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Antonianum LXXXII (2008) 315-343
CATTOLICESIMO E PLURALISMO CULTURALE
Un confronto tra Italia e Stati Uniti
Giuseppe Giordan, Lluís Oviedo, Stefano Federici1
Summary: The history of Christianity can be described as a history of constant confrontation with the social
and cultural context it met all along the centuries. Such extraordinary capacity of Christianity, and of
Catholicism in particular, of adapting to the most diverse cultures has been studied and investigated through
multifarious perspectives, which have highlighted both the process of discernment and mediation as well as
that of negotiation and flexible adaptation. In other words, religion and culture are interwoven in a
pluralization dynamics that lead them to re-position each other, putting to the test both the internal
coherence and the identity inherited by tradition. This article means to present the first outcomes of a pilot
research carried on at international level, confronting the beliefs and opinions of United States and Italian
Catholics concerning some particularly “hot issues” inside Catholicism and relevant even in the contemporary
public debate.
Introduzione
Il rapporto tra cristianesimo e culture è stato oggetto di molteplici studi,
tanto sul versante teologico quanto su quello delle scienze sociali. Pur nella
molteplicità degli assunti teorici che sostanziano i vari apporti scientifici, sem-
bra esserci un accordo di fondo sulla straordinaria capacità del cristianesimo, e
del cattolicesimo in particolare, nel declinare i riti, le credenze e le norme mo-
rali a seconda dei contesti sociali e culturali con i quali lungo i secoli si è incon-
trato.
Un incontro, quello tra cristianesimo e culture, che ha portato su entram-
bi i fronti a reciproche contrattazioni e riposiziona-menti, non sempre facili e
indolori: un lungo processo di negoziazione e di adattamento flessibile che,
soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, è stato definito all’interno del
cattolicesimo in termini di “aggiornamento”. Dal versante propriamente reli-
gioso, tale processo di mediazione e di discernimento ha messo continua-
mente alla prova la coerenza e la tenuta del riferimento alla tradizione nel con-
fronto con le questioni sempre nuove sollevate dalle culture in continuo e
progressivo cambiamento.
È all’interno di questa cornice che si inserisce lo studio pilota “Cattolice-
simi a confronto”, concepito come primo passo verso una indagine più strut-
turata che sia in grado di misurare gli effetti che un contesto culturale sempre
più pluralista e globalizzato può avere sulla comprensione che il cattolicesimo
ha di se stesso. A tal proposito, per quanto possa sembrare strano, mentre ab-
1 Giuseppe Giordan (Università della Valle d’Aosta) è autore dell’introduzione, del paragra-
fo 1 e delle conclusioni; Lluís Oviedo (Pontificia Università Antonianum) è autore del paragrafo
2; Stefano Federici (Università di Perugia) è autore del paragrafo 3.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
317
biamo a disposizione alcune ricerche empiriche sui singoli contesti nazionali,
mancano dei confronti internazionali che mettano in evidenza non solo come
il cattolicesimo si presti ad essere declinato in termini interculturali (o “tran-
sculturali”), ma anche come tali differenze culturali possano portare a diverse
modalità di interpretare “l’unica” fede cattolica.
Proprio partendo da tale carenza di comparazioni a livello internazionale,
la ricerca esplorativa “Cattolicesimi a confronto” (da ora in poi menzionata
con CCS, acronimo del titolo inglese dell’indagine Comparing Catholicism Survey)
intende offrire una prima comparazione internazionale e interculturale di dati
empirici raccolti tra cattolici nord-americani ed europei. La particolarità
dell’indagine, inoltre, sta nell’aver somministrato il questionario non a cattolici
“generici”, a coloro cioè che magari si identificano “culturalmente” così, anche
se non frequentano mai (o poco) la messa domenicale e gli altri sacramenti, ma
ai “praticanti regolari”: il questionario, infatti, è stato distribuito e compilato
all’inizio o alla fine della celebrazione della messa domenicale. Sono stati rac-
colti 2.523 questionari validi, coinvolgendo nell’indagine 14 parrocchie tra Ita-
lia, Spagna, Portogallo e Stati Uniti (vedi paragrafo 3, Disegno sperimentale e
metodologia della ricerca).
Oltre alle tradizionali domande riguardanti le caratteristiche socio-
demografiche dell’intervistato, il questionario approfondisce il grado di con-
vinzione nelle credenze, la fedeltà alla pratica religiosa e alcune questioni di
“scottante” attualità all’interno della chiesa: anche su quest’ultimo aspetto, no-
nostante nel dibattito pubblico si diano spesso per scontate le opinioni dei cat-
tolici, allo stato attuale manca una letteratura scientifica di riferimento, soprat-
tutto riguardo a ciò che pensano i “praticanti”.
Nella prima parte del nostro articolo, si esporranno le analisi descrittive
dei dati raccolti relativamente alla fase pre-sperimentale (vedi il paragrafo 4, Meto-
dologia della ricerca) attinenti alla somministrazione del CCS al campione delle
parrocchie italiane e statunitensi, trascurando i dati raccolti nelle parrocchie
della Spagna e del Portogallo data la percentuale notevolmente inferiore di que-
ste rispetto a quelle degli altri due gruppi nazionali (vedi tabella 1).
Alla lettura dei dati seguirà un approfondimento in cui, attraverso
un’analisi multivariata, si cercherà di verificare se e in che misura le varianti
genere, età, scolarizzazione, nazionalità e livello di religiosità influenzino le
modalità del credere dei cattolici intervistati.
Nel terzo paragrafo saranno invece discusse alcune variabili del campione,
ottenute con analisi statistiche sui dati delle parrocchie italiane e statunitensi,
confrontate con alcune delle principali teorie della religione.
Infine verrà esposto il piano sperimentale della ricerca su CCS e le l’analisi
delle caratteristiche sociometriche del questionario CCS di autovalutazione.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
318
Tab. 1. Frequenze e percentuali dei questionari raccolti nella fase pre-sperimentale
distribuiti per nazionalità (luogo della parrocchia), sesso ed età dei partecipanti.
Sesso Età
Nazione Freq M F 18-21 22-29 30-49 50-64 65-74 >=75
Conteggio 426 775 47 91 399 338 286 29
% entro
Nazione 35,5% 64,5% 3,9% 7,6% 33,5% 28,4% 24,0% 2,4%
USA
4 parrocchie
1203
47,7% % entro lo
Stato Civile 50,0% 46,8% 42,7% 48,4% 51,4% 47,7% 43,2% 54,7%
Conteggio 338 638 44 64 287 264 297 21
% entro
Nazione 34,6% 65,4% 4,5% 6,6% 29,4% 27,0% 30,4% 2,1%
Italia
5 parrocchie
987
39,1% % entro lo
Stato Civile 39,7% 38,5% 40,0% 34,0% 37,0% 37,2% 44,9% 39,6%
Conteggio 48 79 1 9 32 38 48 0
% entro
Nazione 37,8% 62,2% ,8% 7,0% 25,0% 29,7% 37,5% ,0%
Spagna
3 parrocchie
130
5,2% % entro lo
Stato Civile 5,6% 4,8% ,9% 4,8% 4,1% 5,4% 7,3% ,0%
Conteggio 40 163 18 24 58 69 31 3
% entro
Nazione 19,7% 80,3% 8,9% 11,8% 28,6% 34,0% 15,3% 1,5%
Portoga-
llo
2 parrocchie
203
8,0% % entro lo
Stato Civile 4,7% 9,8% 16,4% 12,8% 7,5% 9,7% 4,7% 5,7%
Conteggio 852 1655 110 188 776 709 662 53
% entro
Nazione 34,0% 66,0% 4,4% 7,5% 31,1% 28,4% 26,5% 2,1%
Totale
2523
100,0% % entro lo
Stato Civile 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%
Nel terzo paragrafo saranno invece discusse alcune variabili del campione,
ottenute con analisi statistiche sui dati delle parrocchie italiane e statunitensi,
confrontate con alcune delle principali teorie della religione.
Infine verrà esposto il piano sperimentale della ricerca su CCS e le l’analisi
delle caratteristiche sociometriche del questionario CCS di autovalutazione.
1. Analisi dei dati: le frequenze
Già da una prima lettura delle frequenze dei dati raccolti emergono ele-
menti rilevanti, sui quali in seguito saranno condotte altre analisi statistiche.
Nella costruzione del questionario gli item sono stati elaborati per indagare
sette dimensioni del cattolicesimo: quattro dimensioni collegate a temi di
attualità nella vita della Chiesa, e tre dimensioni tradizionali del credere (la
pratica, la credenza e l’esperienza); non è stato necessario indagare la
dimensione dell’appartenenza in quanto il questionario è stato somministrato
ai fedeli che partecipavano alla messa domenicale, e quindi appartenenti alla
chiesa cattolica.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
319
I temi di attualità all’interno del cattolicesimo toccano argomenti quali la
conformità o differenza rispetto alla norma e alla prassi ecclesiale (ordinazione
delle donne, celibato dei preti, matrimonio degli omosessuali, comunione ai
divorziati risposati), la distinzione tra la condizione soggettiva del ministro e
l’accettazione della sua funzione ministeriale, il crescente pluralismo all’interno
dei fedeli, e da ultimo la tensione tra la dimensione spirituale e quella religiosa
del credere.
Hanno risposto al questionario in Italia e negli Stati Uniti 2.190 cattolici
praticanti2, com’era facilmente prevedibile in maggioranza donne (il 65%, co-
ntro il 35% degli uomini). Per quanto riguarda l’età, poco più di tre intervistati
su dieci (31,7%) hanno fra i 30 e i 49 anni, poco meno di tre su dieci (29,2%)
hanno superato i 65 anni, e il 27,8% ha tra i 50 e i 64 anni; i meno rappresenta-
ti sono i giovani sotto i 30 anni, praticamente uno su dieci (11,4%). La fascia
d’età più rappresentata nel campione americano è quella che va dai 30 ai 49
anni, mentre tra gli italiani i più numerosi sono quelli che hanno più di 65 anni.
