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Tessuto adiposo e infiammazione sistemica

Authors:
  • Azienda Ospedaliera di Ferrara, Italy
72
Indirizzo per la corrispondenza
Dott. Edoardo Dalla Nora
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Sezione di Medicina Interna, Gerontologia
e Nutrizione Clinica
Università di Ferrara
Via Savonarola, 9 - 44100 Ferrara
E-mail: dlldrd@unife.it
APPROFONDIMENTI FISIOPATOLOGICI
TESSUTO ADIPOSO
E INFIAMMAZIONE SISTEMICA
EDOARDO DALLA NORA, LUCA TESTONI, GIOVANNI B. VIGNA,
FRANCESCA DI VECE, ANGELA PASSARO
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Medicina Interna,
Gerontologia e Nutrizione Clinica, Università di Ferrara
Introduzione
Nelle ultime decadi si è assistito ad un
preoccupante aumento nei paesi industria-
lizzati dell’incidenza e prevalenza dell’obe-
sità e del soprappeso. L’obesità quasi in-
variabilmente si associa ad altri fattori di
comorbilità come il diabete, la dislipide-
mia, ed in ultimo la malattia cardiovasco-
lare che costituisce una delle principali
cause di morte nei paesi industrializzati ed
una delle più importanti voci in termini di
costi per la salute pubblica. Numerose evi-
denze sperimentali hanno dimostrato che
l’obesità, in particolare quella viscerale, è
caratterizzata da uno stato di infiammazio-
ne cronica di basso grado (1, 2) che con-
tribuisce allo sviluppo delle complicanze
associate all’eccesso ponderale.
Per decenni il tessuto adiposo è stato
considerato un organo che passivamen-
SOMM ARIO
Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato che l’obesità, in particolare quella viscerale, è
caratterizzata da uno stato di infiammazione cronica di basso grado.
Di fronte ad un cronico eccesso di nutrienti il tessuto adiposo va incontro a modificazioni di tipo
adattativo tese a soddisfare le esigenze metaboliche. Parallelamente all’ipertrofia degli adipociti si
assiste ad una modificazione di tipo funzionale dell’adipocita caratterizzata da un alterato pattern
di secrezione delle adipochine. L’organo adiposo in toto va incontro inoltre a modificazioni nella
composizione cellulare, incluse alterazioni nel numero, fenotipo e localizzazione di cellule stromali
e del sistema immunitario. Il tessuto adiposo dei soggetti obesi, ed in particolare dei soggetti obesi
con disfunzione metabolica, è caratterizzato dalla presenza di un infiltrato infiammatorio con ma-
crofagi attivati, linfociti T e adipociti disfunzionanti. Questa condizione si traduce in un aumento
dell’espressione e della secrezione di adipochine ad azione pro infiammatoria in grado di deter-
minare a livello sistemico uno stato di infiammazione di basso grado, di peggiorare la sensibilità
insulinica e di contribuire allo sviluppo delle complicanze metaboliche e cardiovascolari associate
all’obesità. L’insieme delle evidenze raccolte negli ultimi anni ha rivelato che l’alterazione del cross
talk tra adipociti e cellule del sistema immunitario è fondamentale nel determinare l’infiammazione
a livello del tessuto adiposo. La comprensione di questo complesso network cellulare potrà fornire
nuovi target molecolari per il trattamento dell’obesità e delle sue complicanze.
Parole chiave: tessuto adiposo, infiammazione.
Tessuto adiposo e infiammazione sistemica
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te accumula, sotto forma di trigliceridi,
l’eccesso di energia introdotta con gli ali-
menti. Tale visione è stata completamente
sovvertita dagli studi compiuti negli ultimi
anni che hanno dato all’adipocita ed al tes-
suto adiposo la dignità di un nuovo organo
endocrino in grado di secernere numero-
se sostanze bioattive (3, 4).
Il tessuto adiposo è in grado di rispon-
dere a stimoli di derivazione centrale e a
fattori circolanti, integrando quindi segna-
li da altri organi e rispondendo mediante
la secrezione di un gran numero di sostan-
ze metabolicamente attive che globalmen-
te costituiscono le adipochine o adipocito-
chine.
Alla famiglia delle adipocitochine ap-
partengono proteine ma anche molecole
non proteiche che possono avere effetti su
diversi organi e processi fisiologici come
sulle funzioni endocrine, sul bilancio ener-
getico, sul sistema cardiovascolare e sul
sistema immunitario.
Negli ultimi anni sono state identificate
nuove sostanze, secrete dal tessuto adipo-
so, in grado di promuovere l’infiammazio-
ne ma anche di molecole ad azione anti-in-
fiammatoria e con un effetto benefico sulle
complicanze metaboliche dell’obesità.
Il tessuto adiposo deve quindi essere
visto come un organo che attivamente
partecipa a numerosi processi fisiologici,
in grado di “comunicare” con altri organi
ed influenzarne la funzione. Allo stesso
modo è comprensibile come lo stesso tes-
suto adiposo, quando mal funzionante, sia
in grado di compromettere la funzionalità
di altri organi.
Adiposopatia e infiammazione
del tessuto adiposo
L’obesità si associa ad uno stato cronico
di infiammazione sistemica di basso gra-
do: i soggetti obesi sono caratterizzati da
elevati livelli di proteina C reattiva (PCR)
circolante (5) ed elevati livelli di PCR e
IL 6 predicono lo sviluppo di diabete (6).
Analogamente soggetti sottoposti ad un
programma multidisciplinare finalizzato
al calo ponderale mostrano una parallela
riduzione dei livelli circolanti di PCR e IL6
(7).
