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Anno XLVIII Economia & Lavoro Saggi pp. 177-193
SMART CITY: LA CITTÀ DEL FUTURO?*
di Roberta De Santis, Alessandra Fasano, Nadia Mignolli, Anna Villa
Il concetto di Smart City è sempre con maggio-
re enfasi indicato come una soluzione strategica alle
problematiche associate al processo di agglome-
razione urbana. L’espressione, nata a partire dagli
anni Novanta in concomitanza con la liberalizzazio-
ne delle telecomunicazioni e lo sviluppo di servizi
erogati attraverso Internet, rischia, tuttavia, di re-
stare generica e priva di una definizione condivisa.
Questo lavoro contribuisce alla letteratura esistente
in due modi: 1. fornendo una trattazione sistemati-
ca dei problemi di definizione e misurazione relativi
alle Smart Cities e 2. sottolineando le principali pro-
blematiche metodologiche.
The concept of Smart City is considered
increasingly strategic for the solution to the
questions related to the irreversible urban
agglomeration growth. Created in the Nineties
in parallel to the liberalisation process of
telecommunications and the development
of internet services, this expression risks
remaining too generic and without a shared
operational definition. This paper contributes
to the existing literature in two ways: 1.
providing an overall survey of the definition
and measurement problems; 2. underlying the
main methodological problems.
1. PREMESSA
Negli ultimi decenni, il fenomeno dell’urbanizzazione ha generato esternalità nega-
tive sia nei paesi a sviluppo avanzato sia in quelli emergenti. Difficoltà nella gestione
dei rifiuti, scarsità di risorse, inquinamento atmosferico, traffico sono solo alcune ester-
nalità di natura fisica che si generano all’interno di una città. Inefficienza dei servizi
pubblici, difficoltà di accesso da parte dei cittadini ai beni e servizi offerti dallo Stato,
sperequazione sociale sono esempi, invece, di esternalità negative urbane di natura or-
ganizzativa.
A tale riguardo, si sono cercate, sempre con maggior enfasi, soluzioni strategiche a
queste problematiche. La necessità del coinvolgimento nel processo decisionale per l’e-
liminazione/internalizzazione delle esternalità di attori multipli e differenziati con elevati
gradi e livelli di interdipendenza, obiettivi e valori in competizione, inoltre, rende partico-
Roberta De Santis, Alessandra Fasano, Nadia Mignolli, Anna Villa, ISTAT.
* Questo studio è frutto di un lavoro congiunto delle autrici: in particolare, Roberta De Santis ha scritto i PARR. 1
e 4; Alessandra Fasano ha scritto i PARR. 2 e 3; Nadia Mignolli ha scritto i PARR. 5 e 7; Anna Villa ha scritto i PARR. 6 e 8.
Le opinioni espresse dalle autrici non implicano alcuna responsabilità da parte dell’ISTAT.
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larmente difficile il raggiungimento di una soluzione ottimale. La coesistenza di un’elevata
densità di problematiche eterogenee identifica le città come una piattaforma ideale per la
sperimentazione di innovazioni basate sull’uso delle nuove tecnologie digitali. Una forte
corrispondenza biunivoca tra il fenomeno Smart City e l’Information and Communication
Technology (ICT) sembra, dunque, condizione necessaria, ma non sufficiente, per affrontare
a livello locale le sfide dello sviluppo sostenibile in modo smart.
Nonostante il vasto dibattito generato dall’argomento e il proliferare di progetti, inizia-
tive e bandi sulle Smart Cities, emerge la mancanza di una base concettuale di riferimento.
Inoltre, le esperienze di misurazione di questo fenomeno multidimensionale a livello locale
si caratterizzano per un’elevata eterogeneità che rende difficile quantificare e monitorare i
progressi verso la smartness in maniera rigorosa.
L’aspetto innovativo di questo lavoro è quello di cercare di sistematizzare l’argomento,
presentando una rassegna della letteratura sul tema delle politiche per la smartness, sulle
questioni definitorie, nonché sulle esperienze di misurazione dei fenomeni multidimensio-
nali a livello locale evidenziandone, inoltre, i principali problemi metodologici.
2. UNA RASSEGNA DELLA LETTERATURA
Il contenimento dei problemi legati all’urbanizzazione è strettamente connesso al pro-
cesso di innovazione tecnologica, economica e sociale in atto. Di contro, negli ultimi de-
cenni, una vasta parte della letteratura sull’innovazione ha evidenziato l’importanza di un
collegamento stretto con il territorio.
La prima teorizzazione di questa relazione biunivoca può essere riferita al concetto dei
distretti industriali sviluppatosi dalla metà degli anni Settanta (Bagnasco, 1977), un para-
digma che si è poi evoluto nella teoria dei clusters industriali (Porter, 1990).
Tutte queste teorie individuano tre principali fattori dell’innovazione (Auci, Mundula,
2012): la concentrazione di molte ed eterogenee esperienze in vari campi della conoscenza
e della produzione; una rete di cooperazione tra gli attori coinvolti; la presenza di cataliz-
zatori che facilitino la combinazione di differenti capacità e attori.
All’inizio del 1990, il paradigma tecnologico dei distretti industriali viene sostituito dal
National Innovation System (Lundvall, 1992; Nelson, 1992), che studia i fattori macroe-
conomici sottostanti il processo di trasferimento tecnologico. A partire dal 2000, il focus si
sposta sulla dimensione locale del fenomeno con ricerche su Learning Regions, Regional Inno-
vation Systems e Local Innovation Systems (Cooke, Heidenreich, Braczyk, 2004).
In tale quadro teorico matura la consapevolezza che, sebbene la produzione di nuova
conoscenza sia disponibile su scala globale, l’innovazione, intesa come applicazione della
conoscenza, si sviluppa essenzialmente su scala locale. Infatti, è su base territoriale ristretta,
la città, che si innescano i processi di collaborazione e diffusione tra individui.
