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Corone singole su impianti a connessione conometrica: studio prospettico da 1 a 7 anni

Authors:

Abstract and Figures

con follow-up da 1 a 8 anni hanno dimostrato come la riabilitazione di monoedentulie con im-pianti a sostegno di corone singole rappresenti oggi una tecnica predicibile e di sicura efficacia clinica, con percentuali di sopravvivenza e suc-cesso variabili tra il 93,7 e il 100% 3-6 . Nonostante l'elevata percentuale di successo delle riabilitazioni su impianti singoli sia una re-altà accettata 3-6 , numerosi lavori clinici hanno riportato un'alta incidenza di complicanze pro-tesiche a carico delle stesse, quali l'allentamento della vite di connessione tra moncone e impian-to, lo svitamento della vite occlusale o la frattu-ra delle stesse 7-13 . In un lavoro retrospettivo su 93 monoimpianti inseriti in 77 pazienti, Ekfeldt e Coll. 7 hanno riportato come la complicanza in assoluto più riscontrata fosse rappresentata dall'allentamento della vite di connessione tra moncone e impianto (43%). In uno studio simile, Becker e Becker hanno riportato un'incidenza del 38% di allentamento delle viti di connessione di impianti in zona molare, pur escludendo dal la-voro i pazienti affetti da parafunzioni (bruxismo o serramento) 8 . In un ulteriore studio a 5 anni su 107 monoimpianti, l'incidenza di perdita di connessione tra moncone e impianto riportata era del 12,7% 9 . In un lavoro analogo, Balshi aveva Corone singole su impianti a connessione conometrica: studio prospettico da 1 a 7 anni PAROlE ChIAvE: Connessione moncone impianto, Connessione conometrica, Stabilità meccanica, Microgap, Spostamento della piattaforma. Scopo del lavoro: questo studio prospettico ha valutato la sopravvivenza, il successo implanto-pro-tesico e l'incidenza di complicanze protesiche all'interfaccia moncone-impianto di impianti a con-nessione conometrica (Sistema Implantare LeoneR, Sesto Fiorentino) a sostegno di corone singole. Materiali e metodi: gli impianti erano valutati da 12 fino a 84 mesi dall'inserimento. In ciascuna delle visite di controllo annuali erano valutati parametri clinici, radiografici e protesici. La sopravvivenza era calcolata con metodo di Cutler ed Ederer. Il successo implanto-protesico prevedeva assenza di dolore, suppurazione e mobilità clinica; distanza tra la spalla dell'impianto e primo contatto osseo visibile (DIB) < 2,0 mm; assenza di complicanze protesiche all'interfaccia moncone-impianto. Risul-tati: in un periodo di 7 anni (gennaio 2003-dicembre 2009) 491 impianti (238 maxilla, 253 mandibola) venivano inseriti in 367 pazienti (170 uomini, 197 donne, età compresa tra 22-79 anni) in 5 diversi centri odontoiatrici. I restauri comprendevano 491 corone singole (140 anteriori, 351 posteriori). La sopravvi-venza cumulativa era del 98,74% (98,31% maxilla, 99,12% mandibola). Il successo implanto-protesico era del 97,48%. Rare erano le complicanze protesiche a carico dell'interfaccia moncone-impianto (0,41%). Il valore DIB medio a 7 anni era di 1,15 mm. Conclusioni: gli impianti a connessione conometrica rappre-sentano una valida opzione terapeutica per il sostegno di corone singole, con elevate percentuali di sopravvivenza e successo a lungo termine. L'elevata stabilità meccanica della connessione conome-trica riduce l'incidenza di complicanze protesiche all'interfaccia moncone-impianto. Carlo Mangan o , F r a n c e s c o M a n g a n o , A l e s s a n d r o M a n g a n o , A l d o M a c c h i
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Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
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Implantologia 2011; 2: xx-xx
n INTRODUZIONE
L’impiego di impianti dentali per la riabilita-
zione estetico-funzionale di arcate parzialmente
o completamente edentule è una metodica sicu-
ra, predicibile e ben documentata, con eccellenti
risultati a lungo termine1,2. In Letteratura, studi
con follow-up da 1 a 8 anni hanno dimostrato
come la riabilitazione di monoedentulie con im-
pianti a sostegno di corone singole rappresenti
oggi una tecnica predicibile e di sicura efficacia
clinica, con percentuali di sopravvivenza e suc-
cesso variabili tra il 93,7 e il 100%3-6.
Nonostante l’elevata percentuale di successo
delle riabilitazioni su impianti singoli sia una re-
altà accettata3-6, numerosi lavori clinici hanno
riportato un’alta incidenza di complicanze pro-
tesiche a carico delle stesse, quali l’allentamento
della vite di connessione tra moncone e impian-
to, lo svitamento della vite occlusale o la frattu-
ra delle stesse7-13. In un lavoro retrospettivo su
93 monoimpianti inseriti in 77 pazienti, Ekfeldt
e Coll.7 hanno riportato come la complicanza
in assoluto più riscontrata fosse rappresentata
dall’allentamento della vite di connessione tra
moncone e impianto (43%). In uno studio simile,
Becker e Becker hanno riportato un’incidenza del
38% di allentamento delle viti di connessione di
impianti in zona molare, pur escludendo dal la-
voro i pazienti affetti da parafunzioni (bruxismo
o serramento)8. In un ulteriore studio a 5 anni
su 107 monoimpianti, l’incidenza di perdita di
connessione tra moncone e impianto riportata
era del 12,7%9. In un lavoro analogo, Balshi aveva
Corone singole su impianti
a connessione conometrica:
studio prospettico da 1 a 7 anni
PAROLE CHIAVE:
Connessione moncone impianto, Connessione conometrica, Stabilità meccanica,
Microgap, Spostamento della piattaforma.
Scopo del lavoro: questo studio prospettico ha valutato la sopravvivenza, il successo implanto-pro-
tesico e l’incidenza di complicanze protesiche all’interfaccia moncone-impianto di impianti a con-
nessione conometrica (Sistema Implantare LeoneR, Sesto Fiorentino) a sostegno di corone singole.