Di fronte ad un eccessivo introito di
energia, l’adipocita è in grado di imma-
gazzinare lipidi andando incontro a mo-
dificazioni di dimensioni drammatiche a
seconda delle esigenze metaboliche. Tale
aumento di dimensioni non comporta una
sola modificazione morfologica dell’adipo-
cita ma anche alterazioni di tipo funzionale
con una modificazione del pattern di se-
crezione delle adipochine. Parallelamente
a queste modificazioni di tipo funzionale
l’“organo adiposo” in toto va incontro a
modificazioni nella composizione cellula-
re, incluse alterazioni nel numero, fenoti-
po e localizzazione di cellule stromali e del
sistema immunitario.
L’adiposopatia (adiposopathy o sick
fat) è definita come una condizione pato-
logica del tessuto adiposo e dell’adipocita
caratterizzata da alterazioni anatomiche,
strutturali e funzionali che contribuiscono
allo sviluppo delle comorbilità associate
all’obesità (e.g. diabete, ipertensione, di-
slipidemia, steatosi epatica).
Sebbene il tessuto adiposo sia preva-
lentemente formato da adipociti, altri tipi
cellulari rivestono un ruolo chiave nella
funzione e struttura del tessuto adiposo
come pre-adipociti, macrofagi, fibroblasti
e cellule vascolari. In condizioni di obesità,
nell’animale da esperimento e nell’uomo,
il tessuto adiposo appare infiltrato da un
gran numero di macrofagi. L’entità di tale
infiltrato correla direttamente con il grado
di adiposità e con lo stato di infiammazio-
ne sistemica mentre correla inversamente
con la sensibilità insulinica (8, 9). L’infiltra-
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to macrofagico appare maggiore nel tessu-
to adiposo viscerale, rispetto al tessuto adi-
poso sottocutaneo (10), in accordo con la
stretta correlazione che esiste tra questo
distretto e le complicanze metaboliche as-
sociate all’obesità. Un drastico calo ponde-
rale, come quello ottenuto con la chirurgia
bariatrica, risulta in una significativa ridu-
zione del numero di macrofagi nel tessuto
adiposo ed in una riduzione dei fattori pro-
infiammatori circolanti (11).
Da un punto di vista fisiopatologico di-
versi meccanismi possono giocare un ruo-
lo nel determinare l’infiltrato macrofagico.
La morte adipocitaria, determinata da ne-
crosi semplice o da fenomeni apoptotici,
costituisce di per sé uno stimolo all’attività
fagocitica mediata dai macrofagi: in effet-
ti, a livello istologico, i macrofagi si ac-
cumulano intorno agli adipociti necrotici
nel tessuto adiposo di animali e soggetti
obesi in strutture simili a corona (crown
like structures) (12). La presenza di que-
ste crown like structure potrebbe riflettere
uno stato proinfiammtorio dovuto, almeno
in parte, a una ridotta capacità del macro-
fago di “ripulire” il tessuto adiposo dalle
cellule apoptotiche. In accordo con questa
ipotesi Pajvani et al., utilizzando modelli
transgenici di lipoatrofia, hanno osservato
che nel tessuto adiposo di questi animali,
parallelamente ad una massiva apoptosi
adipocitaria, si assiste ad un rapido accu-
mulo di macrofagi (13). Un secondo mec-
canismo fisiopatologico attraverso il quale
viene a formarsi l’infiltrato macrofagico
è costituito dall’attività chemiotattica: vi
sono numerose evidenze che dimostra-
no un ruolo della via MCP-1/CCR2 nel
determinare l’accumulo di monociti nel
tessuto adiposo, in corso di obesità (14,
15). Anche la vascolarizzazione del tes-
suto adiposo sembra svolgere un ruolo
fondamentale nella genesi dell’infiltrato
infiammatorio: l’obesità si associa ad una
rarefazione della vascolarizzazione del tes-
suto adiposo con una conseguente ipossia
tessutale (16). Questo stato di ischemia
relativa potrebbe contribuire ad innescare
una serie di risposte infiammatorie come
conseguenza di una necrosi adipocitaria
indotta dall’ischemia e al conseguente re-
clutamento di macrofagi. Inoltre l’obesi-
si associa ad una down regolazione di
fattori anti-infiammatori come l’adiponec-
tina e ad una up-regolazione di fattori pro-
infiammatori che attivano l’endotelio ed
inducono la disfunzione endoteliale (17).
Un ultimo meccanismo in grado di in-
nescare i processi infiammatori a livello
del tessuto adiposo è costituito dal flusso
di acidi grassi liberi (FFA). Sebbene il tes-
suto adiposo non sia generalmente consi-
derato un target di lipotossicità, un ecces-
sivo afflusso di FFA o un’eccessiva lipolisi
espongono l’adipocita ad un eccessivo ca-
rico di acidi grassi. Gli FFA possono lega-
re il complesso TLR4, attivando la risposta
infiammatoria (18).
In questo complesso rimodellamento
del tessuto adiposo in corso di obesità,
non solo l’adipocita va incontro a modifica-
zioni morfologiche e funzionali. I macro-
fagi presenti a livello del tessuto adiposo
infiammato sono fenotipicamente molto
differenti rispetto ai macrofagi residen-
ti nel tessuto adiposo normale. Nel 2007
Saltiel et. al. (19) hanno evidenziato che
l’obesità si associa alla “polarizzazione”
dei macrofagi da un fenotipo antinfiam-
matorio M2, attivato in maniera alternati-
va e tipicamente presente in condizioni di
bilancio energetico negativo, ad un feno-
tipo M1, attivato in maniera classica, con
caratteristiche pro infiammatorie. Recenti
studi hanno inoltre evidenziato la presen-
za di cellule T a livello del tessuto adiposo
che potrebbero essere coinvolte nel de-
terminare la polarizzazione del macrofago
verso uno specifico fenotipo. Feuerer et
Tessuto adiposo e infiammazione sistemica
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al. (20) hanno evidenziato che nel tessuto
adiposo del topo magro sono abbondante-
mente rappresentati linfociti T CD4+ che
sembrano svolgere una azione protettiva,
inibendo i macrofagi pro infiammatori. Al
contrario, la presenza di linfociti T CD8+
e fattori correlati ai Th1 possono promuo-
vere il reclutamento di macrofagi e la loro
polarizzazione verso un fenotipo pro in-
fiammatorio (21).