Nel 2000, a seguito della graduale dematerializzazione delle infrastrutture, della pro-
gressiva digitalizzazione dell’informazione, delle nuove forme dell’apprendimento on line e
dell’avvento di tecnologie più virtuali, emerge un nuovo approccio all’innovazione su base
regionale: “la regione intelligente”. Quest’ultima corrisponde ad un’area caratterizzata da
sistemi di innovazione collegati con infrastrutture IT e servizi digitali.
In questo contesto, si sviluppano due interessanti paradigmi teorici: la teoria della “Tri-
pla elica” e il modello delle “Tre T”. La prima identifica la relazione tra Università, Indu-
stria e Governo come un complesso di sfere istituzionali indipendenti che si sovrappon-
gono e sono complementari l’una con l’altra, in un processo che conduce all’innovazione
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(Etzkowitz, Lydesdorff, 2000; Lombardi et al., 2012). Il modello delle “Tre T” dimostra
che, per generare innovazione e crescita, non sono sufficienti “Tecnologia” e “Talento”,
ma è necessario considerare anche la presenza di “Tolleranza”, ossia di una significativa
coesione sociale, per sviluppare la conoscenza (Florida, 2002).
A partire dal 2005, questi modelli vengono integrati da molti lavori che si focalizzano
sul ruolo della creatività per lo sviluppo sostenibile in un contesto urbano (Gabe, 2006;
Markusen, 2006; Fusco Girard, Lombardi, Nijkamp, 2009), sia dal punto di vista ambien-
tale sia sociale (Sassen, 2006).
Tuttavia, l’attuale politica economica globale è caratterizzata da cambiamenti positivi
e negativi. Infatti, da una parte lo sviluppo economico e l’innovazione tecnologica han-
no reso possibile una produzione di massa e hanno concorso alla mondializzazione degli
scambi; dall’altra, hanno contribuito alla creazione di forme di disuguaglianze sociali, do-
vute anche al ricorso a rapporti di lavoro flessibili e precari. In questo contesto, acquista
concretezza l’ipotesi dello sviluppo di una società “pluriattiva” (Paci, 2005) e si diffondono
anche forme di democrazia partecipativa a livello locale (Paci, 2008). In tal modo, da un
lato, attraverso l’armonizzazione dei regimi orari che regolano la vita sociale dei cittadini, si
cerca di migliorare l’accessibilità ai servizi di interesse pubblico da parte di soggetti singoli
e collettivi, tra cui le imprese, mentre, dall’altro, si pone l’attenzione verso esigenze più
individualistiche e bisogni personalizzati, per rispondere ai quali è richiesta una forma di
partecipazione attiva da parte degli stessi cittadini al sistema di welfare locale.
Ecco, quindi, che anche dal punto di vista sociologico la dimensione locale rappresen-
tata dalla città e la dimensione del miglioramento della vivibilità trovano delle esplicitazioni
nella richiesta di Cities sempre più Smart.
Il paradigma delle Smart Cities si declina, dunque, all’interno di un complesso insieme
di visioni che si fondano sulla necessità di dare una nuova dimensione sociale, etica e am-
bientale allo sviluppo e alla crescita economica, anche nell’ambito delle tematiche connesse
all’innovazione sociale e al benessere.
L’innovazione sociale, ad esempio, prende forma e trae origine da diversi settori e aree
di interesse che nella società danno luogo a un processo i cui flussi di conoscenza non
sono solo verticali ma anche orizzontali; abbraccia sfide sociali e ambientali articolate, che
spaziano dall’imprenditoria sociale, al design, alla tecnologia, alle politiche pubbliche, allo
sviluppo urbano, ai movimenti sociali e, in generale, allo sviluppo delle comunità1.
L’interesse per il benessere, nel 2008, assume una peculiare centralità anche attraverso il
rapporto della Commission on the Measurement of Economic Performance and Social Pro-
gress (Stiglitz, Sen, Fitoussi, 2009) che offre una nuova sistematizzazione di un vasto insieme di
risultati teorici e, in parte, empirici, relativi al significato e alle misure di benessere in economia.
Le conclusioni essenziali riguardano la necessità di spostare l’enfasi dalle misure di produzione
economica, come il Prodotto interno lordo (PIL), a più ambiziosi indicatori di benessere.
Per l’Italia, nel 2011, l’iniziativa più rilevante è stata la costituzione da parte dell’Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) e del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL)
del Gruppo di indirizzo sulla misura del progresso della società italiana, il cui obiettivo è
stato sviluppare un approccio multidimensionale del Benessere equo e sostenibile (BES),
che integri l’indicatore dell’attività economica rappresentato dal PIL con altri indicatori,
compresi quelli relativi alle diseguaglianze e alla sostenibilità, in modo da superarne i limiti
informativi.
1 Per ulteriori approfondimenti cfr. Dominici (2012).
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3. LA STRATEGIA INTERNAZIONALE E LE POLITICHE PER LA SMARTNESS
Il concetto di Smart City, ovvero di città intelligente, dunque, si è molto diffuso nella
scena internazionale degli ultimi anni.
Il gruppo NESTI (National Experts on Science and Technology Indicators), composto da
esperti dell’OCSE, ha pubblicato una serie di documenti, chiamati Frascati family, che in-
cludono manuali sulla Ricerca e Sviluppo (R&S) e sull’innovazione, che rappresentano i
capisaldi di riferimento per le politiche orientate alla smartness.
Il Manuale di Frascati (2002) è un documento che stabilisce la metodologia per racco-
gliere e utilizzare dati sulla R&S nei paesi membri dell’OCSE e che, quindi, è centrale per la
comprensione del ruolo della scienza e della tecnologia nello sviluppo economico.
Nel Manuale di Oslo, Eurostat e OCSE (2005) sottolineano il ruolo dell’innovazione nel
settore delle ICT e forniscono gli strumenti per identificare indicatori coerenti, mettendo così a
disposizione un quadro strutturato di analisi per i ricercatori in materia di innovazione urbana.
