tra giugno 2012 e
gennaio 2013. Utilizzeremo nel testo in modo intercambiabile
‘tempo zero’ (T0) o ‘pre’ e nella fase successiva ‘post’ (T1)
per indicare le due rilevazioni effettuate nei due diversi pe-
riodi. Queste sono state curate da 9 operatori; in 24 casi su
53 sono state effettuate dallo stesso rilevatore. Tra la prima
e la seconda rilevazione, trascorrono mediamente 20 mesi
(604 gg. Mediana 600 gg.) con un range tra 2 e 28 mesi e
una variabilità molto elevata (Dev. Stand. 190,66).
A valle dell’indagine quantitativa è stato realizzato un appro-
fondimento qualitativo attraverso interviste agli operatori del
progetto e a 8 soggetti beneciari. L’obiettivo era duplice:
far emergere la strategia adottata nel progetto e le modalità
concrete di utilizzo del capitale di capacitazione, a partire
dalle modalità di gestione dei numerosi ‘eventi critici’ che
2 La prima rilevazione, indicata con ‘pre’, si riferisce a una data convenzionale
dal momento che si è realizzata effettivamente a posteriori.
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 81
Tabella 1: Schema logico della teoria del
programma ‘Luce è Libertà’ e meccanismi ipotizzati
Investimento Fondo Comunità
e capitale di capacitazione (I)
Identicazione e accoglienza
sul territorio di persone
deistituzionalizzate
dall’OPG (II)
Sviluppo di attività di economia
sociale per autonanziare il DSE
di Messina.
Meccanismi:
Mutualizzazione dei capitoli di
capacitazione da parte dei bene-
ciari del progetto Luce è Libertà
per costituire una componente
dedicata del fondo della Fonda-
zione di Comunità. Tale compo-
nente del fondo è stata investita
per creare un parco diffuso di
energie rinnovabili il cui sedi-
mento permmette il sostegno nel
lungo periodo ai persorsi riabilita-
tivi personalizzati
Inserimento dei beneciari del
progetto Luce è Libertà in Co-
munità o in gruppi apparta-
mento o in famiglia o in casa
propria o in casa propria con
forme di adozione sociale
Meccanismi:
Avvio percorso di recupero di
libertà e salute e di una dimen-
sione progettuale individuale e
sviluppo di reti duciarie di ‘pro-
tezione’ e di empowerment
Attivazione reti territoriali (III) Ampliamento delle alternative
e sviluppo di misure innovative
per l’inserimento
socio-lavorativo (IV) e abitativo
Attivazione rete dei DSM e sog-
getti del privato sociale che nel
bacino territoriale di riferimento
dell’OPG di Barcellona P.G. con-
dividono nalità e strategie del
progetto e supportano percorsi di
cura e inserimenti socio-lavorativi
dei beneciari del progetto Luce è
Libertà
Meccanismi:
Coinvolgimento e valorizzazione
delle reti e dei nodi di prossimità
e attrazione di talenti creativi e
sviluppo di senso di appartenenza
al ‘progetto’ comune di cura ed
empowerment
Sperimentazione di opportu-
nità occupazionali e abitative
‘mirate’ che incrociano proget-
tualità e desideri delle persone
beneciarie.
Meccanismi:
Ampliamento delle oppor-
tunità di scelta rispetto alle
possibili forme di inserimento
sociale, abitativo e lavorativo.
Un’analisi completa di tali mec-
canismi viene sviluppata nel ca-
pitolo 6.
82 leone / martinez
si vericano nel periodo immediatamente successivo all’u-
scita dall’OPG, al ne di evitare la re-istituzionalizzazione;
individuare la strategia adottata per ampliare le ‘libertà’
e ‘offrire più opportunità’: valutare ‘l’ampiezza delle solu-
zioni/opportunità’, in primis abitative e lavorative, ideate e
sperimentate di volta in volta in relazione al mix di risorse
del contesto e alle necessità individuali degli utenti.
Le 56 persone internate in OPG a cui è stato proposto di
aderire al progetto Luce è Libertà sono state individuate sulla
base di caratteristiche riferibili ai tempi di scadenza della mi-
sura di sicurezza e alla sede di residenza. I beneciari/testi-
moni intervistati nella ricerca sono stati individuati, a loro
volta, sulla base dei seguenti criteri: diversicazione della
situazione abitativa (1 vive da solo, 1 in famiglia, 2 in gruppo
appartamento di Messina, 4 in comunità con protezione so-
cio-sanitaria di Salice), status giuridico.
Analisi statistica
Per l’analisi statistica sono state utilizzate prevalentemente
statistiche descrittive, il test T Student e test di Wilcoxon per la
comparazione sullo stesso campione e la verica di eventuali
differenze tra valori medi degli item riguardanti le due rileva-
zioni. Per la costruzione dell’indice sintetico della prima scala
denominata Scala riepilogativa HoNOS-secure e per le scale
relative alle varie aree del funzionamento sociale si è veri-
cata l’attendibilità delle stesse attraverso il test di Cronbach.
Nel successivo paragrafo vengono illustrati in dettaglio gli stru -
menti utilizzati e le modalità di costruzione e testaggio della
versione ridotta International Classication of Functioning,
Disability and Health, appositamente adattata a obiettivi di
tipo valutativo e non classicatorio, su una popolazione spe-
cica raramente studiata nella letteratura internazionale.
2 Gli strumenti: HoNOS-secure e ICF (International
Classication of Functioning, Disability and Health)
La rilevazione dei dati è stata effettuata tramite diversi stru-
menti: un questionario realizzato dalla Fondazione di Comu-
nità, due griglie semi-strutturate di intervista per la raccolta
di storie di vita di alcuni soggetti in carico al progetto (inter-
vista agli operatori e ai beneciari) e colloqui non strutturati.
Il questionario comprende:
informazioni anagrache
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 83
dati giuridici
dati psicopatologici
informazioni sociali.
Sono state inoltre utilizzati due strumenti HoNOS secure e
un set minimo dell’ICF all’uopo elaborato dai ricercatori del
progetto.
La scala Health of the Nation Outcome Scale for Users of
Secure and Forensic Services HoNOS-secure (Vers 2b St An-
drew’s, 2007), detta HoNOS-secure, è uno strumento com-
posto da due scale originarie. La prima comprende 7 item
che si riferiscono al rischio per sé, per gli altri e da altri, al
livello di protezione e accompagnamento necessario ai ni
dell’osservanza delle regole, al rischio clinico.
La seconda scala, quella sulle condizioni di salute, nasce in-
vece, nel 1993, nell’ambito del progetto Health of the Nation
del Department of Health inglese ed è nalizzata alla valuta-
zione dei risultati del trattamento dei disturbi mentali; è stata
utilizzata su soggetti adulti che sono in contatto con i servizi
psichiatrici (Kortrijk, 2010). La scala si compone di 12 item
che coprono quattro aree: i problemi comportamentali che
hanno un impatto sul soggetto stesso e/o sugli altri, come
la violenza; i decit delle funzioni di base, come il rallenta-
mento psicomotorio e le compromissioni cognitive e siche
con i loro effetti diretti sul funzionamento dell’individuo; le
alterazioni psichiche soggettive, come la depressione, l’an-
sia, le allucinazioni e le preoccupazioni; i problemi ambien-
tali che possono costituire un limite all’autonomia funzionale
della persona (vincoli abitativi, occupazionali ecc.). La scala
sulle condizioni di salute prevede 5 modalità di risposta gra-
duate: lo zero indica l’assenza di problemi, il punteggio 1 la
presenza di un problema la cui gravità è ridotta e non ne-
cessita pertanto di alcun tipo d’intervento, mentre i punteggi
2-3-4 indicano la necessità di un intervento terapeutico, so-
ciale o assistenziale di maggiore o minor peso.
