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Abstract and Figures

Alcohol expectancies refer to beliefs about positive and negative alcohol effects. Research has explored the role of this construct in maintaining alcohol use but results remain unclear. Recent theories have suggested that the absence of a clear distinction between cognitive and metacognitive expectancies on alcohol effects may be responsible for this ambiguity. This study explored associations between cognitive and metacognitive expectancies about alcohol use. A sample of inpatients with problem drinking diagnosis and individuals from the general population were compared on presence or absence of different expectancies through a semi-structured interview. Results indicate that the two samples significantly differed on frequency of cognitive and metacognitive expectancies. In particular, the clinical sample presented less negative cognitive expectancies (health damage, interpersonal relations damage) and more positive metacognitive expectancies (relating to thought control and cognitive efficiency). No differences on positive cognitive expectancies and negative metacognitive expectancies about alcohol use we observed. The clinical implications of these findings are discussed.
Content may be subject to copyright.
Ricerche in Psicoterapia 11(1), 7-18
Uso di alcool e credenze metacognitive nel modello della Funzione
Autoregolatoria
Segnavia
Words: 2,393 (References excluded)
Gabriele Caselli
University of Parma, Parma, Italy
Studi Cognitivi, Milano, Italy
Chiara Bortolai
Ospedale Privato Accreditato Villa Rosa, Modena, Italy
Mauro Leoni
University of Parma, Parma, Italy
Francesco Rovetto
University of Parma, Parma, Italy
Revisione 1 - Maggio 2008
Key Words: Alcohol use, problem drinking, metacognition, Cognitive-behavioural
Therapy
Author Notes
Correspondence should be addressed to: Gabriele Caselli, Department of Psychology,
University of Parma, Parma, Italy. e-mail: gabriele.caselli@gmail.com
Ricerche in Psicoterapia 11(1), 7-18
Abstract
Il presente lavoro esamina recenti prospettive teoriche che hanno associato dimensioni e
funzionamento metacognitivo al consumo patologico di alcool.
Le terapie cognitivo comportamentali concentrano l’intervento sulla modificazione
comportamentale overt e sulla ristrutturazione del contenuto dei pensieri. Il modello
metacognitivo della Funzione Autoregolatoria (Wells & Matthews, 1994) sottolinea il ruolo
dei processi cognitivi come gli stili di pensiero, di attenzione, di memoria e giudizio
disfunzionali e la necessità di interventi psicoterapeutici orientati al loro cambiamento.
Credenze metacognitive e strategie metacognitive di controllo mantengono questi
comportamenti covert disfunzionali e rappresentano il bersaglio ottimale del processo di
cambiamento.
L’innovazione dell’approccio metacognitivo applicato ai disturbi da uso di alcool consiste
nel considerare il comportamento di assunzione come una strategia cognitivo-regolatoria
oltre che emotivo-regolatoria, guidata dalla necessità di controllare i pensieri e dalla
percezione di scarsa efficienza del proprio funzionamento cognitivo.
Studi preliminari, implicazioni teoriche, cliniche e linee di ricerca future sono discusse
Ricerche in Psicoterapia 11(1), 7-18
Abstract
The present work examines a recent theoric perspective that associates metacognitive
dimensions and alcohol use.
Cognitive-behavioural focus its treatments on the overt behaviours’ modification and on
the content thoughts’ restructuring. The S-REF metacognitive model (Wells & Matthews,
1994) stresses the role of cognitive processes as thinking and attentional style, memory and
judgement and the need to change them through the treatment.
Metacognitive beliefs and metacognitive control strategies maintain these dysfunctional
covert behaviours and represent the core target of restructuring.
Innovative features of metacognitive approach, applied to alcohol use disorders, consist on
the consideration of alcohol use as a cognitive-regulation strategy and not only an
emotional-regulation one. It could be guided by need to control thoughts and low
cognitive confidence.
Preliminary studies, theoretical and clinical implications and future research perspective are
discussed.