La maggioranza degli intervistati (58%) è sposata con rito religioso, men-
tre il 22,7% del campione non è sposato e un intervistato su dieci è vedovo/a;
il 10% si trova in una situazione “non regolare” in quanto è divorziato (5,1%),
sposato con matrimonio civile (3,6%) o convivente (1,4%). I cattolici sposati
civilmente o divorziati sono presenti maggiormente nel campione americano,
mentre in Italia sono percentualmente di più coloro che hanno scelto la convi-
venza come forma per vivere un legame di coppia al di fuori del matrimonio
religioso.
Per quanto concerne il livello di scolarizzazione, circa tre intervistati su
dieci (31,7%) possiedono un diploma di scuola superiore, e altri tre su dieci
(31,2%) sono laureati o hanno ottenuto un diploma post-laurea; quasi due in-
tervistati su dieci (18%) hanno iniziato l’università senza terminarla, l’11,3% ha
abbandonato gli studi alla scuola secondaria e un 8% ha ottenuto solo il di-
ploma di scuola primaria. Disaggregando i dati per nazione, le percentuali di
chi possiede un diploma di scuola superiore tendono ad equivalersi3, mentre si
differenziano quelle relative a chi ha ottenuto un certificato di laurea/post-
laurea4; divergono ancora di più le percentuali relative a coloro che hanno ab-
bandonato gli studi ad un livello di scolarizzazione inferiore (di più gli italiani)
o non hanno portato a termine l’università (di più gli statunitensi) (Fig. 1).
2 Di cui 1.190 statunitensi (il 55% del campione) e 977 fedeli italiani (il restante 45%).
3 Il 31% dei fedeli italiani possiede un diploma di scuola superiore, a fronte del 32,3% dei
fedeli statunitensi.
4 Il 23,8% degli intervistati italiani ha conseguito una laurea o una specializzazione post-
laurea, contro il 37,3% degli statunitensi.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
320
La pratica
La dimensione religiosa che si evolve con maggiore rapidità, e sulla quale
gli studiosi non sembrano aver ancora trovato delle linee comuni di interpreta-
zione, è quella della pratica. Le considerazioni su tale dimensione si basano
sempre su dati rappresentati dalle autodichiarazioni di frequenza5, e queste
sembrano indicare un generale declino della pratica religiosa regolare.
All’interno di queste tendenze di carattere generale il nostro campione,
essendo composto da persone che frequentano con una certa continuità la
messa domenicale, presenta delle particolarità. Innanzi tutto, sia per quanto
riguarda la costanza alla comunione, come anche per la pratica della confes-
sione e della preghiera personale, gli intervistati italiani risultano essere più as-
sidui rispetto ai fedeli statunitensi.
Considerando poi il campione nella sua globalità, un fedele su quattro
dichiara di non essere andato a messa la domenica precedente6, e questo dato
sembrerebbe confortare la tesi che una certa percentuale di chi frequenta con
assiduità la messa domenicale (e, se interrogato, dichiara di parteciparvi
5 Alcune recenti indagini dell’Osservatorio Socio-religioso del Triveneto sono state però
impostate diversamente, incrociando le autodichiarazioni di frequenza da parte degli intervistati
con il conteggio puntuale del numero di fedeli presenti alle celebrazioni effettuato dai ricercatori
che si recavano nelle parrocchie coinvolte nell’indagine. I risultati emersi dal conteggio sul campo
sono inferiori di 10-15 punti percentuali rispetto alle autodichiarazioni degli intervistati. Si veda
A. CASTEGNARO, Fede e libertà. Indagine sulla religiosità nel Patriarcato di Venezia, Marcianum Press,
Venezia 2006; A. CASTEGNARO, Credere non credere. Indagine sulla religiosità nella diocesi di Concordia-
Pordenone (testo policopiato), Pordenone 2007; A. CASTEGNARO E G. DALLA ZUANNA, “Studiare
la pratica religiosa: differenze tra rilevazione diretta e dichiarazioni degli intervistati sulla frequen-
za alla messa”, Polis, 1 (2006), pp. 85-110.
6 Un fedele statunitense su tre non ha partecipato alla messa la domenica precedente, men-
tre tra gli italiani la percentuale è del 13%.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
321
“sempre”), di fatto non vi partecipi settimanalmente, ma probabilmente due o
tre domeniche su quattro.
Per quanto riguarda la frequenza alla comunione, tre intervistati su quat-
tro dichiarano di accostarsi all’eucaristia almeno una volta alla settimana, e
quindi tutte le volte che partecipano alla messa. Gli statunitensi, che come ab-
biamo visto partecipano alla messa con assiduità inferiore rispetto agli italiani,
si accostano tuttavia alla comunione con più facilità (il 78% contro il 69,3%).
Analizzando i dati sulla frequenza alla confessione, un intervistato su
quattro (24,4%) afferma di essersi confessato nell’ultimo mese7, a fronte di una
maggioranza (57,9%) che non si confessa da almeno sei mesi8 e un 17,7% che
non ricorda l’ultima confessione. Se si analizzano i dati in base alla nazionalità,
si rileva che le due nazioni presentano trend di frequenza opposti: mentre in
Italia le percentuali diminuiscono al crescere della distanza dall’ultima confes-
sione, negli Stati Uniti si verifica il contrario (Fig. 2). La pratica della confessio-
ne, com’era facilmente prevedibile, si concentra nelle fasce di età più elevate.
Una pratica molto diffusa sia negli USA che in Italia risulta essere la pre-
ghiera personale: sette fedeli su dieci (69,8%) pregano al di fuori dei riti religio-
si almeno una volta al giorno (il 73,7% degli italiani e il 66,5% degli statuniten-
si). A pregare sono più le donne degli uomini, e gli adulti più dei giovani.
Sul versante della pratica va quindi notato che tra coloro che “normal-
mente” vanno a messa c’è la tendenza ad accostarsi molto spesso alla comu-
7 Questo dato andrebbe forse ricalibrato, abbassandolo di qualche punto percentuale, te-
nendo conto della domanda di controllo “Ogni quanto ti confessi”: secondo le risposte a
quest’ultimo item, infatti, si confesserebbe almeno una volta al mese il 15,8% degli intervistati. Le
risposte alla prima domanda, “Da quanto tempo non ti confessi” potrebbero essere state influen-
zate dal fatto che il questionario in alcune parrocchie è stato somministrato nelle setti-mane im-
mediatamente successive alla Pasqua.
8 Il 23,7% non si è confessato negli ultimi sei mesi, il 9,9% non si confessa da circa un an-
no, il 24,3% da più di un anno.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
322
nione, mentre più della metà si accosta di rado alla confessione; la pratica che
risulta più diffusa è quella della preghiera personale.
La credenza
Come è già stato fatto notare9, la dimensione della partecipazione, assie-
me a quella dell’appartenenza, si evolve con più rapidità rispetto ai sistemi di
credenza; come a dire che i comportamenti variano in maniera sensibilmente
più veloce rispetto agli universi di natura cognitiva e valoriale che li supporta-
no.
L’analisi della dimensione della credenza porta nel nostro caso a fare con-
siderazioni analoghe, ma aggiunge forse una nuova sfumatura: si nota infatti
come la credenza del fedele cambi ancora più lentamente di quella del “cattoli-
co generico”. Un cambiamento che, come vedremo, mostra un ritmo più acce-
lerato in alcune direzioni e più lento in altre.
Tre intervistati su dieci (29,2%), infatti, forse influenzati dal diffondersi
delle religioni orientali, dichiarano di credere nella reincarnazione, e quasi uno
su due (49,2%), più italiani che statunitensi, non prende una posizione netta e
risponde “non so” alla domanda “credi nella reincarnazione”; i rimanenti due
su dieci (21,6%) più statunitensi che italiani, non credono a questa dottrina. Di
contro, il 66,9% crede nella resurrezione del corpo, mentre un intervistato su
cinque dichiara di non crederci.
Poco meno di un praticante regolare su cinque (18,8%) non è certo che
esistano peccati mortali che escludono dalla grazia di Dio, e il 34,5% non cre-
de affatto a questa verità di fede: meno di un cattolico praticante su due, quin-
di, si dichiara certo dell’esistenza del peccato mortale (46,6%).
Sei intervistati su dieci (60,2%) credono nell’esistenza del purgatorio, con-
tro il 13,9% che non vi crede; praticamente sette su dieci (69,8%), più statuni-
tensi che italiani, credono nell’inferno, contro i due su dieci che non vi credo-
no.
Rispetto ad altre credenze, le percentuali di adesione sono più marcate,
senza differenze rilevanti fra gli italiani e gli statunitensi: l’85,9% crede
nell’immortalità dell’anima; quattro su cinque, più statunitensi che italiani, cre-
dono che la Chiesa è un’organizzazione voluta e assistita da Dio (81%) e nelle
apparizioni della Vergine Maria (81,1%); nove su dieci (90,5%), più statunitensi
che italiani, credono nel paradiso e otto su dieci (79,2%) nel peccato originale.
Il quadro delle credenze si presenta quindi in movimento, con percentuali
alte di adesione su alcune verità fondamentali della dottrina cattolica, ma pure
con confusioni e dubbi che sembrerebbero minarne la stabilità (peccato mor-
tale e reincarnazione).