Il tessuto adiposo contiene inoltre fibro-
blasti che rivestono un importanza fon-
damentale nella produzione della matrice
extracellulare. Recenti evidenze mostrano
come in corso di adiposopatia i compo-
nenti della matrice vengano prodotti in
eccesso; tale fattore potrebbe peggiorare
la disfunzione del tessuto adiposo interfe-
rendo con l’espansione degli adipociti (22)
e numerose evidenze sperimentali sugge-
riscono che l’espansibilità dell’adipocita
possa svolgere un ruolo chiave nel preve-
nire le complicanze metaboliche associa-
te all’obesità e a fenomeni di lipotossicità
(23). L’insieme di queste evidenze sug-
gerisce che una corretta “comunicazione
intracellulare” è fondamentale per il cor-
retto funzionamento del tessuto adiposo.
Infiammazione e adipochine
A partire dalla fine degli anni ’80 sono
state identificate numerose sostanze, se-
crete dal tessuto adiposo, in grado di pro-
muovere l’infiammazione ma anche mo-
lecole ad azione anti-infiammatoria e con
un effetto benefico sulle complicanze me-
taboliche dell’obesità. La complessa archi-
tettura del tessuto adiposo, comprendente
diversi tipi cellulari, e le modificazioni a
cui va incontro il tessuto adiposo in corso
di obesità, rendono tuttavia difficile deci-
frare se alcune delle adipochine ad azione
infiammatoria vengano espresse prevalen-
temente a livello adipocitario o piuttosto a
livello delle cellule dell’infiltrato infiamma-
torio.
Il classico ormone di derivazione adipo-
citaria è la leptina, clonata nel 1994 (24).
Questo ormone è secreto in maniera pro-
porzionale alla massa grassa totale. Evi-
denze sperimentali mostrano che la lepti-
na aumenta la produzione di TNF e IL6 da
parte dei monociti e stimola la produzione
di CC- chemokines ligands (CCL3, CCL4
e CCL5) da parte dei macrofagi attraver-
so l’attivazione del signaling JAK2-STAT3
(25). Inoltre la leptina sembra in grado di
polarizzare i linfociti T verso un fenotipo
Th1 a sfavore del fenotipo Th2 (26).
La resistina è una proteina dimerica
secreta dal tessuto adiposo, inizialmen-
te identificata nelle cellule 3T3-L1 (27). I
livelli di resistina correlano con la massa
di tessuto adiposo e con i livelli di insuli-
no resistenza, in modelli murini di obe-
sità su base genetica o indotti dalla dieta
(27). L’infusione di resistina è in grado di
determinare una marcata insulino-resi-
stenza a livello epatico nel topo (28), tut-
tavia l’esatto meccanismo di azione della
resistina non è noto e gli studi prodotti
fino ad ora non sono conclusivi. È stato
ipotizzato un possibile effetto diretto della
resistina sulla funzione endoteliale: usan-
do come modello di cellule endoteliali di
safena umana Verma et al. (29) hanno os-
servato che la resistina è in grado di pro-
muovere il rilascio di endotelina-1 e di au-
mentare l’espressione di VCAM-1 e della
monocyte chemoattractant chemokine-1
(MCP-1) mentre sembra ridurre l’espres-
sione del TNF- receptor associated fac-
tor 3 (TRAF3), un inibitore del signalling
del CD40. Altri autori hanno dimostrato
che la resistina è in grado di promuovere
l’espressione di VCAM-1, ICAM-1 e della
pentraxin 3, un marker di infiammazione
che mostra una alta omologia con la pro-
teina C reattiva (30).
Edoardo Dalla Nora, Luca Testoni, Giovanni B. Vigna, Francesca Di Vece, Angela Passaro
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La visfatina (già nota come pre B cell
colony enhancing factor) è stata inizial-
mente identificata come un modulatore
della differenziazione dei linfociti B. Suc-
cessivamente è stata identificata come una
adipochina, attivamente prodotta e secreta
dal tessuto adiposo e in particolare dal tes-
suto adiposo viscerale (31). L’espressione
della visfatina correla con l’adiposità visce-
rale nell’uomo e in modelli animali di obe-
sità e i suoi livelli sono stati riscontrati au-
mentati nei soggetti obesi e diabetici (32).
Le sue concentrazioni correlano inoltre
positivamente con IL6 e PCR (33).
La RBP4 è una proteina responsabi-
le del trasporto del retinolo (vitamina A)
nell’organismo secreta dal fegato ma an-
che dall’adipocita (34). La RBP4 sembra
svolgere un ruolo nel metabolismo gluci-
dico come dimostrato dalla riduzione della
sensibilità insulinica indotta dalla sua som-
ministrazione, nel topo (34). Nell’uomo
elevati livelli di RBP4 si associano alla pre-
senza di alterazioni metaboliche inquadra-
bili nel contesto della sindrome metaboli-
ca (35); inoltre, in condizioni di obesità, la
RBP4 appare un marker di obesità visce-
rale e di infiammazione sistemica (36).
Il TNFa è una citochina pro infiamma-
toria prodotta principalmente dai monoci-
ti e dai macrofagi e svolge un ruolo cen-
trale nell’infiammazione e nelle malattie
autoimmuni. L’espressione del TNF è au-
mentata nel tessuto adiposo di modelli ani-
mali di obesità e di diabete tipo 2 (37) e la
neutralizzazione del signalling del TNF in
Figura 1 - Rappresentazione schematica delle modificazioni del tessuto adiposo in corso di obesità.
