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Internet Addiction Disorder
un fenomeno sociale in espansione
di Maria Elena Cinti
Qualche anno fa, nel 1995, Ivan Goldberg, uno psichiatra della Columbia University, propose di
introdurre nel DSM, il più diffuso manuale statistico-diagnostico dei disturbi psichiatrici, una nuova
sindrome, che egli definì “Internet Addiction Disorder” (IAD), indicando i criteri diagnostici utili al
riconoscimento di tale disturbo (http://www.siipac.it/newaddictions/internetaddiction.htm).
Quello di Goldberg, in realtà, voleva essere un gesto ironico e provocatorio, ai confini con lo
scherzo, ma nel corso degli anni il fenomeno ha preso una piega ben diversa rispetto alle
ottimistiche attese dello psichiatra americano
(http://www.lithium.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=5292).
Tale gesto ha avuto un sorprendente impatto in ambito clinico, tanto che molti psichiatri e psicologi
hanno iniziato a pensare che fosse veramente possibile sviluppare una dipendenza nei confronti
della Rete, così come per la droga o l’alcool. Da allora si è scatenato un dibattito non ancora
concluso, dato che molti autori, pur riconoscendo che l’abuso di Internet conduce a conseguenze
molto negative, rifiutano l’idea che si possa parlare di una vera e propria dipendenza.
Essi sostengono che tale ipotesi non è stata ancora provata da valide ricerche scientifiche e,
considerare l’uso eccessivo della Rete alla stregua di un disturbo psichiatrico primario, potrebbe
essere fuorviante per l’intervento clinico.
Cos’è internet
Internet è l'unione di migliaia di reti collegate da un insieme comune di protocolli tecnici che
consentono agli utenti di ciascuna rete di comunicare o di utilizzare i servizi situati su una qualsiasi
delle altre.
Oltre, però, a tali facilitazioni, il ricorso al digitale ed, in primis, alle potenzialità della Rete, ha
significato una ridefinizione del concetto di “spazio” e “tempo”, una trasformazione relativa alla
modalità di comunicazione, di esperienza, al vissuto corporeo, alla concezione di “identità”, al
contatto con la realtà, al rapporto con l’altro, dischiudendo possibilità di uso improprio, inadeguato
del sistema introdotto e, nei casi estremi, di vero e proprio abuso.
Come ogni altra innovazione tecnologica, Internet consente sotto molti aspetti un miglioramento
nella vita delle persone, ma allo stesso tempo rappresenta anche un pericolo per chi non ne sappia
usufruire in maniera adeguata.
E' ormai assodato che l’uso eccessivo di Internet porta progressivamente delle difficoltà soprattutto
nell'area relazionale dell'individuo, il quale viene assorbito dalla sua esperienza virtuale, rimanendo
“agganciato” alla Rete.
I computer collegati ad Internet possono comunicare reciprocamente selezionando l'indirizzo URL
(Universal Resource Locator) del destinatario. Una URL è, ad esempio, http://www.autism.com
(http://web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/ciskje/iad00.html)
Il motivo principale del successo e della rapida espansione di Internet sta nel fatto che, in rete,
diventa possibile la circolarità delle informazioni, sfruttando le risorse della comunicazione
telematica (interattività, ipertestualità e tempestività). Attualmente Internet mette a disposizione dei
suoi utenti molti servizi.
WWW (World Wide Web): è un sistema di comunicazione basato sulla multimedialità e
sull'ipertesto. La pagina web non è testo ordinario, ma un insieme di parole, suoni e immagini a cui
può essere connessa un'altra pagina web tramite link.
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E-MAIL: è il servizio di posta elettronica mediante cui si scrivono e si inviano messaggi in Rete.
Condizione indispensabile per lo scambio di un messaggio attraverso la posta elettronica è che
mittente e destinatario siano sulla Rete, dispongano cioè di un indirizzo.
MOTORI DI RICERCA: sono computer molto potenti deputati esclusivamente alla ricerca
automatica delle informazioni presenti in Rete.
NEWSGROUP DI USENET: sono immense bacheche elettroniche dove chiunque, da ogni punto
della Rete, può leggere i messaggi lasciati dagli altri o inserirne a sua volta. Esistono migliaia di
newsgroup che si distinguono per lingua, argomento di discussione, ecc. I newsgroup hanno forme
diverse (possono essere istruttivi, stimolanti, divertenti, scandalosi, ecc.).