Contemporaneamente allo sviluppo degli strumenti definitori, anche gli indirizzi di po-
licy hanno concentrato l’attenzione sulla creazione della società dell’informazione.
Dalla Strategia di Lisbona (2000) alla Strategia Europa 2020, l’Unione Europea (UE) ha
investito nella promozione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Gli strumenti
di cui si avvale sono soprattutto direttive/linee guida/raccomandazioni orientate ad una
crescita e ad uno sviluppo in modalità sostenibile, progetti europei dedicati allo sviluppo
di Smart Cities ed energie rinnovabili, nonché sensibilizzazione mediatica attraverso l’orga-
nizzazione di convegni/incontri dedicati.
Di fatto, il concetto di Smart City viene introdotto per la prima volta ufficialmente tra le
parole chiave dell’UE nel 2009 e si estende negli anni successivi (cfr. FIG. 1).
Figura 1. L’estensione del significato di Smart City in ambito europeo
Fonte: Commissione Europea in Ambrosetti (2012, p. 76).
L’estensione del significato di Smart City in ambito europeo è riscontrabile anche in
tema di finanziamenti2.
2 Tra i vari bandi europei, si ricordano: Smart Cities and Communities Initiative (2011); Joint Programme Smart Cit-
ies (2012); Smart Cities and Communities European Innovation Partnership (2012, 2013); Settimo Programma Quadro
2007-13; Programma comunitario “Horizon 2020”; il nuovo Programma Quadro di Ricerca e Innovazione 2014-2020;
Smart Cities and Regions (2012); azioni pilota sull’“Internet del Futuro” che dovranno, entro il 2015, concretizzarsi in
una decina di progetti a livello territoriale.
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Anche l’Italia ha stanziato alcuni finanziamenti e tra i principali si evidenziano quelli
del ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR)3, nonché quelli del ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti (Piano nazionale per le città per progetti di riqualificazione
urbana) e quello dell’Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) per le città ad alto po-
tenziale di innovazione (Progetto paese-ANCI).
All’interno della Strategia Europa 2020, l’Agenda digitale europea (ADE) attribuisce
un ruolo cardine alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, diventate ormai
parte integrante delle attività socio-economiche dei paesi, stabilendo anche in modo chiaro
azioni, obiettivi e indicatori per monitorare il progresso dei paesi verso la realizzazione del-
la società dell’informazione. Nel 2012, sono stati maggiormente focalizzati alcuni obiettivi
prioritari a livello locale ed è stato elaborato un set di indicatori per monitorare i progressi
degli Stati membri nell’implementazione dell’ADE che consente di valutare il loro posizio-
namento in un’ottica di benchmark (cfr. FIG. 2).
Figura 2. L’avanzamento dell’Italia rispetto agli obiettivi dell’Agenda digitale europea
Fonte: Telecom Italia (2013, p. 49).
Nel rispetto dei principi dell’dell’ADE, il 1° marzo 2012 in Italia è stata istituita l’Agenda
digitale italiana (ADI) con l’obiettivo di contribuire alla diffusione e al monitoraggio dell’ICT,
di assicurare il coordinamento tecnico dei sistemi informativi pubblici e diffondere le ini-
ziative in materia di digitalizzazione attuate nelle amministrazioni, nonché di garantire i
controlli sulla qualità dei servizi e sulla razionalizzazione della spesa in materia informatica.
3
Nel 2012, il MIUR ha bandito progetti inerenti le Smart Cities nel Mezzogiorno, progetti di innovazione sociale rivolti
ai giovani under 30 anni delle quattro regioni dell’obiettivo Convergenza; progetti nel settore Smart Cities and Communities
and Social Innovation per risolvere problemi di scala urbana e metropolitana in 16 ambiti individuati dal MIUR; un Avviso
per lo sviluppo e il potenziamento dei clusters tecnologici nazionali che aggreghino competenze pubblico-private (imprese,
università ed enti di ricerca) in vari territori, su tematiche attinenti energia, agro-alimentare, aerospazio e chimica verde.
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Nel D.L. 18 ottobre 20124, n. 179 è prevista l’applicazione concreta dell’ADI. I principali
interventi sono nei settori: identità digitale, PA digitale/Open data, istruzione digitale, sanità
digitale, divario digitale, pagamenti elettronici e giustizia digitale. Nello stesso decreto,
inoltre, in un’apposita sezione vengono definiti una serie di obiettivi che fanno capo alla
realizzazione del Piano Nazionale Smart Communities, in un’ottica di convergenza verso
gli obiettivi già definiti nell’ADE e nell’ADI. A livello di sperimentazioni, in Europa e in Italia,
già negli ultimi anni, diverse città hanno partecipato a iniziative/progetti/bandi sulle Smart
Cities.
Figura 3. Smart City: una selezione di iniziative in alcune città italiane
Fonte: nostra elaborazione da fonti varie.
Nel contesto europeo, peculiari sono le esperienze delle seguenti città:
– Amsterdam (oltre mille abitazioni sono dotate di rilevatori energetici intelligenti in gra-
do di monitorare in tempo reale i consumi dei singoli apparecchi elettrici e di fornire indi-
cazioni per migliorare il proprio consumo energetico residenziale);
– Copenaghen (esempio di crescita sostenibile, basso impatto ambientale di infrastrutture
e attività umane e un’efficace gestione del traffico e dei trasporti pubblici);
4 Tale decreto è anche noto come Decreto sviluppo e crescita sostenibile bis o, più semplicemente, Decreto cresci-
ta 2.0 o anche Decreto Digitalia.
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– Vienna (infrastrutture già esistenti sono state rifunzionalizzate in maniera rivoluziona-
ria; ad esempio, le vecchie cabine telefoniche, ormai in disuso, sono state trasformate in
stazioni di servizio per ricaricare le automobili elettriche).