Il secondo strumento utilizzato nel presente studio è stato
un set minimo tratto dai ricercatori del progetto dall’Interna-
tional Classication Functioning (ICF), Disability and Health
elaborato dall’OMS (WHO, 2011; Maname et al., 2011).
L’ICF rappresenta il superamento della precedente ICIDH
(International Classication of Impairments Disabilities and
Handicaps) e si basa su un nuovo concetto di salute. L’ICF,
è uno strumento, approvato da una risoluzione del WHO del
84 leone / martinez
2001,3 raccomandato quale standard internazionale di clas-
sicazione dello stato di salute e delle aree, o dominii, ad
essa connessa. Tali dominii sono stati classicati secondo tre
diverse prospettive: il corpo, l’individuo e il contesto sociale,
tramite due diverse liste. Una prima lista riguarda le funzioni
del corpo e delle strutture; una seconda lista i dominii con-
nessi alle attività e alla partecipazione; poiché il funziona-
mento dell’individuo e della disabilità si realizza in un conte-
sto, l’ICF include anche una lista dei fattori ambientali (trad.
nostra WHO Presentazione ICF).
Sulla base di una selezione di alcuni item dell’ICF, versione
italiana (testata dall’OMS), è stata predisposta la sezione del
questionario relativa alle funzioni sociali. Gli item sono stati
selezionati sulla base dell’orientamento dato dalle quattro di-
mensioni che riettono le aree di ‘capacitazione’ (capabilities)
utilizzate anche nella denizione dei progetti di intervento in-
dividualizzati. In particolare la selezione ha riguardato:
12 item per l’Area ICF della socialità, di cui quattro inse-
riti in quanto fattori ambientali quindi relativi al contesto
dell’intervistato (item indicati con la lettera ‘e’);
11 item relativi all’Area ICF Cultura e Applicazione della
conoscenza;
31 item relativi all’Area ICF Abitare e Vita quotidiana, di cui
sei fattori ambientali relativi al contesto dell’intervistato.
L’utilizzo di uno strumento come un set minimo dell’ICF con-
sente la standardizzazione della rilevazione, agevolando la
comparazione tra lavori condotti in contesti differenti e fa-
vorendo l’interdisciplinarietà. Per questa ragione si è scelto
di testarlo, estrapolandone una versione ridotta da usare a
complemento di HoNOS seure, per analizzare l’interazione con
l’ambiente delle persone deistituzionalizzate, e quindi valutare
i meccanismi del progetto. Un obiettivo della presente valuta-
zione è stato quindi quello di testare e afnare uno strumento
a ni valutativi e non solo classicatori, che possa essere riap-
plicato in contesti di indagine simili al presente.
3 WHO Web site “The ICF was ofcially endorsed by all 191 WHO Member
States in the Fifty-fourth World Health Assembly on 22 May 2001(resolution
WHA 54.21). Unlike its predecessor, which was endorsed for eld trail pur-
poses only, the ICF was endorsed for use in Member States as the international
standard to describe and measure health and disability”. <http://www.who.int/
classications/icf/en/>.
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 85
L’ICF utilizza due costrutti: capacità e performance (WHO,
2001). Il primo costrutto (indicato come ‘qualicatore’ nel lin-
guaggio ICF) rappresenta la capacità di una persona di ese-
guire un’attività in un ambiente standard, mentre la seconda
fa riferimento alle prestazioni effettive di una persona nell’e-
secuzione di un’attività nel suo ambiente naturale in cui pos-
sono essere presenti anche dei ‘facilitatori’ o delle ‘barriere’.4
“Il qualicatore Capacità descrive l’abilità di una persona a
eseguire un compito o un’azione (senza assistenza). È dun-
que un giudizio nalizzato a indicare il più alto livello proba-
bile di funzionamento che una persona può raggiungere in
uno specico dominio, in un determinato momento. Questa
valutazione richiede un ambiente standardizzato, che neu-
tralizzi l’impatto della variabilità dei diversi ambienti sulle
abilità della persona”.
“Il qualicatore Performance descrive quello che un individuo
fa nel suo ambiente attuale. Quest’ultimo implica un conte-
sto sociale, per cui la performance può essere considerata
come ‘l’esperienza vissuta’ delle persone nel contesto reale
in cui vivono. Questo contesto include i fattori ambientali
(aspetti del mondo sico, sociale e degli atteggiamenti che
rientrano nella componente Fattori Ambientali)” (Set minimo
ICF – Fondazione di Comunità di Messina, 2011).
Tale qualicatore rappresenta, nel presente studio, una mi-
sura dei ‘funzionamenti’ di un individuo – nell’accezione del
termine data dalla Teoria della giustizia sociale di Amartya
Sen (Sen, 2001) – in determinate aree di attività. Il qua-
licatore Capacità invece descrive l’abilità di una persona
a eseguire un compito o un’azione, senza assistenza, ed è
dunque un giudizio nalizzato a indicare il più alto livello
probabile di funzionamento che una persona può raggiun-
gere in un ambiente standardizzato, ovvero che neutralizzi
l’impatto della variabilità dei diversi ambienti sulle proprie
abilità. L’inuenza dell’ambiente viene misurata da una terza
4 Il fattore ambientale può essere un facilitatore o una barriera. Nel caso dei
facilitatori, bisogna tener presenti questioni come l’accessibilità di un luogo, se
l’accesso è costante e variabile, di buona e cattiva qualità e così via. Nel caso
delle barriere, può essere rilevante sapere quanto spesso un fattore ostacoli la
persona, se l’ostacolo è grande o piccolo, evitabile oppure no. Va inoltre ricor-
dato che un fattore ambientale può essere una barriera sia a causa della sua
presenza (ad esempio atteggiamenti negativi verso le persone con disabilità),
sia della sua assenza (ad esempio, la non disponibilità di un servizio necessario).
86 leone / martinez
componente, identicata con il codice ‘e’, che può assumere
valori negativi – se rappresenta un ostacolo – o positivi se
costituisce un facilitatore.
Si tratta quindi di uno strumento nalizzato a rilevare tre
livelli: il corpo, le azioni della persona e quelle del conte-
sto e consente, in questo modo di valutare le discrepanze
tra prestazioni e capacità in relazione ai fattori personali e
ambientali. Le qualicazioni rappresentano i livelli di limita-
zione o restrizione che permettono di denotare la gravità del
problema: da 0=nessun problema a 4=completo o profondo
problema.
