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Il deficit di attenzione e iperattività al femminile: aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali.

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Abstract

Per molti anni si è pensato che il deficit dell'attenzione e iperattività (DDAI) fosse un problema riguardante solo i maschi. Sono molte le ricerche che hanno individuato una percentuale di bambine con il deficit dell'attenzione molto minore rispetto a quella dei maschi, Thorley (1984) e James e Tylor (1990) trovarono una femmina con DDAI ogni tre maschi; altri studi (Ross e Ross, 1982; Campbell e Redfering, 1979) trovarono una proporzione di 5 maschi - 1 femmina; altri ancora indicano la presenza di 1 femmina ogni 4 maschi (Hartsough eLambert, 1982); Mc Gee e coll. (1985) riportano un rapporto di 8:1, mentre Lambert, Sandoval e Sassone (1978) rilevano la presenza di 1 femmina ogni 6 maschi. I diversi risultati possono essere giustificati dai diversi strumenti diagnostici utilizzati per la rilevazione.
IL DEFICIT DI ATTENZIONE AL FEMMINILE.
Ricerca su alcuni aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali
Autori
Rosa Angela Fabio (Professore a contratto),
Manuela Mecenero (dottore in Scienze della formazione),
Alessandro Antonietti (Professore ordinario)
Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica di Milano, L.go Gemelli, 1 Milano,TEL 02/72342909
E- mail : rosangelafabio@tiscalinet.it
mamece@libero.it
antoniet@mi.unicatt.it
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IL DEFICIT DI ATTENZIONE AL FEMMINILE.
Ricerca su alcuni aspetti cognitivi, emotivi e comportamentali
Per molti anni si è pensato che il deficit dell'attenzione e iperattività (DDAI) fosse un problema riguardante solo i
maschi. Sono molte le ricerche che hanno individuato una percentuale di bambine con il deficit dell'attenzione molto
minore rispetto a quella dei maschi, Thorley (1984) e James e Tylor (1990) trovarono una femmina con DDAI ogni tre
maschi; altri studi (Ross e Ross, 1982; Campbell e Redfering, 1979) trovarono una proporzione di 5 maschi - 1 femmina;
altri ancora indicano la presenza di 1 femmina ogni 4 maschi (Hartsough eLambert, 1982); Mc Gee e coll. (1985)
riportano un rapporto di 8:1, mentre Lambert, Sandoval e Sassone (1978) rilevano la presenza di 1 femmina ogni 6
maschi. I diversi risultati possono essere giustificati dai diversi strumenti diagnostici utilizzati per la rilevazione.
Vari studi hanno largamente sottostimato il numero di femmine con DDAI (Walker, 1999). La ragione di questa
differenza relativa al genere è rimasta oscura e inesplorata fino a qualche anno fa. In realtà, sembra che questa difficoltà
nella diagnosi sia strettamente collegata ai criteri diagnostici ufficiali del deficit dell'attenzione che evidenziavano
maggiormente l'aspetto dell'iperattività. Dal 1968, con il DSM II, sono stati presi in considerazione anche i sintomi più
strettamente legati alle difficoltà di attenzione, anche se l'elenco dei sintomi presenti continuava a enfatizzare i
comportamenti iperattivi e impulsivi (Nadeau, 1999). Con il DSM IV (1994), sono stati considerati tre diversi sottotipi di
DDAI: con iperattività prevalente (DDAI-I), con disattenzione prevalente (DDAI-D) e con la presenza di entrambi i sintomi
(DDAI-C). Questa distinzione potrebbe permettere di osservare componenti comuni nei bambini con DDAI sia maschi sia
femmine appartenenti allo stesso sottotipo (Nadeau, Littman e Quinn, 1999).
Nei maschi i sintomi del DDAI sono più prontamente individuabili perché caratterizzati da forte impulsività, grande
iperattività a da un certo grado di aggressività (Nadeau coll., 1999). Nelle bambine i sintomi potrebbero essere diversi e
queste difficoltà comportamentali potrebbero non manifestarsi in modo così dirompente. Tutti questi sintomi, più tipici del
DDAI "femminile", sono molto difficili da identificare perché sono interiorizzati e raramente si manifestano esplicitamente.
Grazie a studi recenti (Gaub e Carlson, 1997; Biederman e coll., 1999), si è giunti alla conclusione che le femmine
con DDAI appartengono prevalentemente al sottotipo D (disattento) e quindi gli strumenti di misura in vigore non sono in
grado di rilevarne la maggior parte. Uno studio condotto sulla scala di Conners ha individuato che, tra i 59 item presenti,
solo 7 erano inerenti a comportamenti più interni e meno osservabili tipici del DDAI femminile (Nadeau e coll., 1999).
Inoltre le difficoltà nelle abilità sociali che sono presenti nelle ragazze che presentano questo disturbo (Nadeau, 1999)
non vengono prese in considerazione dal DSM IV tra i criteri di diagnosi del DDAI. Dal momento che spesso i sintomi del
DDAI nelle ragazze sono impliciti, alcuni sostengono che, almeno per i soggetti più grandi, risulterebbero molto utili dei
questionari di autovalutazione, poiché solo i soggetti in questione possono rilevare la presenza e il grado di certi stati
d'animo e sentimenti (Solden, 1995). Al di di questi problemi metodologici, le differenze che vengono riscontrate
relativamente alle diverse manifestazioni del DDAI al maschile e al femminile potrebbero avere origini diverse. Di seguito
saranno analizzate le caratteristiche fisico-biologiche, le caratteristiche culturali, comportamentali e relazionali, infine
verrà trattata l’evoluzione del deficit di attenzione nelle femmine.
Caratteristiche fisico-biologiche.
Le maggiori differenze sembrano essere collegate alle dimensioni del cervello, al funzionamento della dopamina e agli
ormoni. Relativamente alle dimensioni del cervello, alcuni studi (Hynd e coll., 1990; 1991; Flipek e coll., 1997;
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Castellanos e coll., 1996) hanno dimostrato che le zone frontali e il corpo calloso sono più ridotti nei soggetti con DDAI.
Sono state anche individuate delle differenze tra i maschi e le femmine: Caviness e coll. (1996) hanno scoperto che, tra i
7 e gli 11 anni, il cervello delle femmine, come altre parti del corpo, è lievemente più piccolo e più leggero di quello dei
maschi, anche se queste differenze sono risultate di minima entità. A questo dato generale si accompagnano però delle
eccezioni: alcune aree cerebrali sono più sviluppate nelle femmine. In particolare l'ippocampo e il corpo calloso sono
sproporzionatamente più grandi nelle bambine, mentre l'amigdala è sproporzionatamente più piccola in queste. Le
suddette differenze strutturali potrebbero spiegare i diversi "punti di forza e di debolezza" nei maschi e nelle femmine e
potrebbero essere la causa della variabilità dei sintomi all'interno di determinati disturbi, tra i quali il DDAI (Nadeau e
coll.,1999).
Relativamente alla dopamina, alcuni studi (Anderson e coll.,1997) condotti con ratti hanno rilevato che nei maschi, durante
la pubertà, c’è una sovrapproduzione ed un maggior rilascio di dopamina. Quanto riferito, infatti potrebbe spiegare il
motivo per cui i maschi sono molto più colpiti da problemi quali il DDAI: è infatti la quantità eccessiva di dopamina che può
produrre comportamenti iperattivi. Questo potrebbe spiegare anche perché questi sintomi comportamentali nei maschi
diminuiscono fortemente dopo la pubertà. D'altra parte, l'insufficienza di questi recettori nelle femmine spiegherebbe
anche perché i loro sintomi relativi al DDAI, non solo persistono, ma peggiorano dopo la pubertà (Nadeau e coll., 1999).
Oltre ai fattori genetici, sono stati presi in considerazione anche i diversi effetti causati dalla tempesta ormonale a cui sono
sottoposti i ragazzi durante la fase puberale. Sia i maschi che le femmine producono ormoni, nelle diverse fasi del loro
sviluppo, ma il livello ormonale delle femmine è 3-10 volte superiore a quello dei maschi. È’ quindi nelle ragazze che va
maggiormente tenuta in considerazione l'azione di tali sostanze sul cervello (Mc Ewen e coll., 1997; Fink e coll., 1996). Le
donne sono periodicamente sottoposte a bassi livelli di estrogeni, durante i quali manifestano irritabilità, disordini del
sonno, emozioni instabili e altri disagi. Questo basso livello di estrogeni causa periodici inasprimenti dei sintomi del DDAI,
poiché la situazione appena descritta si innesta in un quadro già compromesso, accrescendo così i problemi causati dai
sintomi del DDAI (Nadeau e coll., 1999).