9 J.A. BECKFORD, “Tendenze e prospettive”, in AA.VV., La religione degli europei, Edizioni
della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1992.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
323
L’esperienza
Sia a livello di ricerche empiriche come anche sul piano
dell’approfondimento teorico, viene oggi sottolineata con sempre maggiore
enfasi l’importanza dell’esperienza nel cammino di fede del credente contem-
poraneo. Anche nella nostra indagine viene confermata tale linea di lettura: ot-
to intervistati su dieci (80,4%) ritengono che il modo migliore per conoscere
Dio sia partire dalle proprie esperienze.
Più di nove intervistati su dieci (96,5%), poi, sono pienamente o abba-
stanza d’accordo con l’affermazione che “senza la fede in Dio la mia vita sa-
rebbe più difficile”; la stessa percentuale riconosce nell’aiuto di Dio un soste-
gno ai propri problemi (95,8%) e, più in America che in Italia, ricorre alla pre-
ghiera per calmare ansia e paura (95%). Quasi nove fedeli su dieci (87,7%) so-
stengono che il mondo sarebbe un luogo migliore se tutti fossimo più religiosi,
e il 94,1% ritiene che credere in Dio significhi valorizzare di meno le cose ma-
teriali e di più le persone.
L’esperienza diventa così importante nella vita di fede da modificare
l’immagine stessa che le persone hanno di Dio e dei sacramenti: gli intervistati
nella nostra indagine, infatti, sembrano essersi ritagliati un Dio a propria misu-
ra, liberante, in base al proprio bisogno di comprensione e di perdono, soprat-
tutto in riferimento alla propria fragilità e alla precarietà dell’esperienza quoti-
diana. Per più di sei fedeli su dieci (65,5%), decisamente più statunitensi che
italiani, “Dio perdona i miei peccati anche se non mi confesso da un sacerdo-
te”; poco più di un intervistato su due (53,4%) non crede inoltre in un Dio che
prima o poi punisce chi commette dei peccati.
Infine, di fronte al coinvolgimento della religione nella politica, poco più
di un intervistato su tre (35,1%) vorrebbe una distanza maggiore fra le due sfe-
re perchè non ritiene giusto che la religione si interessi della politica; quasi la
stessa percentuale (32,6%) concorda “parzialmente” con tale affermazione.
Non sono d’accordo con la distinzione netta tra religione e politica il 22,2%
degli intervistati.
Da ultimo, mentre trova consenso praticamente unanime (95,2%) l’idea
che Dio conosce tutto ciò che accade in qualunque parte del mondo, secondo la
maggioranza degli italiani Dio ha anche il potere di “controllare” tutto ciò che
avviene: affermazione con la quale non concorda invece la maggioranza degli
statunitensi.
Conformità/differenza con la norma e la prassi ecclesiale
Come abbiamo visto più sopra, il questionario comprende una sezione
dedicata all’approfondimento di alcuni temi che costituiscono materia di dibat-
tito all’interno del cattolicesimo contemporaneo: un dibattito che, risentendo
della cultura sempre più pluralista e secolarizzata, si è fatto negli ultimi tempi
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
324
vivace e talvolta acceso, e che i ripetuti pronunciamenti del magistero non
sembrano in grado di sopire.
Di fronte al tema del sacerdozio femminile quasi un cattolico praticante
su due (47,9%) dichiara di essere d’accordo con l’ordinazione delle donne
(58,1% fra gli statunitensi e 35,4% fra gli italiani), contro il 33,4% che esprime
il proprio disaccordo (24,3% fra gli statunitensi e 44,5% fra gli italiani). Chi,
interrogato su tale questione, non sa come rispondere è il 18,7% degli intervi-
stati (il 20% degli italiani contro il 17,6% degli statunitensi). Le differenze tra
gli Stati Uniti e l’Italia sono in questo caso alquanto significative: mentre tra gli
italiani la percentuale di accordo scende al 35,4%, per gli statunitensi la percen-
tuale sale al 58,1% (Tab. 2). Fra gli italiani, ad essere d’accordo con
l’ordinazione sacerdotale femminile sono più gli uomini che le donne, i giovani
e i giovani-adulti più degli adulti e degli anziani, e i laureati rispetto a chi non lo
è. All’interno del campione americano, invece, ad essere d’accordo sono tanto
gli uomini che le donne, i giovani come gli adulti e gli anziani, e di più le per-
sone con capitale culturale inferiore rispetto a chi ha raggiunto la laurea.
Per quanto concerne la questione del celibato dei preti, più della metà dei
fedeli intervistati (53,4%) ritiene giusto che i preti possano sposarsi: anche in
questo caso i cattolici praticanti statunitensi manifestano un livello di accordo
più elevato rispetto agli italiani (63,3% contro 41,3%). A esprimere un parere
contrario alla possibilità del matrimonio per i preti è il 29,9% degli intervistati,
uno statunitense su cinque e due italiani su cinque. A non sapere che posizione
prendere di fronte a tale argomento è il 16,7% dei fedeli, senza differenze si-
gnificative tra le due nazioni indagate. Sul tema del celibato le opinioni degli
uomini e delle donne, sia per chi è d’accordo sia per chi non lo è, si equivalgo-
no, mentre l’intensità dell’accordo cresce proporzionalmente al titolo di studio.
Sulla dibattuta questione della comunione ai divorziati risposati la percen-
tuale di accordo sale al 69,3% (75% fra gli statunitensi e 62,4% fra gli italiani),
mentre il disaccordo, più diffuso fra gli italiani che fra gli statunitensi, è del
13,1%; non si registrano differenze significative di genere, mentre i più anziani
e quelli che hanno un livello di istruzione inferiore sono meno d’accordo ri-
spetto agli altri.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
325
Tab. 2. In che misura sei d’accordo o meno con le seguenti affermazioni? (val. %)
D’accordo Non d’accordo Non so
USA Ital Tot US Ital Tot US Ital Tot
Tot
casi
È giusto che anche le
donne possano essere
ordinate prete
58,1 35,4 47,9 24,3 44,5 33,4 17,6 20,
01
18,
7
2158
È giusto che i preti
possano sposarsi 63,3 41,3 53,4 20,4 41,4 29,9 16,3 17,
2
16,
7
2160
È giusto che i divorziati
risposati possano fare la
comunione
75,0 62,4 69,3 10,2 16,6 13,1 14,8 21,
0
17,
6
2149
È giusto che gli omo-
sessuali, se lo vogliono,
possano sposarsi
30,0 10,5 21,2 19,9 13,2 16,9 50,1 76,
3
61,
9
2154
La “questione scottante” che lascia più indecisi gli intervistati è quella del
matrimonio degli omosessuali: il 61,9% dei fedeli non sa cosa rispondere (un
americano su due e tre italiani su quattro), mentre manifestano il proprio ac-
cordo due intervistati su dieci (21,2%). Marcate sono le differenze tra i prati-
canti statunitensi e quelli italiani: la percentuale di accordo con il matrimonio
omosessuale sale al 30% fra gli statunitensi e scende invece al 10,5% fra gli ita-
liani.
Il 16,9% degli intervistati si dichiara sfavorevole: è interessante notare che
a tal proposito i contrari sono di più fra gli statunitensi (19,9%) che fra gli ita-
liani (13,2%). Ad essere contrari sono inoltre di più gli uomini rispetto alle
donne, gli anziani e gli adulti rispetto ai giovani, e quelli con un titolo di studio
inferiore rispetto a coloro che detengono un diploma di scuola superiore o di
laurea.
Sette cattolici praticanti su dieci, in definitiva, sono favorevoli alla comu-
nione dei divorziati risposati, e circa un fedele su due manifesta il proprio as-
senso all’ordinazione delle donne e al matrimonio dei preti. Più incerta sembra
essere l’opinione degli intervistati riguardo il matrimonio degli omosessuali.
Su tutte le questioni, tuttavia, chi si dice contrario non raggiunge mai la per-
centuale del 35% (rimanendo in due casi sotto il 20%), e questo potrebbe di-
mostrare come su tali argomenti l’“opinione pubblica” nella chiesa cattolica si
discosti dagli insegnamenti del magistero.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
326
Distinzione tra la condizione soggettiva del ministro e l’accettazione della sua funzione mini-
steriale
Legata agli item appena esposti, un’altra batteria di domande ha indagato
l’atteggiamento dei fedeli di fronte a particolari condizioni personali di colui
che celebra l’eucaristia. Analizzando queste domande, in cui si chiede
all’intervistato se farebbe la comunione quando a celebrare fosse una donna,
prete sposato o prete omosessuale, si nota innanzitutto come per i cattolici
praticanti l’elemento importante non sia chi celebra il sacramento, ma il sa-
cramento in sé: viene quindi posto decisamente l’accento sulla funzione mini-
steriale del celebrante più che sulla sua condizione soggettiva (Tab. 3).
Tab. 3 Faresti la comunione se a celebrare la messa fosse… (val. %)
Sì No
USA Italia Totale USA Italia Totale
Totale
casi
… una donna 85,4 60,3 74,0 6,7 20,7 13,0 2155
… un prete
sposato
85,3 64,8 76,0 6,1 20,2 12,4 2153
… un prete
omosessuale
61,3 40,2 51,8 20,6 39,2 29,0 2146
Se a celebrare la messa fosse una donna o un prete sposato, tre fedeli su
quattro farebbero la comunione; scelgono questa posizione più di otto statuni-
tensi su dieci e circa tre italiani su cinque. La percentuale di chi non si accoste-
rebbe all’eucaristia è più alta fra gli italiani (uno su cinque) rispetto agli statuni-
tensi (meno di uno su dieci). Se le differenze di genere non hanno particolare
rilevanza su tale questione, sono i più anziani e coloro che hanno un capitale
culturale più basso ad avere maggiori difficoltà ad accostarsi alla comunione
nel caso in cui a celebrare la messa fosse una donna o un prete sposato.