La letteratura internazionale mostra numerose applicazioni
dello strumento utilizzato anche in altri contesti (Leonardi,
2003) e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ne
riconosce i cinque ambiti di applicazione: statistico, ricerca,
politica sociale, ambito clinico e istruzione. L’implementa-
zione dello strumento con persone dai seri disturbi di salute
mentale come indicato dalla letteratura (Reed et al., 2009)
richiede specici accorgimenti. Tuttavia il nostro caso rap-
presenta una sperimentazione abbastanza unica in quanto
il setting di doppia istituzionalizzazione, quale è l’OPG, pone
vincoli e limitazioni nella rilevazione e nell’accesso agli stessi
pazienti del tutto eccezionali. La scelta degli indicatori utiliz-
zati nello strumento ICF-ridotto, validato nella presente spe-
rimentazione, è inuenzata fortemente da tali vincoli. Come
suggerito di recente (Madden et al., 2013) nella rilevazione
abbiamo combinato i punti di vista sia dei beneciari del pro-
getto sia degli operatori. Le criticità individuate nell’ICF sono
state evidenziate sin dai primi anni in una rassegna redatta
dal Chief medical ofcer Rehabilitation Programme, dell’OMS
di Ginevra.
“It covers 300 pages divided into chapters dealing with 484
body functions, 294 body structures, 382 activities and par-
ticipation item and 253 environmental factors. Each of these
1,413 item have to be qualied, using 1-3 sets of mostly
negative indicators, the total number of combinations is
about 240,000. […] ICF suffers from a quasi-total absence of
references to some large-scale daily experience by disabled
people in real life: extreme poverty, abuse, neglect, sub-
stance abuse, exploitation, lack of security, imprisonment,
non-application of human rights. This reects the lack of ex-
perience among ICF’s authors and the domination by exper-
tise from the rich countries” (Helander, 2003).
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 87
La rassegna portava alla conclusione che l’ICF, nonostante
30 anni di evoluzione, accentua ancora eccessivamente gli
aspetti delle carenze piuttosto che le potenzialità delle per-
sone disabili e che il sistema è complesso; data la terminolo-
gia solo il personale specializzato può utilizzarlo; richiede un
dispendio di tempo eccessivo per essere applicato e, inne,
mancano esperienze di applicazione sul campo in condizioni di
vita reali con persone disabili in stato di marginalità, povertà
e in carcere. Praticamente mancano esperienze proprio nel
settore in cui ha operato il progetto Luce è Libertà. Questa
constatazione spiega l’importanza di riadattare uno strumento
come l’ICF alle speciche esigenze del nostro lavoro.
Lo strumento ICF prevede l’uso di codici per le cosiddette
mancate risposte che possono essere codicate come “non
specicato” o “non applicabile”. In fase di analisi dei dati,
data la presenza di numerose mancate risposte, codicate
come “non applicabile”, e al ne di non perdere preziose
informazioni in fase di costruzione di indici, si è scelto di
ricodicare tali risposte, relative alla performance, con la
modalità “impossibilitato”, attribuendo all’impossibilità
dell’operatore di rilevare quella data informazione l’impos-
sibilità della persona stessa nello svolgerla. In tal modo,
la mancata risposta è diventata la modalità più estrema
in una scala di valori ordinali che andavano dall’assenza di
problematicità al massimo livello di difcoltà. Alla luce della
rilevazione condotta dagli operatori del progetto Luce è Li-
bertà, si è concordato di eliminare dall’analisi, e dallo stru-
mento utilizzato per le successive rilevazioni, alcuni item5
che non si sono rivelati signicativi o pertinenti ai ni del
presente lavoro. In alcuni casi, come ad esempio religione
e spiritualità, l’item era di difcile rilevazione, implicando
una interpretazione eccessiva da parte del rilevatore; in
altri casi invece l’item si applicava male al contesto di ri-
ferimento o al tipo di destinatari. Ad esempio, l’item sull’i-
struzione scolastica è nell’ICF inteso come accesso all’istru-
zione scolastica, impegno in tutte le responsabilità legate
5 D820 Istruzione scolastica, E155 Tecnologie e costruzione degli edici, E115
Prodotti e tecnologie per la vita quotidiana, E160 Prodotti e tecnologie per lo
sviluppo dei territori, D465 Spostarsi usando apparecchiature e ausili, E120
Prodotti e tecnologie per la mobilità e il trasporto, D930 Religione e spiritualità,
E340 Personale che fornisce aiuto, E160 Sviluppo del territorio.
88 leone / martinez
alla scuola, incluso frequentare regolarmente e svolgere i
compiti assegnati; avendo a che fare con un campione di
adulti, tale item risulta non adeguato.
In alcuni casi, per la costruzione della scala, non sono stati
inseriti tutti gli item dell’area in questione, ma è stata ef-
fettuata una scelta metodologica dettata dalla presenza di
numerosi valori mancanti su alcuni item che avrebbero, in
fase di costruzione dell’indice additivo, determinato l’abbas-
samento del numero dei casi.
Sinteticamente, gli step di analisi hanno riguardato:
confronto tra le medie (test Wilcoxon) tra le coppie di item
dei due strumenti (HoNOS-secure, HoNOS-salute e set mi-
nimo ICF) tra la prima e la seconda rilevazione al ne di
evidenziare gli ambiti in cui si sono manifestati i cambia-
menti maggiormente signicativi;
analisi della varianza tra le singole scale (HoNOS-secure,
HoNOS-salute; ICF Area socialità, Cultura, Vita quotidiana
e Reddito e Lavoro) e le variabili di tipo nominale/ordinale
connesse a ipotesi di fattori inuenti sull’evoluzione delle
condizioni rilevate (Classe di Età, Classe di Durata per-
manenza in OPG, Condizione occupazionale, Condizione
abitativa);
analisi per differenza tra i valori delle scale all’uscita
dall’OPG e quelli relativi alla permanenza nello stesso al
ne di intercettare i soggetti le cui condizioni sono miglio-
rate, peggiorate o rimaste invariate con approfondimento
successivo sulle caratteristiche dei casi estremi (netta-
mente migliorati o fortemente peggiorati);
costruzione di alcune scale con un indice sintetico per Ho-
NOS-secure e per il set minimo di ICF. Tramite il coef-
ciente Alpha di Cronbach si è misurata la coerenza interna
delle scale e si sono decise eventuali riduzioni delle varia-
bili da inserire (variabili con valori mai inferiori a 0.75).
La verica della coerenza interna permette di denire la
validità di costrutto della scala.
Gli item dell’ICF selezionati per il questionario sono stati sin-
tetizzati attraverso la costruzione di quattro scale afferenti le
tre dimensioni prese in considerazione nella costruzione dei
progetti di intervento e dei Budget di capacitazione:6 Scala
6 La dimensione “Abitare e Vita quotidiana” conteneva 5 item (Procurarsi un
posto in cui vivere; Autosufcienza economica; Acquisire, conservare e lasciare
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 89
Socialità (composta da n. 8 item), Scala Cultura e Applica-
zione della conoscenza (n. 10 item), Scala Abitare e Vita
quotidiana (n. 16 item), Scala Reddito e Lavoro (n. 5 item).
Ognuno delle 4 scale dà quindi luogo a quattro indicatori:
una misurazione delle performance pre e una post (T0 e T1),
una misurazione delle capacità pre e una post. I due co-
strutti, ‘performance’ e ‘capacità’ rilevano dimensioni diverse
dello stesso aspetto e non possono pertanto essere assimi-
late nella fase di analisi.