Il primo a collegare l'effetto degli ormoni con i sintomi del DDAI fu Hussey (1990), sostenendo che, con l'avvento della
pubertà, i sintomi, nelle ragazze diventano molto più gravi. I sintomi del DDAI sembrano diminuire alla vigilia dello stato di
menopausa, a causa del rapido decremento del livello ormonale (Nadeau e coll., 1999). Molti sostengono che la
predisposizione ai sintomi del deficit dell'attenzione sia presente fin dalla nascita (Fabio, 2001; Nadeau e coll, 1999), ma,
tenendo in considerazione quanto detto relativamente agli effetti degli ormoni in età puberale, si ipotizza che per molte
ragazze l'insieme dei sintomi diventi evidente e realmente critico solo da questo momento in poi. Questo, se fosse vero,
metterebbe in discussione uno dei criteri diagnostici del DSM IV (1994), il quale sostiene che per diagnosticare il deficit
dell'attenzione è necessario che i sintomi siano presenti prima dei 7 anni di età. Questo criterio è valido soprattutto per i
maschi, nei quali i sintomi decrescono nel periodo puberale, ma non lo è per le bambine per le quali sembra avvenire
l'esatto opposto. Questa situazione spiegherebbe anche il motivo a causa del quale il DDAI nelle ragazze viene, a volte,
diagnosticato molto più tardi rispetto ai maschi (Nadeau e coll., 1999).
Caratteristiche culturali, comportamentali e relazionali
Gli studi sulle differenze cognitive tra ragazzi e ragazze con DDAI sono contraddittori. Alcuni (Gaub e Carlson, 1997;
Berry e coll,1985; James e tylor, 1990) sostengono che le femmine presentano un danno maggiore a livello cognitivo,
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rispetto ai maschi. Altri studi (Biederman e coll., 1999; Horn e coll.,1989; Breen, 1989) sostengono che non esistono
diversità tra i maschi e le femmine nelle prestazioni scolastiche. Ancora, Seideman e coll. (1997), ritengono che le
femmine abbiano meno problemi nelle funzioni esecutive (organizzazione, pianificazione, ecc…). Il quadro non è molto
chiaro; è certo comunque che il DDAI crea notevoli disagi nell'ambiente scolastico e per le femmine la situazione
potrebbe essere peggiore in quanto il deficit in loro viene riconosciuto più difficilmente (Nadeau e coll., 1999).
Sembra che le bambine con DDAI esperiscano un maggior rifiuto da parte dei compagni rispetto ai maschi (Gaub e
Carlson, 1997). Questa situazione di isolamento inizia più precocemente rispetto ai maschi: si registrano infatti casi di
rifiuto delle bambine con DDAI già nella scuola materna (Berry e coll., 1985). Esse, raggiunta l'adolescenza, sono meno
popolari e conosciute rispetto alle loro compagne normali (Brown e coll., 1991). Molte bambine con DDAI faticano a
mantenere rapporti di amicizia, hanno ridotte abilità sociali come la capacità di risolvere i conflitti, di contenere le
espressioni verbali e di comprendere i messaggi non verbali e le dinamiche dare-prendere. Spesso rischiano di essere
viste come insensibili ai bisogni altrui, poiché non riescono a percepire niente di tutto ciò che è esterno alle loro emozioni,
invadono lo spazio altrui, risultando invadenti. Con il loro atteggiamento allontanano i loro compagni, soprattutto le loro
amiche.
Le difficoltà di espressione e controllo verbale (iperverbalizzazione) che, a volte, accompagnano il DDAI hanno un
impatto negativo soprattutto all'interno dei rapporti tra ragazze (Nadeau e coll., 1999). Questo problema è meno evidente
nei rapporti tra ragazzi, basati prioritariamente sulla competizione, sulla sfida, sulle abilità pratiche e sulle attività fisiche.
Le competenze implicate in queste attività sono accentuate dal DDAI e questo risulta, a volte, positivo nelle relazioni tra i
bambini, ma spesso non è tollerato nelle relazioni tra femmine, dove le ragazze con deficit attentivo e iperattività sono
viste come "maschiacci".
Non in tutte le ragazze l'iperattività si manifesta così esplicitamente. Per alcune si rivela tramite
un'"iperverbalizzazione", o verso l'adozione di ruoli che possono mascherarla (esibizionista, sciocca o “pazza), al fine di
ottenere, comunque, un'accettazione sociale, anche a costo di assumere atteggiamenti rischiosi (abuso di alcool, abuso di
droghe, condotte sessuali promiscue…) (Nadeau e coll., 1999). Quando la caratteristica di iperattività è poco presente, le
ragazze possono presentare atteggiamenti di eccessiva timidezza e vergogna. Spesso queste ragazze sono ignorate dai
loro pari (Wheeker e Carlson, 1994) e loro stesse tendono ad essere introverse. Solitamente spendono gran parte delle
loro energie a combattere contro loro stesse, o meglio a lottare per compensare i problemi causati da un DDAI non
riconosciuto. Spesso si concentrano esclusivamente sui loro studi e questo mimetizzerebbe l'enorme sforzo che sono
costrette a fare per raggiungere un livello adeguato. In questo modo bilanciano le loro difficoltà, ma ad un prezzo
elevatissimo (Nadeau e coll., 1999).
Altri studi (deHaas 1986; Horn e coll., 1989) sostengono, invece, che maschi e femmine con DDAI, incontrano
difficoltà simili nelle relazioni con i pari. Uno studio di Brown e coll. (1989) mostra che i sintomi del DDAI nelle ragazze
sono più interiorizzati e si rivelano attraverso ansia e depressione; questi sintomi si fanno più gravi dopo la fase puberale
(Huessey, 1990). Nelle donne con DDAI la depressione è la prima diagnosi che spesso ricevono.
Gli altri accettano difficilmente i sintomi del DDAI, specialmente nelle bambine. Una ricerca di McGee (1987) ha
mostrato che, in un gruppo di ragazzi e ragazze con un uguale livello di disattenzione, veniva richiesto un intervento molto
più frequentemente per i maschi che non per le femmine. Le ragioni di questo diverso comportamento non sono chiare,
ma potrebbero essere dovute al fatto che si continua a dare più importanza al comportamento e al successo scolastico dei
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figli maschi. Barkley (1991) ha evidenziato che le madri tendono ad essere più critiche con le loro figlie con DDAI che non
con i figli. Le madri accettano molto di più il tipico comportamento causato dal deficit dell'attenzione nei maschi che non
nelle femmine, perché questo si rifà molto di più a tipici stereotipi maschili e non accettano che le figlie femmine si
comportino in un modo così poco convenzionale.
Le aspettative culturali legate al ruolo della donna collidono direttamente con quelli che sono i sintomi del deficit
dell'attenzione. Il continuo confronto con l'immagine della donna ideale nella nostra società crea continue frustrazioni e
sentimenti di fallimento nelle donne con DDAI (Solden, 1995). Le donne hanno un numero molto più elevato di compiti
che richiedono capacità di organizzazione. Questi compiti sono solitamente scollegati tra loro e riferiti a diverse aree. La
loro vita è più “diffusa” e, a volte, rivestono ruoli diversi e conflittuali; quando hanno dei figli le responsabilità aumentano
perché devono organizzare e gestire anche le loro giornate. A volte, ciò che per una donna è una normale e ordinaria
giornata, per una donna con DDAI, può essere un vero incubo (Solden, 1995). Per gli uomini la situazione è diversa:
solitamente loro hanno donne che si occupano di organizzare per loro le diverse attività e questo accade non solo nella
vita privata, ma anche in quella professionale. Le aspettative culturali riferite al ruolo maschile non collidono direttamente
con i sintomi causati dal deficit dell'attenzione: gli uomini più difficilmente provano vergogna o imbarazzo a causa della
loro disorganizzazione e della loro confusione (Solden,1995). Spesso le donne provano sentimenti di fallimento nei
confronti delle aspettative culturali, della loro identità femminile, del loro ruolo di mogli e madri. Spesso l'impossibilità di
adeguarsi al ruolo di genere culturalmente accettato e richiesto causa sentimenti di vergogna e di imbarazzo (Solden,
1995). Queste ragazze, soprattutto quando crescono, si rendono conto di essere diverse dalle loro coetanee, ma non
riescono a capire perché. Spesso i genitori, e gli educatori in genere, accentuano queste sensazioni di vergogna e di
bassa autostima tramite rimproveri e sottolineando le differenze rispetto ad amiche e /o parenti che riescono invece a
comportarsi adeguatamente.