Più problematica risulta essere la decisione se fare o meno la comunione
di fronte a un prete omosessuale: a decidere per il sì è il 51,8% degli intervista-
ti, mentre il 29% è sfavorevole. Anche in questo caso le differenze tra i cattoli-
ci statunitensi e quelli italiani sono abbastanza marcate: mentre poco più di tre
praticanti statunitensi su cinque si comunicherebbero se a celebrare l’eucaristia
fosse un prete omosessuale, il 39,2% degli italiani non lo farebbe. Più che il
sesso e l’età, a fare la differenza è in questo caso il livello di istruzione raggiun-
to dagli intervistati: più hanno studiato, meno hanno remore nell’accostarsi alla
comunione da un prete dichiaratamente omosessuale.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
327
Pluralismo
Per quanto riguarda il rapporto con le altre religioni, tema ricollegabile sia
ai fenomeni migratori come anche alla mobilità dei valori e dei riferimenti cul-
turali che contraddistingue la cultura contemporanea, ci sono indagini empiri-
che che constatano come la propria identificazione religiosa interagisca con il
pluralismo culturale oggi predominante. Più specificamente, da una recente
indagine svolta sull’universo dei giovani 14-19enni della Valle d’Aosta, risulta
chiaro ad esempio come l’appartenenza profonda e convinta alla propria reli-
gione, testimoniata dalla pratica assidua, non precluda il dialogo con le altre
religioni: essa, anzi, sembrerebbe costituire per la maggior parte dei giovani
praticanti una risorsa affidabile, e un punto di riferimento sicuro, per un con-
fronto aperto e sereno con i credenti delle altre tradizioni religiose e con i non
credenti10.
I dati raccolti in questa sezione del questionario sono per certi aspetti bi-
sognosi di ulteriori approfondimenti: a una prima lettura sembrerebbero infatti
offrire un panorama non coerente per quanto concerne il rapporto con le altre
religioni. Si tratta di un problema che è senz’altro in parte riconducibile alla
complessità delle questioni coinvolte in tale dibattito e, al contempo, al deficit di
riflessione tanto culturale quanto specificamente teologico sul rapporto tra il
cristianesimo (cattolicesimo) e le altre religioni. Complessità, questa, che forse
è più sentita dalle persone coinvolte nella nostra ricerca, in quanto si tratta di
praticanti regolari, e quindi di individui con una sensibilità più affinata della
media della popolazione rispetto a certi temi di carattere religioso.
L’86,3% dei cattolici intervistati, senza differenze significative tra statuni-
tensi e italiani, pensa che anche i non-cristiani possano salvarsi, contro un 10%
che invece ritiene la salvezza destinata ai soli cristiani.
Un intervistato su due, tuttavia, giudica giusto che la chiesa cattolica si
sforzi di convertire credenti di altre religioni11 e un 37% ritiene che la religione
cattolica sia l’unica vera religione12.
Quando pensano alla religione del futuro, più di quattro intervistati su
dieci (43,3%) immaginano una religione basata su poche credenze fondamen-
tali, che unisca cristiani, musulmani, buddisti e altri credenti, contro un 56,7%
che non condivide questo scenario (lo condividono decisamente di più gli ita-
liani, con il 56,3%, rispetto agli statunitensi, 32,1%).
Dato interessante da sottolineare è che più di un praticante su due
(56,4%), più italiani che statunitensi, afferma che tutte le religioni sono vere e
portano indistintamente a Dio, mentre solamente il 3,4% ritiene che la religio-
10 G. GIORDAN (a cura di), Giovani in Valle d’Aosta: appartenenze sociali, culturali, religiose, Il
Mulino, Bologna 2008 (in corso di stampa).
11 Contro il 20,6% che non lo ritiene giusto e il 28,4% che non sa cosa rispondere.
12 Contro il 14,3% che non è d’accordo con questa affermazione e il 48,5% che non ha
un’idea in proposito.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
328
ne vera sia una sola e che le altre siano false. Due intervistati su cinque, più sta-
tunitensi che italiani, più adulti e anziani che giovani, pensano che la religione
vera sia una sola e che le altre religioni contengano verità parziali.
Il panorama particolarmente differenziato sul tema del pluralismo, in or-
dine alla diversa nazionalità dei fedeli, indica come le diversità culturali giochi-
no un ruolo importante nel comprendere le relazioni con il “diverso”; non va
dimenticato, inoltre, che l’atteggiamento maggiormente “identitario” degli sta-
tunitensi nei confronti delle altre religioni può essere stato influenzato dagli
avvenimenti dell’11 settembre e dai fatti che ne sono conseguiti.
Spiritualità e religiosità
Un’ultima parte del questionario ha cercato di far luce sul binomio reli-
gione-spiritualità, tema approfondito nel dibattito socioreligioso contempora-
neo, soprattutto nel contesto angloamericano13. Si può parlare di un atteggia-
mento spirituale, a volte disgiunto dalla religiosità, anche per i fedeli intervistati
nella nostra indagine? È possibile, anche per un cattolico praticante, coltivare
una tensione verso la trascendenza che si muova anche ai margini (se non fuo-
ri) della religiosità tradizionale? Cosa significa, in altri termini, introdurre
l’elemento della ricerca personale all’interno di un percorso di fede cattolica?
Il tema è strettamente collegato alla dimensione dell’esperienza, in quanto
una delle caratteristiche dell’approccio spirituale al mondo del credere sta pro-
prio nel primato dell’esperienza quotidiana sulla credenza, del soggetto
sull’istituzione, nel primato del movimento e della ricerca sulla stabilità e
sull’obbedienza alla ritualità e alle verità morali e dogmatiche.
Come abbiamo visto più sopra, la maggioranza del campione considera
fondamentali le esperienze della vita per il proprio cammino di crescita nella
fede, e sente di avere un rapporto personale con Dio: poco più di otto intervi-
stati su dieci ritengono che il modo migliore per conoscere Dio sia partire dalle
proprie esperienze (80,4%) e, più di sei su dieci, più statunitensi che italiani, si
sentono perdonati da Dio anche senza la mediazione sacramentale del sacer-
dote (65,5%).
La funzione istituzionale della chiesa, nel rapporto del fedele con il tra-
scendente, sembra dunque essere meno importante di quanto lo fosse nel pas-
13 Per una introduzione al tema della spiritualità in sociologia della religione rimandiamo a
P. HEELAS e L. WOODHEAD The Spiritual Revolution. Why Religion is Giving Way to Spirituality,
Blackwell, Oxford 2005; W.C. ROOF, A Generation of Seekers. The Spiritual Journeys of the Baby Boom
Generation, Harper Collins, San Francisco 1993 e W.C. ROOF, Spiritual Marketplace. Baby Boomers
and the Remaking of American Religion, Princeton University Press, Princeton 1999; R. WUTHNOW,
After Heaven. Spirituality in America since the 1950s, University of California Press, Berkeley 1998 e
R. WUTHNOW, America and the Challenges of Religious Diversity, Princeton University Press,
Princeton 2005; G. GIORDAN (a cura di), Tra religione e spiritualità. Il rapporto con il sacro nell’epoca del
pluralismo, FrancoAngeli, Milano 2006 e G. GIORDAN, “Spiritualità: From a Religious Concept to
a Sociological Theory”, in K. FLANAGAN AND P. C. JUPP (edited by), A Sociology of Spirituality,
Ashgate, Aldershot 2007, pp. 161-180.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
329
sato: se la comunione era nell’epoca tradizionale strettamente legata al sacra-
mento della confessione, oggi questo non sembra più essere così vero. Quattro
praticanti su dieci si accostano alla comunione ogni volta che vanno a messa
(89,1% fra gli statunitensi e 73,5% fra gli italiani), e il 13,5% riceve la comu-
nione solamente dopo essersi confessato (6,7% fra gli statunitensi e 21,8% fra
gli italiani).
La maggioranza degli intervistati (Tab. 4) ritiene inoltre che si possa esse-
re buoni cattolici anche senza soddisfare regolarmente il precetto della messa
festiva (59,9%) e senza confessarsi nemmeno una volta all’anno (56,5%); gli
italiani hanno maggiori remore rispetto ai praticanti statunitensi, e le percen-
tuali appena prese in considerazione calano fra gli italiani (rispettivamente al
43,2% e al 29,4%), che scelgono più spesso la risposta “non so”, mentre cre-
scono notevolmente fra gli statunitensi (rispettivamente al 73,6% e al 79%).
Sono i più anziani e coloro che detengono un capitale culturale inferiore a ri-
badire con più forza l’importanza dell’obbedienza ai precetti della chiesa per
essere dei “buoni cattolici”.
Più sentito sembra essere il riferimento alle indicazioni del Papa e dei Ve-
scovi nel campo della morale sessuale: ritiene che si possa essere buoni cattoli-
ci anche senza seguire tali insegnamenti il 44,9% dei fedeli (il 51,8% dei prati-
canti statunitensi e il 36,5% di quelli italiani), contro il 35,9% che è indeciso e il
19,2% che è contrario. Dimostrano maggiore autonomia, rispetto alle indica-
zioni del magistero in materia sessuale, gli uomini rispetto alle donne, i più
giovani rispetto ai più vecchi, e i più istruiti rispetto a coloro che hanno un ca-
pitale culturale più basso.
Talvolta coltivare una spiritualità personale porta anche alla sperimenta-
zione e al gusto dell’esotico e dell’esoterico, all’apertura verso cammini di ri-
cerca dove i limiti e i confini sono sperimentati più come delle possibilità che
come dei divieti: non è infrequente quindi che anche i cattolici praticanti spe-
rimentino pratiche tipiche delle religioni orientali, o credano al malocchio, o
ricorrano alla lettura dell’oroscopo per tentare di capire il proprio futuro.