Nell’allegato 1 è possibile osservare, per ciascuna delle quat-
tro scale nella prima rilevazione (T0), i valori dell’Alpha di
Cronbach il coefciente che misura la coerenza interna
delle scale – che risulta avere sempre valori molto elevati
(superiori a .76).
3 Risultati
Descrizione del campione
Il campione dei beneciari del progetto Luce è Libertà è com-
posto da 567 persone di sesso maschile con un’età media di
45 anni: un terzo dei soggetti tra 24 e 39 anni, il 39% con
un’età media compresa tra 40 e 50 anni e il restante 29% di
adulti maturi tra 51 e 64 anni.
Lo stato della prima rilevazione registrava la presenza di 52
persone con misure di sicurezza o di pena in esecuzione. La
durata della permanenza all’interno dell’OPG variava, nella
prima rilevazione, tra i 5 e i 304 mesi (25 anni). Più della
metà del campione aveva avuto una permanenza inferiore
ai 5 anni; 12 persone avevano avuto un periodo di istituzio-
nalizzazione ‘breve’ e pari a meno di due anni e all’opposto
due persone erano state istituzionalizzate per oltre venti-
cinque anni.
La posizione giuridica dei soggetti in carico al progetto Luce
è Libertà al tempo t1 è riassunta nella tabella 2.
un lavoro; Lavoro retribuito; Transazioni economiche complesse) che si riferi-
vano alla sfera del reddito e del lavoro; si è pertanto deciso, in fase di analisi, di
inserirli in una scala a sé stante denita “Area Reddito e Lavoro”.
7 Nella rilevazione sono mancati 4 casi perché tre persone sono morte per
malattia e una è ancora internata nell’OPG perché non dimissibile. Queste per-
sone sono state sostituite successivamente da altri soggetti che hanno aderito
al progetto.
90 leone / martinez
Tabella 2: Posizione giuridica
nella prima rilevazione 0 (PRE)
Figura 1: Risultati sintetici
nel primo anno di progetto
Frequenze %
Dimesso per revoca misura sicurezza 5 9,6
Dimesso in licenza nale 17 32,7
Dimesso per trasformazione della misura di
sicurezza 5 9,6
In esecuzione misure sicurezza o pena 25 48,1
Totale 52 100,0
Allo stato della prima rilevazione c’era solo una persona tra-
sferita in famiglia, mentre il resto del campione era ancora
all’interno dell’OPG; la seconda rilevazione vede invece tre
persone che vivono da sole e altrettante che sono state tra-
sferite in famiglia; due condividono un appartamento con un
gruppo senza la presenza ssa di operatori dedicati; dieci
persone si trovano in un struttura a bassa protezione (co-
munità alloggio, case famiglia) e dodici vivono in Comunità
Terapeutiche Assistite.
Il progresso fra il tempo t0 e il tempo t1 è evidente.
Le tre Scale sintetiche tratte dalla somministrazione dei due
strumenti, HoNOS-secure e set minimo ICF indicano dei mi-
glioramenti signicativi che variano dal 7,9%, per quanto ri-
guarda la riduzione del rischio sociale per altri e per sé, al 3,5%
registrato sulla scala HoNOS-salute. I miglioramenti nelle tre
aree cultura – socialità – lavoro misurati dall’ICF sono consi-
stenti e pari al 5%. Si tratta di variazioni statisticamente si-
gnicative (t di Student signicativo, 000, Int. Conf. 95%).
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 91
La valutazione del rischio
Attraverso l’uso dello strumento HoNOS-secure precedente-
mente descritto si è indagata la dimensione del rischio tra i
soggetti beneciari del progetto: le aree prese in considera-
zione sono sette (v. sopra) e per ogni item sono presenti 5
modalità di risposta che rappresentano la condizione possi-
bile in ordine di gravità crescente, con 0 “Non signicativo”
(o nessuna necessità se si tratta di aspetti come la gestione
del rischio clinico o l’accompagnamento/protezione nel pro-
gramma assistenziale) e 4 Massimo livello di gravità nel ri-
schio preso in considerazione.
Su tutte le dimensioni si sono registrati tendenzialmente dei
miglioramenti tra la prima e la seconda rilevazione. In partico-
lare, i miglioramenti più signicativi riguardano la minor neces-
sità di protezione delle residenze (20 su 52), il minor bisogno
personale di protezione e assistenza (20 casi) e di accompa-
gnamento durante la licenza o l’uscita (29 casi). Un quarto del
campione (14 casi) ha inoltre registrato un miglioramento an-
che in relazione al rischio clinico e alla sua gestione.
La costruzione di un Indice sintetico di rischio, a partire da
sette item della scala, ci ha permesso di analizzare il livello
di rischio complessivo degli intervistati. Esiste una differenza
signicativa dell’indice di sintesi della scala HoNOS-secure
emerso nella prima rilevazione – e cioè riferito alla perma-
nenza in OPG – e quello emerso invece nella seconda rileva-
zione – riferita al periodo giugno 2012-gennaio 2013 di uscita
dallo stesso – con una riduzione media di 2,1 punti.
Se osserviamo la distribuzione dell’indice di rischio sin-
tetico HoNOS-secure, notiamo che il valore medio in fase
‘pre’ è pari a 10,3 e si abbassa in modo statisticamente signi-
cativo8 (8,1 nella seconda rilevazione) indicando un grado
di valutazione del rischio nella fase post più ridotto, con una
riduzione del 10% su una scala con un range da 0 a 28 (7
item con punteggio 0-4 con 0=assenza di rischio).
Osservando i valori dell’Indice di rischio in relazione alla con-
dizione abitativa, appare una differenza statisticamente si-
gnicativa, misurata con l’analisi ANOVA e il confronto Post–
8 Test t di Student per la differenza tra le medie di uno stesso campione Paired
differences pari a 7,867, Sig 2 code ,000. Differenza Media 2,1 con Standard
Dev. 1,9.
92 leone / martinez
Figura 2: Valori dell’Indice di rischio
in relazione alla condizione abitativa
hoc (Turkey test) tra le diverse condizioni: su questo
immaginario continuum che va dalla totale assenza di restri-
zioni a una completa restrizione nella soluzione abitativa,
l’andamento dell’Indice di rischio è netto e complessiva-
mente coerente e signicativo.
Coloro che ritornano in famiglia risultano avere il valore più
basso sull’Indice di rischio mentre lo stesso ha un andamento
crescente man mano che si passa a soluzioni abitative sem-
pre più restrittive. Gli aspetti sopra citati sono emersi con
forza anche durante la fase di approfondimento qualitativo
svolto attraverso le interviste sul campo.
La situazione aggiornata a ottobre 2013, riguardante il fe-
nomeno del revolving door, fotografa una percentuale di
persone beneciarie del progetto Luce è Libertà, rientrate e
residenti in OPG, inferiore al 6% contro lo storico dell’istituto
che si aggira poco al di sopra del 45%.