– Wildpoldsried (città bavarese con poco più di 2.500 abitanti, energeticamente indipen-
dente con uso di risorse rinnovabili e reti di gestione intelligente della distribuzione elettri-
ca; produce il 321% in più di energia rispetto alle esigenze).
– Londra (sede di un centro di ricerca sulle Smart Cities con lo scopo di rendere più effi-
cienti i trasporti, la gestione della burocrazia, il business e il mondo accademico. Durante
le Olimpiadi la città ha lanciato la più grande area wi-fi gratuita in Europa).
– Santander (12.000 sensori per il rilievo dei parametri ambientali più importanti e 240
spire magnetiche per il rilievo del traffico sulle strade principali. Il quadro dei principali
sensori con alcuni dati in tempo reale è leggibile da tutto il mondo via Web).
La situazione italiana è caratterizzata da una numerosità di esperienze (cfr. FIG. 3) che
presentano, tuttavia, alcuni limiti, tra i quali l’eterogeneità tra le diverse realtà a discapito
della sistematicità e uno scarso livello di coordinamento tra i comuni e il governo centra-
le, con l’eccezione di qualche tentativo di coordinamento a livello regionale (Bevilacqua,
2012). Più specificatamente, tra i comuni che hanno intrapreso iniziative particolarmente
significative si possono annoverare:
– Bari, che nel nel luglio del 2010 ha aderito al Patto dei sindaci e ha intrapreso la reda-
zione e l’attuazione di un Piano di azione per l’energia sostenibile, il progetto “Bari Smart
City”, che mira alla sostenibilità e qualità della vita, la partecipazione al Programma co-
munitario Smart City e a progetti con sponsorship di grandi investitori (tra i quali la Banca
europea per gli investimenti – BEI);
– Bologna, che ha intrapreso una collaborazione tra cittadini e amministrazione per av-
viare un percorso condiviso e partecipato verso l’innovazione tecnologia e sociale per una
città intelligente, inclusiva e aperta;
– Genova, che ha partecipato a tre bandi europei in tema di Smart City, per i quali ha
avuto accesso a specifici finanziamenti (pianificazione sostenibile, tele-riscaldamento e
tele-raffreddamento, riqualificazione energetica);
– Lecce, che ha promosso il progetto “Lecce città digitale”, con l’obiettivo di dotarsi
di reti intelligenti capaci di raccogliere, organizzare, comunicare e diffondere infor-
mazioni a disposizione dei cittadini, per favorire l’inclusione sociale e la partecipazio-
ne;
– Modena, che si è focalizzata sulla condivisione delle informazioni e sulla riduzione delle
emissioni urbane;
– Parma, che si è dedicata alla realizzazione di una rete intelligente per la distribuzione
energetica;
– Pavia, che ha avviato un progetto sullo sviluppo urbano intelligente e sostenibile;
– Potenza, che si è orientata sull’innovazione per la mobilità, attraverso la riqualificazione
delle infrastrutture del territorio e la costituzione di una centrale dell’infomobilità;
– Siena, che ha promosso l’e-government e la diffusione del digitale;
– Venezia, che ha favorito la vivibilità urbana, con attenzione particolare alla coesione
territoriale, alla gestione dei flussi turistici, al sostegno alle attività produttive e al terziario,
alla riduzione del Digital divide e alla partecipazione civica;
– Verona, che si è incentrata sulla mobilità sostenibile, attraverso l’attenzione al tra-
sporto pubblico, alla mobilità sostenibile e alla riduzione delle emissioni urbane, all’in-
fomobilità.
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4. IL VENTAGLIO DELLE DEFINIZIONI
In merito al concetto di Smart City, al momento, non vi è ancora una convergenza verso
una definizione condivisa, dato che tale termine è usato con differenti accezioni, nomencla-
ture e significati non solo in letteratura ma anche in altri contesti (De Santis et al., 2014a,
2014b).
Essenzialmente si concentra sul ruolo delle infrastrutture ICT, senza trascurare quello
del capitale umano, sociale, relazionale e ambientale, come fattori importanti di crescita
urbana. In generale, l’appellativo smart, nell’arco di un decennio, ha identificato la città
digitale, la città socialmente inclusiva, fino, più estensivamente, alla città che assicura una
migliore qualità di vita, traendo vantaggio dalle opportunità e dalle conoscenze che pro-
vengono dal mondo della ricerca e dell’innovazione tecnologica.
Una delle definizioni operativamente più diffuse è quella del Politecnico di Vienna, in
collaborazione con l’Università di Lubiana e il Politecnico di Delft (Giffinger et al., 2007),
che identifica 6 assi lungo i quali è possibile valutare il grado di smartness di 70 città eu-
ropee di medie dimensioni. Non solo dati e informazioni, ma anche a) mobilità, b) qualità
dell’ambiente, c) governance del sistema urbano, d) contesto economico, e) partecipazione
alla vita sociale, f) vivibilità. Questi 6 assi, di fatto, riportano il concetto di Smart City nel
quadro della teoria economica neoclassica sullo sviluppo regionale e urbano e hanno il me-
rito di costituire il primo tentativo di misurazione del grado di smartness e di evidenziare
presso le istituzioni le possibili leve su cui agire per implementarlo.
Dirks e Keeling (2009) considerano la Smart City come l’integrazione organica di si-
stemi IT, mentre Kanter e Litow (2009) comparano una città Smart ad un “organismo”
con un sistema nervoso artificiale, che permette alla città di agire in maniera coordinata e
intelligente.
Nello studio di Harrison e colleghi (2010), la Smart City è ricca di strumenti tecnologici,
che consentono la ricezione di dati in tempo reale, interconnessa e intelligente. L’intercon-
nessione implica l’integrazione dei dati in una piattaforma e la comunicazione ai cittadini
di tali informazioni acquisite in tempo reale. Il requisito dell’intelligenza si riferisce, invece,
all’utilizzo di processi di ottimizzazione delle informazioni che facilitano le decisioni ope-
rative più efficienti, soprattutto in campo imprenditoriale.