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Introduzione
Nella maggior parte delle culture, l’alcool è il sedativo ad azione centrale più
frequentemente usato e una causa di considerevole morbilità e mortalità. I disturbi associati
all’alcool si distinguono in disturbi da uso di alcool (abuso e dipendenza da alcol) e disturbi
indotti da alcool (American Psychiatric Association, 2000). La caratteristica essenziale
dell’abuso di alcool è una modalità patologica d’uso con conseguenze avverse e disagio
clinico significativo in relazione a una o più aree di vita (lavoro, famiglia, scuola, relazioni
interpersonali ecc…) che si presentano con modalità ricorrenti e connesse al consumo della
sostanza. La diagnosi di dipendenza da alcool si fonda sulla presenza di tolleranza,
astinenza e comportamento compulsivo di assunzione. La tolleranza e l’astinenza
definiscono la specifica con/senza dipendenza fisica.
I pazienti con problemi di consumo di alcool affermano di bere per regolare le proprie
emozioni, cioè ridurre sintomi ansiosi o depressivi. Una serie di studi ha mostrato che
disturbi d’ansia e umore sono quelli con maggior comorbilità con i problemi di alcool
(Helzer & Pryzbeck, 1988; Kushner, Sher & Beitman, 1990; Wilson, 1988).
La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi da uso di alcool si focalizza su tre
obiettivi. Il primo è l’insegnamento di abilità per fronteggiare le situazioni ad alto rischio. Il
secondo è l’identificazione e la ristrutturazione di aspettative e credenze legate al consumo
di alcool che producono craving ed effetti di violazione dell’astinenza (Sanchez-Craig,
Wilkinson & Walker, 1987; Oei & Baldwin, 1994; Jones, Corbin & Fromme, 2001; Parks,
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Marlatt & Anderson, 2004). Infine il terzo obiettivo è la gestione del disagio emozionale in
comorbilità (Beck, Wright, Newman & Liese, 1993). Questi interventi si occupano
principalmente del contenuto dei pensieri e dei comportamenti che conducono
all’assunzione della sostanza. Gli interventi di terapia cognitiva comportamentale sono
largamente usati nel trattamento dei disturbi da uso di alcool con risultati positivi (Parks,
Marlatt & Anderson, 2004).
Alcuni teorici hanno recentemente sottolineato i limiti degli interventi centrati sul
contenuto dei pensieri suggerendo nuovi modelli per la concettualizzazione delle cognizioni
nelle disfunzioni psicopatologiche (Wells & Matthews, 1994; Wells & Purdon, 1999; Wells,
2000). L’enfasi viene posta su un sistema multilivellare di elaborazione delle informazioni
che coinvolge processi cognitivi e metacognizioni (Wells & Matthews, 1994). La
metacognizione si riferisce a tutte le strutture, gli eventi e i processi coinvolti nel controllo,
modificazione e interpretazione del pensiero (Wells, 2000).
Un modello metacognitivo dei disturbi psicologici
La necessità di spostare l’attenzione dai contenuti ai processi di pensiero ha condotto a una
teoria clinica sintetizzata nel modello della funzione autoregolatoria (Self-Regulatory
Executive Function o S-REF) secondo la quale fattori metacognitivi determinano processi
di pensiero disfunzionali che generano e mantengono i disturbi psicologici (Wells &
Matthews, 1994). In particolare alcuni di questi processi disfunzionali sono: stili di pensiero
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perseverativi (es: preoccupazione e rimuginio), strategie attentive di ipermonitoraggio (della
minaccia, dei pensieri o dei segnali somatici) e comportamenti di sicurezza (safety behaviours)
che ostacolano esperienze in grado di modificare credenze problematiche (evitamento,
controllo, sovracompensazione, resa).
I contenuti del pensiero possono essere vari: il proprio umore, problemi di salute, familiari,
lavorativi, ipotesi sul futuro ecc… Tuttavia, secondo il modello S-REF, la principale
componente disfunzionale non è nel contenuto del pensiero ma nella modalità con cui i
contenuti vengono affrontati che può essere rigida e perseverativa. Le credenze
metacognitive sono le principali responsabili dell’uso di queste modalità disfunzionali, in
particolare quelle che riguardano la loro efficacia (es: rimuginare mi aiuta a risolvere problemi) o
la loro incontrollabilità (Wells, 2000).
Le metacognizioni coinvolte sono di tre tipi. Le conoscenze metacognitive descrivono gli stimoli
significativi per la persona e i suoi scopi basandosi sull’immagine di sé ideale o normativa.