Materiali e metodi: gli impianti erano valutati da 12 fino a 84 mesi dall’inserimento. In ciascuna delle
visite di controllo annuali erano valutati parametri clinici, radiografici e protesici. La sopravvivenza
era calcolata con metodo di Cutler ed Ederer. Il successo implanto-protesico prevedeva assenza di
dolore, suppurazione e mobilità clinica; distanza tra la spalla dell’impianto e primo contatto osseo
visibile (DIB) < 2,0 mm; assenza di complicanze protesiche all’interfaccia moncone- impianto. Risul-
tati: in un periodo di 7 anni (gennaio 2003- dicembre 2009) 491 impianti (238 maxilla, 253 mandibola)
venivano inseriti in 367 pazienti (170 uomini, 197 donne, età compresa tra 22-79 anni) in 5 diversi centri
odontoiatrici. I restauri comprendevano 491 corone singole (140 anteriori, 351 posteriori). La sopravvi-
venza cumulativa era del 98,74% (98,31% maxilla, 99,12% mandibola). Il successo implanto-protesico era
del 97,48%. Rare erano le complicanze protesiche a carico dell’interfaccia moncone-impianto (0,41%). Il
valore DIB medio a 7 anni era di 1,15 mm. Conclusioni: gli impianti a connessione conometrica rappre-
sentano una valida opzione terapeutica per il sostegno di corone singole, con elevate percentuali di
sopravvivenza e successo a lungo termine. L’elevata stabilità meccanica della connessione conome-
trica riduce l’incidenza di complicanze protesiche all’interfaccia moncone-impianto.
Carlo Mangano
Professore a Contratto,
Scienze dei Biomateriali,
Università di Varese.
Francesco Mangano
Libero Professionista,
Gravedona (Como).
Alessandro Mangano
Studente in Odontoiatria
e Protesi Dentaria,
Università di Milano.
Aldo Macchi
Professore Ordinario,
Cattedra di Materiali Dentari,
Università di Varese.
Corrispondenza:
Carlo Mangano
P.zza Trento 4,
22015 Gravedona (Como)
Tel-fax 0344-85524
camangan@gmail.com
www.drmangano.com
Carlo Mangano, Francesco Mangano, Alessandro Mangano, Aldo Macchi
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
Implantologia 2011; 2: xx-xx
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riportato percentuali ancor più elevate (48%) di
allentamento della vite impiegata per la solida-
rizzazione tra moncone e impianto, con conse-
guente perdita di connessione10. Problematiche
analoghe erano descritte da Walton e Coll.11 e da
Wannfors e Coll.12, che rilevavano in due diversi la-
vori una percentuale di allentamento delle viti di
connessione pari al 27 e al 28%, rispettivamente.
Infine, in uno studio a 2 anni su 81 monoimpianti,
inseriti prevalentemente nelle regioni posteriori
dei mascellari, l’incidenza dell’allentamento della
vite occlusale riportata era del 22,2%13.
Le complicanze descritte in tutti questi lavori
coinvolgono maggiormente gli impianti posizio-
nati nelle regioni posteriori di entrambe le ossa
mascellari, soggetti a notevole carico mastica-
torio, con percentuali riportate di allentamento
della vite di connessione tra moncone e impianto
descritte variabili dal 6 al 48%7-15. È noto infatti
come le forze occlusali nella regione molare, fino
a 3-4 volte superiori rispetto a quelle nella zona
incisiva, possano ingenerare stress elevati a livello
delle componenti implantari7-15.
Al giorno d’oggi, l’introduzione nei più evoluti
sistemi implantari di chiavi dinamometriche, in-
sieme con l’evoluzione tecnologica dei materiali
stessi tesa a una sempre maggior precisione della
componentistica implantare, sembrerebbe avere
ridotto l’incidenza di tali problematiche. In una
recente (2008) revisione sistematica sulla soprav-
vivenza e le complicanze protesiche di impianti a
sostegno di corone singole, infatti, Jung e Coll.3
hanno riportato un’incidenza di perdita di con-
nessione tra moncone ed impianto del 12,7%.
Questo risultato era però influenzato dall’inclu-
sione nella revisione stessa di un vecchio lavo-
ro clinico riportato precedentemente9 in cui viti
d’oro erano utilizzate per connettere il moncone
protesico agli impianti. Tolto questo lavoro, all’in-
terno della stessa revisione sistematica, l’inciden-
za della perdita di connessione tra moncone e
impianto riportata scenderebbe al 5,8%3. Si tratta
di un dato certamente inferiore rispetto a quanto
riportato in lavori precedenti, tuttavia rilevante,
perché emerso da lavori clinici tra i più recenti,
che impiegano sistemi implantari moderni, carat-
terizzati da una componentistica protesica evolu-
ta e di notevole precisione3.
Una delle principali differenze tra i vari sistemi
implantari disponibili oggi in commercio è da-
ta dalla tipologia di connessione presente tra
moncone e impianto16,17. Ad oggi, la tipologia
di connessione tra moncone e impianto più pre-
sente sul mercato rimane quella avvitata. Nelle
connessioni avvitate, la solidarizzazione tra mon-
cone e impianto è ottenuta grazie a una vite di
connessione e dipende essenzialmente dal pre-
carico sulla stessa, generato attraverso specifico
torque di avvitamento durante l’applicazione16,17.
Qualora carichi occlusali o momenti flettenti su-
perino il pre-carico di avvitamento, è descritto
come la vite di connessione possa deformarsi e di
conseguenza allentarsi, o addirittura arrivare alla
frattura16-18. Nonostante i miglioramenti tecnici
introdotti dalle case produttrici di sistemi avvitati
abbiano ridotto l’incidenza di questi problemi,
non è infrequente che il paziente si presenti ancor
oggi in studio lamentando la mobilità del proprio
restauro protesico su dente singolo, per perdi-
ta della connessione tra moncone e impianto.
Il professionista dovrà in questi casi riavvitare la
vite di connessione; se la vite è deformata, tutta-
via, essa tenderà a svitarsi ripetutamente e dovrà
essere sostituita. La necessità di re-intervenire più
volte per ripristinare la connessione rappresenta
senz’altro un fastidio e un costo per il professio-
nista e per il paziente16-18.