Toppeta (2010) enfatizza nel concetto di smartness l’aspetto di miglioramento della
sostenibilità e della vivibilità della città, mentre Washburn e colleghi (2010) identificano
la Smart City come una collezione di tecnologie smart applicate ad alcune componenti
infrastrutturali strategiche e ai servizi. Tali tecnologie sono qualificate come una nuova
generazione di hardware e software integrati e in rete, che forniscono sistemi di Information
Technology (IT) e dati in tempo reale. Gli studi più recenti (Nijkamp et al., 2011), infine,
si focalizzano sull’interconnessione delle varie componenti della Smart City inclusive di
relazioni sociali e capitale intellettuale, salute e governance. L’approccio utilizzato è basato
sul modello della “Tripla elica”, oppure, con un differente punto di vista, si assume come
target l’innovazione sociale. Secondo quest’ultimo paradigma, le Smart Cities sono città che
creano le condizioni di governance, infrastrutture e tecnologia che producono innovazione
sociale.
Nel 2012, l’ADI – Agenzia per l’Italia digitale (2012, p. 7)5 attesta che
5 Concretizzatasi con il Decreto Sviluppo del 15 giugno 2012, l’ADI ha il compito di monitorare l’attuazione dei
piani di ICT delle pubbliche amministrazioni e di promuoverne annualmente di nuovi, in linea con l’ADE. Questi com-
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con il termine Smart City/Community (SC) si intende quel luogo e/o contesto territoriale ove l’utilizzo
pianificato e sapiente delle risorse umane e naturali, opportunamente gestite e integrate mediante le
numerose tecnologie ICT già disponibili, consente la creazione di un ecosistema capace di utilizzare al
meglio le risorse e di fornire servizi integrati e sempre più intelligenti (cioè il cui valore è maggiore della
somma dei valori delle parti che lo compongono). Gli assi su cui si sviluppano le azioni di una SC sono
molteplici: mobilità; ambiente ed energia; qualità edilizia; economia e capacità di attrazione di talenti
e investimenti; sicurezza dei cittadini e delle infrastrutture delle città; partecipazione e coinvolgimento
dei cittadini. Condizioni indispensabili sono una connettività diffusa e la digitalizzazione delle comu-
nicazioni e dei servizi.
In linea di massima, dunque, il concetto di città smart ha progressivamente modifi-
cato il suo significato e le relative interconnessioni con le diverse dimensioni della vita,
designando essenzialmente all’inizio di questo secolo una valenza di città digitale che
nel corso degli anni ha inglobato anche l’inclusione sociale, per poi estendere l’interesse
verso una maggiore qualità della vita, in un’ottica di “Smart more than digital” (Ambro-
setti, 2012).
Le varie definizioni possono anche essere incrociate in base alla tipologia di stakeholder
proponente (istituzionale, accademico o imprenditoriale) e per ambiti di focalizzazione e,
in merito, si può osservare che:
– le istituzioni sono maggiormente focalizzate sulle infrastrutture di rete (energia e mo-
bilità, ma anche ICT), ponendo in secondo piano le sfaccettature della Smart City connesse
alla qualità della vita; in particolare, le interpretazioni degli enti europei sono tendenzial-
mente più restrittive;
– il mondo accademico è più orientato alla sistematicità e, nelle sue definizioni, abbraccia
tutti gli ambiti di focalizzazione;
– le imprese, così come le istituzioni, sono più orientate alle infrastrutture di rete e in
particolare all’ICT in quanto prodotto/servizio.
Relativamente agli ambiti di focalizzazione:
– la mobilità e le tecnologie ICT sono un elemento comune a più interpretazioni;
– la sostenibilità ambientale risulta essere trasversale ed è l’unico aspetto comune a tutte
le definizioni;
– la dimensione di qualità della vita, così come gli aspetti più marcatamente sociali (quali
istruzione, governance partecipativa, sanità) sono presenti in modo esplicito soprattutto
nelle definizioni provenienti dal mondo accademico.
5. GLI ATTORI DI UNA SMART CITY
Gli attori principali delle Smart Cities, a partire dalla teoria della “Tripla elica”, possono
essere riassunti in: Università, Industria, Governo e Società civile.
Tuttavia, gli attori effettivamente coinvolti a livello micro sono una moltitudine difficile
da elencare in modo completo, in quanto non si possono circoscrivere esclusivamente ai
cittadini, alle imprese e agli operatori del settore pubblico, ma inglobano anche i diversi
ruoli che ciascuno di questi singoli soggetti svolge contemporaneamente nella città (genito-
piti sono attuati attraverso la Cabina di regia che è l’organo operativo dell’ADI ed è strutturata in sei gruppi di lavoro a
cui corrispondono sei assi strategici: infrastrutture e sicurezza; eCommerce; eGovernment; Open Data; alfabetizzazione
informatica – competenze digitali; ricerca e innovazione; Smart Cities and Communities.
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re, turista, studente, ricercatore, volontario, progettista, sanitario, religioso, automobilista
ecc.).
Sulla base di quanto indicato nel rapporto dell’Agenzia per l’Italia digitale del 2012,
gli attori coinvolti possono essere, quindi, classificati in base ad ambiti verticali (cfr. FIG.
4) o ad aree tematiche di intervento, caratterizzanti specifici settori della società, ovvero:
mobilità, trasporti, logistica; energia ed edilizia intelligente; sicurezza pubblica urbana;
ambiente e risorse naturali; turismo e cultura; sanità intelligente e assistenza; e-education;
spazi pubblici e aggregazione sociale; e-goverment.