Le esperienze metacognitive sono esperienze soggettive derivate dal confronto tra i propri scopi
e le situazioni attuali e contestuali che si realizzano in vissuti di congruenza o discrepanza
rispetto al sé ideale o normativo. Le strategie metacognitive controllano il comportamento overt
e covert dell’individuo per ridurre la sensazione di discrepanza o mantenere quella di
congruenza.
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In questo modello le emozioni rappresentano l’esito di un’esperienza metacognitiva di
discrepanza. Allo stesso modo la riduzione delle emozioni negative è la prima conseguenza
della riduzione della discrepanza percepita.
Tutte le persone fanno affidamento sulle proprie metacognizioni per valutare la
discrepanza rispetto agli scopi personali e per ridurla. Nei disturbi psicologici però vengono
attivate strategie metacognitive inefficaci e dannose per l’autoregolazione, che falliscono nel
colmare la discrepanza percepita.
Questa teoria clinica ha influenzato lo sviluppo di modelli disturbo-specifici per il Disturbo
d’Ansia Generalizzato, il Disturbo Post-traumatico da Stress, il Disturbo Ossessivo-
Compulsivo e la Depressione Maggiore (Wells, 2000; Papageorgiou & Wells, 2003). Simili
modelli per differenti disturbi sono in fase di studio.
Il presente lavoro ha l’obiettivo di riassumere le applicazioni di questa nuova
concettualizzazione ai Disturbi da Uso di Alcool. Le ricerche presentate sono state raccolte
attraverso motori di ricerca on-line (www.pubmed.com) con le seguenti parole chiave:
“metaocognition/metacognitive” AND “alcohol/substance use”.
Metacognizione e uso di alcool
Recentemente, alcuni studi hanno esplorato il legame tra fattori metacognitivi e consumo di
alcool. Due riflessioni hanno suggerito che le metacognizioni potrebbero essere associate ai
disturbi da uso di alcool. Per prima cosa l’alcool è considerato una strategia per regolare le
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cognizioni e le emozioni negative, quindi rappresenta, almeno in parte, una strategia con
funzione metacognitiva, cioè orientata alla regolazione del pensiero. In secondo luogo ansia
e depressione sono associate all’uso di alcool e, secondo il modello della funzione
autoregolatoria, anche a dimensioni metacognitive disfunzionali (Wells, 2000; Papageorgiou
& Wells, 2003).
La relazione tra metacognizioni, emozioni e uso di alcool è stata esplorata inizialmente in
un campione non clinico (Spada & Wells, 2005). Lo studio ha cercato di chiarire se esiste
un’associazione tra metacognizioni e uso di alcool non mediata dalle emozioni. Le credenze
metacognitive sono state esplorate attraverso il Metacognition Questionnaire (MCQ)
(Cartwright-Hatton & Wells, 1997) che rileva cinque dimensioni: (1) credenze positive sui
pensieri (es: “preoccuparmi mi aiuta a risolvere i problemi”), (2) credenze negative su
controllabilità e danno dei pensieri (es: “quando inizio a preoccuparmi non riesco a
fermarmi”), (3) credenze sulla propria efficacia cognitiva (es: “talvolta la mia memoria mi
inganna”), (4) credenze sulla necessità di controllare i pensieri (es: “non riuscire a
controllare i pensieri è un segno di debolezza”), autoconsapevolezza cognitiva (es: “sto
molto attento ai miei pensieri”). I risultati mostrano che le emozioni negative (ansia e
depressione) e le prime quattro dimensioni metacognitive sono positivamente correlate con
l’uso di alcool. Di queste dimensioni la necessità di controllare i propri pensieri (MCQ4) è
un predittore del consumo di alcool indipendente dalle emozioni negative (Spada & Wells,
2005). L’alcool è usato per controllare i pensieri, a prescindere dal proprio vissuto emotivo.
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Un secondo studio ha confrontato le credenze metacognitive tra un campione clinico e un
campione non clinico (Spada, Zandvoort & Wells, in press). Individui con disturbi da uso
di alcool hanno punteggi significativamente superiori su tutte le dimensioni metacognitive.