Tessuto adiposo e infiammazione sistemica
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animali obesi comporta un miglioramento
della sensibilità all’insulina. A livello mo-
lecolare il TNF attenua la fosforilazione
insulino-mediata di IRS1 nel muscolo e nel
tessuto adiposo, promuovendo la insulino-
resistenza (38). I livelli di TNF sono au-
mentati nel tessuto adiposo nel plasma de-
gli individui obesi e la riduzione del peso
corporeo in questi individui si traduce in
una riduzione dell’espressione di TNF
(39). Gli studi clinici sull’uomo che han-
no testato la possibilità di inibire il TNF
per migliorare la sensibilità insulinica non
sono tuttavia conclusivi e la somministra-
zione di agenti anti-TNF a pazienti con dia-
bete di tipo 2 ha portato a una riduzione
dei marcatori di infiammazione sistemica
senza un miglioramento della sensibilità
insulinica (40). Anche IL 6 è una citochi-
na infiammatoria che può essere coinvolta
nell’insulino-resistenza associata all’obesi-
tà. I livelli plasmatici di IL 6 appaiono au-
mentati nei soggetti obesi (7), si riducono
dopo calo ponderale (41) e sembrano pre-
dire la possibilità di sviluppare il diabete
(6). Tuttavia il ruolo di IL 6 nell’insulino
resistenza rimane controverso: IL 6 può
sopprimere l’azione dell’insulina sull’epa-
tocita attraverso un meccanismo mediato
dall’espressione di SOCS3 (42) ma anche
il topo knock out per IL 6 mostra insulino-
resistenza (43).
IL 18 è una citochina pro infiammato-
ria, prodotta anche dal tessuto adiposo, i
cui livelli sierici sono aumentati negli indi-
vidui obesi e si riducono dopo calo ponde-
rale (44). Elevati livelli di IL 18 sono inoltre
stati riscontrati nella placca ateroscleroti-
ca nell’uomo e potrebbero essere un mar-
ker di placca “instabile” (45). Il ruolo di
IL 18 tuttavia, rimane controverso: l’ove-
respressione di IL 18 nel ratto risulta in
una aumentata espressione di molecole di
adesione endoteliale e infiltrazione macro-
fagica della parete vascolare (46) mentre i
topi deficitari di IL 18 appaiono iperfagici
e hanno caratteristiche metaboliche che
richiamano la sindrome metabolica (47).
Un’altra adipochina recentemente iden-
tificata è la lipocalin2, un membro della
superfamiglia delle lipocalin proteins, che
include anche la RBP4 (48). Le lipocalins
legano e trasportano varie molecole li-
pofiliche come retinoidi, acido arachido-
nico e steroidi. La lipocalin 2 è espressa
abbondantemente nel tessuto adiposo di
soggetti obesi (49) e la sua espressione è
indotta da stimoli infiammatori attraver-
so l’attivazione del fattore nucleare-KB
(NFKB) (50). Modelli animali deficitari di
lipocalin 2 mostrano un aumentata sensi-
bilità insulinica (51); questo più favorevole
profilo metabolico è stato attribuito all’ini-
bizione del’arachidonato 12-lipoxigenasi,
un enzima correlato all’infiammazione e
all’insulino-resistenza. Recenti evidenze
hanno dimostrato che anche l’ANGPTL2
(angiopoietin-like protein 2) svolge la fun-
zione di una adipochina e promuove l’in-
fiammazione e l’insulino-resistenza (52). I
livelli di ANGPTL2 sono elevati nel plasma
e nel tessuto adiposo in topi obesi; inoltre
i livelli circolanti di ANGPTL2 correlano
positivamente con l’adiposità, i markers
di insulino resistenza e con i livelli circo-
lanti di PCR, nell’uomo. La delezione di
ANGPTL 2 porta a una riduzione dell’in-
fiammazione, con una down regolazione
delle citochine pro infiammatorie e un mi-
glioramanto del profilo metabolico nei topi
resi obesi con una dieta ipercalorica. Al
contrario l’attivazione costitutiva nel tes-
suto adiposo comporta un peggioramento
dell’infiammazione e della resistenza insu-
linica. L’ANGPTL2 innesca una cascata in-
fiammatoria a livello delle cellule endote-
liali, attraverso le integrine, promuovendo
il rimodellamento dei vasi sanguigni e la
chemiotassi dei macrofagi (52).
L’espressione di CCL2 o MCP1 appare
Edoardo Dalla Nora, Luca Testoni, Giovanni B. Vigna, Francesca Di Vece, Angela Passaro
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elevata nel tessuto adiposo, in diversi mo-
delli murini di obesità, ma anche nell’uo-
mo (53). Nel topo, elevati livelli di CCL2,
originati dal tessuto adiposo, sono suffi-
cienti ad innescare, a livello del tessuto
adiposo, il reclutamento dei macrofagi e
l’infiammazione e parallelamente a peg-
giorare la tolleranza glucidica e la sensibi-
lità insulinica (14).
In accordo con queste osservazioni, la
delezione di CCL2 protegge il topo dall’in-
fiammazione del tessuto adiposo e dalle
alterazioni metaboliche che conseguono
alla somministrazione di una dieta ricca
di grassi. Analogamente la delezione nel
topo di CCR2 (CC chemokine receptor 2),
il recettore di CCL2, comporta una curva
di accrescimento sovrapponibile a quella
dei topi wild type, tuttavia il topo KO non
mostra segni di infiammazione del tessuto
adiposo e mantiene la sensibilità insulini-
ca, dopo dieta ad alto contenuto di grassi
(15).
CXCL5 è secreta dai macrofagi all’in-
terno della frazione vascolo-stromale e
appare correlata all’infiammazione del tes-
suto adiposo e all’insulino resistenza (54).