Uno dei sintomi tipici delle bambine con DDAI, che spesso non viene riconosciuto come indicatore di questo tipo di
problema, è il livello di grafia: nelle femmine con DDAI è, a volte, peggiore di quello dei maschi, perché è una
manifestazione più interiorizzata e accettabile dell’iperattività-impulsività e dei problemi del DDAI. Le bambine spesso
hanno più difficoltà nella motricità fine, nel controllo della pressione della penna sul foglio e i loro pensieri sono troppo
veloci rispetto alle difficoltà dei loro movimenti, così non completano le lettere, le frasi, dimenticano ciò che devono
scrivere…
Evoluzione del deficit nelle femmine
L’evoluzione del DDAI non è ancora molto chiara, anche perché sono ancora pochi gli studi di follow - up. Uno studio
recente rivela che le femmine con DDAI sono significativamente più a rischio dei maschi con lo stesso problema
relativamente all’uso di una o più sostanze illegali (Biederman, 1999), anche se uno studio precedente (Biederman, 1992)
sostiene che l’abuso di alcool aumenta notevolmente nei maschi DDAI durante l’adolescenza. Biedeman (1999) sostiene
che potrebbe esserci un fattore di rischio legato al genere di appartenenza: le ragazze potrebbero essere molto più
esposte a questo genere di problemi, rispetto ai maschi, per le maggiori difficoltà culturali incontrate. Lo studio in
questione sostiene che questi modelli comportamentali potrebbero iniziare già a partire dagli undici anni. L’uso di droghe o
di alcool potrebbe portarle a contatto con una subcultura che le accetta sulle basi di questo atteggiamento condivisio il
bisogno di appartenenza è molto forte in questo periodo della loro vita. La dipendenza da determinati tipi di sostanze è,
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per le ragazze con DDAI non diagnosticate, un modo di autocurarsi; queste sostanze, infatti, a volte le aiutano a
concentrarsi o a rallentare i loro pensieri, a controllare meglio la loro iperattività.
I soggetti con DDAI spesso tendono ad avere disturbi nell’alimentazione. La “dipendenza” dal cibo è più facile di
quella da altre sostanze: il cibo è più facile da reperire, più economico e non è illegale. Solitamente questi bambini
divorano grandi quantità di cibi contenenti carboidrati e alte dosi di zucchero. Con questi cibi viene aumentata la
concentrazione di glucosio nel cervello. Metabolizzando questo componente aumentano i livelli di dopamina e serotonina
nel cervello. Questi cibi potrebbero così produrre gli stessi effetti di alcune medicine stimolanti e possono così essere
inconsapevolmente utilizzati come automedicazione (Nadeau, 1998). Questo comportamento, evidentemente
problematico per entrambi i sessi, acquisisce toni ancora più gravi per le adolescenti con DDAI, contemporaneamente
attratte da questo comportamento e confrontate con il pressante modello culturale della donna magra e attraente della
nostra cultura (Pipher, 1994). Questo modello non fa che rendere ancora più dolorose le battaglie interne di queste
ragazze che aggiungono all’ansia tipica del loro disturbo la paura e la vergogna di ingrassare.
Le ragazze con il DDAI, per ottenere l’accettazione da parte degli altri e per compensare le loro debolezze in altre
aree, assumono, condotte sessuali precoci in percentuale significativamente maggiore rispetto alle loro coetanee senza
DDAI (Nadeau e coll., 1999). A causa della loro impulsività, incapacità di pianificare e di organizzare, molte di loro hanno
rapporti sessuali promiscui e /o non protetti, correndo il rischio di contrarre gravi malattie o di avere delle gravidanze
indesiderate. Queste ragazze sono molto meno in grado di prevedere le possibili conseguenze di una atteggiamento
sessuale senza regole e senza uso di sistemi anticoncezionali.
I soggetti con deficit dell’attenzione hanno una probabilità maggiore di essere coinvolti in incidenti stradali, proprio a
causa delle loro difficoltà di attenzione di controllo cognitivo (Beck, 1996). Uno studio realizzato in Nuova Zelanda ha
inoltre dimostrato che le ragazze con difficoltà di attenzione hanno un più alto rischio di causare incidenti stradali (Nada-
Raja e coll., 1997).
In conclusione, da quanto riportato in letteratura risulta evidente che il comportamento manifesto è differente a
seconda del genere di appartenenza, anche se sono presenti alcuni casi di bambine aggressive e iperattive come i
maschi. In realtà non è molto chiaro se queste differenze sono dovute a fattori biologici o alle diverse aspettative culturali.
Da quanto detto risulta evidente la problematicità connessa all'avere il DDAI e all'essere femmina.
OBIETTIVI E IPOTESI DELLA RICERCA
Alla luce della letteratura precedentemente presa in rassegna, ci si è proposti di analizzare l'incidenza del DDAI
nella popolazione scolastica - sia in generale che in quella delle femmine - e di rilevare il rapporto fra DDAI e i fattori
connessi alle emozioni (come l'autostima), alle cognizioni (come il rendimento scolastico) e ai comportamenti (come
l'esposizione agli strumenti multimediali).
Nello specifico le ipotesi sono divise in due grandi aree: una riguarda le differenze esistenti tra soggetti con e
senza il DDAI, l’altra riguarda le diversità rilevabili tra i soggetti femmine e maschi nel campione DDAI.
La prima parte aiuta a comprendere le differenze dovute al DDAI, la seconda parte cerca di individuare
differenze dovute al genere.
Per quanto riguarda la prima parte le ipotesi sono:
1. I soggetti con DDAI avranno, un livello di autostima minore.
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2. I soggetti normali presenteranno un rendimento scolastico migliore di quello dei soggetti con DDAI.
3. Per ciò che riguarda l’esposizione a diversi strumenti multimediali (televisione, videogiochi, computer e stereo), si
ipotizza che il numero delle ore di utilizzo di questi diversi strumenti sarà maggiore nei soggetti con DDAI. Infine si
ipotizza che le abitudini di vita dei soggetti con e senza DDAI non siano significativamente diverse per ciò che
concerne le abitudini extrascolastiche, mentre si presenteranno delle differenze nell’ambito scolastico, dove i sintomi
del DDAI appaiono più importanti..
Per quel che riguarda le differenze di genere rilevabili nei soggetti con DDAI, si ipotizza che:
1. Il livello di autostima sarà significativamente minore nelle femmine DDAI rispetto ai maschi.
2. Il rendimento scolastico delle femmine DDAI sarà significativamente peggiore, a causa del loro mancato
riconoscimento e dalla minore manifestazione, da parte delle femmine, di comportamenti disturbanti che, non
attirando l’attenzione degli insegnanti, non attuano interventi di particolare supporto.
3. Per quanto riguarda i tempi di esposizione ai media, essi saranno minori nelle femmine rispetto ai maschi DDAI ;
infine relativamente agli stili di vita non verranno evidenziate differenze tra maschi e femmine DDAI in ambito
scolastico.(Barkly,1991). I problemi causati dal deficit dell’attenzione sono probabilmente espressi in misura simile
dai soggetti dei due sessi. Si ipotizzano, però, lievi differenze nello stile di vita quotidiano in ambiti extrascolastici.
METODO
Soggetti.
Il campione è composto da 734 soggetti, provenienti da 6 diverse scuole della Lombardia. Tre di queste scuole si trovano
in provincia di Milano, altre tre in provincia di Varese.
331 soggetti frequentano le scuole elementari (secondo ciclo) e 203 le scuole medie. Per individuare i bambini con
DDAI all’interno del campione generale è stata somministrata la scala SDAI per insegnanti (Cornoldi e coll., 1996) e è
stato condotto un colloquio prestrutturato con le insegnanti che ha permesso di distinguere i soggetti con DDAI da altri
soggetti che possono simulare gli stessi sintomi.
Sono stati così individuati 88 bambini con disturbo da deficit dell’attenzione all’interno del campione. Di questi 29
erano femmine e 59 maschi. Più precisamente, 53 appartenevano al sottogruppo con prevalenza di disattenzione (DDAI-
D), 9 nel sottogruppo con prevalenza di iperattività (DDAI-I) e 26 nel sottogruppo con la presenza di entrambi i sintomi
(DDAI-C).