IRC (Internet Relay Chat): si tratta di una forma di comunicazione in tempo reale fra due o più
persone, secondo cui quanto viene digitato sulla tastiera da un utente, compare sul video degli altri,
che possono a loro volta comunicare (sempre via tastiera) con altrettanta immediatezza. I
partecipanti possono così assumere l'identità che desiderano, il nome che preferiscono, oppure
possono difendere idee che non accetterebbero nella vita reale. Per porre rimedio alla scarsa
espressività della comunicazione scritta vengono usati insiemi di caratteri detti “emoticons” o
“smilies”, come ad esempio :-) per indicare sorriso, >:( per indicare rabbia, :-o per indicare sorpresa,
ecc.
MUD (Multi User Dungeons): sono derivati dai giochi di ruolo tradizionali, e utilizzano la Rete per
dare la possibilità a molti giocatori di partecipare alla stessa sessione di gioco simultaneamente. La
procedura per giocare ad un MUD comincia con la creazione del un personaggio che rappresenta il
giocatore all'interno dei luoghi che visiterà. Il giocatore può decidere le caratteristiche del suo
“alter-ego” fisiche, mentali, abilità particolari, scegliere la razza cui appartenere ed altro ancora.
I vantaggi apportati sono stati notevoli: la velocizzazione dei processi input-output, così da rendere
il tempo di elaborazione della risposta sempre più rapido; l’accesso ad una gran mole di
informazioni in pochi minuti, grazie al ricorso a banche dati e a motori di ricerca efficaci e potenti;
le interazioni facilitate tra utenti virtuali distanti fisicamente, grazie all’annullamento delle barriere
geografiche, così da rendere possibile una comunicazione in “tempo reale” tra cittadini del mondo;
la possibilità di simulare ambienti virtuali, fortemente realistici, in cui poter interagire, ecc.
Il cyberspazio come spazio psicologico
Molti studiosi della psicologia del cyberspazio si pongono con accento critico verso questa nuova
tecnologia, riconoscendo la potenzialità della Rete di sviluppare una dipendenza psicologica e di
imporsi come sostituto della “vita reale.” (Del Miglio, et al., 2001).
Come laboratorio individuale la Rete si trasforma in una sorta di grosso contenitore dal quale
attingere informazioni e materiale multimediale, nel quale ricercare, in un ambiente relativamente
protetto, stimoli ed emozioni. Come laboratorio sociale Internet offre molto, per facilità d'uso e di
accesso a relazioni con altre persone, a rapporti di amicizia, sentimentali o pseudosessuali.
Internet si presta anche come contenitore (inteso ora in senso più strettamente psicodinamico) delle
proprie emozioni, come schermo bianco per la proiezione di pulsioni e fantasie, come contesto
relazionale nel quale agire i propri schemi comportamentali o sperimentarne di nuovi.
Il cyberspazio può essere interpretato addirittura come una sorta di “spazio transizionale”, nel senso
winnicottiano del termine, come un'estensione del mondo psichico individuale. L'area transizionale
può essere esperita come una zona intermedia tra il sé e il non-sé, e può essere il terreno ideale per
l'espressione di fantasie inconsce e per la realizzazione di reazioni di transfert (Winnicott, 1951). In
questo senso il cyberspazio può essere usato per conoscere meglio se stessi, per esplorare differenti
aspetti della propria identità e per permettere l'acting out di impulsi (attraverso condotte
trasgressive-regressive), ansie, frustrazioni.
Succede spesso che la modalità “spersonalizzata” della comunicazione telematica faciliti
paradossalmente l'edificazione di rapporti e di relazioni reciproche molto personali e profonde.
Abbastanza frequente, specialmente da parte degli utenti maschi, è anche l'utilizzo della Rete per la
ricerca di materiale sessuale e per contattare altre persone a scopi sessuali (per praticare il cybersex
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o per organizzare incontri off-line). In questo caso la dimensione relazionale è secondaria, non vi è
ricerca di relazioni oggettuali vere e proprie, ma i legami sociali che si stabiliscono dipendono,
seguendo il modello pulsionale freudiano, dalla capacità di altre persone di facilitare la scarica di
bisogni derivati dalle pulsioni.