I livelli circolanti di CXCL5 sono più ele-
vati negli obesi insulino resistenti, rispet-
to agli obesi metabolicamente “normali”;
inoltre i livelli di CXCL5 si riducono dopo
alcune settimane di restrizione calorica. A
livello molecolare CXCL5 interferisce con
il signalling insulinico attraverso l’attiva-
zione della via di JAK-STAT attraverso il
suo recettore CXC-chemokine receptor 2
(CXCR2). La somministrazione di anticor-
pi anti CXCL5 migliora la sensibilità insuli-
nica in differenti modelli animali di obesi-
tà; inoltre la delezione del gene di CXCR2
migliora la sensibilità insulinica nel topo
sottoposto a dieta ricca di grassi (54).
Oltre alle molecole pro infiammatorie, il
tessuto adiposo produce alcune molecole
ad azione antinfiammatoria come l’adipo-
nectina, e SRFP5, più recentemente iden-
tificata come una adipochina.
L’adiponectina è un ormone multime-
rico che circola a livelli che sono inversa-
mente correlati con la massa del tessuto
adiposo. Una volta sintetizzata l’adiponecti-
na forma trimeri e successivamente oligo-
meri formati da 4 a 6 trimeri. Al contrario
della leptina, i livelli circolanti di adiponec-
tina correlano con la sensibilità insulinica
in modelli murini di obesità ed insulino
resistenza sia genetici che correlati alla
dieta (55). Nei soggetti obesi i livelli cir-
colanti di leptina sono ridotti rispetto agli
individui magri (56). Inoltre le produzione
di adiponectina è inibita da stimoli di tipo
infiammatorio come IL 6 e TNF (3) ma
anche dall’ipossia e dallo stress ossidativo
(57).
Diverse evidenze cliniche supportano
un ruolo dell’adiponectina nelle compli-
canze metaboliche associate all’obesità:
i suoi livelli correlano inversamente con
il tessuto adiposo viscerale, i suoi livelli
sono ridotti nei diabetici e inoltre i sogget-
ti con elevati livelli di adiponectina risul-
tano protetti dallo sviluppo di diabete tipo
2 (3). Il ruolo protettivo dell’adiponectina
nei confronti delle complicanze metaboli-
che dell’obesità è ben supportato da nu-
merose evidenze sperimentali in modelli
murini di delezione o overespressione del
gene dell’adiponectina.
Gli effetti dell’adiponectina sembrano
mediati da un’aumentata capacità di ossi-
dare gli acidi grassi in muscolo e fegato,
probabilmente attraverso l’attivazione del-
la AMP-activated protein kinase (AMPK)
(58) con conseguente riduzione dell’ ac-
cumulo ectopico di trigliceridi in questi
organi. Diversi studi hanno investigato
l’associazione tra adiponectina e markers
di infiammazione. I livelli plasmatici di adi-
ponectina correlano inversamente con i li-
velli di PCR nei pazienti diabetici e obesi e
Tessuto adiposo e infiammazione sistemica
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bassi livelli di adiponectina sono associati
con elevati livelli di PCR in soggetti sani e
non obesi (3, 59). Il TNF, le cui concentra-
zioni sono aumentate nell’obesità e negli
stati di insulino resistenza, è in grado di
ridurre la produzione di adiponectina (60).
Specularmente l’adiponectina sembra in
grado di inibire la produzione e l’attività
del TNFa (61) e il topo KO per l’adipo-
nectina presenta elevati livelli circolanti di
TNFa. Diversi studi hanno riportato per
l’adiponectina anche un possibile effetto
diretto a livello della parete vasale.
L’adiponectina possiede una attività
antinfiammatoria e può modulare in ma-
niera negativa il processo aterosclerotico.
L’adiponectina può inibire l’espressione
di alcune molecole di adesione come la
vascular cell adhesion molecule 1 (VCAM-
1), E- selectina e intracellular adhesion
molecular-1 (ICAM-1). L’adiponectina si
è dimostrata in grado di ridurre la quan-
tità di proteina e l’espressione dei relativi
mRNA in cellule endoteliali (62).
Recentemente è stata identificata
SFRP5, una nuova adipochina con pro-
prietà antiinfiammatorie, che mostra un
effetto benefico sulla disfunzione meta-
bolica associata all’obesità (63). SFRP5 si
comporta come un modulatore solubile,
in grado di sequestrare proteine WNT,
prevenendone il legame con i loro recet-
tori. SFRP5 è molto espressa nel tessuto
adiposo bianco, dei roditori, tuttavia si pre-
senta down regolata nel tessuto adiposo di
roditori obesi come nel tessuto adiposo
viscerale di soggetti obesi con insulino re-
sistenza e infiammazione del tessuto adi-
poso (63). WNT5a, che è antagonizzato da
SFRP5, risulta up regolato nei depositi di
grasso e il rapporto WNT5a/SFRP5 appa-
re aumentato nell’obesità. WNT5a svolge
Figura 2 - Cross talk tra adipociti e macrofagi. SFRP5 si compor ta come un modulatore solubile, in grado
di sequestrare proteine WNT, prevenendone il legame con i loro recettori. SFRP5 è espressa nel tessuto
adiposo bianco. WNT5a svolge un ruolo in una varietà di disordini infiammatori.