Per quanto riguarda le femmine, sono state individuate 29 soggetti con DDAI, di cui 26 con DDAI-D (pari al 90%
delle femmine con deficit) e di queste 17 nella scuola elementare e 9 nella scuola media; sono state inoltre individuate 3
bambine con DDAI-C (pari al 10%) nella scuola elementare. In nessuno dei due livelli di scuola sono stati identificati casi
di femmine con DDAI-I.
I maschi individuati sono stati 59, di cui 18 nella scuola elementare e 9 nella scuola media con DDAI-D (45%), 12
nelle elementari e 11 nelle scuole medie con DDAI-C (40%) e, infine, 8 nelle scuole elementari e 1 nella scuola media con
DDAI-I (15%). . Appare quindi un rapporto quasi 1:2 come osservato in alcune ricerche presenti in letteratura (Ackerman,
Dykman, Shaywitz, Shaywitz, 1985; Werry, Quay, 1971; Shekim e coll, 1985; Tylor e coll, 1991).
MATERIALE.
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La raccolta dei dati ha richiesto l’utilizzo di diversi questionari:
1. La scala SDAI, la scala SDAG e il colloquio prestrutturato
2. Questionario di autovalutazione della stima di sè
3. Questionario informativo sull’uso di media.
4. Questionario di autovalutazione e abitudini extrascolastiche
5. Questionario di adeguatezza comportamentale.
Tutti i questionari sono stati compilati dagli insegnanti degli studenti tranne alcuni item riguardanti l’esposizione agli
strumenti multimediali e l’autovalutazione che sono stati compilati direttamente agli studenti.
La scala SDAI (Cornoldi e coll., 1996) è un questionario composto da 18 item, costruiti sulla base dei criteri
diagnostici del DSM-IV, a cui bisogna rispondere assegnando un punteggio corrispondente alla frequenza con cui i
comportamenti indicati si manifestano (0 = mai; 1= qualche volta; 2= abbastanza spesso; 3= molto spesso.). I 18 item
sono suddivisi in due subscale; una è volta a rilevare i comportamenti di disattenzione (item dispari) e l’altra individua i
comportamenti iperattivi e impulsivi (item pari).
Il criterio di cuf-off della scala SDAI è di 1.5 punti per item per un totale di 15 punti: se un bambino raggiunge o
supera tale punteggio ha buone probabilità di manifestare il DDAI. Grazie alla scala SDAI è possibile distinguere quale
tipo di DDAI ha ogni bambino. Se un soggetto ottiene più di 14 punti negli item dispari, può ricevere una diagnosi di DDAI
di tipo disattento (D); se ottiene più di 14 punti negli item pari riceve una diagnosi di DDAI di tipo iperattivo-impulsivo (I); se
raggiunge più di 14 punti in entrambe le subscale riceve una diagnosi di DDAI di tipo combinato (C) (Cornoldi e Marzocchi,
2000). Alla scala SDAI ha fatto seguito un colloquio prestrutturato con gli insegnanti, che ha permesso di escludere i
soggetti portatori di handicap, con patologie psichiatriche o i soggetti che presentavano problematiche con sintomatologie
simili al DDAI.
Il questionario sull’uso dei media comprende una serie di domande volte a valutare il rapporto che i soggetti hanno
con questi strumenti.
I ragazzi devono indicare se possiedono o no lo stereo, i videogame, il computer e la televisione e per quanto
tempo li utilizzano all’interno di una giornata.
Il questionario di autovalutazione dell'autostima: viene chiesto ai soggetti di indicare quanto ritengono di essere bravi
nel settore delle relazioni (quanto i ragazzi si sentono bravi con i professori, con la famiglia e con gli amici) e nel settore
delle prestazioni (quanto si sentono bravi nello sport e a scuola). I giudizi erano espressi su una scala Likert a 6 valori (0 =
mai, 1= raramente, 2 = talvolta sì, 3 = talvolta no, 4 = spesso, 5 = sempre)..
Il qu est i on a ri o d i va lut azi o ne d ell e abi t ud i ni d i v ita e xtr asc o la s ti c he r ichiede ai soggetti di indicare
se e per quante ore a settimana svolgono attività sportive, culturali, religiose, di animazione.
Il questionario di adeguatezza comportamentale è composto da due subscale: una riguarda i comportamenti
strettamente legati alle attività scolastiche (distrarsi, tenere in ordine diario e cartella etc…), l’altro riguarda comportamenti
più generali che, pur presentandosi anche in ambienti scolastici, non sono strettamente dipendenti da essi . Il questionario
è stato costruito partendo dalla scala SDAI e, specifica meglio o aggiunge alcuni comportamenti tipici dei soggetti DDAI
che nella SDAI sono trattati in modo più marginale. I comportamenti inseriti in questo questionario sono frutto di una serie
di osservazioni dirette integrate con alcuni questionari di autovalutazione approntati per i soggetti DDAI di sesso
femminile (Nadeau, 1999; Solden, 1995). È importante ricordare che questo strumento non ha validità diagnostica, ma
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può risultare utile per comprendere meglio e più approfonditamente i comportamenti caratteristici dei bambini con DDAI e
a scoprire eventuali discordanze nei comportamenti tra i due sessi. I punteggi sono assegnati con una scala Likert a 4
valori (0= mai, 1= qualche volta, 2= spesso, 3= sempre).
Il questionario riguardante i comportamenti legati alla scuola raccoglie item diversi, ma ricollegabili ad attività
strettamente scolastiche: ordine e completezza del diario, livello di grafia, ordine della cartella, difficoltà nei compiti scritti,
difficoltà a mantenere l’attenzione durante la lettura e dimenticanze del materiale. Nel questionario sono state inserite
anche delle voci che richiedono agli insegnanti di registrare le votazioni ottenute dagli allievi nelle diverse discipline
scolastiche ( italiano, matematica, storia, geografia, scienze ed educazione fisica). Al fine di rendere omogenei e utili
all’applicazione di test statistici questi dati, sono stati trasformati in una scala ordinale. Ai giudizi sono così stati assegnati
dei punteggi: 1 = insufficiente, 2 =sufficiente, 3 = discreto e buono e 4= distinto e ottimo.
Gli item riguardanti i comportamenti quotidiani più generali sono: “saltare” da un’attività all’altra, commettere
movimenti maldestri, seguire le regole sociali, rimandare le cose da fare, “deviare” durante le conversazioni, sognare ad
occhi aperti e perdere tempo. Anche questo questionario è stato compilato dagli insegnanti su una scala Likert a quattro
punteggi ( 0= mai, 1= qualche volta, 2= spesso, 3 = sempre).
PROCEDURA
Per la raccolta dei dati è stato chiesto agli insegnanti di compilare il questionario riguardante le informazioni generali
sullo stile di vita dei bambini e la scala SDAI. L’altra batteria di questionari (autovalutazione della stima di sé, attività
extrascolastiche e utilizzo dei media) è stata compilata direttamente dagli studenti all’interno delle ore scolastiche o a casa
con l’eventuale supporto dei genitori, a seconda delle esigenze degli insegnanti.
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DISEGNO SPERIMENTALE.
Il disegno sperimentale è un disegno fattoriale misto a tre fattori indipendenti between subject: 2 (tipo di soggetti:
normali vs. DDAI) x 2 (livello evolutivo: elementari vs. medie) x 2 ( tipo di soggetti : femmine vs. maschi).
PARAMETRI DI MISURA.
Dal momento che molti dai test somministrati e elaborati attraverso un’ANOVA preliminare, con la variabile età come
fattore between, non presentavano differenze significative in rapporto al livello evolutivo, in tali circostanze i dati sono stati
trattati senza tener conto di questa variabile.
I principali parametri presi in considerazione nel questionario sull’uso dei media sono:
1. le ore quotidiane trascorse utilizzando televisione, stereo, computer e videogame
I principali parametri presi in considerazione nel questionario di informazione generale sono:
1. la presenza o l’assenza di determinati comportamenti
2. la frequenza con cui determinati comportamenti si manifestano
3. la valutazione scolastica nelle diverse discipline.
I principali parametri presi in considerazione nel questionario di autovalutazione della stima di e di attività
extrascolastiche sono:
9
1.il grado di autostima percepito dai soggetti, nelle diverse aree (relazioni con i pari e con gli adulti, prestazioni
scolastiche e non).
2.la frequenza o meno delle attività extrascolastiche.