Gli attori, d’altro canto, a seconda del ruolo che rivestono, implementano apposite norma-
tive (inerenti la mobilità, l’efficienza energetica, la pubblica amministrazione digitale, l’edilizia
e l’urbanistica, la privacy) e adottano specifici strumenti in tema di Smart City (piano edilizia
abitativa, agenda digitale, piano nazionale banda larga, piano nazionale città, piano di azione
per l’efficienza energetica, piano e-government, piano nazionale logistica e bandi MIUR).
Figura 4. Gli attori per aree tematiche di intervento
Fonte: nostra elaborazione da Agenzia per l’Italia digitale (2012, pp. 16-24).
6. LA MISURAZIONE DEI FENOMENI MULTIDIMENSIONALI A LIVELLO LOCALE
Per poter monitorare la convergenza di una città verso una tipologia di Smart City
occorre focalizzare esattamente cosa si intende per city e individuare un sistema di mi-
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surazione composto da indicatori in grado di essere rappresentativi in termini di to be
smart.
La city può essere rappresentata da uno dei seguenti livelli territoriali: provincia; area
metropolitana; Sistema locale del lavoro (SLL)6; comune capoluogo di provincia; comune.
Oltre alla questione del livello territoriale, un altro elemento di potenziale instabilità
è la definizione di una precisa unità territoriale di analisi. Se, da un lato, la misurazione
non può prescindere da questo passo, dall’altro, l’essenza stessa della Smart City – intesa
come ambiente urbano – riconduce a dei confini più labili, meno circoscrivibili dei confini
amministrativi di uno specifico territorio. Infatti, se la letteratura con un focus orientato
alla misurazione si è concentrata sul concetto di city, proprio con l’intento di arrivare a
una definizione che fosse operativa, nel dibattito attuale si sente sempre più spesso parlare
di community, ovvero di comunità. Tale concetto richiama il dialogo, la collaborazione
tra gli attori, l’interazione tra gli stakeholders, la partecipazione ai processi decisionali ed
estende di conseguenza anche gli ambiti di governance del territorio, in cui la smartness fa
riferimento più al processo che al risultato, laddove il risultato atteso si misura in termi-
ni di incremento dei livelli di benessere della comunità. In tal senso, oltre alla già citata
Agenzia per l’Italia digitale, anche la presidenza del Consiglio dei Ministri considera le
città smart come «spazi urbani entro i quali le comunità residenti (la community) possono
incontrarsi, scambiare opinioni, discutere di problemi comuni, avvalendosi di tecnologie
all’avanguardia»7.
Ciò nonostante, pensando a un incrocio operativo della componente dimensionale con
le informazioni statistiche da considerare utili per misurare la smartness, può essere oppor-
tuno considerare il comune capoluogo di provincia quando si fa riferimento al concetto di
city.
L’individuazione del sistema di misurazione risulta più complesso in quanto, non esi-
stendo una definizione unicamente condivisa di Smart City, così come è stato approfondito
in precedenza, i confini di una selezione di indicatori valida per ogni situazione non sono
facilmente identificabili.
Tuttavia, al fine di confrontare situazioni differenti nell’ottica di un miglioramento con-
tinuo, risulta necessario trovare una convergenza verso un sistema comune di misurazione,
che può di volta in volta essere ampliato per includere aspetti specifici. Il sistema di mi-
surazione, infatti, non può prescindere dalla situazione di partenza del singolo territorio,
data l’eterogeneità dei differenti contesti socio-economici, ma anche del focus che si vuole
approfondire; così come non può prescindere dal grado di attivazione dei diversi attori a
livello micro e delle competenze nelle diverse aree di governance.
L’assunto di base che la smartness sia un fenomeno multidimensionale, ormai condiviso,
rende alcune esperienze di misurazione condotte a livello internazionale di particolare inte-
resse per l’individuazione delle dimensioni e degli indicatori per misurarlo.
Le esperienze più significative a livello locale si sono sviluppate nell’ultimo decennio
intorno a temi quali la competitività, l’attrattività, la qualità della vita, la sostenibilità del
contesto urbano. Riprendendo Saskia Sassen (2006), come attori globali le cities sono poste
sotto la lente di ingrandimento del confronto, che non può esistere senza la misurazione.
Sebbene lo scopo principale di queste esperienze, di cui di seguito viene riportata una
6 Secondo la definizione ufficiale dell’ISTAT, i Sistemi locali del lavoro sono «le unità territoriali identificate da un
insieme di comuni contigui legati fra loro dai flussi degli spostamenti quotidiani per motivi di lavoro, rilevati in occa-
sione dei censimenti della popolazione».
7 Per maggiori informazioni si veda http://www.governo.it/presidenza/.
188 Economia & Lavoro, XLVIII, 1
breve rassegna, sia quello di elaborare dei ranking, in questa sede l’aspetto interessante che
si vuole sottolineare di questi lavori è quello di aver delineato dimensioni utili allo scopo
di costruire una definizione operativa e misurabile di Smart City, che ricordano molto da
vicino quelle che nella letteratura esaminata in precedenza contribuiscono a definire la
smartness.
L’Economist Intelligence Unit (EIU) misura le condizioni di vita nelle città rispetto a
cinque dimensioni che concorrono all’elaborazione dell’Economist Intelligence Unit’s live-
ability rating: stabilità; sanità; cultura e ambiente; istruzione; infrastrutture.
Ancora l’EIU ha elaborato il Global City Competitiveness Index, volto misurare la com-
petitività (intesa come capacità di attrarre capitale, imprese, talento e visitatori) sulla base
di otto dimensioni: stabilità economica; capitale umano; efficacia delle istituzioni; maturità
finanziaria; appeal globale; capitale fisico; ambiente e rischi naturali; caratteristiche sociali
e culturali.
Anche il Green City Index è frutto del lavoro dell’EIU e misura la sostenibilità ambienta-
le delle città secondo otto dimensioni: CO2; energia; edifici; trasporti; rifiuti e uso del suolo;
acqua; qualità dell’aria; governance ambientale.