L’introduzione di sistemi a connessione cono-
metrica tra moncone e impianto può senz’altro
rappresentare una possibile soluzione a questo
tipo di problematiche18. Diversi studi in Lettera-
tura hanno riportato come l’impiego di una con-
nessione conica tra moncone e impianto sia in
grado di ridurre l’incidenza di complicanze pro-
tesiche19-24, migliorando la stabilità complessiva
della connessione e l’abilità del sistema a resi-
stere alle forze flettenti16-26. Levine ha riportato
percentuali ridotte di perdita di connessione tra
moncone e impianto (3,6-5,3%) in corone singole
cementate su impianti, utilizzando una connes-
sione conica19. Simili risultati sono stati ottenuti
da Sutter20, Norton21 e Felton22, che hanno evi-
denziato come l’introduzione di una connessione
conica tra moncone e impianto possa migliorare
la stabilità del sistema, aumentando la resistenza
a forze flettenti e riducendo così le complicanze
protesiche. Più recenti lavori di Muftu e Chap-
man23 e Morgan e Chapman24 confermano que-
ste evidenze, riportando una notevole riduzione
delle complicanze protesiche in sistemi implan-
tari caratterizzati da connessione conometrica tra
moncone e impianto.
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
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Implantologia 2011; 2: xx-xx
Lo scopo di questo studio prospettico era valutare
la sopravvivenza, il successo implanto-protesico e
l’incidenza di complicanze protesiche all’interfac-
cia moncone-impianto di impianti a connessione
conometrica (Sistema Implantare LeoneR, Sesto
Fiorentino) impiegati a sostegno di corone singo-
le, in un periodo compreso da 1 a 7 anni.
n MATERIALI E METODI
Selezione dei pazienti
In un periodo compreso tra gennaio 2003 e
dicembre 2009, tutti i pazienti che presentavano
edentulia singola anche in più siti e desideravano
poter essere riabilitati con impianti a sostegno di
corone singole venivano presi in considerazione
per l’inclusione in questo studio prospettico, in 5
diversi centri odontoiatrici. I criteri di inclusione
prevedevano la presenza di altezza e spessore
osseo adeguati, tali da potere inserire impianti di
almeno 8,0 mm in altezza e 3,3 mm in diametro.
I criteri di esclusione erano rappresentati da igie-
ne orale inadeguata, infezioni parodontali attive,
diabete scompensato, bruxismo, forte abitudine
al fumo (più di 15 sigarette al giorno). Tutti i pa-
zienti venivano informati riguardo a questo studio
e firmavano un consenso informato.
Studio Preliminare
Un accurato esame dei tessuti duri e molli
veniva realizzato per ogni paziente. Le radiografie
orto-panoramiche rappresentavano la base per
lo studio preliminare, che veniva completato, ove
necessario, da una moderna tomografia assiale
computerizzata di tipo volumetrico. I dati deri-
vanti dalla TAC volumetrica erano eventualmente
trasferiti a un software di navigazione implantare,
allo scopo di realizzare una ricostruzione tridi-
mensionale delle ossa mascellari. Con l’ausilio di
questo software, era possibile determinare preci-
samente l’altezza, lo spessore e l’angolazione del-
la cresta ossea in corrispondenza di ciascun sito
implantare, insieme con la densità della corticale
e della midollare; veniva quindi simulato l’inseri-
mento dell’impianto. Qualora necessario, inoltre,
sulla base di queste informazioni, veniva realiz-
zata una dima chirurgica stereolitografica per il
corretto posizionamento degli impianti, “guidato”
dal progetto tridimensionale precedentemente
elaborato. Lo studio preliminare includeva natu-
ralmente il montaggio e l’esame dei modelli in
articolatore e un’accurata ceratura diagnostica.
Protocollo chirurgico
L’anestesia locale era ottenuta con infiltrazio-
ne plessica di articaina con adrenalina 1:100.000
(UbistesinR, 3M Espe, St. Paul, MN, USA). Una inci-
sione era realizzata sulla cresta edentula ed estesa
in senso intra-crevicolare ai denti adiacenti, even-
tualmente accompagnata da due incisioni di rila-
sciamento. Venivano sollevati due lembi a spesso-
re totale per poter esporre la cresta alveolare e la
preparazione dei siti d’impianto era realizzata con
frese a diametro incrementale (2 e 2,8 mm per
posizionare un impianto di 3,3 mm di diametro;
2, 2,8 e 3,5 mm per posizionare un impianto di 4,1
mm di diametro e 2, 2,8, 3,3 e 4,2 mm di diametro
per preparare il sito per un impianto di 4,8 mm di
diametro) sotto costante irrigazione. Gli impianti
a connessione conometrica (Sistema Implantare
LeoneR, Sesto Fiorentino) erano posizionati a li-
vello della cresta ossea, da 5 diversi chirurghi (uno
per ciscun centro odontoiatrico coinvolto nello
studio). Completato l’inserimento degli impianti,
i lembi erano riposizionati a copertura totale degli
stessi, e venivano applicate le suture (SupramidR,
Novaxa Spa, Milano). A tutti i pazienti veniva pre-
scritto un antibiotico, 2 g al giorno per 6 giorni
complessivi di trattamento (AugmentinR, Glaxo-
Smithkline Beecham, Brentford, Gran Bretagna). Il
dolore post-operatorio era controllato sommini-
strando 100 mg di nimesulide al bisogno (AulinR,
Roche Pharmaceutical, Basilea, Svizzera) per un
massimo di 2 somministrazioni al giorno, nei soli
2 giorni immediatamente successivi all’intervento.
Venivano date dettagliate informazioni riguardo
all’igiene orale, con prescrizione di sciacqui con
collutorio a base di clorexidina 0,12% per i 7 gior-
ni successivi all’intervento (ChlorexidineR, OralB,
Boston, MA, USA).
Guarigione e carico protesico
Si seguiva un protocollo tradizionale a due
tempi, con guarigione sommersa e successiva sco-
pertura per il carico protesico. Il periodo di guari-
gione variava da 2-3 mesi per la mandibola fino a
3-4 mesi per il mascellare superiore. Una seconda
procedura chirurgica era necessaria per potere
avere accesso agli impianti, e posizionare gli abut-
ment di guarigione. A 2 settimane dalla scopertura,
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
Implantologia 2011; 2: xx-xx
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contestualmente al posizionamento e all’attiva-
zione dei monconi protesici, venivano collocati i
restauri provvisori in resina acrilica. Lo scopo dei
restauri provvisori era quello di favorire e guidare
la guarigione dei tessuti molli intorno agli impian-
ti, verificando il comportamento degli stessi sotto
carico funzionale, prima della fabbricazione dei
restauri definitivi. I provvisori erano mantenuti in
sede per 3 mesi circa e successivamente venivano
collocati i restauri definitivi in oro-ceramica.