3.il tipo di attività compiute
4.il numero di ore settimanali dedicate a tali attività.
I principali parametri presi in considerazione nella scala SDAI sono:
1. la frequenza con cui si manifestano i comportamenti indicati.
ANALISI DEL CAMPIONE
Il grafico di seguito riportato riassume la distribuzione del campione.
10
Distribuzione dei sogge tti DDAI e
NORMALI
88
734
normali ddai
Distribuzione dei soggetti DDAI maschi
e femmine
29
59
femmine maschi
26
3
DDAI-D DDAI-C
Sottotipi di DDAI ne i maschi
27
23
9
DDAI-D DDAI-C DDAI-I
RISULTATI
FATTORI EMOTIVI
Autostima
La prima ipotesi prevedeva che i soggetti con DDAI avrebbero mostrato un livello di autostima inferiore rispetto ai
soggetti normali. Per quanto riguarda le femmine con DDAI ci si attendeva un livello ancora minore di autostima.
Per quanto concerne il sentirsi bravo a scuola é risultato significativo il fattore "genere" [ F (1,366)= 2.888, p=0.095]: le
femmine mostrano livelli di autostima inferiori (tab. 1). Anche l'interazione dei fattori " tipo di scuola x tipo di soggetti" è risultata
statisticamente significativa [ F (1, 366)= 5.521, p= 0.019]: i soggetti con DDAI infatti hanno livelli di autostima più bassa. Infine,
anche l'interazione "tipo di soggetti x genere" è significativa con F (1,366) = 6.187, p=0.019: il fattore "genere" non è
significativo nelle scuole elementari, ma lo diventa nelle scuole medie (tab.1). Questi dati significano che in generale, i soggetti
con DDAI mostrano di avere un livello di autostima inferiore rispetto ai soggetti senza il disturbo, ma le femmine DDAI mostrano
di avere un'autostima minore, in entrambi i livelli scolastici, rispetto al resto del campione.
Relativamente all'item riguardante il sentirsi bravo nei rapporti con i professori, risultano significative le variabili "tipo di
scuola" [F (1, 362) = 13.64, p<0.001], la variabile genere [F (1,362)= 3.441, p= 0.054] e la variabile "tipo di soggetti" [F (1, 362)=
25.508, p<0.001] (vedi tab.2). Ciò significa che i bambini più piccoli, le femmine e i DDAI hanno un livello di autostima più
basso.
Relativamente gli altri parametri considerati in quest'area nessuno è risultato statisticamente significativo. Le differenze
rispetto all'autostima sono significative solo nell'ambito scolastico.
TABELLA 1
Media e deviazione standard relativi alle risposte di
autovalutazione a scuola
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENERE MEDIA DEVIAZIONE
STANDARD
elementare ddai femmine 3,0000 2,0331
maschi 4,0968 1,4687
normali femmine 3,6055 2,1986
maschi 3,6591 1,0271
media ddai femmine 4,5714 1,3973
maschi 6,5000 7,7036
normali femmine 3,8182 ,9830
maschi 3,8704 1,0288
TABELLA 2
Media e deviazione standard relativi alle risposte di
autovalutazione nel rapporto con i professori
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENERE MEDIA DEVIAZIONE
STANDARD
elementare ddai femmine 3,0000 1,5492
maschi 3,9000 1,2415
normali femmine 2,8879 ,9841
maschi 3,3563 1,3116
media ddai femmine 3,5714 1,9881
maschi 4,8571 1,0995
normali femmine 3,4545 ,9587
maschi 3,7222 1,0536
11
Rendimento scolastico
Relativamente alla seconda ipotesi si ipotizzavano delle differenze tra i soggetti con e senza DDAI. In tutti gli item presi in
considerazione le diversità sono risultate significative: i soggetti con DDAI ottengono risultati scolastici peggiori dei loro compagni
senza il disturbo. Invece i maschi e femmine con DDAI non differiscono significativamente tra loro, anche se le femmine
ottengono risultati lievemente peggiori.
Relativamente alla valutazione in italiano i DDAI hanno prestazioni significativamente più basse [F(1,432)=20.084,
p< 0.001 (tabella 3).
TABELLA 3
Medie e deviazioni standard relative alla valutazione in italiano
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENERE
MEDIA
DEVIAZIONE
STANDARD
Elementare ddai femmine 1,950 ,359
maschi 1,947 ,260
normali femmine 3,226 ,150
maschi 2,768 ,161
media ddai femmine 1,222 ,535
maschi 1,619 ,350
normali femmine 2,426 ,195
maschi 2,143 ,192
Anche per quanto riguarda la valutazione nell'area matematica i DDAI hanno prestazioni significativamente più basse
(F(1,400)=61.092, p<0.001 (tabella 4).
TABELLA 4
Medie e deviazioni standard relative alla valutazione in matematica
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENERE
MEDIA
DEVIAZIONE
STANDARD
Elementare ddai femmine 2,200 ,177
maschi 2,243 ,130
normali femmine 3,000 ,074
maschi 2,990 ,080
media ddai femmine 1,222 ,264
maschi 1,476 ,173
normali femmine 2,221 ,096
maschi 2,229 ,095
Per quanto riguarda la valutazione delle altre materie di studio (storia, geografia e scienze) ancora i soggetti DDAI
presentano prestazioni più basse rispetto ai soggetti normali [F(1,429)=14.504, p<0.001] (tabella 5).
TABELLA 5
Medie e deviazioni standard relative alle valutazioni nelle materie di studio
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENEREMEDIE DEVIAZIONE
STANDARD
12
elementare ddai femmine 1,789 ,501
maschi 2,027 ,359
normali femmine 3,202 ,204
maschi 3,141 ,219
media ddai femmine 1,333 ,727
maschi 1,571 ,476
normali femmine 2,338 ,265
maschi 2,486 ,261
Anche in educazione fisica le femmine e i DDAI presentano prestazioni più basse.
TABELLA 6
Mede e deviazioni standard relative alla valutazione in educazione fisica
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENEREMEDA
DEVIAZIONE
STANDARD
elementare ddai femmine 2,684 ,135
maschi 2,730 ,097
normali femmine 3,200 ,055
maschi 3,293 ,059
media ddai femmine 2,000 ,196
maschi 2,571 ,128
normali femmine 2,235 ,071
maschi 2,557 ,070
Uso dei media
Relativamente al tempo di esposizione alla televisione i fattori significativi sono
risultati “tipo di scuola” [F (1, 362)=16.560, p<0.001] e il “genere” [ F (1,362) =3.147,
p<0.077]. Risultano statisticamente significative le interazione “tipo di scuola x tipo di
soggetti” [F 1, 362=9.00p=0.003]; “tipo di soggetti x genere” [F(1,366)=12.767p<0.001]
(tabella 7).
TABELLA 7
Medie e deviazioni standard relative alle ore trascorse davanti alla televisione
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENEREMEDIA DEVIAZIONE
STANDARD
elementare ddai femmine 2,956 ,415
maschi 2,793 ,303
normali femmine 2,456 ,160
maschi 3,237 ,176
media ddai femmine 5,143 ,627
maschi 2,614 ,443
normali femmine 3,828 ,226
maschi 3,954 ,230
13
Ciò significa che nelle scuole elementari sono i maschi che passano più tempo a
guardare la televisione, mentre nelle scuole medie questa differenza si inverte. Inoltre si è
visto che nel campione di soggetti con DDAI sono le femmine i soggetti che più
usufruiscono di questo mezzo. Questo potrebbe essere spiegato attraverso il grado di
iperattività dei maschi che probabilmente è così da non permettere loro di fermarsi e
guardare la televisione.
Relativamente alle ore trascorse ad ascoltare lo stereo risultano significativi i fattori
“tipo di scuola” [F (1,281) =14.790, p<0.001] e “tipo di soggetti” [F (1, 281)=4.552, p=0.034].
Sono i soggetti DDAI ad usufruire maggiormente di questo strumento. All'interno del
campione di bambini con DDAI i maschi delle elementari utilizzano di più lo stereo, ma alle
scuole medie la situazione si inverte e sono le femmine DDAI a trascorrere maggior quantità
di tempo ad ascoltare la musica.
Relativamente al computer la variabile significativa risulta essere il “tipo di
scuola” [F(1,198)=4.167,p=0.043]: si nota come i tempi di utilizzo dello strumento aumentino
notevolmente nel passaggio dalla scuola elementare alla scuola media. Non si rilevano
differenze tra i maschi e le femmine se non all'interno del campione frequentante le scuole
medie in cui emerge che i maschi trascorrono maggior tempo con il computer (tabella 8).