Abbiamo per questo chiesto agli intervistati se nel corso degli ultimi anni
avessero consultato maghi o indovini, si fossero fatti leggere la mano o le car-
te, avessero letto l’oroscopo, avuto la sensazione di essere colpiti dal maloc-
chio o da qualche fattura, avessero partecipato a sedute spiritiche o provato
pratiche zen, yoga o di meditazione trascendentale.
La lettura dell’oroscopo è risultata una pratica diffusa per due terzi degli
intervistati14 (65,2%), mentre una percentuale attorno al 13% ha consultato
maghi e indovini (12,2%), si è fatta leggere la mano o fare le carte (15,6%), o
ha sperimentato pratiche orientali (14,1%); meno di una persona su dieci ha
avuto la sensazione di essere stata colpita da malocchio o fatture (7,2%) o ha
14 Non va tuttavia dimenticato che ha dichiarato di non credere nelle previsioni
dell’oroscopo l’85,8% degli intervistati.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
330
partecipato a sedute spiritiche (2,8%). Fra coloro che hanno risposto afferma-
tivamente, la percentuale maggiore è sempre composta da statunitensi, fatta
eccezione per le domande sul malocchio e le fatture, ai quali sembrano più
sensibili gli italiani.
Tab. 4. Si può essere buoni cattolici …
Sempre all’interno della relazione tra religione e spiritualità si inserisce il
ruolo riconosciuto alla legge divina (o all’autonomia di giudizio della coscienza
personale) nello stabilire il bene e il male.
Il 59,5% dei cattolici praticanti intervistati, senza differenze significative
tra statunitensi e italiani, ritiene che è la coscienza individuale che presta atten-
zione alla legge di Dio a stabilire ciò che è bene e ciò che è male; tale compito
è invece attribuito dal 27,3% alla legge di Dio, e dal 9,4% alla sola coscienza
individuale. Mentre gli uomini e coloro che hanno un titolo di studio inferiore
sottolineano di più il ruolo della legge di Dio, le donne e i laureati enfatizzano
maggiormente il ruolo della coscienza individuale guidata dalla legge divina; i
più giovani sottolineano più degli anziani il ruolo della sola coscienza indivi-
duale.
Sì No Non so
US
A
Ita-
lia
To-
tale
US
A
Ita-
lia
To-
tale
US
A
Italia To-
tale
To-
tale
casi
… e non andare a Mes-
sa tutte le domeniche 73,6 43,2 59,9 9,5 10,7 10,0 16,9 46,2 30,1 214
3
… e non confessarsi
nemmeno una volta
all’anno
79,0 29,4 56,5 9,2 11,2 10,1 11,8 59,4 33,4 214
6
… anche senza seguire
le indicazioni di Papa e
vescovi nel campo della
morale sessuale
51,8 36,5 44,9 19,9 18,4 19,2 28,3 45,1 35,9 211
5
Sì No Non so
US
A
Ita-
lia
To-
tale
US
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casi
… e non andare a Mes-
sa tutte le domeniche 73,6 43,2 59,9 9,5 10,7 10,0 16,9 46,2 30,1 214
3
… e non confessarsi
nemmeno una volta
all’anno
79,0 29,4 56,5 9,2 11,2 10,1 11,8 59,4 33,4 214
6
… anche senza seguire
le indicazioni di Papa e
vescovi nel campo della
morale sessuale
51,8 36,5 44,9 19,9 18,4 19,2 28,3 45,1 35,9 211
5
Cattolicesimo e pluralismo culturale
331
2. Cattolicesimi a confronto: la religione come variabile dipendente?
Molte teorie sulla religione segnalano il suo carattere dipendente, vale a
dire, legato ai propri contesti, e a circostanze personali o culturali. Queste teo-
rie vanno nel senso opposto di quelle che fanno della religione un fattore de-
terminante delle dinamiche sociali e dei singoli15. Da quest’ultimo punto di vi-
sta, l’input religioso contribuisce sostanzialmente alla stabilità e ai cambiamenti
d’intere popolazioni, e addirittura riesce a cambiare il corso della storia. Le due
prospettive possono anche essere ritenute complementari, come sostengono
molti studiosi che accennano a una certa “dialettica” tra la religione e il proprio
ambiente, a una “inter-penetrazione” o a una “negoziazione” in cui ambedue
le parti sono coinvolte e si influenzano16.
L’idea della religione quale variabile dipendente può essere letta tuttavia in
chiavi diverse, ad esempio come segno di flessibilità e capacità di adattamento
ad ambienti in continua evoluzione. Il cattolicesimo è stato definito già da
tempo come una forma religiosa molto elastica, in grado di adeguarsi anche a
realtà sociali e ideologiche di segno opposto17. La dinamica di adattamento al
proprio ambiente segue la norma comune a tutti i processi evolutivi: sorgono
variazioni, alcune vengono “selezionate” perché più adatte, mentre molte altre
si estinguono, e alla fine si raggiunge una nuova stabilità che consente nuove
repliche. Certamente la Chiesa Cattolica ha subito pure nella modernità delle
pressioni che l’hanno costretta ad adattarsi ai contesti nei quali si è affermata,
anche se poi la sua presenza ha influenzato e fecondato quegli ambienti in
modo particolare.
Altre teorie provano a comprendere meglio le chiavi che presiedono ai
cambiamenti religiosi secondo le condizioni sociali e organizzative. Il cosiddet-
to “nuovo paradigma” offre delle prospettive che tentano di chiarire meglio le
dinamiche religiose ricorrendo al modello della “scelta razionale”, che viene
applicato sia sul versante dell’offerta che della domanda religiosa. Secondo
questo modello, le credenze e il comportamento religioso sono determinate
dalla situazione di minoranza o maggioranza in cui si trova un gruppo religio-
so, oltre che da altri fattori.
15 Il riferimento classico è Max Weber, e la sua teoria sulle affinità elettive tra l’etica prote-
stante e lo sviluppo del capitalismo. L’impressione generale è comunque che la religione sia piut-
tosto una variabile dipendente da altri fattori: in tempi recenti i difensori del modello tradizionale
della secolarizzazione sono quelli che più fanno riferimento a tale interpretazione; proprio la di-
namica della secolarizzazione sarebbe una prova di tale “dipendenza” (S. BRUCE, God is Dead:
Secularization in the West, Blackwell, Oxford - Malden, MA. 2002).
16 Le impostazioni teoriche che possono essere interpretate in tale senso includono
senz’altro l’opera di N. LUHMANN (Funzione della religione, Morcelliana, Brescia 1991), che inseris-
ce la religione entro un insieme di sistemi sociali; si veda anche la recente proposta di P. BEYER,
Religions in Global Society, Routledge, Abingdon - New York 2006.
17 “Its elasticity [of Catholic politics] is really astounding; it unites with opposing
movements and groups”, C. SCHMITT, Roman Catholicism and Political Form [1925], Greenwood
Press, Westport, Conn. 1996, p. 4.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
332
La presente indagine ci consente di verificare alcune di queste teorie, il
che risulta molto utile a livello dell’osservazione scientifica della religione. Ab-
biamo anche l’occasione di testare le teorie sui fattori che determinano un o-
rientamento religioso, a seconda che ci muoviamo da un paese all’altro e, dun-
que, in base al variare delle condizioni ambientali e culturali. È importante a
questo punto controllare il rapporto tra livelli di pluralismo e livelli di convin-
zioni standardizzate e largamente condivise; sicuramente l’equilibrio tra questi
fattori favorisce le condizioni di sopravvivenza ed espansione, in quanto
l’eccesiva rigidità impedisce l’allargamento a molte fasce di popolazione, men-
tre l’eccesiva diversità minaccia l’unità e la comprensione tra i membri.
I risultati di seguito discussi sono stati ottenuti utilizzando l’indice di cor-
relazione della ‘r’ di Bravais-Pearson tra i 5 fattori estratti dall’analisi delle
componenti principali dei dati relativi al campione dei partecipanti statunitensi
e italiani (vedi paragrafo 3) e la pratica religiosa, e sono state condotte analisi
della varianza tramite ANOVA one-way, dove per variabile dipendente è stato
preso ciascuno dei 5 fattori e per variabile indipendente, in successione: la na-
zione di appartenenza (USA e Italia), l’età, il genere, la scolarizzazione. Per tut-
te le analisi sono emerse differenze significative (= p<0,01) sia interculturali tra
Italia e USA sia all’interno dei due medesimi gruppi.
Per ciascuno dei 5 fattori, il valore della somma dei punteggi ottenuti dalla
ricodifica degli item su scala Likert è direttamente proporzionale al livello di
disaccordo espresso dai praticanti rispetto ai contenuti degli item di ciascuna
scala.
Questioni di genere
Da anni si cerca di capire se le credenze ed esperienze religiose siano de-
terminate – tra altri fattori personali – dal genere delle persone che le profes-
sano18. La saggezza tradizionale dice che le donne sono più sensibili dal punto
di vista religioso di quanto lo siano gli uomini e, infatti, gli studi sui livelli di
pratica dimostrano, nella maggior parte dei casi, che esiste un legame tra fem-
minilità e religiosità. Invece, altri studi dimostrano che la cognizione religiosa
non ha a che fare con il genere19: uomini e donne condividono con scarse dif-
ferenze le rappresentazioni della divinità e del suo rapporto con i fedeli.
La nostra indagine ha individuato differenze di genere significative solo
per quanto concerne il primo, il secondo e il terzo fattore, ossia: le donne ri-
conoscono di più l’effetto benefico della religione, sono più portate alle prati-
18 I tentativi di collegare la cognizione religiosa alle caratteristiche personali innate è tipico
dell’approccio cognitivista alla religione; il problema è che finora gli autori che condividono tale
approccio non hanno fornito riscontri empirici per sostenere la loro teoria, specie per quanto
concerne il genere.