Valutazione dei parametri clinici,
radiografici e protesici
Per ciascuna delle visite di controllo pro-
grammate con scadenza annuale dall’inserimen-
to e per ciascun singolo impianto, da gennaio
2004 fino a dicembre 2010, erano presi in consi-
derazione i seguenti parametri clinici:
- presenza/assenza di dolore - sensibilità;
- presenza/assenza di suppurazione - essuda-
zione;
- presenza/assenza di mobilità dell’impianto,
testata con metodo manuale, utilizzando il
manico di due specchietti dentali27.
Erano inoltre realizzate radiografie endorali peri-
apicali con centratore di Rinn (RinnR, Dentsply,
Elgin, IL, USA), per la valutazione dei seguenti pa-
rametri radiografici:
- presenza/assenza di radiotrasparenza peri-
implantare continua;
- distanza tra la spalla dell’impianto e il primo
contatto osseo visibile (“distance between
the implant shoulder and the first visible
bone contact”, DIB) in mm, come media tra
le due misurazioni nei siti mesiale e distale
all’impianto27. Nell’ambito di questo calcolo,
allo scopo di correggere eventuali possibili
distorsioni dimensionali di natura radiogra-
fica, la lunghezza apparente di ciascun im-
pianto era misurata sulla radiografia e quindi
comparata alla reale (nota) lunghezza del-
lo stesso, in modo da potere stabilire, con
discreta precisione, l’eventuale entità della
perdita ossea verticale attorno all’impianto.
Per la valutazione della funzione protesica, infine,
l’occlusione statica e dinamica veniva controllata
con cartine occlusali standard (Bausch articulating
paperR, Bausch inc, Nashua, NH, USA). Particolare
attenzione era dedicata all’analisi delle complican-
Fig. 1 Rx impianto in zona 22 dopo
l’applicazione della corona definitiva
in oro-ceramica.
Fig. 2 La corona in oro-ceramica.
Fig. 3 Rx di controllo dopo 4 anni.
Fig. 4 La corona dopo 4 anni.
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ze protesiche a carico dell’interfaccia moncone-
impianto (perdita di connessione tra moncone e
impianto, frattura del moncone), che erano consi-
derate un parametro di primaria importanza.
Criteri di sopravvivenza e successo
implanto-protesico
La valutazione della sopravvivenza e del
successo implanto-protesico erano realizzate in
accordo a moderni parametri clinici, radiografici
e protesici28.
Gli impianti erano distinti nelle categorie “soprav-
vissuti” e “falliti”. Un impianto era definito “soprav-
vissuto” se ancora in funzione e sotto carico, al
momento dell’ultimo controllo. Viceversa, gli im-
pianti andati perduti, così come gli impianti che
presentavano dolore alla funzione, suppurazione
o mobilità e che venivano conseguentemente ri-
mossi, erano considerati “falliti”. Le cause del falli-
mento erano mobilità per mancata osteointegra-
zione o sopravvenuta infezione, periimplantite
ricorrente o perdita di osso legata a sovraccarico
protesico. L’analisi statistica della sopravvivenza
implantare cumulativa era realizzata con metodo
di Cutler ed Ederer29.
Nell’ambito degli impianti “sopravvissuti”, si di-
stinguevano 3 differenti e ulteriori gruppi:
Gruppo 1: successo implantare:
- assenza di dolore sotto carico,
- assenza di suppurazione,
- assenza di mobilità clinica,
- DIB < 2,0 mm,
- nessuna storia precedente di essudazione.
Gruppo 2: sopravvivenza soddisfacente:
- assenza di dolore sotto carico,
- assenza di suppurazione,
- assenza di mobilità clinica,
- DIB 2-4 mm,
- nessuna storia precedente di suppurazione.
Gruppo 3: sopravvivenza con compromis-
sione:
- fastidio o sensibilità alla funzione,
- assenza di mobilità clinica,
- DIB > 4 mm,
- storia precedente di essudazione.
L’assegnazione a uno di questi 3 gruppi, per gli
impianti sopravvissuti, era definita dai dati clinici
e radiografici raccolti nell’ultima seduta annuale
di controllo. Non ultimo, veniva presa in esame
la funzione protesica, con particolare attenzio-
Fig. 5 Rx impianto in zo-
na 25 dopo l’applicazione
della corona definitiva in
oro-ceramica.
Fig. 6 La corona in oro-
ceramica.
Fig. 7 Rx di controllo do-
po 5 anni.
Fig. 8 La corona dopo 5
anni.
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
Implantologia 2011; 2: xx-xx
70
ne per la connessione moncone-impianto. L’as-
senza di complicanze protesiche all’interfaccia
moncone-impianto (quali perdita di connessione
tra moncone e impianto, o frattura del monco-
ne) era considerata un parametro di importanza
fondamentale, definendo il successo implanto-
protesico come la condizione degli impianti che
presentavano tutte le caratteristiche descritte
per il gruppo 1 (successo implantare), e che in
aggiunta non presentavano e non avevano pre-
sentato alcun tipo di complicazione protesica
all’interfaccia moncone- impianto.
n RISULTATI
In tutto, in un periodo di 7 anni (gennaio
2003-dicembre 2009) 491 impianti erano inseriti
in 367 pazienti (170 uomini, 197 donne, di età
compresa tra 22 e 79 anni, media 59,9) in 5 diversi
centri odontoiatrici. Centoventiquattro pazienti
presentavano indicazioni multiple al trattamento
(edentulie singole in diverse sedi). Un totale di
238 impianti erano inseriti nella maxilla (75 nelle
aree anteriori e 163 nelle aree posteriori), mentre
253 impianti erano posizionati nella mandibola
(65 nelle zone anteriori e 188 nelle zone poste-
riori). Il diametro più frequentemente utilizzato
era il 4,1 mm (293 impianti), seguito rispettiva-
mente dal 4,8 mm (126 impianti) e dal 3,3 mm
(72 impianti). La lunghezza più frequentemente
impiegata era 12,0 mm (232 impianti), seguita da
10,0 mm (151 impianti) e 14,0 mm (74 impianti).