TABELLA 8
Medie e deviazioni standard relative alle ore trascorse utilizzando il computer
TIPO DI SCUOLA TIPO DI
SOGGETTI
GENERE MEDIA DEVIAZIONE
STANDARD
elementare ddai Femmine 2,900 1,466
Maschi 2,946 1,286
normali Femmine 2,705 ,619
Maschi 2,800 ,649
media ddai Femmine 3,100 2,676
Maschi 3,714 1,752
normali Femmine 4,635 ,795
Maschi 4,103 ,819
La variabile riguardante l'uso dei videogame non mostra risultati significativi.
Comportamenti legati all'attività scolastica
Il questionario di adeguatezza comportamentale era composto da due sottoscale,
una riferita ai comportamenti strettamente legati alle attività scolastiche e l’altra legata a
comportamenti che, pur presentandosi anche in ambienti scolastici, non erano dipendenti
da essi ed erano quindi generalizzabili a tutti gli aspetti della vita dei bambini.
Sui 14 item inseriti nel questionario è stata condotta un’analisi fattoriale
considerando separatamente le 2 sottoscale la quale ha mostrato che esiste un’unica
misura dell'adeguatezza nel comportamento a scuola legata all'ordine come tratto comune.
14
Dal momento che gli items sono coerenti si è deciso di considerarli unitariamente
per l'analisi statistica successiva: sono stati sommati ed è stato ottenuto un indice che va da
0 (caso estremo in cui i comportamenti fossero assenti) a 21 (caso estremo in cui i
comportamenti fossero presenti nella massima intensità) .
L'analisi della varianza evidenzia che il fattore “tipo di soggetti” presenta differenza
altamente significative [F (1,104) =66.583, p< 0.00]. In generale i soggetti con DDAI
presentano una media di comportamenti inadeguati molto più alta rispetto ai soggetti
normali sia femmine che maschi, (con una media di 11.04 per i soggetti con DDAI e di 6.2
per i soggetti senza tale problema).
C'è da rilevare una leggero trend da parte delle femmine ad avere comportamenti
migliori rispetto ai maschi (10.9 per le femmine e 11.2 per i maschi) anche se questo è solo
un dato di tendenza e non è statisticamente significativo.
Comportamenti più generalizzabili
Anche per la sottoscala relativa all’adeguatezza di comportamenti più
generalizzabili è stata applicata un’analisi fattoriale. Anche in questo caso è emersa
un’unica misura dell'adeguatezza nel comportamento quotidiano legata all'ordine come
tratto comune a tutti gli item. Anche in questo caso gli items sono stati sommati ed è stato
ottenuto un indice che va da 0 (caso estremo in cui i comportamenti fossero assenti) a 21
(caso estremo in cui i comportamenti fossero presenti nella massima intensità) .
L'analisi della varianza mostra che i soggetti con DDAI emettono questi
comportamenti con più frequenza rispetto ai loro compagni (10.6 di media per i soggetti con
DDAI e 6.7 per i soggetti normali [F(1,85)33,347, p<0.001]).
Relativamente alla frequenza di attività extrascolastiche non si rilevano differenze
statisticamente significative né nel numero di ore né riguardo alle diverse attività scelte.
CONCLUSIONI
La ricerca era volta ad analizzare le differenze presenti nei comportamenti e nelle abitudini
dei bambini con e senza DDAI. Inoltre si volevano rilevare eventuali differenze osservabili
nei maschi e nelle femmine con DDAI. Si è ipotizzato che il numero dei maschi con DDAI
sarebbe stato maggiore di quello delle femmine. In effetti, sono stati riscontrati 59 maschi e
29 femmine con DDAI. Come sostenuto da diversi autori (Nadeau e coll., 1999), non è detto
che le femmine siano meno presenti, ma solo meno riconosciute per la mancanza di
caratteristiche di iperattività e di aggressività. Nella presente ricerca, tra le femmine con
DDAI non ne è stata individuata neanche una con il DDAI di sottotipo iperattivo. Nadeau e
collaboratori (1999) sostengono che gli item proposti dal DSM-IV per la diagnosi del
disturbo da deficit dell’attenzione danno maggior rilievo ai comportamenti iperattivi,
dimenticando l’importanza dei sintomi più strettamente legati alla disattenzione.
15
Le differenze tra i maschi e le femmine potrebbero essere dovuta sia a caratteristiche
di tipo biologico sia a caratteristiche dovute alla socializzazione e alla cultura. Per quanto
oggi la situazione culturale sia molto cambiata e l’emancipazione femminile sia molto
avanzata, sussistono ancora dei canoni diversi per giudicare i comportamenti. Così, la
vivacità eccessiva è meglio tollerata da un maschio che da un “maschiaccio”, poiché ci si
aspetta che le femmine, sin da piccole siano, comunque, più gentili, più tranquille e più
accondiscendenti. Le scelte di vita alternative sono molto più tollerabili se fatte da
adolescenti maschi che da adolescenti femmine. Così un sintomo comune, come ad
esempio la confusione o la disorganizzazione, può essere giudicato in modo diverso se
presente in un maschio o in una femmina.
Si ritiene che i sintomi del deficit dell’attenzione, al di là di reali differenze, siano
piuttosto simili nei maschi e nelle femmine, ma siano tollerati in modo diverso da chi li
osserva. Per analizzare meglio questo problema, la presente ricerca si è proposta di
studiare le differenze tra maschi e femmine DDAI e tra soggetti con e senza il deficit.
Nella prima ipotesi, si consideravano i fattori correlati alle emozioni supponendo che i
soggetti con DDAI, e in particolare le femmine con DDAI, avrebbero mostrato un livello di
autostima notevolmente più basso rispetto ai soggetti normali. In effetti, nelle aree
considerate (le performance scolastiche e le relazioni con gli insegnanti), i bambini con
DDAI hanno mostrato di valutarsi in modo peggiore rispetto ai loro compagni senza il deficit.
Le femmine DDAI si valutavano ancora peggio dei maschi con DDAI, in tutte le aree prese
in considerazione.
L'autovalutazione della stima di sé è risultata molto inferiore in tutto il campione
soggetti con DDAI, così come, a suo tempo, aveva già rilevato Douglas (1983). Questo
problema tende ad inasprirsi nelle femmine con DDAI, poiché, nei casi in cui la loro
componente di iperattività si manifesta, è molto meno accettata e condivisa. La loro
incapacità ad adeguarsi agli schemi culturali si trasforma, spesso, in un sentimento di
vergogna e in una sensazione di non valere nulla (Nadeau e coll., 1999; Solden, 1995). Il
problema per le ragazze diventa sempre più pesante con la loro crescita: se può essere
tollerata una bambina "terremoto", è difficile che venga sopportata un 'adolescente che non
si cura di e dei suoi atteggiamenti con gli altri. Gli studi di Conners e Arcia (1998)
confermano questa supposizione.
Per quanto riguarda le valutazioni nelle varie discipline scolastiche si ipotizzava che
gli studenti con DDAI avrebbero mostrato delle valutazioni inferiori rispetto ai loro compagni
senza il deficit attentivo. Si ipotizzava, inoltre, che le femmine con DDAI avrebbero mostrato
valutazioni peggiori dei maschi, a causa della loro mancata individuazione e quindi del
minore supporto ricevuto. I risultati hanno nettamente confermato la prima parte dell'ipotesi:
in tutte le materie le diversità tra soggetti con e senza il DDAI sono risultate altamente
16
significative. Non risultano significative le differenze tra maschi e femmine all’interno del
campione di soggetti con DDAI.
Il fatto che i soggetti con DDAI hanno difficoltà in ambito scolastico non è
sorprendente. Le difficoltà sono dovute agli ostacoli che incontrano nel mantenere e
focalizzare l'attenzione (Marzocchi e coll., 2000; Fabio, 2001), nel pianificare e organizzare
le loro attività e i loro materiali (Gardill e coll., 1999). Tali difficoltà aumentano lievemente
nelle femmine con DDAI, anche se alcune ricerche sostengono che le difficoltà cognitive
delle ragazze sono notevolmente maggiori rispetto a quelle dei maschi (Gaub e Carlson,
1997), mentre altri sostengono che non vi sono differenze (Biederman e coll.1999).