Secondo alcuni Autori, le condizioni ambientali in cui si utilizza Internet, le caratteristiche
specifiche della comunicazione on-line, il superamento dei vincoli spazio-temporali tipici della
dimensione ipertestuale, l'aumento di complessità degli ambienti virtuali, faciliterebbero lo sviluppo
in alcuni utenti di uno stato alterato di coscienza che ricorderebbe il sogno.
Come il sogno, il cyberspazio (specialmente quando diventa un contesto per una relazione on-line)
potrebbe incoraggiare l'espressione di pulsioni inconsce, la messa in atto di fantasie, di
rappresentazioni di interazione sociale e di sperimentazione del sé, tutti elementi che
spiegherebbero fenomeni molto comuni in Rete che hanno a che fare con la sessualità, l'aggressività
e l'assunzione di identità diverse.
Secondo alcuni l'abuso di Internet potrebbe essere considerato come co-responsabile di importanti
fenomeni dissociativi, quali la depersonalizzazione e la diffusione dell'identità e che accostano le
condotte on-line al terreno delle psicosi, più che a quello del sogno.
Caretti (2001), partendo dalla descrizione fatta dal DSM-IV della Trance Dissociativa, descrive la
possibilità di una Trance Dissociativa da Videoterminale caratterizzata, durante o dopo un lungo
collegamento in Rete, dall'alterazione temporanea dello stato di coscienza, oppure dalla sostituzione
del senso abituale dell'identità personale con un'identità alternativa. Secondo questo autore si tratta
di una condizione difensiva che nasce da una pregressa psicopatologia (per esempio una fobia
sociale); dal punto di vista psicodinamico devono essere considerati tre livelli evolutivi della trance:
la dipendenza, la regressione e la dissociazione.
Egli si avvale di questo modello, verificato nella pratica clinica, per spiegare alcuni fenomeni
psicopatologici innescati dalla Rete e vede nella dissociazione (con possibile sviluppo di identità
multiple) il sintomo più pericoloso a cui possono andare incontro gli utenti più assidui e coinvolti
emotivamente.
Mentre è difficile argomentare la possibilità che Internet sia in sé patogena, è più corretto dire che
l'esposizione protratta agli innumerevoli stimoli della Rete può, in alcuni casi, fungere da stressor
aggiuntivo in soggetti predisposti. Il parallelo tra Internet e mondo onirico è comunque interessante
e pertinente ed è giustificato dal fatto che molte persone sono attratte dagli ambienti virtuali che,
come i sogni, soddisfano il bisogno di evasione, incoraggiando modalità di pensiero inconsce,
tipiche del processo primario.
Questi utenti possono inoltre utilizzare il cyberspazio per sperimentare identità diverse attraverso la
messa in scena della propria maschera (ad esempio nelle chat o nei MUD).
Collegandosi entreranno in un mondo virtuale, con avventurieri in esplorazione di una dimensione
fantastica che, peraltro, ripropone situazioni molto reali, trovandosi in compagnia di molti altri
giocatori, traendo vantaggio da un contesto facilitante e deresponsabilizzante e da una modalità di
accesso on-off al luogo esperienziale della Rete.
Modello cognitivo-comportamentale della dipendenza
Il termine Addiction viene utilizzato in letteratura in riferimento alla dipendenza fisiologica di una
persona da alcuni stimoli, in genere una sostanza. Per tale motivo, il DSM IV (1994) non utilizza il
termine Addiction per descrivere un uso patologico o un abuso di una sostanza o di altri stimoli e
non definisce il gioco d'azzardo patologico come un'Addiction. Esso predilige il termine
Dependence (per le sostanze) e Pathological (per i disturbi dal gioco d'azzardo).
Davis (1999) propone un modello di tipo cognitivo-comportamentale denominato Pathological
Internet Use (PIU), cioè uso patologico di internet.
Il PIU è uno schema di comportamento che può essere di due tipi:
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- Specifico, includendo in esso le persone dipendenti da una funzione specifica di Internet (ad
esempio materiale erotico, gioco d'azzardo, aste, ecc.). Queste forme di dipendenza sono
contenuto-specifiche ed esisterebbero indipendentemente dalla presenza o meno di Internet.
- Generalizzato, che comprende un sovrautilizzo generalizzato e multidimensionale di Internet.
Può includere anche la perdita di tempo on line, senza un obiettivo preciso. Spesso è associato
alle frequenza delle chat e alla dipendenza dalla posta elettronica. Si ritiene che tale elemento sia
in relazione con l'aspetto sociale di Internet: il bisogno di un contatto sociale e il rinforzo
ottenuto on line accrescono il desiderio di rimanere in uno stato di vita sociale virtuale.