Meno impiegati risultavano gli impianti corti da
8,0 mm (34 impianti). La distribuzione degli im-
pianti per lunghezza e diametro è riportata nella
tabella 1. I restauri comprendevano 491 corone
singole (140 anteriori, 351 posteriori).
Sopravvivenza implantare
Al termine dello studio, 6 impianti (4 maxilla,
2 mandibola) fallivano ed erano rimossi, per una
sopravvivenza cumulativa del 98,74% (98,31%
maxilla, 99,12% mandibola) (Tabb. 2-4). Cinque
di questi fallimenti erano classificati come “preco-
ci”, in quanto si verificavano nel primo periodo di
guarigione, prima della connessione dell’impianto
con il moncone protesico. Le cause di questi fal-
limenti erano attribuite a mancata integrazione
dell’impianto (4 impianti) o periimplantite ricor-
rente (1 impianto) con dolore e suppurazione. Un
fallimento era invece classificato come “tardivo”
Fig. 9 Rx impianto in zo-
na 36 dopo l’applicazione
della corona definitiva in
oro-ceramica.
Fig. 10 La corona in oro-
ceramica.
Fig. 11 Rx di controllo
dopo 7 anni.
Fig. 12 La corona dopo
7 anni.
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
71
Implantologia 2011; 2: xx-xx
e veniva attribuito a progressiva perdita d’osso
legata a sovraccarico protesico tabella 5. In rife-
rimento alla posizione degli impianti falliti, 4 si
trovavano nella maxilla posteriore, 1 nella man-
dibola anteriore e 1 nella mandibola posteriore.
Sette pazienti (7 impianti) erano classificati come
drop-outs, in quanto mancavano di presentarsi
agli annuali controlli clinici, radiografici e protesici
previsti dallo studio.
Successo implanto-protesico
Al termine dello studio, su 491 impianti ori-
ginariamente inseriti, 478 impianti presentavano
un follow-up clinico, radiografico e protesico ad
Tabella 1 Distribuzione degli impianti per lunghezza e diametro (in mm).
8,0 10,0 12,0 14,0 Totale
3,3 9 20 29 14 72
4,1 17 98 147 31 293
4,8 8 33 56 29 126
34 151 232 74 491
Tabella 2 Sopravvivenza cumulativa globale.
Intervallo Impianti all’inizio Drop-outs Impianti Fallimenti Sopravvivenza Sopravvivenza
di tempo dell’intervallo nell’intervallo a rischio nell’intervallo nell’intervallo (%) cumulativa (%)
(mesi)
0-12 491 1 490 5 98,98 98,98
12-24 424 1 423 1 99,76 98,74
24-36 364 - 364 - 100,0 98,74
36-48 307 1 306 - 100,0 98,74
48-60 237 2 235 - 100,0 98,74
60-72 165 1 164 - 100,0 98,74
72-84 97 1 96 - 100,0 98,74
Tabella 3 Sopravvivenza cumulativa nella maxilla.
Intervallo Impianti all’inizio Drop-outs Impianti Fallimenti Sopravvivenza Sopravvivenza
di tempo dell’intervallo nell’intervallo a rischio nell’intervallo nell’intervallo (%) cumulativa (%)
(mesi)
0-12 238 1 237 4 98,31 98,31
12-24 214 1 213 - 100,0 98,31
24-36 198 - 198 - 100,0 98,31
36-48 162 - 162 - 100,0 98,31
48-60 112 1 111 - 100,0 98,31
60-72 84 - 84 - 100,0 98,31
72-84 45 - 45 - 100,0 98,31
Tabella 4 Sopravvivenza cumulativa nella mandibola.
Intervallo Impianti all’inizio Drop-outs Impianti Fallimenti Sopravvivenza Sopravvivenza
di tempo dell’intervallo nell’intervallo a rischio nell’intervallo nell’intervallo (%) cumulativa (%)
(mesi)
0-12 253 - 253 1 99,60 99,60
12-24 210 - 210 1 99,52 99,12
24-36 166 - 166 - 100,0 99,12
36-48 145 1 144 - 100,0 99,12
48-60 125 1 124 - 100,0 99,12
60-72 81 1 80 - 100,0 99,12
72-84 52 1 51 - 100,0 99,12
Tabella 5 Fallimenti.
Intervallo Mancata Periimplantite Perdita Totale
di tempo (mesi) osteointegrazione ricorrente progressiva d’osso
0-12 4 1 - 5
12-24 - - 1 1
24-36 - - - -
36-48 - - - -
48-60 - - - -
60-72 - - - -
72-84 - - - -
6
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
Implantologia 2011; 2: xx-xx
72
almeno un anno dall’inserimento (6 fallimenti,
7 drop-outs) ed erano pertanto inquadrabi-
li in uno dei tre gruppi prestabiliti nei criteri
di successo implanto-protesico (successo im-
planto-protesico, sopravvivenza soddisfacente,
sopravvivenza con compromissione) in base
alla specifica situazione evidenziata nell’ultimo
controllo. Tra tutti questi, 466 impianti (97,48%)
erano classificabili nel gruppo del successo
implanto-protesico (Figg. 1-12). Questi impian-
ti infatti non presentavano dolore alla funzione,
né suppurazione o essudazione, né mobilità
clinica, rivelando un DIB < 2,0 mm e non pre-
sentando alcuna complicanza protesica all’in-
terfaccia moncone-impianto. Dieci impianti
(2,09%) erano invece classificati nel gruppo del-
la sopravvivenza soddisfacente, perché pur non
presentando dolore né suppurazione o mobilità
clinica, avevano un DIB compreso tra 2-4 mm
(8 impianti) o avevano presentato problematiche
protesiche a carico della connessione tra mon-
cone e impianto (2 casi). Questi ultimi 2 casi si
verificavano nella mandibola posteriore ed era-
no rappresentati da perdita di connessione tra il
moncone e l’impianto. I monconi protesici erano
reinseriti e attivati e non venivano più osservate
a carico degli stessi problematiche simili. Tutta-
via, data l’importanza di questo dato nell’ambi-
to di questo studio, questi 2 impianti non po-
tevano essere inseriti nel gruppo del successo
implanto-protesico. L’incidenza della perdita di
connessione tra moncone e impianto nell’am-
bito dello studio era quindi complessivamente
dello 0,41%. Due soli impianti (0,41%), infine, ve-
nivano collocati nel terzo gruppo, ovvero quello
della sopravvivenza con compromissione. Questi
impianti presentavano sensibilità o fastidio al-
la funzione, e pur non avendo suppurazione o
mobilità clinica, avevano una precedente storia
di essudazione e una perdita ossea sostanziale
(DIB > 4,0 mm) accompagnata da sondaggio pa-
rodontale profondo. Nel complesso, la valutazione
radiografica rivelava una distanza media tra la spalla
dell’impianto e il primo contatto osseo (DIB) di 0,81,
0,85, 0,95, 0,93, 1,01, 1,03 e 1,08 mm rispettivamen-
te a 12, 24, 36, 48, 60 e 74 mesi dall’inserimento. A
7 anni, il riassorbimento osseo marginale medio
(DIB) si attestava a 1,15 mm (± 0,30). Le modificazio-
ni della distanza tra la spalla dell’impianto e il primo
contatto osseo da 1 a 7 anni risultavano complessi-
vamente minime e contenute (Tab. 6).