Inoltre credenze metacognitive sulla necessità di controllo dei pensieri e sulla scarsa
efficacia cognitiva risultano predittori indipendenti rispetto alle emozioni negative
dell’appartenenza al campione clinico o a quello non clinico. In conclusione l’alcool è usato
non solo per controllare i pensieri ma anche per migliorare le proprie capacità mentali, a
prescindere dal vissuto emotivo.
I risultati di questi lavori preliminari mostrano che il rapporto tra metacognizioni e alcool
dipende da due credenze metacognitive: la necessità di controllare il pensiero e la scarsa
fiducia nelle proprie capacità mentali.
L’associazione tra alcool e conoscenze metacognitive è la prima argomentazione a favore
dell’applicazione del modello S-REF alla comprensione dei disturbi da uso di alcool. In
particolare l’uso di alcool può essere considerato come una strategia per controllare i
pensieri e migliorare l’efficienza cognitiva.
Se questi sono gli scopi dell’uso di alcol, allora il comportamento di abuso viene attivato da
credenze metacognitive circa la sua efficacia nella regolazione del pensiero. Una ricerca
anglosassone ha esplorato la presenza di tali credenze in 10 pazienti con disturbi da uso di
alcol (Spada & Wells, 2006). Ai soggetti è stato chiesto di descrivere un episodio di
consumo di alcool attraverso la somministrazione di un’intervista semi-strutturata. Gli
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obiettivi riferiti dal paziente riguardano la riduzione dello stato emotivo negativo e
l’incremento di vissuti emotivi positivi per quanto non sia chiara la distinzione tra emozioni
ed esperienze metacognitive. I pazienti riferiscono di non sapere se hanno raggiunto o
meno gli obiettivi prefissati, l’alcool infatti sopprime le capacità metacognitive di
automonitoraggio. I segnali che hanno interrotto il consumo di alcool non sono collegati al
raggiungimenti degli scopi prefissi ma più semplicemente la debolezza fisica e la perdita di
coscienza.
Secondo il modello S-REF le credenze metacognitive riguardanti l’efficacia della sostanza
nella regolazione del pensiero rappresentano il principale fattore di mantenimento del
comportamento problematico. Alla luce dei dati attuali si ipotizza che siano implicate
principalmente credenze positive circa l’uso di alcool per regolare stati mentali (es: “l’alcool
mi aiuta a controllare i brutti ricordi”) o negative relative all’incontrollabilità e al danno
dell’alcool sul funzionamento cognitivo (es:“l’alcool danneggia la mia memoria”) (vedi TABELLA
1). Simili credenze metacognitive sull’efficacia regolatoria dell’alcool possono coinvolgere
effetti dell’alcool su diversi processi cognitivi come il ragionamento, la memoria, il giudizio
o l’attenzione
Queste credenze metacognitive sull’uso di alcool con funzione cognitivo-regolatoria hanno
mostrato di essere predittori del consumo di alcool più forti delle aspettative cognitivo-
sociali sulle conseguenze generali del consumo di alcool (Spada, Moneta & Wells, 2007).
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In sintesi i pazienti usano alcool con finalità autoregolatorie sulla base di alcune credenze
apprese, però nessuno è in grado di riferire se tale scopo (es: non rimuginare troppo,
riuscire a essere più socievole, acquisire maggior creatività o capacità di concentrazione) è
stato raggiunto perché contemporaneamente l’assunzione di alcool ostacola le funzioni di
automonitoraggio. L’alcool si rivela così come strategia controproducente. Le credenze
metacognitive (sul controllo del pensiero, sulla fiducia nelle proprie capacità mentali,
sull’efficacia della sostanza nel regolare il pensiero) guidano il consumo ma l’azione della
sostanza sul sistema nervoso danneggia le capacità di monitorare se lo scopo è stato
raggiunto. Il paziente non verifica l’inefficacia dell’alcool e non modifica le sue credenze
metacognitive.
Implicazioni dell’approccio metacognitivo applicato all’uso di alcool
Se alla funzione dell’alcool come regolatore del vissuto emotivo è stato dato ampio spazio
nella ricerca clinica e negli interventi psicoterapeutici (Beck, Wright, Newman & Liese,
1993), poco o nessun interesse è stato posto sugli effetti dell’alcool come regolatore del
pensiero. La psicoterapia cognitiva ha posto l’accento sui contenuti tralasciando i processi
di pensiero e le credenze metacognitive che li governano.