19 Rimando a tal proposito a L. OVIEDO, “Flexibility of Religious Concepts and Schemas:
An Empirical Approach”, Paper delivered at the Annual Meeting of the Society for The
Scientific Study of Religion (SSSR) in Kansas City, 2004.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
333
che magiche e credono di più dei maschi nei contenuti escatologici e
dell’ortodossia cattolica quali l’esistenza del paradiso, del purgatorio e
dell’inferno, nelle apparizioni della Madonna e nel peccato originale. Non si
evidenzia invece alcuna differenza significativa di genere per quanto concerne
la conformità con le norme e prassi ecclesiali.
Nella nostra indagine, quindi, sembra manifestarsi una differenza religiosa
tra uomini e donne praticanti, che mette in luce una maggiore sensibilità gene-
rale verso l’ambito religioso e una maggiore inclinazione al magico nelle don-
ne. Tuttavia, questo dato non può essere utilizzato a dimostrazione di un rap-
porto causativo tra genere ed esperienze religiose, non solo perché la correla-
zione statistica non è ancora una dimostrazione di causalità tra gli eventi, ma
anche perché la differenza di genere da noi indagata è comunque relativa sol-
tanto ad un campione di praticanti e non alla comune popolazione maschile e
femminile. Riguardo le differenze di genere un solo dato certo è riscontrabile
sull’intero nostro campione (USA, Italia, Spagna e Portogallo): che le donne
“praticanti” sono quasi più del doppio degli uomini sull’intero campione e in
maggioranza in tutti i paesi (vedi tabella 1).
L’età e la religiosità
Altra variabile da verificare è l’età. Chiaramente, l’età determina la visione
religiosa di una persona, nel senso che essa è indice in un individuo dello svi-
luppo cognitivo e delle rappresentazioni mentali. Un’abbondante letteratura ha
evidenziato tale evoluzione20. Tuttavia, essa risulta meno chiara per quanto ri-
guarda le persone mature. Una ipotesi elementare è che le visioni religiose di-
pendano dalle generazioni e dai contesti culturali che le persone appartenenti a
diverse epoche e fasce generazionali hanno vissuto. Nella nostra indagine i ri-
spondenti erano distribuiti in quattro gruppi di età: 18-29 anni, 30-49 anni, 50-
64 anni, più di 65 anni, il che li raggruppa praticamente in cluster generazionali.
I risultati ottenuti dall’analisi dell’ANOVA, in cui la variabile dipendente
erano i 5 fattori e quella indipendente le 4 classi d’età, hanno evidenziato valori
altamente significativi su tutti i fattori nel rapporto tra la prima classe d’età (18-
29) e le successive: maggiore è l’età, più è apprezzato l’influsso positivo della
religione nella propria esistenza, meno si ricorre alle pratiche magiche, più si è
in linea con le regole ecclesiali, ma si è anche meno disposti ad accettare la
Comunione se a celebrare è una donna, un prete sposato o omosessuale.
20 F. OSER & W.G. SCARLETT, Religious Development in Childhood and Adolescence, Jossey-Bass,
San Francisco-CA 1991, pp. 5-23; K.H. REICH, “Integrating Differing Theories: The Case of
Religious Development”, in B. SPILKA & D.N. MCINTOSH, The Psychology of Religion: Theoretical
Approaches (pp. 105-113). Boulder-CO: Westview Pr. 1997; K.H. REICH, “Cognitive
Preconditions for Religious Development”, in Research in the Social Scientific Study of Religion, 14,
2003, pp. 11-25.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
334
Un’analisi più approfondita mostra nel caso statunitense una chiara rottu-
ra tra il gruppo dei più giovani e le altre generazioni, mentre nel caso italiano il
cambiamento è più graduale eccetto che per il fattore relativo alla conformità e
differenza alla norma e prassi ecclesiale dove è netta la differenza del gruppo
dei più giovani (18-29). Eccetto che per il fattore delle pratiche magiche, i ri-
sultati mostrano le tendenze attese: le persone più anziane apprezzano di più il
valore della religione e diventano più conservatrici per quanto concerne la di-
sciplina ecclesiastica; tuttavia, l’età non rappresenta una variabile significativa
per gli altri fattori, come ad esempio i livelli di ortodossia. Contrariamente alle
nostre aspettative, l’età rappresenta un indicatore debole di ortodossia tra co-
loro che sono praticanti, e forse esso diventerà ancora meno rilevante nel
prossimo futuro, quando saranno passate le generazioni segnate dal modello
ecclesiale più tradizionale. Tuttavia non va sottovalutato che la classe dei più
giovani non raggiunge mai il 12% (vedi tabella 1), restando così di gran lunga
la fascia d’età meno presente nelle assemblee domenicali: questa bassa percen-
tuale di giovani è probabilmente quella che tra i giovani credenti, perché più
ortodossa, è anche più praticante.
L’influsso dei livelli di scolarizzazione
Rispetto al livello di scolarizzazione degli intervistati statunitensi e italiani
emerge che quanto più è elevato il grado di istruzione raggiunto, tanto più si
manifesta tolleranza nei confronti delle condizioni soggettive del celebrante, e
tanto più spesso si ricorre a pratiche magiche, anche se si rispettano di più le
norme e la prassi ecclesiale, sebbene si percepiscano in grado minore gli effetti
benefici della religione nella propria vita.
Il contesto nazionale e la percezione religiosa
La figura 3 mostra alcune tendenze interessanti. L’analisi della varianza,
dove la nazionalità è la variabile indipendente e i 5 fattori la variabile dipen-
dente, evidenzia che la differenza tra contesti nazionali hanno un effetto signi-
ficativo solo per i fattori 1, 2, 3 e 5. Gli statunitensi sono meno convinti del
ruolo della fede nella loro vita, sono meno preoccupati della situazione perso-
nale dei loro pastori, un po’ più inclini al magico e più tolleranti e aperti a
cambiamenti di disciplina ecclesiastica21. Soltanto per quanto riguarda il quarto
fattore i livelli di ortodossia sono simili a quelli degli italiani.
21 Se si guarda alla figura 3, i risultati vanno letti nel seguente modo: per il primo fattore,
col crescere del punteggio cala la percezione delle conseguenze della fede sulla vita personale; per
il secondo fattore, col crescere del punteggio diminuisce la tolleranza nei confronti dei ministri in
situazione irregolare; per il terzo fattore, più cresce il punteggio e meno si ricorre alle pratiche
magiche; per il quarto fattore, più è alto il punteggio, e più sono bassi i livelli di credenze orto-
dosse; e per il quinto fattore, il punteggio alto implica una maggiore conformità con la norma
ecclesiale.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
335
Figura 3: Analisi della varianza tramite ANOVA one-Way.
Quest’ultima osservazione apre una serie di questioni sul tema che pos-
siamo chiamare dei “cattolicesimi nazionali”. Le medie dell’età dei due cam-
pioni nazionali (USA 3,68; Italia 3,79) possono essere ritenute come un indica-
tore approssimativo della vitalità delle comunità parrocchiali.
La comunità più giovane è quella statunitense. Il dato ci offre l’occasione
di verificare una delle ipotesi più care agli studiosi del “nuovo paradigma”.
Nelle parole di due suoi esponenti, Rodney Stark e Roger Finke:
“Individual religious groups will be more energetic and generate higher levels of
commitment to the degree that they have a marginal market position–lack market
share. That is, other things being equal, small religious minorities will be more
vigorous than will firms with a large local following”22
I nostri dati non consentono di accertare se le congregazioni cattoliche
della nostra indagine negli Stati Uniti, dove vige il pluralismo delle fedi, siano
più vigorose di altre denominazioni che magari godono di una posizione di
maggioranza nello stesso ambiente. Dovremmo prendere in considerazione
indicatori di vitalità di altre confessioni nella stessa zona, come ad esempio
l’età media dei loro membri.
Oltre a questa, un’altra teoria cerca di spiegare le ragioni dell’incremento
dei livelli marginali d’impegno. Lawrence Iannaccone, altro studioso di rilievo
22 R. STARK - R. FINKE, Acts of Faith: Explaining the Human Side of Religion, University of
California, Berkeley 2000, p. 219.
0,0000
0,5000
1,0000
1,5000
2,0000
2,5000
USA Italia USA Italia USA Italia USA Italia
Fattore 1:
Conseguenze sulla
vita della fede
Fattore 2: Condizione
soggettiva del ministro Fattore 3: Pratiche
magiche Fattore 5: Conformità
alla norma e prassi
ecclesiale
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
336
del “nuovo paradigma”, sostiene che le chiese più rigoriste riescono a mobili-
tare meglio i loro membri23.
La nostra indagine non conferma tale ipotesi: prendendo in considerazio-
ne le risposte dei cattolici sia in un paese dove essi vivono in condizioni di mi-
noranza (USA), sia in un paese dove il cattolicesimo rappresenta la religione
maggioritaria, e opera in condizioni quasi di monopolio, le differenze negli in-
dicatori di rigore non vanno nella direzione che la teoria prevedeva: i cattolici
in una situazione di minoranza non sono più rigoristi, e di conseguenza, più
impegnati, delle loro controparti in paesi tradizionalmente cattolici24. O forse
essi sono più impegnati e intraprendenti, ma non come risultato di un maggior
rigore. In altre parole, sono sì più impegnati, ma non sono troppo rigoristi;
oppure non sono molto intraprendenti nonostante si trovino in una situazione
di minoranza. Come ci avvertono altri studiosi, quando si cerca di determinare
i fattori che influenzano la vitalità di una parrocchia, entrano in gioco molte
altre variabili25.