Edoardo Dalla Nora, Luca Testoni, Giovanni B. Vigna, Francesca Di Vece, Angela Passaro
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un ruolo in una varietà di disordini infiam-
matori (64). Topi in cui manca SFRP5 pre-
sentano una riduzione della sensibilità in-
sulinica e segni di steatosi epatica rispetto
ai topi di controllo (63). Il peggioramento
della disfunzione metabolica indotta dalla
mancanza di SFRP5 è inoltre associato ad
un aumentato accumulo di macrofagi e
una aumentata produzione di citochine in-
fiammatorie (come TNF e IL 6), nel tessu-
to adiposo. Inoltre JUN N-terminal kinase
1 (JNK1), un target a valle della via non
canonica di attivazione di WNT, è attivato
nel tessuto adiposo dei topi deficitari di
SFRP5, dopo dieta ipercalorica. Evidenze
in vitro mostrano che la sovraespressione
di SFRP5 inibisce la fosforilazione di JNK1
via WNT5a nel tessuto adiposo e nei ma-
crofagi, inibendo in quest’ultimo la produ-
zione di citochine pro infiammatorie. Inol-
tre, la delezione di JNK1 in topi deficitari
di SFRP5, ripristina la ridotta sensibilità
insulinica e l’aumentata infiammazione del
tessuto adiposo, osservata nel topo man-
cante di SFRP5.
Infine, la somministrazione esogena di
SFRP5 a topi obesi migliora la sensibilità
insulinica e la steatosi epatica. L’insieme di
queste osservazioni suggerisce che l’equi-
librio tra WNT5a e SFRP5 nel tessuto adi-
poso gioca un ruolo importante nella rego-
lazione dell’attività di JNK1 nell’adipocita e
nel macrofago e quindi nella modulazione
dell’infiammazione e delle funzioni meta-
boliche (64) (Figura 2).
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Adequate diet, physical activity, and dietary supplementation with muscle-targeted food for special medical purposes (FSMP) or dietary supplement (DS) are currently considered fundamental pillars in sarcopenia treatment. The aim of this study is to evaluate the effectiveness of a DS (containing hydroxy-methyl-butyrate, carnosine, and magnesium, for its action on muscle function and protein synthesis and butyrate and lactoferrin for their contribution to the regulation of gut permeability and antioxidant/anti-inflammation activity) on muscle mass (assessed by dual X-ray absorptiometry (DXA)), muscle function (by handgrip test, chair test, short physical performance battery (SPPB) test, and walking speed test), inflammation (tumor necrosis factor-alpha (TNF-a), C-reactive protein (CRP), and visceral adipose tissue (VAT)) and gut axis (by zonulin). A total of 59 participants (age 79.7 ± 4.8 years, body mass index 20.99 ± 2.12 kg/m²) were enrolled and randomly assigned to intervention (n = 30) or placebo (n = 28). The skeletal muscle index (SMI) significantly improved in the supplemented group compared to the placebo one, +1.02 (CI 95%: −0.77; 1.26), p = 0.001; a significant reduction in VAT was observed in the intervention group, −70.91 g (−13.13; −4.70), p = 0.036. Regarding muscle function, all the tests significantly improved (p = 0.001) in the supplemented group compared to the placebo one. CRP, zonulin, and TNF-alpha significantly decreased (p = 0.001) in intervention, compared to placebo, −0.74 mg/dL (CI 95%: −1.30; −0.18), −0.30 ng/mL (CI 95%: −0.37; −0.23), −6.45 pg/mL (CI 95%: −8.71; −4.18), respectively. This DS improves muscle mass and function, and the gut muscle has emerged as a new intervention target for sarcopenia.
Article
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Childhood obesity is characterized by an increased risk of several metabolic derangements including insulin resistance (IR). The strongest recommendations to prevent obesity and related complications are a balanced and adequate diet and practicing physical activity from early childhood. In this review, we propose to present the effects of healthy lifestyle strategies, including physical exercise and dietary approaches, on the management of IR and related metabolic derangements. All types of exercise (aerobic, resistance and combined training) effectively reduce IR in pediatric patients with obesity; it seems that aerobic and combined training stimulate greater improvements in IR compared to resistance training. Balanced normocaloric or hypocaloric dietary approaches are also valid strategies to address IR; it is not possible to assess the long-term impact of varying macronutrients on cardiometabolic risk. The glycemic index/load evaluation is a useful dietary approach to glucose metabolism control. Similarly, they should adopt the principle of the Mediterranean diet. Randomized studies with longer monitoring are needed to define the benefits of nutritional supplementation on IR. Considering that healthy style acquisition could track to later ages, programs of healthy lifestyle starting with children offer a better preventive strategy to preserve metabolic control and children’s health.
Article
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Childhood obesity is a leading public health problem worldwide, as it is increasingly prevalent and therefore responsible for serious obesity-related comorbidities, not only in childhood but also in adulthood. In addition to cardio-metabolic obesity-related disorders, recent evidence suggests that excess adipose tissue in turn is associated with immune cell infiltration, increased adipokine release, and the development of low-grade systemic inflammation obesity. Exercise is considered a non-pharmacological intervention that can delay obesity-related comorbidities, improving cardiovascular fitness and modulating the inflammatory processes. It has been reported that the anti-inflammatory effect of regular exercise may be mediated by a reduction in visceral fat mass, with a subsequent decrease in the release of adipokines from adipose tissue (AT) and/or by the induction of an anti-inflammatory environment. In this narrative review, we discuss the role of AT as an endocrine organ associated with chronic inflammation and its role in obesity-related complications, focusing on the effect of exercise in reducing inflammation in children and adolescents with obesity. Regular physical exercise must be considered as a natural part of a healthy lifestyle, and promoting physical activity starting from childhood is useful to limit the negative effects of obesity on health. The crucial role of the immune system in the development of obesity-induced inflammatory processes and the efficacy of exercise as an anti-inflammatory, non-pharmacological intervention may provide possible targets for the development of new treatments and early preventive strategies.