Dalla breve rassegna presentata emergono due vie metacognitive che innescano l’uso di
alcool: le credenze sulla necessità di controllo dei pensieri (MCQ4) e le credenze sullo
scarso funzionamento cognitivo (MCQ3). La prima rappresenta la necessità di ridurre un
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flusso di pensieri, la seconda la necessità di migliorarlo secondo segnali e standard
personali. Altre credenze sull’efficacia dell’alcool nel regolare il pensiero (Positive Alcohol
Metacognitions, PAM) e sugli effetti negativi dell’alcool sui processi cognitivi (Negative Alcohol
Metaocognitions, NAM) sono in fase di verifica e approfondimento (Spada & Wells, 2008).
Nella FIGURA 1 viene sintetizzato un modello, ancora in via di sviluppo, relativo al
rapporto tra dimensioni metacognitive e uso di alcool. Come ipotizzato in altri modelli per
disturbi emozionali specifici, alcuni stimoli assumono la valenza di inneschi per una
valutazione della discrepanza rispetto agli scopi personali. Nei pazienti con problemi di
alcool questi sono relativi alle capacità di controllo del pensiero (MCQ4) e al buon
funzionamento cognitivo (MCQ3). L’innesco può essere uno stimolo esterno, una
sensazione corporea, uno stimolo cognitivo (ricordo, previsione o pensiero). Nel profilo
metacognitivo proposto da Wells (2000) la valutazione dello stimolo di innesco, che si basa
sulle credenze metacognitive (MCQ3 e MCQ4), produce un’esperienza metacognitiva
caratterizzata dalla sensazione di “stare per perdere il controllo” o che “la mente non riesca
a funzionare con efficacia”. Emozioni negative seguono le esperienze metacognitive,
segnalano alla coscienza la discrepanza affinché si attivino strategie di controllo per ridurla.
Innanzi a esperienze metacognitive e a emozioni negative si attivano credenze
metacognitive positive relative all’uso di alcool nella regolazione delle cognizioni (es:
aumento del controllo, miglioramento della prestazione cognitiva personale o
interpersonale). Ne consegue l’uso di alcool che ha effetti sulla funzionalità cognitiva.
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Subito dopo l’inizio del consumo di alcool si attivano credenze metacognitive negative circa
l’incapacità individuale di controllare il proprio comportamento. I risultati sono:
- le credenze metacognitive (MCQ3 e MCQ4) si mantengono attive per gli effetti
dell’alcool sul sistema nervoso;
- l’esperienza metacognitiva negativa perdura nel tempo fino alla perdita di coscienza;
- credenze metacognitive positive e negative sull’uso di alcool non vengono
confutate per il danno alle capacità cognitive di monitoraggio
Se così fosse l’uso di alcol costituirebbe principalmente una strategia di regolazione
cognitiva e solo indirettamente di regolazione emotiva. È ipotizzabile che le persone
consumino alcool più per regolare il pensiero che per regolare l’umore, o almeno che questi
due scopi differenzino consumatori patologici da consumatori non patologici. Ulteriori
approfondimenti sperimentali sono necessari per verificare le ipotesi presentate.
Conclusioni
Le ricerche effettuate sostengono l’applicazione del modello S-REF nella comprensione dei
disturbi da uso di alcool. In particolare l’alcol viene presentato come una strategia di
regolazione cognitiva e non solo emotiva. Alla luce delle considerazioni presentate si può
sostenere l’ipotesi che la regolazione cognitiva abbia un ruolo prevalente nella genesi, nel
mantenimento e nel rischio di ricaduta nel potus.
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Alla luce dei fattori di mantenimento individuati si possono suggerire alcune conseguenze
di significativo rilievo clinico. La terapia cognitivo comportamentale dovrebbe considerare
la funzione di regolazione del pensiero della condotta di abuso e operare in due direzioni:
(1) interventi mirati a fornire strategie di gestione e cambiamento di stili di pensiero
(preoccupazione e rimuginio), memoria, attenzione e giudizio disfunzionali e (2) modificare
credenze metacognitive circa la necessità di controllo del pensiero, le fiducia nella propria
efficienza cognitiva, effetti positivi e negativi dell’alcool sulle funzioni cognitive per
esempio attraverso la decatastrofizzazione del loro significato e tentativi di abbandonare il
controllo dei pensieri.