Quanto sono rilevanti i livelli di pratica religiosa
C’è da chiedersi se gli indicatori religiosi che stiamo considerando non
abbiano a che fare piuttosto con i livelli di pratica religiosa. A tale scopo,
prendiamo in considerazione due indicatori: la frequenza della preghiera per-
sonale al di fuori dei riti religiosi e della confessione sacramentale. Guardando
alla tabella delle correlazioni (tabella 6), si osservano coefficienti significativi
sia tra la frequenza della preghiera con quella della confessione sia riguardo a
diversi fattori: la frequenza della preghiera correla significativamente con tutti i
fattori eccetto che con il fattore 3, pratiche magiche. La frequenza alla confes-
sione è correlata con tutti e cinque i fattori, in modo più elevato con il quinto,
la conformità con la norma.
23 Vedi L.R. IANNACCONE, “Why Strict Churches are Strong”, American Journal of Sociology,
99 (1994), pp. 1180-1211., con il contraddittorio di G. MARWELL, “We Still Don’t Know if Strict
Churches are Strong, Much Less Why: Comment on Iannaccone”, American Journal of Sociology,
101-4 (1996), pp. 1097-1103, e la risposta di IANNACCONE “Strictness and Strenght Revisited:
Reply to Marwell”, American Journal of Sociology, 101-4 (1996), pp. 1103-1108.
24 Altro dato d’interesse – quale indicatore di rigore – della nostra inchiesta è che i cattolici
statunitensi, minoranza religiosa, frequentano di meno la confessione sacramentale che i loro
correligionari in paesi cattolici; si consideri la media di tempo dall’ultima confessione (valori 1 a 5,
ascendenti): in USA è 4,67, in Spagna 3,49, in Italia 3,29, e in Portogallo 2,52.
25 A. GREELEY (1999), “The Tilted Playing Field: Accounting for Religious Tastes. A More
General Model for the Sociology of Religion”, Journal of Contemporary Religion, 14, pp. 189-202.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
337
Tab. 6. Correlazione di Pearson tra frequenze di preghiera e confessione e i 5 fattori
(coefficienti in neretto sono significativi al livello di =<0,01)
Freq.
preghie
Freq.
Confess
Fattore
1
Fattore
2
Fattore
3
Fattore
4
Fattore
5
Correl. 1 ,282 -,377 ,072 0,006 -,235 ,252
Frequenza della pre-
ghiera Sig. 0,000 0,000 0,001 0,791 0,000 0,000
Correl. ,282 1 -,277 ,307 ,178 -,226 ,539
Frequenza della Con-
fessione Sig. 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000
Correl. -,377 -,277 1 -,197 0,003 ,404 -,375
Fattore 1: Conseguen-
ze della fede sulla vita Sig. 0,000 0,000 0,000 0,876 0,000 0,000
Correl. ,072 ,307 -,197 1 ,135 -,129 ,540
Fattore 2: Condizione
soggettiva ministro Sig. 0,001 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000
Correl. 0,006 ,178 0,003 ,135 1 0,030 ,239
Fattore 3: Pratiche
magiche Sig. 0,791 0,000 0,876 0,000 0,165 0,000
Correl -,235 -,226 ,404 -,129 0,030 1 -,352
Fattore 4: Credenze
escatologico/ortodosse Sig. 0,000 0,000 0,000 0,000 0,165 0,000
Correl. ,252 ,539 -,375 ,540 ,239 -,352 1
Fattore 5: Conformità
e differenza alla norma
ecclesiale Sig. 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000 0,000
Certamente le correlazioni vanno nel senso prevedibile: più si prega e più
ci si confessa, maggiormente si apprezza nella propria vita la religione e
l’ortodossia, e più si è conformi alla norma. I livelli di preghiera invece non
sono correlati con il rifiuto delle pratiche magiche e la questione della condi-
zione esistenziale dei ministri, lo sono invece i tempi di confessione: quelli che
si confessano più spesso sono più estranei alle pratiche magiche e accettano di
meno i sacerdoti in situazione irregolare.
Complessità del “fattore cattolico”
La presente indagine mostra una situazione assai complessa, che non con-
sente di generalizzare eccessivamente una teoria dell’adeguamento delle con-
vinzioni religiose ad altre variabili, quali il genere, l’età, i livelli di istruzione o il
contesto nazionale. Emerge invece con chiarezza che i fattori considerati sono
molto più legati a processi interni della pratica religiosa stessa, e che rispec-
chiano livelli d’impegno personale tanto sul versante spirituale che su quello
ecclesiale. In altre parole, i fattori religiosi sono anzitutto dipendenti dai livelli
di pratica e convinzione religiosa, e cioè, i loro parametri si muovono piuttosto
all’interno di una rete o di uno schema di carattere auto-referenziale, seguendo
un codice specifico proprio. Tale risultato non esclude l’influsso di fattori e-
sterni, che casomai sono integrati all’interno del sistema religioso, ma sempre
dopo una certa elaborazione da parte del codice religioso. Soltanto così si pos-
sono spiegare le scarse differenze nella maggior parte delle variabili esaminate,
o il fatto che tali differenze tocchino aspetti solo parziali della visione religiosa.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
338
In definitiva, i livelli di intensità religiosa e le dinamiche che presiedono
alle forme religiose in diversi contesti sociali e culturali, sono in genere assai
più complessi di quanto non prevedessero certe teorie. La presente indagine ci
permette di concludere che tali differenze, percettibili quando si passa da un
paese all’altro, possono essere legate non soltanto a motivazioni di rational choi-
ce, ma come ha mostrato di recente David Martin26, tra gli altri, a molti altri fat-
tori come la propria storia religiosa e culturale, la struttura sociale, la presenza
di altre proposte religiose o ideologiche. L’analisi deve prendere allora in con-
siderazione diverse variabili se vuole essere in grado di dar ragione di ciò che
accade. Inoltre, in tutti i casi esaminati sarebbe troppo riduttivo parlare di in-
flussi a senso unico, e cioè di influssi della cultura sulla religione; certamente
non è possibile farlo nel caso americano o dei paesi latini, dove la religione ha
influenzato decisamente la mentalità e molte delle forme del proprio ambiente
sociale. Decidere se tale influsso sia stato positivo o meno è un'altra storia.
3. Disegno sperimentale e metodologia della ricerca
Ipotesi sperimentale
Coerentemente con gli assunti teorici esposti nell’Introduzione, si sono avanzate
due principali ipotesi sperimentali secondo le quali ci si attendeva che:
a) le differenze culturali tra nazioni e continenti indagati esercitino un
effetto significativo sui contenuti delle credenze e sugli atteggiamenti dei
praticanti;
b) differenti contenuti delle credenze e degli atteggiamenti dei praticanti
possano costituire dei veri e propri modelli coerenti e distinti di religiosità
(cattolica).
Disegno sperimentale
Al fine di verificare le ipotesi sperimentali è stato sviluppato un disegno
sperimentale suddiviso in due principali momenti:
1) la fase pre-sperimentale, che ha compreso la creazione di un questionario
per la raccolta di self-report data, la sua traduzione nelle diverse lingue na-
zionali dei partecipanti la ricerca, la somministrazione dello strumento ad
un campione pre-sperimentale di soggetti sia europei che statunitensi e
studi di validazione del questionario;
2) la fase sperimentale, che prevede la somministrazione del questionario
ricostruito in base ai risultati delle analisi della fase pre-sperimentale ad un
campione rappresentativo di praticanti, raccolta, analisi e standardizzazio-
ne dei dati.
26 D. MARTIN, On Secularization: Towards a Revised General Theory, Ashgate, Aldershot 2005.
Cattolicesimo e pluralismo culturale
339
Procedura di somministrazione del CCS nella fase pre-sperimentale
Nelle domeniche tra maggio e agosto del 2006, il questionario CCS, auto-
compilato e con 58 domande chiuse, è stato distribuito ai partecipanti alla
messa domenicale di 14 parrocchie, di cui 4 statunitensi, 5 italiane, 3 spagnole
e 2 portoghesi (vedi tabella 1). Ai partecipanti, tenendo conto delle differenti
esigenze delle comunità di appartenenza, è stato chiesto di compilare il que-
stionario o all’inizio o alla fine della celebrazione della Messa o, per sole 2 par-
rocchie italiane, di compilarlo a casa e poi restituirlo la settimana successiva
ponendolo in un particolare raccoglitore opportunamente predisposto in par-
rocchia27.
Sono stati raccolti 2523 questionari validi, distribuiti secondo le percen-
tuali indicate nella tabella 128.
Analisi delle caratteristiche sociometriche del questionario CCS di autovalutazione
In questa prima fase della nostra ricerca, non avendo potuto ricorrere a
questionari già standardizzati per l’assenza di strumenti di rilevazione empirica
internazionali utili ai nostri scopi, si è reso necessario condurre un’analisi del
comportamento sociometrico del CCS. Come già detto nell’Introduzione, es-
sendo il numero dei soggetti spagnoli e portoghesi (17,2%) notevolmente infe-
riore a quello degli italiani e statunitensi (82,8%), si è preferito condurre le ana-
lisi di validazione soltanto su questi ultimi due gruppi.