Le condizioni di salute psicosica e i problemi di vita quotidiana
Analizzando i valori dei 12 item della scala HoNOS-secure
sulle condizioni di salute nei due periodi considerati, si è po-
tuta constatare una riduzione statisticamente signicativa
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 93
dei comportamenti problematici dopo l’uscita dall’OPG. I
problemi su cui si evidenziano i maggiori cambiamenti sono
quelli afferenti le attività della vita quotidiana – sia le attività
di base relative alla cura di sé sia come mangiare, lavarsi,
vestirsi, le attività più complesse, come usare il denaro, or-
ganizzare il lavoro e il tempo libero, fare la spesa – e quelli
relativi alle condizioni di vita quindi l’abitazione e i comfort
ad essa legati, la disponibilità di denaro per la soddisfazione
dei bisogni di base ecc. Su questi aspetti infatti 14/15 sog-
getti hanno registrato dei miglioramenti. Altrettanti hanno
migliorato la loro condizione relativamente alla disponibilità
di risorse per attività lavorative e ricreative e alle relazioni.
Migliorano in modo statisticamente signicativo anche i pro-
blemi legati all’umore depresso (14 su 52) e a comporta-
menti aggressivi e auto lesivi (8 su 52).
Gli unici aspetti su cui i cambiamenti evidenziati, migliora-
menti o peggioramenti, non sono statisticamente signicativi
sono quelli che si riferiscono a problemi legati all’assunzione
di droghe o alcol e quelli connessi a disabilità sica o ma-
lattia somatica, poiché con tutta probabilità questo tipo di
problemi non subisce modiche nel breve periodo. In riferi-
mento all’item che rilevava i problemi legati all’assunzione
di alcol o droghe, prima dell’uscita dall’OPG, il 54% di per-
sone (24 casi su un totale di 44 risposte) non aveva alcun
problema mentre per i restanti 20 casi erano stati rilevati
problemi di abuso più o meno gravi. All’uscita dall’OPG os-
serviamo il 60% di persone (29 casi su 48 risposte) su cui
non si rileva un problema di dipendenza mentre per i re-
stanti 19 casi si evidenziano dipendenze, in alcuni casi an-
che gravi. Le condizioni su questo aspetto rimangono quindi
principalmente invariate (33 casi), con 9 persone che hanno
migliorato la loro condizione e 2 che sono invece peggiorate.
L’abuso di alcol o altre sostanze illecite e la dipendenza, sono
fenomeni che presentano importanti interazioni con la salute
mentale e sono presenti, a distanza di poco tempo dall’u-
scita dall’OPG, in quasi la metà delle persone intervistate
(19 casi). Le persone che soffrono di disturbi mentali sono
maggiormente vulnerabili rispetto allo sviluppo di abuso o
dipendenza da sostanze lecite e illecite e la compresenza
nella stessa persona di disturbi mentali e dipendenze, come
tra i casi analizzati, peggiora notevolmente il decorso clinico
e psicosociale.
Per analizzare complessivamente le condizioni del campione
94 leone / martinez
sotto tutti gli aspetti citati in questo paragrafo si è costruito
un indice sintetico relativo all’Area condizioni di salute men-
tale e sica e problemi nelle attività della vita quotidiana,
utilizzando 8 dei 12 item presenti nella scala HoNOS.9
La distribuzione dei valori della scala “HoNOS Condizioni di
salute psichica e sica e i problemi connessi alla vita quoti-
diana” evidenzia il miglioramento intercorso tra la prima e la
seconda rilevazione: il valore medio della condizione rilevata
è sceso di più di un punto percentuale (si ricorda che lo 0
indica l’assenza di problematicità quindi un abbassamento
dell’indice mostra un miglioramento delle condizioni).
Tra le due rilevazioni si realizza un lieve miglioramento di
1,12 punti sul valore medio complessivo della Scala che
passa da 9 a 7,88. Si tratta di una differenza signicativa
dal punto di vista statistico (Test t di Student 4,75 differenze
delle medie su uno stesso campione. Sig a2 code 0,000).
Tra gli otto casi indagati nell’approfondimento qualitativo
persistono seri problemi di salute: tre di loro hanno una
doppia diagnosi che vede un problema di dipendenza da so-
stanza associato a un disturbo della personalità; in alcuni
casi esiste anche un decit cognitivo che rende ancora più
difcile il percorso verso l’autonomia.
In alcuni casi è assente la consapevolezza della malattia e
la condizione di disagio mentale sfocia in un delirio. In que-
sti casi gli operatori assumono una forte funzione di con-
tenimento afancando la persona senza tuttavia intervenire
in modo repressivo e accogliendo ogni segnale di ricerca di
aiuto. Il caso di M.M., che non faceva la terapia psichiatrica
perché non riconosce la malattia e non accetta l’idea di cu-
rarsi, offre un esempio di gestione di situazioni di crisi. Dopo
essere tornato per un periodo dalla famiglia si sente riutato
9 Sono stati eliminati gli item su cui le mancate risposte determinavano l’ab-
bassamento del numero dei casi su cui ottenere il risultato statistico ovvero:
HR3 Problemi legati all’assunzione di alcol o droghe, HR10 Problemi nelle atti-
vità della vita quotidiana, HR11 Problemi nelle condizioni di vita, HR12 Problemi
nella disponibilità di risorse per attività lavorative e ricreative. Gli item inseriti
nella scala sono pertanto: HR1 Comportamenti iperattivi, aggressivi agitati;
HR2 Comportamenti deliberatamente autolesivi; HR4 Problemi cognitivi; HR5
Problemi di malattia somatica o di disabilità sica; HR6 Problemi legati ad allu-
cinazioni o deliri; HR7 Problemi legati all’umore depresso; HR8 Problemi psichici
comportamentali.
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 95
e torna a Messina:… è tornato qui che stava male e nel
mese di agosto […] completamente delirante, affermava che
la moglie non fosse morta e che c’era la troupe della RAI
fuori dalla nestra. R. e C., i due case manager, cercavano di
contenere il suo delirio… a un certo punto era sparito ed era
rimasto a dormire fuori casa, abbiamo girato per le strade
che sapevamo potesse frequentare no a quando l’abbiamo
trovato. C’è stata una richiesta di aiuto nascosta: ha detto
allo psichiatra che gli faceva male la natica permettendogli
poi di fargli una iniezione” (case manager).
È presente una forte interazione con i servizi sanitari ter-
ritoriali e con le famiglie di origine, ma sono le persone a
esprimere direttamente il bisogno di prendersi cura di sé.
Nel caso di G.V. è necessario un supporto che agevoli il buon
esito della terapia: “abbiamo strutturato una visita a setti-
mana dal nostro psichiatra, perché è estremamente inco-
stante, fa confusione, ultimamente gli compriamo i farmaci
ogni settimana e li consegniamo alla moglie. L’ultima cosa
che abbiamo fatto è stata quella di accompagnare la presa in
carico del SERT, facendo leva sulla sua disponibilità di affron-
tare la dipedenza dal gioco” (case manager).
Il funzionamento sociale
Analizziamo ora il funzionamento sociale dei soggetti che
escono dall’OPG attraverso i risultati delle scale del set mi-
nimo ICF. Ricordiamo che l’ICF fornisce un metodo di re-
gistrazione del livello di menomazione o limitazione della
persona tramite l’uso di item (qualicatori) in grado di deno-
tare la gravità del problema: i livelli di limitazione o restri-
zione vanno da 0 nessun problema o entro i limiti normali, a
1=lieve, 2=moderato, 3=grave, 4=completo o profondo. Un
indice elevato denota quindi un alto livello di problematicità.