L’analisi del rapporto tra variabili metacognitive e uso di alcool non è ancora completo. In
particolare occorre analizzare il ruolo degli intenti cognitivo-regolatori rispetto a quelli
emotivo-regolatori per focalizzare con maggior precisione ed efficacia l’intervento
psicoterapeutico. Occorre altresì valutare il ruolo delle variabili metacognitive rispetto al
rischio di ricaduta e al ruolo di dimensioni metacognitive come variabili predittrici
indipendenti del consumo di alcool rispetto a stili di pensiero perseverativi. Lo studio della
relazione tra metacognizione e consumo di sostanze è solo all’inizio, tuttavia mostra
interessanti prospettive per la pratica clinica aprendo l’intervento su aree finora poco
esplorate.
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Bibliografia
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Tabella 1. Metacognizioni sull’uso di alcool
Credenze metacognitive sull’uso di alcool
Efficienza cognitiva
l’alcol mi aiuta a pensare in modo più lucido
l’alcol mi aiuta a risolvere i problemi
Controllo del pensiero
l’alcol spegne i miei pensieri brutti
l’alcol mi aiuta a sostenere i pensieri negativi
Incontrollabilità
Quando inizio a bere non riesco più a smettere
Non ho controllo sul mio bere
Danno cognitivo
L’alcool danneggia la mia mente
Se bevo non riesco più a regolarmi
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Figura 1. Metacognizione e uso di alcool
Credenze
metacognitive:
Stimolo
d’innesco
MCQ3, MCQ4*
Esperienza Metacognitiva
Non riesco a controllare i pensieri
La testa non funziona, mi sento
stupido o incapace di risolvere il
problema
* = scarsa fiducia nel funzionamento cognitivo (MCQ3), necessità di controllo del pensiero
(MCQ4)
Emozioni
negative
Aspettative
metacognitive
sull’uso di alcool
Uso di Alcool
Effetti sul Sistema Nervoso:
perdita di coscienza, perdita di controllo
sul
p
ensiero
,
riduzione ca
p
acità co
g
nitive
... Recentemente, gli studi si sono rivolti verso il ruolo delle credenze metacognitive, quali fattori che determinano processi di pensiero disfunzionali, che generano e mantengono i disturbi psicologi (in particolare, stili di pensiero perseveratici e strategie attentive di ipermonitoraggio). Lo studio della relazione tra metacognizione e dipendenza mostra interessanti prospettive per le ricerche future e per la pratica clinica (Caselli, Bortolai, Leoni, Rovetto, & Spada, 2010;Caselli, Bortolai, Leoni, & Rovetto, 2008;Spada, Moneta, & Wells, 2007). ...
... Gli individui che hanno uno scarso livello di benessere psicologico potrebbero utilizzare le sostanze come una sorta di auto-medicazione, cioè una strategia per alleviare lo stato di sofferenza, sebbene sia una soluzione efficace solo sul breve periodo in quanto in realtà comporta il mantenimento del circolo vizioso del comportamento di dipendenza. Viceversa, una condizione di benessere psicologico e regolazione emotiva è predittiva di un mantenimento dello stato di compenso e minori tassi di ricaduta (Hodgins, el-Guebaly, & Armstrong, 1995;Borland, 1990;Caselli, et al., 2010). ...
Article
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This article describes the procedures of Life themes and plans, Implications of biased Beliefs: Elicitation and Treatment (LIBET) therapy. LIBET integrates procedures of rational disputation, constructivist reframing and developmental interventions. The assessment procedures are primarily Kellian laddering and assessment of personal life history. Laddering aims to assess self-beliefs and emotional states – called life theme- prominently underlying clients’ emotional disorder, while personal life history aims to assess the relational situations in which the life theme was learned. The assessment also examines the construction of early dysfunctional plans aimed at managing the life theme, which then result in symptoms. Therapeutic change interventions integrate rational disputation and constructivist reframing.