n DISCUSSIONE
L’elevata stabilità della connessione co-
nometrica è garantita dall’ampia superficie di
contatto e dalla frizione generata all’interfaccia
tra moncone e impianto16-18,25,26. Nelle corone
singole supportate da impianti, il mantenimen-
to della stabilità nella connessione tra moncone
e impianto riveste un ruolo di primaria impor-
tanza. La frequenza della perdita di connessione
tra moncone e impianto è ridotta dall’elevata
stabilità meccanica delle connessioni conome-
triche16-26,30-33. Ciò determina maggiori garanzie
in applicazioni cliniche complesse quali la sosti-
tuzione di un dente singolo, in aree ove il carico
protesico è elevato (settori posteriori di entram-
bi i mascellari)16-26,30-34. In un lavoro a 6 anni su
233 impianti singoli a connessione conometrica,
inseriti nelle aree posteriori di entrambi i mascel-
lari, Weigl ha riportato un’incidenza molto bassa
(1,3%) di perdita di connessione tra moncone e
impianto31. Nessun altra complicanza meccani-
ca, quale frattura del moncone o frattura della
ceramica, era descritta31. Questi ottimi risultati
erano confermati da un ulteriore lavoro a 8 anni
su impianti a connessione conometrica a soste-
gno di 275 corone singole, condotto da Doring
e Coll.32, nel quale non veniva descritta alcuna
complicanza di natura protesica (0,0% di perdita
di connessione tra moncone e impianto e nessun
Tabella 6 Distanza tra la spalla dell’impianto ed il primo contatto osseo (DIB) in mm. Media, deviazione standard, mediana
ed intervalli di confidenza.
Tempo (mesi) Media DS Mediana Intervallo Confidenza (95%)
84 1,157 0,302 1,15 1,114 - 1,20
72 1,082 0,336 1,10 1,046 - 1,118
60 1,036 0,32 1,05 1,007 - 1,065
48 1,011 0,315 1,01 0,986 - 1,036
36 0,930 0,34 0,97 0,905 - 0,955
24 0,857 0,348 0,88 0,834 - 0,88
12 0,819 0,356 0,78 0,797 - 0,841
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
73
Implantologia 2011; 2: xx-xx
altra problematica descritta). Anche le più recenti
evidenze della Letteratura sembrano confermare
questi dati e rinforzare il concetto che, attraverso
l’impiego di una connessione conometrica, i pro-
blemi a carico dell’interfaccia tra moncone e im-
pianto possano essere notevolmente ridotti33,34.
In un recente studio prospettico a 4 anni su 307
impianti a connessione conometrica a sostegno
di corone singole, e impiegati soprattutto nelle
regioni posteriori dei mascellari, è stata riportata
una bassa percentuale di complicanze (0,66%)
protesiche all’interfaccia tra moncone e impianto
(due monconi mobili che necessitavano di essere
ri-attivati)33. I risultati di tutti questi lavori sono in
accordo con quelli del presente studio su 491
impianti a connessione conometrica impiegati
a sostegno di corone singole, nelle zone ante-
riori (140) e posteriori (351) di entrambe le ossa
mascellari, in cui rare sono state le complicanze
meccaniche a carico dell’interfaccia moncone-
impianto, quali la perdita di connessione tra la
fixture e l’abutment (0,41%).
Per anni si è riconosciuto come negli impianti
con connessioni tradizionali, dopo un anno di
carico funzionale, il primo contatto osseo fosse
posizionato 1,5-2,0 mm al di sotto della connes-
sione tra moncone e impianto35, al punto da es-
sere considerato questo limite come parametro
di successo. Benché il preciso meccanismo lega-
to alla perdita di tessuto osseo periimplantare
sia ancora poco conosciuto36, alcuni Autori han-
no suggerito come eventuali micro-movimenti
all’interfaccia tra moncone e impianto possano
essere responsabili del riassorbimento osseo37.
Se questa ipotesi venisse confermata da ulteriori
lavori, la connessione conometrica, caratterizzata
da elevata stabilità meccanica16-26,30-34, potrebbe
rappresentare una soluzione ideale, riuscendo a
prevenire o limitare il riassorbimento dell’osso
crestale intorno agli impianti.
È inoltre noto come in tutti gli impianti con con-
nessioni avvitate esista inevitabilmente un mi-
crogap di dimensioni variabili (40-100 micron)
all’interfaccia tra moncone e impianto38,39. Que-
sto microgap può essere colonizzato da batteri,
capaci di penetrare e stabilirsi nella porzione in-
terna dell’impianto39,40. Laddove la connessione
tra moncone e impianto è localizzata in prossimità
della cresta alveolare, la colonizzazione batterica
del microgap interfacciale può essere responsa-
bile della genesi di uno stimolo chemotattico, in
grado di iniziare e sostenere il reclutamento di cel-
lule infiammatorie39,40. Ciò può portare alla genesi
di processi infiammatori a carico dei tessuti peri-
implantari, con conseguente perdita d’osso39,40.
La connessione conometrica tra moncone e im-
pianto, riducendo sensibilmente le dimensioni
del microgap (1-3 micron) interfacciale16-18, può
rappresentare un sigillo capace di contrastare la
penetrazione microbica41.