Il Global Power City Index, elaborato a partire dal 2008 dalla Mori Memorial Founda-
tion per misurare la competitività urbana, è costruito sulla base di 6 dimensioni e 69 in-
dicatori. Le dimensioni identificate rispondono allo scopo dello studio, che è quello di
misurare il “magnetismo” di una città, ovvero quella capacità di attrarre capitale umano e
imprese in un’ottica di competizione globale. Nel dettaglio le dimensioni sono: economia;
Ricerca & Sviluppo; interazione culturale; vivibilità; ambiente; accessibilità.
Il Mercer Quality of living Index, elaborato con cadenza annuale dalla società di
consulenza Mercer, considera invece 10 dimensioni relative a: ambiente politico e socia-
le; ambiente economico; ambiente socio-culturale; salute e sanità; scuola e istruzione;
servizi pubblici e trasporti; attività ricreative; beni di consumo; abitazioni; ambiente
naturale.
Il Global Cities Index, messo a punto dalla società di consulenza americana AT Kerney,
misura quanto le città siano inserite nei contesti globali sulla base di cinque dimensioni:
attività imprenditoriale; capitale umano; scambio di informazioni; cultura; partecipazione
politica.
Altri lavori interessanti sono: il Rapporto Cities of Opportunity, che esamina le cit-
tà guardando ad aspetti sociali ed economici secondo 10 dimensioni; l’Innovation City
Index, che considera tre fattori fondamentali (beni culturali, capitale umano, mercati
interconnessi); il Global ranking of top 10 resilient cities, che misura quanto le città si
stiano attivando per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e adottare soluzioni per
la sostenibilità energetica; l’OPENCities Monitor, un sistema di indicatori di benchmarking
mirati a misurare l’“apertura” di una città, intesa come la capacità di attrarre persone e
renderle in grado di partecipare alla vita e allo sviluppo della città; il Most Livable Cities
Index, pubblicato annualmente dal 2007 dalla rivista “Monocle”, che presenta tra le
dimensioni la qualità dell’architettura, la tolleranza, il design urbano e le politiche attive
per lo sviluppo urbano. Quelli citati sono solo alcuni esempi di un vasto mare di espe-
rienze di misurazione che, man mano che le città sono divenute attori strategici nei pro-
cessi globali, hanno cercato di cogliere i fenomeni di trasformazione urbana, arricchendo
anche il percorso di definizione di un sistema di misurazione della Smart City. In questo
senso, nel corso degli ultimi anni sono stati fatti alcuni tentativi, di cui è presentata una
rassegna nel paragrafo seguente.
189
Roberta De Santis, Alessandra Fasano, Nadia Mignolli, Anna Villa
7. LE DIMENSIONI E I FATTORI DI UNA SMART CITY
Il fascino del concetto di smartness applicato al contesto locale è ormai indiscusso e ha
contribuito alla costruzione di numerose definizioni, che ne hanno evidenziato il carattere
multidimensionale. Tuttavia, l’aspetto relativo alla misurazione non ha seguito lo stesso
processo di accelerazione ed è rimasto piuttosto marginale rispetto alla disseminazione di
pratiche ed esperienze locali.
A livello operativo una Smart City, così come è stato approfondito nel PAR. 4, può essere
identificata lungo 6 assi principali, o parametri o dimensioni (cfr. FIG. 5): Smart Economy;
Smart Mobility; Smart Environment; Smart People; Smart Living; Smart Governance. L’in-
sieme di queste 6 dimensioni individua in pratica l’essenza di una Smart City, che oltre ad
essere una città digitale o tecnologicamente avanzata, «è l’insieme organico e multiforme
del capitale fisico, economico, intellettuale e sociale» (Giffinger et al., 2007).
Figura 5. Le dimensioni e i fattori per misurare la smartness
Fonte: nostra elaborazione da Giffinger et al. (2007).
190 Economia & Lavoro, XLVIII, 1
Questi 6 assi derivano dalle teorie tradizionali regionali e dal paradigma neoclassico
della crescita e dello sviluppo urbano. In particolare, gli assi sono rispettivamente basati
sulle teorie di competitività regionale, dei trasporti e dello sviluppo delle ICT, dell’econo-
mia dell’innovazione, della sostenibilità delle risorse naturali, del capitale umano e socia-
le, della qualità della vita e della partecipazione dei cittadini nel governo della città. Una
città, dunque, può essere definita come smart, quando gli investimenti in capitale umano
e sociale, quelli tradizionali (trasporti) e moderni (ICT) si combinano con un’infrastruttura
di comunicazione e di sviluppo economico sostenibile, nonché con un’alta qualità della
vita e con una gestione saggia delle risorse naturali, attraverso una modalità di governance
partecipativa.
A partire da questi riferimenti teorici, le 6 dimensioni sono state a loro volta definite
sulla base di circa una trentina di fattori, rappresentati da 1 a 4 indicatori per fattore.
Dal punto di vista dell’applicazione di questo framework, nello studio di Giffinger e
colleghi sono stati considerati precisamente 31 fattori (misurati da 74 indicatori) per i quali
è stato possibile reperire i dati. Questo lavoro, intitolato Smart cities ranking of European
medium-sized cities, rappresenta il primo tentativo di misurare la Smart City.
Un altro lavoro interessante dal punto di vista della misurazione propone una lettura
incrociata delle dimensioni e degli attori, che operazionalizza la definizione di Smart City
sulla base della già citata teoria della “Tripla elica” rivisitata. In questo modo è possibile
avere un primo sguardo degli indicatori utili in un’ottica integrata attori/indicatori.