... Riguardo ai disturbi psicologici alcuni modelli teorici attribuiscono alla ruminazione un ruolo strettamente connesso ai disturbi depressivi (Treynor, Gonzalez e Nolen-Hoeksema, 2003). Altri modelli teorici (Martin e Tesser, 1996) sostengono una concettualizzazione transdiagnostica secondo la quale la ruminazione rappresenterebbe un fattore di mante- nimento di stati emotivi negativi ad ampio spettro, e potrebbe condurre a comportamenti patologici come abbuffate o abuso di sostanze nel tentativo di interrompere il processo ruminativo stesso attraverso la riduzione dei livelli di coscienza (Nolen-Hoeksema, Stice, Wade e Bohon, 2007;Caselli, Bortolai, Leoni, Rovetto e Spada, 2008;2010). ...
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Rumination is a cognitive process characterised by an abstract, repetitive style of thought and focussed on negative sensations and thinking and on their consequences. Rumination is actived in response to mood fluctuations and produced prolonged and more severe dysphoric symptoms. Over the last two decades numerous studies have shown the central role of rumination in individual vulnerability depression and other psychological disorders. This article aims to review the principal results of the numerous studies on rumination with particular attention being focused on different content categories: theoretical models of rumination, maladaptive components of rumination, aims and functions of rumination, consequences of rumination and its maintenance cycles.
... Riguardo ai disturbi psicologici alcuni modelli teorici attribuiscono alla ruminazione un ruolo strettamente connesso ai disturbi depressivi (Treynor, Gonzalez e Nolen-Hoeksema, 2003). Altri modelli teorici (Martin e Tesser, 1996) sostengono una concettualizzazione transdiagnostica secondo la quale la ruminazione rappresenterebbe un fattore di mante- nimento di stati emotivi negativi ad ampio spettro, e potrebbe condurre a comportamenti patologici come abbuffate o abuso di sostanze nel tentativo di interrompere il processo ruminativo stesso attraverso la riduzione dei livelli di coscienza (Nolen-Hoeksema, Stice, Wade e Bohon, 2007;Caselli, Bortolai, Leoni, Rovetto e Spada, 2008;2010). ...
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Rumination has been conceptualized as a coping strategy for controlling negative affect that is characterized by heightened self-focused attention involving abstract, persistent, repetitive and negative thinking concerning own depressive symptoms and their consequences. Rumination has been usually activated from mood fluctuations and leads to more severe and prolonged depressive symptoms. During last two decades many studies have shown the central role of rumination for the individual vulnerability to the genesis of depression and other psychological disorders. This study aims to review principal results of scientific literature on rumination with a distinction between different content categories: models of rumination, maladaptive components of rumination, aims and functions of rumination, comparison between rumination and other cognitive processes, consequences of rumination and its maintenance cycles.
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Alcohol-related expectancies covary consistently with consumption patterns; limited research also suggests that expectancies can predict future drinking behavior. However, the ability of expectancies to predict high-risk drinking has not been evaluated among college students. Participants were 140 undergraduates who completed an alcohol use assessment at 2 points in time, separated by. 1 month. Using multiple regression analyses, the author determined that alcohol-related expectancies accounted for a small but significant percentage of variance in each of 2 alcohol consumption variables. Global positive expectancies predicted maximum daily quantity, and sexual enhancement expectancies predicted the frequency of intoxication, even when controlling for baseline levels of both variables. These findings support alcohol abuse prevention efforts designed to modify cognitive expectancies. (PsycINFO Database Record (c) 2012 APA, all rights reserved)
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A comprehensive measure of alcohol outcome expectancies was developed through the use of exploratory and confirmatory factor analyses. The questionnaire assesses both positive and negative expected effects of alcohol as well as the subjective evaluation of those effects. The measure was found to demonstrate adequate internal consistency, temporal stability, and construct validity. Criterion validity was demonstrated through structural regression analyses of the independent and combined influences of outcome expectancies and subjective evaluation on 3 measures of alcohol use. Information on Ss' dose-related expectancies provided further validation of the expectancy construct and yielded information about the effects people associate with drinking different amounts of alcohol. (PsycINFO Database Record (c) 2012 APA, all rights reserved)
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[This book] is written for students of cognitive psychology, and also for clinicians and researchers in the areas of cognition, stress and emotional disorders. (PsycINFO Database Record (c) 2012 APA, all rights reserved)