Article
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Human adipose tissue expresses and releases the proinflammatory cytokine interleukin 6, potentially inducing low-grade systemic inflammation in persons with excess body fat. To test whether overweight and obesity are associated with low-grade systemic inflammation as measured by serum C-reactive protein (CRP) level. The Third National Health and Nutrition Examination Survey, representative of the US population from 1988 to 1994. A total of 16616 men and nonpregnant women aged 17 years or older. Elevated CRP level of 0.22 mg/dL or more and a more stringent clinically raised CRP level of more than 1.00 mg/dL. Elevated CRP levels and clinically raised CRP levels were present in 27.6% and 6.7% of the population, respectively. Both overweight (body mass index [BMI], 25-29.9 kg/m2) and obese (BMI, > or =30 kg/m2) persons were more likely to have elevated CRP levels than their normal-weight counterparts (BMI, <25 kg/m2). After adjustment for potential confounders, including smoking and health status, the odds ratio (OR) for elevated CRP was 2.13 (95% confidence interval [CI], 1.56-2.91) for obese men and 6.21 (95% CI, 4.94-7.81) for obese women. In addition, BMI was associated with clinically raised CRP levels in women, with an OR of 4.76 (95% CI, 3.42-6.61) for obese women. Waist-to-hip ratio was positively associated with both elevated and clinically raised CRP levels, independent of BMI. Restricting the analyses to young adults (aged 17-39 years) and excluding smokers, persons with inflammatory disease, cardiovascular disease, or diabetes mellitus and estrogen users did not change the main findings. Higher BMI is associated with higher CRP concentrations, even among young adults aged 17 to 39 years. These findings suggest a state of low-grade systemic inflammation in overweight and obese persons.
Article
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The role of IL-6 in the development of obesity and hepatic insulin resistance is unclear and still the subject of controversy. We aimed to determine whether global deletion of Il6 in mice (Il6 (-/-)) results in standard chow-induced and high-fat diet (HFD)-induced obesity, hepatosteatosis, inflammation and insulin resistance. Male, 8-week-old Il6 (-/-) and littermate control mice were fed a standard chow or HFD for 12 weeks and phenotyped accordingly. Il6 (-/-) mice displayed obesity, hepatosteatosis, liver inflammation and insulin resistance when compared with control mice on a standard chow diet. When fed a HFD, the Il6 (-/-) and control mice had marked, equivalent gains in body weight, fat mass and ectopic lipid deposition in the liver relative to chow-fed animals. Despite this normalisation, the greater liver inflammation, damage and insulin resistance observed in chow-fed Il6 (-/-) mice relative to control persisted when both were fed the HFD. Microarray analysis from livers of mice fed a HFD revealed that genes associated with oxidative phosphorylation, the electron transport chain and tricarboxylic acid cycle were uniformly decreased in Il6 (-/-) relative to control mice. This coincided with reduced maximal activity of the mitochondrial enzyme β-hydroxyacyl-CoA-dehydrogenase and decreased levels of mitochondrial respiratory chain proteins. Our data suggest that IL-6 deficiency exacerbates HFD-induced hepatic insulin resistance and inflammation, a process that appears to be related to defects in mitochondrial metabolism.
Article
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Adipose tissue secretes proteins referred to as adipokines, many of which promote inflammation and disrupt glucose homeostasis. Here we show that secreted frizzled-related protein 5 (Sfrp5), a protein previously linked to the Wnt signaling pathway, is an anti-inflammatory adipokine whose expression is perturbed in models of obesity and type 2 diabetes. Sfrp5-deficient mice fed a high-calorie diet developed severe glucose intolerance and hepatic steatosis, and their adipose tissue showed an accumulation of activated macrophages that was associated with activation of the c-Jun N-terminal kinase signaling pathway. Adenovirus-mediated delivery of Sfrp5 to mouse models of obesity ameliorated glucose intolerance and hepatic steatosis. Thus, in the setting of obesity, Sfrp5 secretion by adipocytes exerts salutary effects on metabolic dysfunction by controlling inflammatory cells within adipose tissue.
Article
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The proinflammatory cytokines/adipokines produced from adipose tissue act in an autocrine and/or endocrine manner to perpetuate local inflammation and to induce peripheral insulin resistance. The present study investigates whether lipocalin-2 deficiency or replenishment with this adipokine has any impact on systemic insulin sensitivity and the underlying mechanisms. Under conditions of aging or dietary-/genetic-induced obesity, lipocalin-2 knockout (Lcn2-KO) mice show significantly decreased fasting glucose and insulin levels and improved insulin sensitivity compared with their wild-type littermates. Despite enlarged fat mass, inflammation and the accumulation of lipid peroxidation products are significantly attenuated in the adipose tissues of Lcn2-KO mice. Adipose fatty acid composition of these mice varies significantly from that in wild-type animals. The amounts of arachidonic acid (C20:4 n6) are elevated by aging and obesity and are paradoxically further increased in adipose tissue, but not skeletal muscle and liver of Lcn2-KO mice. On the other hand, the expression and activity of 12-lipoxygenase, an enzyme responsible for metabolizing arachidonic acid, and the production of tumor necrosis factor-alpha (TNF-alpha), a critical insulin resistance-inducing factor, are largely inhibited by lipocalin-2 deficiency. Lipocalin-2 stimulates the expression and activity of 12-lipoxygenase and TNF-alpha production in fat tissues. Cinnamyl-3,4-dihydroxy-alpha-cyanocinnamate (CDC), an arachidonate lipoxygenase inhibitor, prevents TNF-alpha expression induced by lipocalin-2. Moreover, treatment with TNF-alpha neutralization antibody or CDC significantly attenuated the differences of insulin sensitivity between wild-type and Lcn2-KO mice. Lipocalin-2 deficiency protects mice from developing aging- and obesity-induced insulin resistance largely by modulating 12-lipoxygenase and TNF-alpha levels in adipose tissue.