Negli ultimi anni, infine, è stato dimostrato come
la stabilità dell’osso crestale intorno agli impian-
ti dipenda largamente dalla formazione di una
ampiezza biologica (tessuti molli) adeguata all’in-
terfaccia tra moncone e impianto42. Con la con-
nessione conometrica, il profilo di emergenza del
moncone possiede tutte le caratteristiche van-
taggiose descritte attraverso il moderno principio
dello “spostamento della piattaforma” (“platform
switching”)43,44. L’eventuale microgap all’interfac-
cia è infatti spostato verso l’interno, e conseguen-
temente allontanato dalla cresta ossea43,44.
Questo è un aspetto di grande importanza, per al-
meno due diversi motivi. In primo luogo, i batteri
eventualmente presenti sono più distanti dalla cre-
sta ossea. Secondariamente, la guarigione dei tes-
suti molli è eccellente, con un tessuto connettivale
più ampio e spesso. Questo sigillo trans-mucoso
protegge la cresta ossea e previene a sua volta fe-
nomeni di riassorbimento a carico della stessa43-45.
Nel presente lavoro prospettico su 491 impianti a
connessione conometrica a sostegno di corone
singole, la sopravvivenza implantare cumulati-
va a 7 anni è stata del 98,74% (98,31% maxilla,
99,12% mandibola). Questo dato soddisfacente
è in accordo con quanto rilevato nei precedenti
lavori clinici su sistemi implantari con connes-
sione conometrica tra moncone e impianto30-34.
Elevata stabilità meccanica, assenza di microgap
e spostamento della piattaforma rappresentano
i principali vantaggi della connessione conome-
trica tra moncone e impianto. Tutti questi aspetti
contribuiscono a una notevole stabilità del livello
del tessuto osseo periimplantare nel tempo, co-
me confermato dal presente lavoro, nel quale il
valore DIB medio a 1 e a 7 anni era rispettivamen-
te di 0,81 e 1,15 mm, con minima differenza rile-
vata tra 1 e 7 anni. Il successo implanto-protesico
descritto in questo studio (97,48%), non dissimile
da quanto riportato in Letteratura30-34, è probabil-
mente determinato dalla positiva convergenza di
tutti questi fattori.
Mangano C, Mangano F, Mangano A, Macchi A
Implantologia 2011; 2: xx-xx
74
CONCLUSIONI
Gli impianti a connessione conometrica rap-
presentano una valida opzione terapeutica per il
sostegno di corone singole nelle regioni anteriori
e posteriori di entrambi i mascellari, con elevate
percentuali di sopravvivenza (98,74%) e succes-
so (97,48%) a lungo termine. L’elevata stabilità
meccanica della connessione conometrica ridu-
ce l’incidenza di complicanze protesiche (0,41%)
all’interfaccia moncone-impianto.
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Carlo Mangano, Francesco Mangano, Alessandro Mangano, Aldo Macchi
Single tooth Morse taper connection implants: a 1- to 7- year
prospective study
KEY WORDS: Implant-abutment connection, Morse taper implant-abutment connection, Mecha-
nical stability, Microgap, Platform switching.
Purpose: this prospective study evaluated the implant survival, the implant-crown success and the
incidence of abutment loosening of Morse taper connection implants (Sistema Implantare LeoneR,
Sesto Fiorentino, Italia) used for single tooth replacement. Materials and methods: implants were
evaluated from 12 to 84 months after insertion. In each annual follow-up control, clinical, radiogra-
phic and prosthetic parameters were assessed. The implant survival was calculated with life table
analysis of Cutler and Ederer. Implant-crown success criteria included absence of pain, suppuration
and clinical detectable implant mobility; distance from the implant shoulder to the first visible bone
contact (DIB) < 2.0 mm; absence of abutment loosening. Results: over a 7-year period (january 2003-
december 2009) 491 impiants (238 maxillary, 253 mandibular) were inserted in 367 patients (170
men, 197 women, aged between 22 and 79 years) at 5 different clinical centers. The sites included
anterior (140) and posterior (351) teeth. The cumulative implant survival rate was 98.74% (98.31%
maxilla, 99.12% mandible). The implant-crown success rate was 97.48%. A very low percentage of
implant-abutment loosening was reported (0.41%). Mean DIB was di 1.15 mm (7 years). Conclusions:
Morse taper connection implants represent a valid treatment option for single-tooth restorations,
with excellent long-term survival and success rates. The high mechanical stability of Morse taper
implant-abutment connection reduces the incidence of abutment loosening.
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Article
Full-text available
The inflammatory response adjacent to implants has not been well-investigated and may influence peri-implant tissue levels. The purpose of this study was to assess, histomorphometrically, (1) the timing of abutment connection and (2) the influence of a microgap. Three implant designs were placed in the mandibles of dogs. Two-piece implants were placed at the alveolar crest and abutments connected either at initial surgery (non-submerged) or three months later (submerged). The third implant was one-piece. Adjacent interstitial tissues were analyzed. Both two-piece implants resulted in a peak of inflammatory cells approximately 0.50 mm coronal to the microgap and consisted primarily of neutrophilic polymorphonuclear leukocytes. For one-piece implants, no such peak was observed. Also, significantly greater bone loss was observed for both two-piece implants compared with one-piece implants. In summary, the absence of an implant-abutment interface (microgap) at the bone crest was associated with reduced peri-implant inflammatory cell accumulation and minimal bone loss.
Article
Full-text available
This prospective clinical study evaluated the survival rate and the implant-crown success of 314 Morse taper connection implants, used for single-tooth replacement, after 1 year of functional loading. Over a 4-year period (January 2003 to January 2007), 314 implants (168 maxilla, 146 mandible) were inserted in 302 patients (128 males, 174 females, aged between 23 to 79 years) in six different clinical centres. The sites included anterior (n = 118) and posterior (n = 196) teeth. To evaluate implant-crown success, the following clinical, prosthetic and radiographic parameters were assessed: modified plaque index (mPI), modified sulcus bleeding index (mBI), probing depth (PD), distance from the implant crown margin to the coronal border of the peri-implant mucosa (DIM), width of keratinised mucosa (KM), prosthesis function, and the distance between the implant shoulder and first crestal bone-implant contact (DIB). Success criteria included: absence of suppuration and mobility, PD<5.0 mm, absence of prosthetic complications, absence of continuous peri-implant radiolucency, and DIB<1.5mm after 1-year of functional loading. Prosthetic restorations were all-ceramic (n=116) and metal-ceramic (n=198) crowns. The implant survival rate was 98.4% (5 implant losses, 1 drop-out). A few prosthetic complications (0.6% implant-abutment loosening) were reported. The mean DIB was 0.887 + or - 0.308mm. Among the survived implants (308), four did not fulfill the success criteria, giving an implant-crown success of 98.7%. The use of Morse taper connection implants represents a successful procedure for single-tooth replacement, in the anterior and posterior areas of both arches. The high mechanical stability amy reduce prosthetic complications.