Tra le recenti esperienze di misurazione, si segnala quella condotta nel 2012 dalla socie-
tà americana Fast Company, che ha elaborato uno Smart City ranking che individua le 10
città europee e le 10 città nordamericane più smart, attraverso uno strumento denominato
The Smart Cities Wheel in cui sono individuate 6 dimensioni, le stesse elaborate da Giffin-
ger e colleghi (2007), e 3 differenti fattori chiave per ciascuna dimensione.
In Italia, un primo esercizio di misurazione delle Smart Cities è stato condotto dalla
società FORUM PA che, nel 2012 e nel 2013, ha realizzato l’indice ICity Rate: la classifica delle
città intelligenti italiane. In questo caso, i comuni capoluogo di provincia italiani sono con-
frontati sulla base di 6 dimensioni, prendendo in considerazione come riferimento teorico
e concettuale il già citato lavoro di Giffinger e colleghi (ibid.), per le quali sono stati definiti
circa 100 indicatori.
Sempre in tema di misurazione, anche l’ISTAT attualmente è coinvolto in progetti o in
collaborazioni attinenti alla produzione di indicatori che incidono sulla smartness, sia a
livello europeo sia a livello nazionale e locale. L’ISTAT, inoltre, sulla base del D.L. 179/2012,
è chiamato a contribuire alla costruzione di set di indicatori economici, sociali e ambientali
per la valutazione dell’impatto delle politiche nell’ambito dell’agenda digitale sul benes-
sere dei cittadini, attraverso la realizzazione di un Sistema di monitoraggio delle comunità
intelligenti, ottenibile attraverso l’integrazione di dati provenienti sia dalle fonti statistiche
ufficiali, sia dallo sfruttamento degli archivi amministrativi, sia dai Big Data.
8. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
L’individuazione di un sistema di misurazione confrontabile a livello temporale e terri-
toriale, che renda possibile il monitoraggio della smartness per le città italiane, è un obiet-
tivo molto complesso da raggiungere, in quanto non esiste una definizione operativa ed
empiricamente misurabile di Smart City/Community e dato che l’aspetto relativo alla misu-
191
Roberta De Santis, Alessandra Fasano, Nadia Mignolli, Anna Villa
razione è rimasto piuttosto marginale rispetto alla disseminazione di best practice e specifici
progetti locali.
In relazione al primo punto, nelle numerose definizioni di Smart City, tuttavia, non
si riscontra una piena convergenza verso una univoca identificazione di cosa si intenda
per City/Community, rendendo ancora più complesso il quadro concettuale di partenza.
Pensando ad un incrocio della componente dimensionale con le informazioni statistiche
da considerare utili per misurare la smartness, come è stato anticipato nel PAR. 4, può es-
sere opportuno considerare il comune capoluogo di provincia quando si fa riferimento al
concetto di City. Questa scelta ha delle ripercussioni anche a livello della misurazione, sia
in termini di disponibilità di dati sufficientemente disaggregati, sia in termini di indicatori
già prodotti e diffusi. Tuttavia non è possibile prescindere dall’idea, ormai condivisa, che la
smartness non possa essere ricondotta ad una specifica unità territoriale di analisi, definita
entro confini amministrativi, ma che occorra fare riferimento al concetto di comunità, più
nebuloso e difficile da inquadrare rispetto al tema della misurazione.
Per quanto riguarda il sistema di misurazione composto da indicatori in grado di essere
rappresentativi in termini di to be smart, quindi, tra le azioni da intraprendere è necessario
non solo prevedere un utilizzo più mirato ed efficiente della produzione statistica già esi-
stente a livelli di disaggregazione più fini, ma anche valutare la possibilità di implementare
nuove misure e indicatori.
Al fine di confrontare situazioni differenti nell’ottica di un monitoraggio del fenomeno,
risulta necessario trovare una convergenza verso un sistema comune di misurazione, adatto
a essere ampliato per singole situazioni, in un’ottica di “geometrie variabili”. Infatti, il siste-
ma di misurazione non può prescindere dalla situazione di partenza del singolo territorio,
data l’eterogeneità dei differenti contesti socio-economici, ma anche del focus che si vuole
approfondire e degli attori coinvolti.
Se il framework concettuale a livello macro (quello delle dimensioni) deve essere con-
diviso, a livello micro (quello degli indicatori ed eventualmente dell’unità territoriale di
analisi) possono essere definiti fattori comuni calcolati sia con indicatori condivisi, sia con
indicatori in grado di cogliere le specificità del contesto, contribuendo all’individuazione
di sistemi di misurazione differenziati, ma al contempo confrontabili.
Mentre a livello macro la letteratura esaminata dà indicazioni chiare e univoche su quali
dimensioni considerare, a livello micro molti progressi devono essere ancora compiuti al
fine del raggiungimento di una visione condivisa.
L’efficacia di un sistema di monitoraggio efficiente non può prescindere, quindi, da
alcuni elementi chiave, tra i quali la definizione di obiettivi misurabili e concreti, l’indivi-
duazione delle priorità, l’identificazione di drivers e di azioni rilevanti per il miglioramento
della smartness al fine di ricavare indicazioni di policy, l’identificazione delle diverse com-
petenze ai vari livelli di governo, coinvolgendo gli stakeholders in un’ottica sistemica ed
efficiente.
In Italia, occorre stabilire un indirizzo strategico che permetta di omogeneizzare
e, quindi, rendere più confrontabili le diverse esperienze già implementate in contesti
locali sotto forma di progetti Smart City, che al momento risultano essere a macchia di
leopardo, sia in termini di diffusione sia in merito ai contenuti, ponendo un’attenzione
particolare alle potenziali esternalità negative che possono derivare dall’assenza di un
robusto e composito quadro del contesto di riferimento. A tal fine, può essere utile
investire nella progettazione e nell’implementazione di una Rete intelligente di città,
per mappare e dare un indirizzo comune a iniziative eterogenee, nonché avere come
192 Economia & Lavoro, XLVIII, 1
riferimento delle parole chiave condivise, quali ad esempio: Sostenibilità, Misurabilità,
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