Per quanto riguarda l'ipotesi relativa ai fattori comportamentali si ipotizzava che i
soggetti con DDAI avrebbero mostrato di utilizzare gli strumenti multimediali maggiormente
rispetto ai bambini senza il deficit. Si supponeva, inoltre, che le femmine con deficit
attentivo avrebbero mostrato dei tempi di esposizione minori rispetto ai loro compagni
maschi. I risultati ottenuti evidenziano che rispetto all'uso quotidiano della televisione le
femmine DDAI mostrano tempi di esposizione più elevati rispetto ai loro compagni maschi
con lo stesso problema. La differenza tra i maschi e le femmine si presenta in modo
significativo all'interno della popolazione dei soli soggetti con DDAI. Nella scuola elementare
i maschi normali risultano essere la categoria di soggetti più esposta allo stimolo televisivo,
seguiti dalle con il DDAI, mentre nelle scuole medie sono le bambine con deficit di
attenzione ad utilizzare maggiormente la televisione . Questo risultato potrebbe essere
spiegato dal grado di iperattività molto elevato presente nei maschi con DDAI, che
probabilmente non permette loro di stare fermi guardare la TV, mentre le femmine DDAI,
che comunque hanno un’iperattività minore, tendono ad assimilare di più il loro
comportamento a quello dei maschi normali, ma non a quello delle femmine normali. Per
quel che concerne l’ascolto dello stereo sembrano essere i ragazzi con DDAI ad essere i
più esposti. Relativamente all'utilizzo del computer sono i soggetti che frequentano la scuola
media ad utilizzarlo maggiormente ed è solo in questo livello evolutivo che si manifestano
delle significative differenze tra i maschi e le femmine (sono infatti i primi ad usufruire
maggiormente di questo strumento). Le femmine in generale, con e senza DDAI, risultano
essere meno esposte al computer. Anche questa diversità potrebbe essere dovuta più al
genere di appartenenza che non alla presenza del DDAI.
Per quanto riguarda l’analisi dell’adeguatezza comportamentamentale si supponeva
che i soggetti con e senza DDAI non avrebbero mostrato discrepanze nello stile di vita
quotidiano e generale, mentre ci si aspettava di rilevare delle differenze nell’ambito più
strettamente scolastico. Ci si aspettava di non rilevare diversità relative alle attività per il
tempo libero, poiché i soggetti con DDAI hanno difficoltà nelle attività prevalentemente
cognitive, presenti in ambito scolastico, mentre in altri ambiti hanno una vita del tutto
normale. Per quanto riguarda lo studio di diversità relative ai maschi e alle femmine con
17
DDAI si supponeva che non si sarebbero individuate differenze nelle abitudini in ambienti
scolastico, poiché questo è l'ambito problematico tipico del DDAI, mentre si pensava di
rilevare differenze riguardanti lo stile di vita più generalizzabile, poiché qui, entrano in gioco
anche fattori culturali, di socializzazione e di genere.
In effetti tutti gli item relativi ai comportamenti legati alla scuola (diario completo e
ordinato, livello di grafia, cartella disordinata, difficoltà nei compiti scritti e di lettura e
dimenticanza del materiale necessario) risultano significativamente diversi tra i soggetti con
e senza DDAI. Le diversità tra maschi e femmine DDAI in queste variabili sono lievi e
nessuna raggiunge la significatività statistica, anche se si rileva un leggere trend da parte
delle femmine ad emettere comportamenti più adeguati.
Relativamente alle abitudini di vita in altri ambienti (cambiare spesso le attività,
rimandare le cose da fare, deviare durante le conversazioni, sognare ad occhi aperti,
perdere tempo e seguire le regole sociali), le differenze tra soggetti con e senza DDAI sono
altamente significative. I ragazzi con DDAI emettono con frequenza maggiore i
comportamenti indicati che probabilmente sono tipici e caratterizzanti il deficit. Le differenze
rilevate, all'interno della popolazione dei soggetti con DDAI, tra maschi e femmine, sono
molto piccole e, comunque nessuna di loro risulta statisticamente significativa. Questo
risultato inaspettato potrebbe significare che i comportamenti indicati dagli item in questione
sono tipici del DDAI, indipendentemente dal genere di appartenenza dei soggetti che li
prendono in considerazione.
In riferimento alle attività extrascolastiche si ipotizzava che non si sarebbero
individuate differenze nei due sottocampioni di soggetti (DDAI vs normali). In effetti i ragazzi
praticano in percentuale molto simile attività nel tempo libero.
La ricerca ha confermato alcune delle ipotesi di partenza. Molte di queste ipotesi sono
già state ampiamente documentate. Come sostengono Nadeau e coll. (1999), i sintomi del
DDAI nelle femmine sono più difficili da riconoscere e da accettare. Le bambine con il deficit
dell'attenzione, solitamente, presentano iperverbalizzazione, chiusura sociale,
disorganizzazione, ansia e dimenticanze. Le autrici sostengono che tutti i test diagnostici
utilizzati al momento sono molto efficaci nel rilevare i sintomi più comportamentali del DDAI,
i sintomi di iperattività più che quelli di disattenzione. Le caratteristiche indicate sono però
tipiche del comportamento dei maschi con DDAI e non delle femmine che, cadendo più
spesso nel sottotipo con disattenzione prevalente, manifestano atteggiamenti molto diversi.
Sarà utile, in futuro, studiare meglio queste differenze così da approntare degli strumenti
diagnostici atti ad individuare il DDAI anche nelle femmine (Nadeau, e coll., 1999).
In conclusione, la presente ricerca sembra aver sostanzialmente confermato ancora
una volta le differenze comportamentali tra i soggetti con e senza DDAI e, in particolare,
sembra poter preparare la strada, con nuove ipotesi sulle diversità tra il DDAI maschile e il
18
DDAI femminile, a futuri e più approfondite analisi allo scopo di creare strumenti diagnostici
atti ad identificare anche i sintomi meno manifesti del DDAI.
SOMMARIO
Lo studio per il disturbo da deficit dell’attenzione ha, da qualche anno, ricominciato ad
interessare gli operatori del settore, ma sembra non esserci ancora attenzione per la
particolare manifestazione che questa problematica assume nelle femmine. Diversi studi
hanno dimostrato che la sintomatologia può essere diversa. Il presente articolo si propone
di indagare teoricamente ed empiricamente le diversità realmente esistenti tra maschi e
femmine con DDAI, prendendo in considerazione alcuni fattori: fisico biologici, culturali,
sociali, comportamentali e relazionali. La ricerca presentata è volta proprio a individuare le
differenze nello stile di vita dei maschi e delle femmine con DDAI.
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Quanto descritto riguarda solo una parte dei soggetti con deficit dell’attenzione. Non tutte le ragazze con DDAI
avranno problemi con le droghe, con l’alcool o con condotte sessuali a rischio. Molte di loro riusciranno ad avere una vita
normale, anche se con notevoli sforzi.
Ci sono una serie di fattori predittivi che possono aumentare la probabilità di un bambino con DDAI di avere
successo nella vita. Questi fattori sono molto importanti, in particolare per le femmine che devono fare i conti, ancora oggi,
con modelli culturali molto pressanti e rigidi.
In generale le ragazze con DDAI che crescono in un ambiente familiare adeguato, arricchito
da buone abilità comunicative e rispettoso, senza dinamiche familiari particolarmente
problematiche e complicate hanno una buona probabilità di aumentare la loro autostima e,
di conseguenza, di avere rispetto di se stesse e di comunicare assertivamente quelli che
sono i loro bisogni, senza vergognarsi di questo (Nadeau e coll., 1999). Le famiglie che
strutturano una disciplina rigorosa nelle loro routine familiari hanno una migliore capacità di
aiutare le loro figlie con DDAI (Biederman e coll., 1995). Sembra molto rilevante anche
l’assenza o meno del DDAI nei genitori, poiché la presenza del disturbo in altri familiari
aumenta sicuramente il livello di stress (Nadeau e coll., 1999). Anche le conoscenze
corrette relative al deficit dell’attenzione aiutano i genitori a supportare nel modo migliore le
loro figlie.
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Since the publication of DSM-IV (1994) the diagnostic criterions of Attention Deficit/ Hyperactivity Disorder (ADHD) have been changed, but, in Italy, a scale has not yet been created yet for the evaluation of troubling behaviour of children with ADHD. With the SDAI Scale, intended for teachers, it's possible to assess the presence of ADHD symptoms according to DSM-IV items and to obtain a quantitative evaluation about the severity of the problem. The SDAI Scale shows good psychometric properties and it offers information about the epidemiology of ADHD. Data was collected in primary schools in the province of Ferrara, with a sample of 973 children aged 7 to 10. According to teacher evaluations children with ADHD-subtype inattentive are 6%, those with ADHD-subtype hyperactive-impulsive are 0.7% and those ones with ADHD-subtype combined are 1.5% of the sample considered.