L’allegato 1 illustra le quattro scale costruite a partire dai 53
item del set minimo ICF. Per ogni scala sono stati evidenziati
il valore medio, relativamente alle performance (denominate
P0-P1) e alle capacità (C0-C1), nelle due rilevazioni pre e
post. Come è possibile osservare a prima vista dal graco,10
10 I valori del graco fanno riferimento al valore medio delle scale ricondotto
a una scala da 0 a 100 al ne di consentire la comparazione tra le stesse: le
scale originarie infatti, essendo composte da numeri di item differenti, avevano
range di variazione diversi (Scala socialità 8 item, range 0-40; Scala cultura e
96 leone / martinez
Figura 3: Riepilogo scale tratte da versione ridotta
ICF-Budget di capacitazione
su ogni scala si registra una variazione tra la prima (T0) e
la seconda rilevazione (T1). Tale variazione consiste in una
diminuzione del valore dell’indice e quindi in una riduzione
delle condizioni di problematicità.
La Scala Socialità evidenzia come la fase di uscita dall’OPG,
sebbene possa determinare un aumento dei problemi legati
alle ‘capacità’ (da C0 52,8 a 58,7), produca allo stesso tempo
un netto miglioramento delle performance con una varia-
zione di circa 7 punti percentuali (da P0 46,6 a 39,8) grazie
al supporto di sostegni derivati dall’ambiente esterno.
Gli item su cui si evidenziano con maggior frequenza mi-
glioramenti tra la prima e la seconda rilevazione sono quelli
relativi alle relazioni informali e formali (49% dei soggetti),
alla comunicazione, alla vita in comunità, agli aspetti ri-
creativi e alla vita politica. I miglioramenti statisticamente
signicativi riguardano prevalentemente l’area delle per-
formance, ovvero quello che i soggetti in questione fanno
concretamente.
Le relazioni informali, come le relazioni casuali con persone
che vivono nella stessa comunità o residenza o con colleghi
di lavoro, e le relazioni formali, come con datori di lavoro,
professionisti o fornitori di servizi, sono quelle su cui si regi-
conoscenza 10 item range 0-50; Scala Abitare e Vita quotidiana 16 item range
0-80; Scala Reddito Lavoro 5 item range 0-25).
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 97
strano il maggior numero di miglioramenti: quasi la metà dei
beneciari del progetto (26 su 53) hanno avuto un progresso
in questi due aspetti.
Un simile miglioramento (23 casi su 53) si ha anche sull’at-
tività di ricreazione e tempo libero, ovvero nell’impegno in
qualsiasi forma di attività ricreativa. Anche su altri item del
questionario si registrano miglioramenti delle performance,
tuttavia, è un numero più ridotto di casi: Vita in Comunità
(13 persone su 53), Comunicazione (12 su 53), Parlare, Man-
tenere e terminare uno scambio di pensieri e idee (6 su 53).
La dimensione relazionale e il ruolo centrale dell’affettività
sono emersoi più volte anche nell’ambito delle interviste. Re-
lazioni signicative si sviluppano anche tra colleghi di lavoro
e talvolta tra ex internati OPG.
Il tutor ci dice di M.M. “prima era quasi muto, sia per cultura
che per età non dà molto peso ai rapporti amicali, per lui
la vita è la famiglia, gli unici legami importanti sono quelli
familiari […]. Un elemento molto positivo del suo percorso
è che oggi ha un rapporto molto forte con xxx, suo collega/
tutor ed è diventato in generale un po’ più aperto ai rapporti
rispetto all’inizio”.
La comunità di Barcellona P.G., anche sede dell’OPG, è stata
in grado di accogliere e integrare diverse persone, ex inter-
nati o ospiti della comunità terapeutica ad alta protezione.
E.R. ci racconta “ora sono completamente libero, ogni tanto
dico ‘me ne vado a xxx (città d’origine) poi penso alla gente
che lascio qua, ai rapporti che ho con le persone di Barcel-
lona (l’artigiano, il postino)”.
Gli operatori tendono a sviluppare relazioni personali calde
e durature con gli ex internati, relazioni che si mantengono
nel tempo e offrono una rete di supporto eccezionale. G.C.,
case manager, riceve una telefonata mentre è con noi, è sua
moglie che gli ricorda un appuntamento: “ogni settimana ho
un appuntamento per prendere il caffè con xxx, un ex inter-
nato dell’OPG che ho conosciuto oltre dieci anni fa, quando
vi lavoravo. È un appuntamento sso che non dimentico mai.
Ora xxx è pensionato, vive da solo a Messina nella casa po-
polare dei genitori che ora è sua e i servizi territoriali fanno
riferimento ancora a me” (ex educatore dell’OPG).
Tra gli item utilizzati per indagare il funzionamento sociale
erano presenti anche tre fattori ambientali che possono for-
98 leone / martinez
Figura 4: Ruolo Famiglia ristretta
nire concreto sostegno sico o emotivo, protezione, assi-
stenza; essi riguardano anche le relazioni con altre persone,
nella loro abitazione, nel luogo di lavoro o riferite ad altri
aspetti delle loro attività quotidiane. Il fattore ambientale
qui descritto rappresenta la quantità di sostegno sico ed
emotivo fornito e può costituire, in quanto tale, tanto un
facilitatore quanto una barriera. La gura 5.4 illustra il ruolo
assunto dalla famiglia ristretta per i beneciari del progetto
Luce è Libertà. Osserviamo che principalmente i parenti più
stretti, siano essi coniugi, genitori o fratelli, costituiscono dei
facilitatori di lieve entità (15 casi durante la permanenza in
OPG e 11 casi all’uscita dallo stesso) o, in 8 casi, non rappre-
sentano né un facilitatore né una barriera in quanto assenti
o in mancanza completa di rapporti. Non ci sono grandi va-
riazioni nelle due rilevazioni e si osservano in soli 4 casi delle
modiche nella funzione di facilitazione.
La situazione non si modica molto nel passaggio di dimis-
sione dall’OPG: infatti il ruolo delle famiglie appare sostan-
zialmente lo stesso nella prima e nella seconda rilevazione.
L’unica differenza che si percepisce riguarda il ruolo di fa-
cilitatore della famiglia, che appare infatti leggermente in
crescita. In 4 casi vi è una variazione positiva tra le due rile-
vazioni e cioè aumenta la funzione di supporto della famiglia
ristretta (v. facilitatore da medio a completo).
Un andamento simile si riscontra in riferimento alla famiglia
allargata e alla rete di conoscenti anche se ancor più che per
la famiglia ristretta si attenua il sostegno ricevuto; famiglia
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 99
Tabella 3: Ruolo famiglia allargata
e rete conoscenti
allargata e conoscenti, nella maggior parte dei casi, non rap-
presentano né una barriera né un facilitatore per i soggetti
del nostro campione.