Article
The development and testing of a new restorative system for ITI dental implants is presented in this paper. Design characteristics as well as test procedures and results regarding mechanical strength of the different interfaces to different loads and load directions, resistance to rotational forces, transfer accuracy, and marginal fidelity of the final restorations are described. The results obtained demonstrate the mechanical stability of the system, which favors biologically sound and esthetic restorations while maintaining the simplicity of the procedures.
Article
Measurement of patient survival is necessary for the evaluation of treatment of usually fatal chronic diseases. This is particularly true for cancer. The American College of Surgeons, recognizing this, requires the maintenance of a cancer case registration and follow-up program for approval of a hospital cancer program [1], Acceptance of survival as a criterion for measuring the effectiveness of cancer therapy is also attested to by the very large number of papers published every year reporting on the survival experience of cancer patients.
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Gingival esthetics around natural teeth is based upon a constant vertical dimension of healthy periodontal soft tissues, the Biologic Width. When placing endosseous implants, however, several factors influence periimplant soft and crestal hard tissue reactions, which are not well understood as of today. Therefore, the purpose of this study was to histometrically examine periimplant soft tissue dimensions dependent on varying locations of a rough/smooth implant border in one-piece implants or a microgap (interface) in two-piece implants in relation to the crest of the bone, with two-piece implants being placed according to either a submerged or a nonsubmerged technique. Thus, 59 implants were placed in edentulous mandibular areas of five foxhounds in a side-by-side comparison. At the time of sacrifice, six months after implant placement, the Biologic Width dimension for one-piece implants, with the rough/smooth border located at the bone crest level, was significantly smaller (P<0.05) compared to two-piece implants with a microgap (interface) located at or below the crest of the bone. In addition, for one-piece implants, the tip of the gingival margin (GM) was located significantly more coronally (P<0.005) compared to two-piece implants. These findings, as evaluated by nondecalcified histology under unloaded conditions in the canine mandible, suggest that the gingival margin (GM) is located more coronally and Biologic Width (BW) dimensions are more similar to natural teeth around one-piece nonsubmerged implants compared to either two-piece nonsubmerged or two-piece submerged implants.
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Adverse occlusal forces can result in mechanical complications of implant components. While unacceptably high incidences of mechanical failures have been reported for the two-stage external hex screw-type implant systems, the standard-diameter ITI® solid-screw implant does not seem to be vulnerable to these problems. The 8° Morse taper has eliminated abutment screw loosening and fracture. The incidence of prosthetic screw loosening has been minimized by the 45° bevel on the implant shoulder and by the 1.5 mm vertical abutment walls. The design of the standard-diameter solid-screw ITI implant and the material used in its fabrication (cold worked type IV cp titanium) have eliminated fixture fracture. However, because there have been some reported instances of fractures involving reduced-diameter and hollow implants, these designs should be used with caution.
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Background: Single-tooth implants have been reported to achieve a high level of surgical and prosthetic success. However, close inspection of the literature reveals a paucity of data on the follow-up of single-tooth implants in function for 5 years or more. Since unsplinted implants may be considered to be subject to greater functional stresses, there is a need to report on the long-term biologic and mechanical integrity of such implant-supported restorations. Purpose: To report on the long-term follow-up of single-tooth implants, restored and in function for 4 to 7 years. Materials and Methods: Twenty-seven Astra Tech single-tooth implants were subject to a clinical audit to evaluate implant and prosthetic success as well as response of both hard and soft tissues over a 1- to 4-year follow-up. This current report presents data on the biologic and mechanical integrity of 23 of these single-tooth implants, which have been in function for up to 7 years (mean, 63 mo). Data are provided with respect to implant survival, maintenance of marginal bone levels, soft-tissue health, and the recording of any adverse events, including prosthetic complications. Results: Only 14 implants in 13 patients were available for review, with no failures for this group of implants. One patient from the original group, who was lost to follow-up, was known to have suffered an implant failure. Furthermore, in accordance with established criteria, the remaining 13 implants that are not included in this report must at this time also be considered as potential failures. As such, the best-case scenario would be a 95.6% success rate for the 23 implants included in this review and the worst-case scenario would be a 60.8% success rate. Mean marginal bone loss measured 0.49 mm mesially and 0.76 mm distally, with a frequency of bone loss of 50%. Soft tissues were clinically healthy. There were few adverse events, with only one case of abutment screw loosening, detected at the 6-year review. In addition, crown decementation was recorded three times in two patients. Conclusions: It can be concluded that the Astra Tech single-tooth implant can achieve long-term biologic and mechanical stability when used to restore single missing teeth, over the long-term.
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Adverse occlusal forces can result in mechanical complications of implant components. While unacceptably high incidences of mechanical failures have been reported for the two-stage external hex screw-type implant systems, the standard-diameter ITI® solid-screw implant does not seem to be vulnerable to these problems. The 8° Morse taper has eliminated abutment screw loosening and fracture. The incidence of prosthetic screw loosening has been minimized by the 45° bevel on the implant shoulder and by the 1.5 mm vertical abutment walls. The design of the standard-diameter solid-screw ITI implant and the material used in its fabrication (cold worked type IV cp titanium) have eliminated fixture fracture. However, because there have been some reported instances of fractures involving reduced-diameter and hollow implants, these designs should be used with caution.
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We have illustrated the life table method for computing survival rates with 5-year survival data for cancer patients, emphasizing the advantage gained by including survival information on cases which entered the series too late to have had the opportunity to survive a full 5 years. The advantage is measured in terms of reduction in standard error of the survival rate. For the five series of patients in this paper, the reduction in standard error ranged from one-third to two-thirds.