Negli ultimi dieci anni gli studi della psicologia evoluzionistica e cognitiva della religione hanno raggiunto la maturità. Tutt’altro che ridursi a cercare il gene o i geni di Dio, tali studi ci hanno aiutato a capire come mai il pensiero religioso sia così tanto pervasivo nelle società umane e perché, per molti aspetti, l’ateismo sarà sempre più difficile da smerciare di quanto lo sia il pensiero religioso. In un recente articolo pubblicato nella prestigiosa rivista di divulgazione scientifica Nature, Pascal Boyer raccogliendo il frutto dei suoi numerosi studi sulla religione, ci spiega perché l’essere umano sia “confinato a credere”, costretto, per così dire, da un insieme di tratti cognitivi che lo predispongono a credere .
In un clima di crescente fondamentalismo religioso e nello stesso tempo d’insuccesso delle grandi ideologie dell’ateismo occidentale, ci chiediamo che cosa nella mente umana renda la conversione religiosa possibile e di maggior successo rispetto alla difficoltà della diffusione di un ateismo universale. Affronteremo la conversione religiosa da una prospettiva di psicologia cognitiva e sociale, descrivendo quei meccanismi e processi mentali che sottostanno ad un comportamento socialmente e culturalmente complesso come quello della conversione religiosa. Quale modello di conversione si farà principalmente riferimento ad alcune pericopi e detti tratti dai Vangeli. Tale scelta, oltre ad essere dettata dall’esigenza metodica di circoscrivere il campo di indagine ad un ambito controllabile nello spazio di un saggio, tiene conto del fatto che il termine “conversione”, così come viene compreso nel linguaggio ordinario, deriva la sua caratterizzazione semantica anzitutto proprio da quelle pagine. Il riferimento testuale scelto possiede, quindi, una rilevanza paradigmatica da un punto di vista storico-culturale.