Ruolo della famiglia allargata Ruolo Conoscenti, vicini, colleghi
Barriera completa 5 5 Barriera completa / /
Barriera grave 2 2 Barriera grave 4 3
Barriera media 5 4 Barriera media 2 3
Barriera lieve 2 2 Barriera lieve 2 3
Nessuna barriera/
facilitatore 19 16 Nessuna barriera/
facilitatore 15 10
Facilitatore lieve 5 8 Facilitatore lieve 3 5
Facilitatore medio 0 3 Facilitatore medio 2 6
Facilitatore grave / / Facilitatore grave 0 2
Facilitatore completo Facilitatore completo 0 2
Totale 38 40 Totale 28 34
Mancanti 15 13 Mancanti 25 19
Nella fase di uscita dall’OPG, come prevedibile, gli operatori
hanno svolto un importante lavoro con le famiglie d’origine
per la gestione dei rapporti problematici o conittuali e in
alcuni casi questo si è rivelato estremamente complesso: a
volte le relazioni familiari interrotte da decine di anni non
possono svolgere una funzione si supporto.
“A.R. ha cinque sorelle e fratelli, ha perso i genitori da gio-
vane. Le sorelle gli vogliono bene ma lo colpevolizzano e non
lo sanno gestire. Entra ed esce dal ’94 dall’OPG. A 10 anni
la sorella lo ha ritirato dalla 5a elementare perché invece
di andare a scuola andava nei campi […] i fratelli venivano
all’OPG a litigare sull’eredità e ho preso le distanze, non lo
sanno aiutare” (case manager).
Tra gli 8 casi approfonditi ci sono 4 persone che hanno dei
gli, quasi sempre manifestano un’attenzione verso di loro
e si preoccupano di contribuire al loro sostentamento, come
nel caso di M.G. “c’ho tre glie femmine, sono piccole 13,
11 e 10 anni, ogni mese le vado a trovare, gli do i soldi, ora
mi daranno gli assegni familiari e potrò meglio contribuire al
loro mantenimento”.
100 leone / martinez
L’abitare e gli aspetti della vita quotidiana
L’Area abitare e vita quotidiana è la più articolata: composta
da 16 item evidenzia, in rapporto alle altre scale relative alle
funzioni sociali, i miglioramenti più signicativi nelle condi-
zioni di vita dei soggetti. Su 16 item presi in considerazione
solo 3 non hanno evidenziato cambiamenti signicativi
sulle performance né sulle capacità (bisogni corporali, cam-
minare, uso ne della mano).
Su tutti gli altri aspetti della vita quotidiana i soggetti all’u-
scita dall’OPG mostrano importanti miglioramenti: in partico-
lare sull’item che riguarda il “fare i lavori di casa, si evince
un miglioramento su quasi la metà del campione (24 casi su
53). Nell’esperienza della Comunità socio-sanitaria di Salice
abbiamo visto come gli ospiti vengano coinvolti in turni di ma-
nutenzione e cura della struttura che riguardano la prepara-
zione dei pasti, la pulizia e la cura del giardino. Questo agevola
nelle persone la capacità di cura e gestione degli aspetti legati
all’abitare. In continuità con questo aspetto osserviamo anche
un cambiamento positivo nell’item capacità di procurarsi beni e
servizi, “scegliere, procurarsi e trasportare tutti i beni e i servizi
necessari per la vita quotidiana, ad esempio il cibo, le bevande,
il vestiario, i materiali per la pulizia e in generale procurarsi
comodità o altre cose utili per la casa” (19 su 53).
I progressi riguardano anche lo sviluppo di abilità, cioè di
quelle capacità basilari e complesse, di insiemi integrati di
azioni o compiti che consentono di iniziare a portare a ter-
mine l’acquisizione di un’abilità (ad esempio utilizzare stru-
menti); su questo aspetto sono 22 le persone che hanno
mostrato un cambiamento in positivo. Importante anche lo
sviluppo della capacità di gestire la tensione e le altre richie-
ste di tipo psicologico che riguarda 21 persone.
Migliora inne la capacità di prendersi cura” di se stessi, delle
cose o degli altri, e di svolgimento delle azioni della vita quo-
tidiana, come cucinare i pasti. La scala ci mostra un cambia-
mento complessivo in quest’area molto netto in particolar modo
nelle performance. Qui, infatti, il valore medio dell’indice passa
da 25,9 a 21,9 con una diminuzione di 4 punti (pari al 5%).
Anche sulle capacità persiste la stessa tendenza anche se più
ridotta (da 25,3 a 24,2, con una riduzione di 1,1 punti).
Cultura e conoscenza
Confrontando i dati della rilevazione pre e post riferiti ai 10 item
dell’Area Cultura e Conoscenza osserviamo in più della metà
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 101
dei casi (7 coppie di item) un signicativo miglioramento delle
performance, delle capacità o di entrambi gli aspetti.
Le capacità cognitive che hanno beneci maggiori all’uscita
dal l’OPG sono la capacità di soluzione dei problemi, su cui il
miglioramento ha riguardato 26 persone, la capacità di pren-
dere decisioni (22 casi) e di focalizzare l’attenzione. Migliora
inoltre l’apprendimento (14 persone), l’istruzione informale e,
per 7 persone, le competenze professionali anche per effetto
della frequenza di brevi corsi di formazione o laboratori forma-
tivi (es. gruppo manutenzione impianto fotovoltaico). La scala
com plessiva, formata dai 10 item dell’area, (con un range di
punteggio che va da 0 a 50) passa da 18,83 a 17,26 sulle per -
formance, con una differenza di 1,6 punti (3,2%) e da 20, a
18,78 sulle capacità, con una differenza di 1,2 punti (2,4%).
Reddito e lavoro
Anche su quest’ultima area dello strumento ICF si sono regi-
strati numerosi miglioramenti signicativi nelle performance e
nelle capacità che riguardano la possibilità, per le persone ap-
partenenti al campione, di poter gestire un reddito e un’attività
lavorativa. Cambiamenti signicativi tra la prima e la seconda
rilevazione si evidenziano su tutti gli item presi in considera-
zione, con i valori più alti sul raggiungimento dell’autosuf-
cienza economica e sulla possibilità di acquisire e mantenere
un posto di lavoro. La scala sull’Area Reddito e Lavoro ci mostra
un miglioramento complessivo importante: sulle performance il
valore medio della scala (composta da 5 item con un range da
0 a 25) passa da 16,7 nella prima rilevazione, a 14,7 dopo l’u-
scita dall’OPG, con una riduzione di 2 punti pari all’8% mentre
sulle capacità il valore medio si abbassa di 0,94 punti passando
da 15,03 a 14,09, con una riduzione del 3,7%.
In particolare sull’item Lavoro retribuito, riferito all’impegno in
tutti gli aspetti del lavoro – come eseguire i compiti richiesti e
presentarsi al lavoro nell’orario richiesto – più della metà del
campione, 34 persone, hanno registrato dei miglioramenti.
Importanti progressi si sono riscontrati anche sull’autosuf-
cienza economica, ovvero la gestione delle risorse econo-
miche provenienti da fonti private o pubbliche per garantirsi
sicurezza economica in vista delle necessità presenti o future:
su questo aspetto si evincono miglioramenti per 22 persone.
Quella del progetto lavorativo, e del suo signicato in termini
relazionali, di autorealizzazione e di riscatto, si è rivelata una
dimensione centrale nell’ambito delle interviste fatte sul campo.
102 leone / martinez
Tabella 4: Posizione giuridica
M.M. è soddisfatto dell’occupazione che ha trovato: “io ho
sempre lavorato, questo è un lavoro nuovo […] mi sento
bene, lavoro, mi pagano, meglio di questo si muore soprat-
tutto oggi che non c’è lavoro”.