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review factors which appear to have delayed the deployment of secondary prevention programs for problem drinkers discuss developments that have given impetus to secondary prevention and the characteristics that such programs should probably have if they are to be successful outline the theoretical bases of our approach and the manner in which the procedures were developed devoted to a description of procedures concludes with some consideration of what seem to be priorities for research in this area (PsycINFO Database Record (c) 2012 APA, all rights reserved)
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The present study explored the relationships between metacognitions, emotion, alcohol use and problem drinking. A convenience sample of 97 participants completed the following questionnaires: Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS), Meta-Cognitions Questionnaire 30 (MCQ-30), Quantity Frequency Scale (QFS) and Alcohol Use Disorders Identification Test (AUDIT). A cross-sectional design was adopted and data analysis consisted of correlational and multiple regression analyses. Metacognitions were found to be positively and significantly associated with alcohol use and with proneness to problem drinking. Positive and significant relationships were also observed between anxiety and depression on the one hand, and alcohol use and proneness to problem drinking on the other. Multiple regression analyses indicated that anxiety and beliefs about the need to control thoughts independently predicted alcohol use, and anxiety alone predicted proneness to problem drinking. These preliminary results would seem to suggest that metacognitive theory may be relevant to understanding alcohol use. Copyright © 2005 John Wiley & Sons, Ltd.
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It was investigated whether hypochondriasis is characterized by either a general or a more content-specific tendency to worry and to engage in meta-worry (i.e. beliefs about worries). In samples of hypochondriacal patients (n=14), matched healthy controls (n=25) and psychology students (n=122) questionnaires were administered to assess hypochondriasis, the process and content of worrying, and both general and illness-related meta-worry. The results show that hypochondriacal patients tend to worry more about illness-related topics but not about general issues. Hypochondriasis as a dimension is best predicted by specific meta-worries about lack of control over thoughts about illness, as well as a cognitive self-consciousness. The findings suggest the existence of disorder-specific meta-worries. Copyright © 1999 John Wiley & Sons, Ltd.
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In this study 10 patients with problem drinking behaviour were assessed using a semi-structured interview to investigate (a) whether they held positive and/or negative metacognitive beliefs about alcohol use, (b) whether alcohol use was perceived to have an impact on negative emotions, (c) whether alcohol was used as a coping strategy, and if so what its main goal was, (d) how individuals knew whether they had achieved their goal and what signalled the cessation of using and (e) how alcohol use impacted on self-consciousness. All patients endorsed positive metacognitive beliefs and six endorsed negative metacognitive beliefs about alcohol use. Positive metacognitive beliefs concerned the usefulness of alcohol as an emotional, cognitive and image self-regulation tool. Negative metacognitive beliefs concerned uncontrollability and harm. Seven patients indicated that during a drinking episode negative emotions subsided. Nine out of ten patients stated that alcohol was used as a coping strategy and that its main goal was to reduce negative emotions and/or improve mood. However, nine out of ten patients also reported that they did not know how to determine whether they had achieved their goals. Instead the signal for stopping use came from being sick and/or blacking out. All patients reported that alcohol use helped to reduce self-consciousness. The results support a metacognitive conceptualization in which problem drinking is supported by disruptions of metacognitive monitoring and control. The conceptual implications for understanding problem drinking from a metacognitive perspective are discussed. Copyright © 2006 John Wiley & Sons, Ltd.
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Rumination has attracted increasing theoretical and empirical interest in the past 15 years. Previous research has demonstrated significant relationships between rumination, depression, and metacognition. Two studies were conducted to further investigate these relationships and test the fit of a clinical metacognitive model of rumination and depression in samples of both depressed and nondepressed participants. In these studies, we collected cross-sectional data of rumination, depression, and metacognition. The relationships among variables were examined by testing the fit of structural equation models. In the study on depressed participants, a good model fit was obtained consistent with predictions. There were similarities and differences between the depressed and nondepressed samples in terms of relationships among metacognition, rumination, and depression. In each case, theoretically consistent paths between positive metacognitive beliefs, rumination, negative metacognitive beliefs, and depression were evident. The conceptual and clinical implications of these data are discussed.