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INTRODUZIONE “Quando un animale vigila, sta in allerta ed esplora l’ambiente ha la possibilità di imparare, di adattarsi alle richieste dell’ambiente e sopravvivere. In questo senso la vigilanza può essere considerata come una forma primitiva e basilare di attenzione, senza la quale molte altre funzioni cognitive potrebbero essere compromesse” (Parasuraman, Warm e See, 1998, pag. 221). Questo non è vero soltanto per gli animali, ma anche per gli esseri umani; infatti, uno dei più importanti requisiti per la sopravvivenza è la capacità di focalizzare gli stimoli presenti nell’ambiente e di organizzare risposte appropriate ad essi. Pensiamo ad esempio ad una persona che sta guidando in autostrada. Egli è in allerta, si trova cioè in uno stato di vigilanza più o meno alto. Se un camion che viaggia nella sua stessa corsia perde la merce, l'attivazione del guidatore presumibilmente aumenterà; selezionerà l’informazione del pericolo imminente e la userà per spostarsi di corsia. Ad un altro livello, se noi parliamo di un certo argomento con un nostro amico e “captiamo” piccoli messaggi metaverbali - come lo spostamento del contatto oculare, l’aumento dei micromovimenti delle mani, la rigidità muscolare – potremmo comprendere che il nostro amico ha un vissuto di sofferenza rispetto a quell’argomento. Possiamo allora decidere di cambiare discorso o di affrontare l’argomento stesso icon modalità più appropriate. La stessa dinamica accade quando un cerbiatto capta l’avvicinarsi di un animale predatore e, in risposta a questo segnale, si rifugia in un luogo sicuro. In tutti e tre gli esempi abbiamo visto come la selezione adeguata di un segnale spinga gli esseri viventi ad attivare risposte di adattamento. L’attenzione quindi, intesa sia come “vigilanza” sia come “selettività” o “focalizzazione di stimoli”, è un’attività utile alla sopravvivenza stessa. Rappresenta il momento in cui entriamo in contatto con gli stimoli del mondo esterno e l’anello da cui hanno origine i processi cognitivi di ordine più complesso, le emozioni e i comportamenti. Essa è basilare perché possiamo imparare a discriminare, generalizzare, rendere elastici gli apprendimenti stessi attraverso le operazioni della logica. Purtroppo non sempre il funzionamento dell’attenzione è normale; le “anormalità” vanno in almeno due direzioni. Ci sono situazioni in cui gli esseri umani hanno livelli di vigilanza così alti che rischiano di interpretare segnali neutri come importanti. In realtà è soltanto la loro soglia di ricezione dello stimolo che si è inadeguatamente abbassata. In questa situazione essi sentono di essere “bombardati dagli stimoli” e non selezionano in maniera adeguata gli input. Tale potrebbe essere il caso di un autista in autostrada che percepisce ogni minimo rumore del contesto come “pericoloso”; la sua guida potrebbe essere notevolmente compromessa. D’altro canto ci sono situazioni in cui gli esseri umani hanno livelli di vigilanza molto bassi e la soglia di ricezione degli stimoli è troppo alta. In questa seconda situazione il rischio è che stimoli anche rilevanti tendano a essere percepiti come stimoli neutri o a non essere selezionati del tutto. Tornando all’esempio del nostro autista in autostrada, egli potrebbe non selezionare messaggi rilevanti come appunto la perdita della merce di un camion o il fatto che la fila nella sua corsia si è fermata. Anche in questo caso la sua guida risulterebbe compromessa. L’attenzione, pur essendo così fondamentale alla vita stessa, presenta tanti aspetti e caratteristiche ancora da definire. Gli interrogativi a cui questo libro si propone di dare un contributo sono: Che cos’è l’attenzione? Può avere una definizione univoca? Quali sono gli strumenti che in psicologia la misurano? Quali sono le principali patologie dell’attenzione in età evolutiva? Esistono interventi che possono migliorare o potenziare l’attenzione e diminuire i deficit? Questi quesiti guidano lo schema di organizzazione del libro. Esso è diviso in quattro parti. Nella prima parte si analizzano le varie dimensioni dell’attenzione e i modelli esplicativi; in particolare nel primo capitolo si cerca di fornire una definizione del fenomeno dell’attenzione, di analizzare quali dimensioni assume, quali sono i suoi correlati neurologici e quali sono gli strumenti di misura dell’attenzione in psicologia. Nel secondo capitolo vengono messe a confronto le teorie che negli ultimi 40 anni hanno cercato di spiegare il fenomeno dell’attenzione. Nella seconda parte si analizzano le patologie dell’attenzione con riferimento all'età evolutiva; in particolare nel terzo capitolo vengono introdotti i problemi dei soggetti con sindrome da deficit attentivo, nel quarto il problema dell’attenzione nei soggetti con ritardo mentale, nel quinto capitolo vengono trattati i problemi di attenzione dei soggetti con autismo e nel sesto capitolo vengono esaminati i problemi attentivi presenti in patologie come il trauma cranico e l’eminattenzione. Nella terza parte sono prospettate alcune proposte di interventi educativi di riabilitazione e potenziamento dell’attenzione; in particolare il settimo capitolo si riferisce agli interventi individualizzati che possono essere condotti dall’educatore o dal terapeuta, l’ottavo capitolo riguarda gli interventi della famiglia e il nono quelli della scuola. Nella quarta parte infine vengono presentatati degli interventi riabilitativi relativi a casi concreti su cui sono stati effettuati interventi di potenziamento dell’attenzione selettiva.
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The developmental relation between attention to target and contenxt information and target memory was examined in five experiments. Second and fifth graders and college adults were shown Hard (e.g., Hawk, Eagle, Canary) and Easy (River, Lake, Canary) word triplets, varying in the difficulty of identifying the “odd” word (Canary). The subjects had to identify the word themselves (oddity choice) or the word was picked out for them (read). In Experiment 1, the “odd” target word was distinguished from the triplet context words only by meaning, or by color or spatial configuration, and both “odd” word and incidental word cued recall were assessed. In the other experiments, color information was used as a task-irrelevant distractor (Experiment 2), target recall was assessed using the context words as cues (Experiment 3), the effects of a divided attention task on target recall was examined (Experiment 4), and recognition memory was assessed (Experiment 5). The results show that the allocation of attention for both children and adults varies in context-interactive and context-independent encoding situations. The results also show that when the context can be meaningfully related to target information adults generally may be less selective than children and are more likely to attend to context information, contributing to developmental retention differences. Adults may be more selective primarily in special situations that stress attentional capacity.
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This manual is designed to serve several purposes. First, it sets forth detailed instructions on conducting a highly effective, empirically validated program for the clinical training of parents in the management of behavior problem children. Second, it provides a series of parent handouts to be used during the course of the program. These handouts include various rating scales and forms to be completed by the parent, as well as instructions to the parent for use with each step of the program. The handouts are designed to be easy to read and brief. They are not meant to be used without training by a skilled child/family therapist. Finally, the manual outlines methods of assessment that the trainer may wish to employ in the initial evaluation of the child and family or in the periodic evaluation of treatment effects throughout training. The program was designed for children between 2 and 11 years of age. (PsycINFO Database Record (c) 2012 APA, all rights reserved)
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This study assessed the role of environmental and demographic factors in the occurrence of teacher-rated hyperactivity. The subject group consisted of 79 hyperactive and 81 nonhyperactive children ranging from 5 to 12 years of age. Parents of the subjects were interviewed to obtain information regarding the environmental and demographic factors of sex, race, birth order, number of siblings, frequency of change of residence, income level, mother's age, father's age, educational level of mother, educational level of father, parents' marital status, and the method of child discipline used in the home. Comparison between the the hyperactive and nonhyperactive groups suggested nonsignificant differences with the exception of sex (p less than .001), in which the ratio of hyperactive males to hyperactive females was 5:1.
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This study of attention-deficit-disordered children revealed that females were more frequently retained in school and evidenced greater impairment on spatial memory tasks. Moreover, there was a trend for girls to be older at the time of referral. With age, the girls evidenced more severity across a wider array of measures, including cognitive functioning, poorer academic achievement, and more problems with peers.