Innanzitutto, si sono verificate le caratteristiche e la coerenza del costrut-
to interno del CCS procedendo ad una ricodifica di alcuni item, seguendo que-
sti criteri:
a) in tutti gli item le cui alternative di risposta sono disposte su una scala
a 5 punti (pienamente d’accordo, abbastanza d’accordo, d’accordo solo in
parte, non sono d’accordo, non so), la risposta 5 – “Non so” è stata con-
siderata come “valore mancante”;
b) in tutti gli item le cui alternative di risposta sono disposte su una scala
a 3 punti (sì, no, non so), la risposta 3 – “Non so” è stata considerata un
“valore mancante” in quegli item riguardanti atteggiamenti e comporta-
menti (come, per esempio, nell’item 9 – “Sei andato a messa domenica scor-
sa?”), o un valore medio tra il “sì” e il “no” in quegli item riguardanti opi-
27 Nonostante non sia possibile fornire a proposito dei dati oggettivi, si è stimato che nelle
parrocchie in cui il questionario è stato compilato in chiesa la risposta abbia superato l’80% dei
presenti; percentuale che si riduce a 25-30% per quelli che hanno riconsegnato il questionario la
domenica successiva. Per quanto concerne la traduzione del questionario, ci è qui impossibile
descrivere tutti i passaggi che sono stati necessari per garantire uno strumento di ricerca utilizza-
bile in maniera adeguata in contesti linguistici differenti; già la semplice traduzione del titolo della
ricerca testimonia i diversi approcci con cui ci si può accostare al tema della medesima: Cattolice-
simi a confronto, Comparing Catholicism, Visiones del Catolicismo, Catolicismo em questão.
28 Tutti i dati sono stati elaborati con il software SPSS© 14.0 per Windows.
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
340
nioni e credenze (come per esempio nell’item 20 – “Credi nell’esistenza del
purgatorio?”);
c) Le 6 classi di età (item 2) sono state aggregate in sole 4 classi: 18-29,
30-49, 50-64, =>65.
Quindi, gli item così ricodificati, sono stati raggruppati, tenendo conto del
costrutto teorico del CCS, in 3 diversi domini (credenze e rappresentazioni religiose,
pratica religiosa, questioni di “scottante” attualità). Si è quindi proceduto ad un’analisi
delle componenti principali separatamente per gli item di ciascuno dei 3 domi-
ni, da cui sono stati estratti 5 fattori con un buon livello di saturazione per 30
dei 54 item non-demografici:
1. conseguenza della fede sulla vita personale, raccoglie 6 item tra i quali: “Sen-
za la fede in Dio la mia vita sarebbe più difficile”, “La preghiera mi serve
per calmare ansie e paure”, “Dio mi aiuta quando ho un problema”;
2. distinzione tra condizione soggettiva del ministro e accettazione della funzione mi-
nisteriale, raccoglie 3 item: “Faresti la comunione se a celebrare la messa
fosse una donna, […] un prete sposato, […] un prete omosessuale?”;
3. pratiche magiche, raccoglie 4 item tra i quali: “Hai consultato maghi o
indovini?”, “Hai letto l’oroscopo?”;
4. credenze escatologiche/ortodossia, raccoglie 8 item tra i quali: “Credi
nell’esistenza dell’inferno, […] purgatorio, […] inferno?”, “Credi nelle
apparizioni della Madonna?”;
5. conformità/differenza alla norma e prassi ecclesiale, raccoglie 9 item tra i qua-
li: “È giusto che anche le donne possano essere ordinate prete?”, “È giu-
sto che i divorziati risposati possano fare la comunione?”.
L’Alpha di Cronbach ha confermato una buona coerenza interna dello
strumento: tutti i fattori superano il valore di 0.7, generalmente considerato la
soglia di affidabilità di una scala, eccetto il fattore Pratiche magiche (vedi tabella 10)
Tab. 10. Fattori estratti
Fattori estratti del CCS Cronbach’s Alpha
1) conseguenza della fede sulla vita personale 0.757
2) distinzione tra condizione soggettiva del ministro e accettazione della fun
-
zione ministeriale 0.770
3) pratiche magiche 0.589
4) credenze escatologiche/ortodossia 0.759
5) conformità/differenza alla norma e prassi ecclesiale 0.800
Conclusioni della fase pre-sperimentale
Al termine della fase pre-sperimentale è emerso che, nonostante il CCS fosse
in grado di misurare i differenti atteggiamenti, comportamenti e opinioni dei
praticanti di religione Cattolica, alcune modifiche si rendessero necessarie per
migliorarne il comportamento sociometrico, secondo due principali criteri:
Cattolicesimo e pluralismo culturale
341
1. unificare le modalità di risposta (pienamente d’accordo, abbastanza
d’accordo, d’accordo solo in parte non sono d’accordo non so // sì, no, non so // per
nulla, poco, abbastanza, molto, non so // ecc.) in una sola scala Likert a 5 punti
(dove 1=per niente e 5=pienamente) quale opzione di scelta a tutte le do-
mande riguardanti l’accordo a certe affermazioni;
2. revisionare quegli item che erano sono stati spiegati dalle cinque
componenti principali estratte.
L’analisi delle componenti principali sui 3 domini del costrutto teorico del
CCS (credenze e rappresentazioni religiose, pratica religiosa, questioni di “scottante” attuali-
tà) ci ha suggerito di riordinare con più chiarezza la successione degli item se-
condo l’articolazione dei 5 fattori estratti per favorire una maggiore attivazione
cognitiva del rispondente sulla specifica area tematica argomentata dalle singo-
le domande.
Inoltre, un’attenta rilettura di quegli item rimasti esclusi dalla spiegazione
dei 5 fattori ci ha permesso di cogliere l’esistenza di altri due domini su cui è
stato necessario condurre ulteriori verifiche statistiche: religiosità/spiritualità
come due aspetti non equivalenti del vissuto umano, pluralismo/universalismo
come due atteggiamenti polari nella modalità di riconoscimento della supre-
mazia della propria verità di fede.
I risultati ottenuti da questo primo ampio campione pre-sperimentale, inol-
tre, ci confermano le due ipotesi sperimentali, ovvero che:
a) le differenze culturali esercitano un effetto significativo sui contenuti
delle credenze e sugli atteggiamenti dei praticanti;
b) i differenti contenuti delle credenze e degli atteggiamenti dei pratican-
ti costituiscono dei modelli coerenti e distinti di religiosità.
Versioni del CCS
Dopo la ricostruzione del CCS in base ai risultati delle analisi della fase
pre-sperimentale, è stata prodotta una seconda versione del CCS (2.0). Questa è
stata somministrata a 189 studenti dell’Università di Perugia. Dalle analisi con-
dotte su questo campione di studenti, sono emersi 3 fattori con valori molto
alti dell’Alpha di Cronbach:
1. Credenze e vita personale (alpha .92), che raccoglie le 2 sezioni del que-
stionario relative a: l’Influenza della fede sulla vita personale e Credenze escatologi-
che/ortodossia;
2. Norma e prassi ecclesiale (alpha .81), che raccoglie le 2 sezioni del que-
stionario relative a: Conformità/differenza alla norma e prassi ecclesiale e Distin-
zione tra condizione soggettiva del ministro e accettazione della funzione ministeriale;
3. Spiritualità, religiosità e pluralismo (alpha .82), che raccoglie le 2 sezioni
del questionario relative a: Spiritualità e Religiosità e Pluralismo religioso
La terza versione, prodotta da queste ulteriori analisi, vede ridotti a 44 gli
item del questionario (esclusi quelli di carattere sociodemografico), di cui 38
G. Giordan, Ll. Oviedo, S. Federici
342
relativi alle sezioni raccolte dai 3 fattori estratti e 7 in una sezione relativa alle
frequenze della pratica religiosa.
Fase sperimentale
Nella fase sperimentale, è prevista la somministrazione della versione 2.1 del
questionario ad un campione rappresentativo di praticanti, raccolta, analisi e
standardizzazione dei dati.
Conclusioni
I dati raccolti nell’indagine pilota ci sembrano sufficienti a rilevare come
ci sia una distanza, a seconda dei temi più o meno marcata, tra l’insegnamento
del magistero e ciò che i cattolici praticanti “regolari” pensano e fanno. Tale
distanza può essere riscontrata non solo nella pratica religiosa, come la fre-
quenza alla messa e alla confessione, ma anche in temi importanti per la dot-
trina cattolica quali il sacerdozio e il rapporto con le altre religioni.
Uno scollamento tra insegnamento ufficiale e prassi quotidiana che sem-
bra essere declinato in maniera diversa a seconda dei contesti nazionali in cui si
inserisce: pur trattandosi sempre della stessa chiesa cattolica, quindi, sembre-
rebbe lecito parlare di “cattolicesimi” al plurale, segnati inevitabilmente dalle
differenze culturali. Se da un lato questo evidenzia la straordinaria capacità di
adattamento della religione cattolica, dall’altro sottolinea anche la molteplicità
insita nella pretesa “unicità”.
A conferma delle ipotesi interpretative esposte più sopra, accogliamo il
fatto che i praticanti italiani si valutino più critici nei confronti dell’inseg-
namento cattolico: in una società multireligiosa come quella americana, è più
plausibile riscontrare una forte identità di appartenenza rispetto ad una società
in cui il cattolicesimo è di gran lunga la religione maggioritaria. Infatti, nella
comunità cattolica italiana il “dissenso” è vissuto all’interno della comunità
stessa, a differenza di quanto accade nella società americana dove il “dissenso”
conduce con più facilità ad una diversa appartenenza religiosa.
Le differenze, poi, riscontrate nei contenuti delle credenze e negli atteg-
giamenti dei praticanti rispetto a sesso, età e istruzione ci fanno presagire la
presenza di modelli differenti di “cattolicità” all’interno delle stesse comunità
di appartenenza.
Dal punto di vista metodologico, infine, il questionario dopo le analisi
condotte sulle sue proprietà sociometriche può essere considerato uno stru-
mento adeguato a rilevare le differenze negli atteggiamenti, comportamenti e
opinioni dei cattolici praticanti.