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Aims: Increasing adipocyte size as well as numbers is important in the development of obesity, with adipocytes being generated from mesenchymal precursor cells. This process comprises the determination from mesenchymal stem cells (MSC) into preadipocytes (PA) and the differentiation of PA into mature fat cells. While the process of differentiation is highly investigated, the determination from MSC to PA in humans is poorly understood. Therefore, in the present study we have examined the role of different wnt molecules in the process of determination of human MSC into PA. Methods: Human MSC were prepared from umbilical cord blood. Human PA were isolated from fat biopsies of metabolically healthy men aged of 18 to 35 undergoing elective surgery. These two cell populations were analyzed by FACS and induced to differentiate into adipocytes and osteocytes. Expression of wnt-10b and wnt-5a in the two cell populations was compared by western-blot of whole cell lysates. Effect of wnt-5a in the process of determination was investigated by induction of adipogenesis and osteogenesis in the presence and absence of neutralizing wnt-5a antibodies in the culture medium. These antibody experiments were also used to investigate intracellular wnt-5a signalling in MSC. Results: The two cell populations, MSC and PA, showed similar expression of the mesenchymal surface markers CD29, CD44 and CD73 and were both negative for the hematopoetic surface markers CD34 and CD45. However, while MSC were able to differentiate into adipocytes and osteocytes, PA were only able to undergo adipogenesis, indicating that PA lost their pluripotency during determination. Wnt-10b was found not to be expressed at significant levels in human MSC and PA. However, examination of wnt-5a expression in the two cell populations resulted in significant (p<0.01) higher levels in MSC compared to PA, suggesting wnt-5a down-regulation might be important in the determination of MSC to PA in humans. This was further supported by the fact that incubation of human MSC in medium containing neutralizing wnt-5a antibodies abolished the ability to undergo osteogenesis while adipogenesis was still possible. Finally, beta-Catenin levels were found to be similar in cells incubated with and without anti-wnt-5a antibodies, suggesting that wnt-5a signalling in MSC is mediated by the non-canonical pathway. Conclusion: These data suggest that down-regulation of wnt-5a expression plays a major role in the determination of human MSC to PA.
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Background: Adipocyte-derived hormones may represent a mechanism linking insulin resistance to cardiovascular disease. In the present study, we evaluated the direct effects of resistin, a novel adipocyte-derived hormone, on endothelial activation. Methods and results: Endothelial cells (ECs) were incubated with human recombinant resistin (10 to 100 ng/ML, 24 hours), and endothelin-1 (ET-1) release, ET-1 mRNA expression, and nitric oxide (NO) production were assessed. Transient transfection assays were used to evaluate the effects of resistin on transcription of human ET-1 gene promoter. Furthermore, the effects of resistin on AP-1-mutated ET-1 promoter were evaluated. The effects of resistin on expression of vascular cell adhesion molecule (VCAM-1) and monocyte chemoattractant chemokine (MCP-1) were studied in addition to CD40 receptor, CD40 ligand-induced MCP-1 expression, and tumor necrosis factor receptor-associated factor-3 (TRAF3), an inhibitor of CD40 signaling. Incubation of ECs with resistin resulted in an increase in ET-1 release and ET-1 mRNA expression, with no change in NO production. Whereas treatment with resistin resulted in an increase in ET-1 promoter activity, the AP-1-mutated promoter was inactive after resistin stimulation. Additionally, resistin-treated cells showed increased expression of VCAM-1 and MCP-1, with concomitant reductions in TRAF-3 expression. Resistin did not alter CD40 receptor expression; however, increased CD40 ligand induced MCP-1 production. Conclusions: The novel adipokine resistin exerts direct effects to promote EC activation by promoting ET-1 release, in part by inducing ET-1 promoter activity via the AP-1 site. Furthermore, resistin upregulates adhesion molecules and chemokines and downregulates TRAF-3, an inhibitor of CD40 ligand signaling. In this fashion, resistin may be mechanistically linked to cardiovascular disease in the metabolic syndrome.
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Obesity is linked to a variety of metabolic disorders, such as insulin resistance and atherosclerosis. Dysregulated production of fat-derived secretory factors, adipocytokines, is partly responsible for obesity-linked metabolic disorders. However, the mechanistic role of obesity per se to adipocytokine dysregulation has not been fully elucidated. Here, we show that adipose tissue of obese mice is hypoxic and that local adipose tissue hypoxia dysregulates the production of adipocytokines. Tissue hypoxia was confirmed by an exogenous marker, pimonidazole, and by an elevated concentration of lactate, an endogenous marker. Moreover, local tissue hypoperfusion (measured by colored microspheres) was confirmed in adipose tissue of obese mice. Adiponectin mRNA expression was decreased, and mRNA of C/EBP homologous protein (CHOP), an endoplasmic reticulum (ER) stress-mediated protein, was significantly increased in adipose tissue of obese mice. In 3T3-L1 adipocytes, hypoxia dysregulated the expression of adipocytokines, such as adiponectin and plasminogen activator inhibitor type-1, and increased the mRNAs of ER stress marker genes, CHOP and GRP78 (glucose-regulated protein, 78 kD). Expression of CHOP attenuated adiponectin promoter activity, and RNA interference of CHOP partly reversed hypoxia-induced suppression of adiponectin mRNA expression in adipocytes. Hypoxia also increased instability of adiponectin mRNA. Our results suggest that hypoperfusion and hypoxia in adipose tissues underlie the dysregulated production of adipocytokines and metabolic syndrome in obesity.
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The worldwide epidemic of obesity has brought considerable attention to research aimed at understanding the biology of adipocytes (fat cells) and the events occurring in adipose tissue (fat) and in the bodies of obese individuals. Accumulating evidence indicates that obesity causes chronic low-grade inflammation and that this contributes to systemic metabolic dysfunction that is associated with obesity-linked disorders. Adipose tissue functions as a key endocrine organ by releasing multiple bioactive substances, known as adipose-derived secreted factors or adipokines, that have pro-inflammatory or anti-inflammatory activities. Dysregulated production or secretion of these adipokines owing to adipose tissue dysfunction can contribute to the pathogenesis of obesity-linked complications. In this Review, we focus on the role of adipokines in inflammatory responses and discuss their potential as regulators of metabolic function.