Nel settembre 2013, le condizioni giuridiche e occupazionali
riscontrate nel campione appaiono modicate in senso posi-
tivo rispetto all’ultima rilevazione (gennaio 2013).
Stato Giuridico Settembre 2013 Gennaio 2013
v.a. % v.a. %
Deceduti 3 5,1 3 5,1
Libertà vigilata 17 28,8 7 11,9
Licenza Finale 21 35,6 29 49,2
Rientrati da Licenza Finale 3 5,1 7 11,9
Misura Revocata 11 18,6 7 11,9
Comunità Salpietro 2 3,4 2 3,4
Non dimittibile 1 1,7 1 1,7
Internato in OPG 1 1,7 3 5,1
Totale 59 100 59 100
Infatti, la percentuale di persone rientrate e residenti in OPG
è scesa dall’11,9% al 5,1%; le persone completamente li-
bere per effetto della revoca della misura di sicurezza sono
passate dall’11,9% al 18,6%; le persone in esecuzione della
misura di sicurezza non detentiva della libertà vigilata, so-
litamente l’ultimo stadio prima della denitiva revoca della
misura di sicurezza, sono passati dall’11,9% al 28,8%.
Va inoltre notato che la logica di lungo periodo del progetto,
derivante dal meccanismo economico creato dal rendimento
ventennale degli impianti fotovoltaici, consente di considerare
le percentuali di rientro, seppur bassissime, non un fallimento,
ma una tappa intermedia. L’équipe integrata del progetto è
infatti già al lavoro per ridenire percorsi di inserimento che
tengano conto delle ragioni di disagio manifestate dai bene-
ciari durante il periodo di sperimentazione in ambito esterno.
Dei 49 beneciari che attualmente hanno completato con suc-
cesso la fase di deistituzionalizzazione, ben 19 sono inseriti
in percorsi lavorativi durevoli; 2 sono stati accompagnati alla
pensione da lavoro e/o di reversibilità; 8 fruiscono di reddito
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 103
minimo garantito dalla Fondazione di Comunità. Per alcuni di
questi ultimi, data l’età avanzata, il reddito va considerato una
misura permanente di sostegno alle libertà individuali, per al-
tri va considerato un reddito di inserimento.
4 Approfondimento qualitativo sulla metodologia del
progetto
La metodologia del progetto Luce è Libertà è centrata sulla
costruzione, per ciascuna persona, di un budget di cura una
tantum chiamato ‘capitale personale di capacitazione’.11 Tale
capitale non viene automaticamente trasformato in contributi
per borse lavoro, in pagamenti di rette delle comunità tera-
peutiche, in risorse direttamente spendibili dalle persone, ep-
pure rappresenta per gli ex internati, in modo simbolico e -
sico, la concreta possibilità di riprendere in mano la propria vita
co-progettando con i servizi dell’OPG, dell’UEPE, del DSM e con
i partner socio-economici del progetto percorsi di riconquista
dei propri diritti civili a livello individuale, sociale e comunitario.
Come discusso in precedenza il progetto si basa in misura ri-
levante sull’approccio alle capacitazioni12 teorizzato da Amar-
tya Sen e sviluppato da Martha Nussbaum e altri (Nussbaum,
2007; Fukuda-Parr, 2002). Ciò implica che lo spazio su cui
si è cercato di esprimere giudizi circa l’efcacia dei progetti
non è stato quello relativo al solo possesso di una condizione
11 Si ricorda che un funzionamento rappresenta una parte dello stato di un
individuo che è oppure che può essere, che egli fa o che può fare; nelle parole
di Sen (p. 31): “Functionings represent parts of the state of a person – in par-
ticular the various things that he or she manages to do or be in leading a life”.
Nella denizione di funzionamento non è contemplata la “capacità” di fare o di
essere. Per esempio, uno stesso funzionamento come il digiuno può derivare
da posizioni diverse ed è una parte dello stato di un individuo: ad esempio il
digiuno può essere scelto da un individuo benestante per motivi suoi propri
(pratiche religiose, diete…) ma rappresentare per un individuo povero un ob-
bligo derivato dall’impossibilità di reperire il cibo. I due soggetti hanno differenti
capacitazioni”, o “capabilities” secondo la terminologia di Sen (p. 31): “The
capability of a person reects the alternative combinations of functionings the
person can achieve, and from which he or she can choose one collection”.
La “capacità di scelta” rappresenta un elemento caratteristico della “capacita-
zione”: se un gruppo di funzionamenti può essere scelto da una persona (che
ha la “capacità” di sceglierli) esso determina la capacitazione di quella persona.
12 La traduzione italiana del termine capabilities non rende il connubio da cui
origina questa parola tra due termini, capacità e probabilità, ma utilizzeremo
tale traduzione non essendone state utilizzate altre più adatte.
104 leone / martinez
Figura 5: L’approccio delle ‘capacitazioni’
personale o relazionale (es. mezzi per vivere bene, diagnosi
psichiatrica), ma piuttosto quello dell’accrescimento “delle li-
bertà sostanziali delle persone, o capacità di scegliersi una
vita cui (a ragion veduta) si dia valore” (Sen, 2001, p. 78).
Nel mettere a fuoco le possibilità reali che ha l’individuo di
perseguire e realizzare i propri obiettivi, si è tenuto conto non
solo di restituire condizioni di vita dignitose (v. godimento dei
beni principali di cui dispongono), ma anche della compatibi-
lità con le risorse personali che permettono nella vita reale di
‘convertire’ tali beni in capacità di promuovere e raggiungere
i propri scopi. Tale ‘conversione’ dipende dalle condizioni di
salute sica e mentale, dall’età, dalle precedenti competenze
maturate nel mondo lavorativo e dalla storia di istituziona-
lizzazione. La riconquista dei diritti fondamentali all’intimità,
all’autonomia, all’affettività, alla conoscenza e alla creatività,
alla sicurezza, al reddito da lavoro costituisce il presupposto
per “liberare le aspettative realistiche delle persone verso i
loro desideri, altrimenti schiacciate dal bisogno, dalla ma-
lattia, dalle dipendenze materiali e dai pregiudizi”, l’attesa
di un possibile crescente benessere ha costituito l’orizzonte
umano necessario per guidare scelte e comportamenti, per
orientare lo sviluppo delle persone.
Meccanismo: ampliare le libertà personali tramite lo sviluppo
di alternative
Uno degli obiettivi dell’approfondimento qualitativo era quello
Ambiente
(sico, sociale, economico,
culturale, politico)
Caratteristiche personali
(es. età, disabilità)
Caratteristiche
Capacitazioni di una persona
di funzionare
(opportunità pratiche)
Funzionamenti
(effettivamente conseguiti)
Materie prime
(es. cibo)
cap. 5 evoluzione delle capabilities degli ex internati… 105
di individuare i meccanismi grazie ai quali la Fondazione è
riuscita operativamente ad ampliare le ‘libertà’ e ‘offrire più
alternative’ in un percorso di recupero della libertà e di rein-
serimento sociale. Si è cercato di fare emergere ‘il ventaglio
delle soluzioni/opportunità’, in primis abitative e lavorative,
ideate e sperimentate di volta in volta in relazione al mix di
risorse del contesto a disposizione, e le necessità individuali
degli utenti. Quello che emerge subito è che i percorsi sono