Pratarelli e coll. (1999) hanno descritto un modello della psicopatologia del PIU, composto da
quattro fattori.
- Il Fattore 1 si focalizza sui comportamenti disfunzionali associati al sovrautilizzo di Internet.
- Il Fattore 2 descrive l'utilizzo funzionale di Internet, in senso significativo e produttivo.
- Il Fattore 3 si focalizza sull'uso di Internet per ottenere gratificazioni sessuali e/o riconoscimenti
sociali. Questa dimensione descrive gli utilizzatori timidi o introversi che si affidano ad Internet
per esprimere le loro fantasie.
- Il Fattore 4 descrive gli individui che sono disinteressati ad Internet o hanno una modesta
avversione nei confronti della tecnologia. Essi non mostrano alcuna dipendenza da Internet. Tale
modello è utile per descrivere la prevalenza e l'incidenza dell'uso di Internet, ma non fa
riferimento all'eziologia della PIU.
Per identificare l'eziologia della PIU, gli Autori hanno utilizzato un approccio cognitivo-
comportamentale, in base al quale il PIU deriva da cognizioni problematiche unite a dei
comportamenti che intensificano o mantengono la risposta disadattiva. La presente teoria sul PIU
parte da altre teorie nelle quali viene posta l'enfasi sulle cognizioni o i pensieri dell'individuo come
la fonte principale del comportamento anormale. Sebbene i sintomi più evidenti del PIU siano di
tipo affettivo o comportamentale, qui si assume che i sintomi cognitivi del PIU possono spesso
precedere e causare i sintomi affettivi o comportamentali, non viceversa.
Per spiegare la natura della teoria cognitiva del PIU si devono descrivere preliminarmente alcuni
concetti. Abramson e coll. (1989) distinguono diversi tipi di cause:
- Necessarie: fattori eziologici che devono essere presenti o devono accadere affinché i sintomi si
manifestino, ma non è detto che i sintomi insorgano quando la cause necessarie sono presenti o
sono avvenute, cioè necessario non equivale a sufficiente.
- Sufficienti: fattori eziologici la cui presenza o occorrenza garantiscono la manifestazione dei
sintomi.
- Facilitanti: fattori eziologici che aumentano la probabilità della manifestazione dei sintomi, ma
non sono necessari, né sufficienti per la loro manifestazione.
Inoltre, Abramson e coll. (1989) distinguono tra le cause quelle Prossimali, posizionate verso la fine
della catena, e quelle Distali, collocate vicine all'inizio della catena, lontano dai sintomi.
L'obiettivo di Davis R.A. (1999) è quello di presentare le cognizioni disadattive come una causa
prossimale sufficiente per i sintomi del PIU.
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Figura 1. Modello cognitivo-comportamentale dell'Uso Patologico di Internet (PIU)
Il PIU generalizzato è correlato al contesto sociale dell'individuo. L’assenza di un supporto sociale
da parte della famiglia o degli amici e/o l'isolamento sociale sono presenti nel PIU generalizzato. Il
PIU generalizzato comprende infatti il trascorrere enormi quantità di tempo in Internet, o sprecarlo
senza uno scopo preciso, ad esempio nelle chat rooms.
I soggetti con un PIU generalizzato presentano una patologia più problematica che esisterebbe
anche in assenza di Internet. Sebbene essi abbiano probabilmente una psicopatologia precedente,
tenderebbero ad avere delle cognizioni disadattive, ad essere isolati socialmente e a non esprimere
le loro angosce.
Un fattore chiave nell'esperienza di Internet e delle nuove tecnologie ed esso associate, è il rinforzo
che un individuo riceve dall'evento. Se il rinforzo derivante dall'utilizzo di Internet è positivo,
l'individuo sarà condizionato a compiere più frequentemente la/e medesima/e attività per
raggiungere una reazione fisiologica simile. Tale condizionamento operante prosegue fino a che
l'individuo cerca nuove tecnologie per raggiungere una reazione fisiologica simile.
I sintomi delineati da Davis sono simili a quelli riscontrati dalla Young in ricerche precedenti
(1996). Nel modello cognitivo-comportamentale, tuttavia, viene posta maggiore enfasi sui sintomi
cognitivi quali: pensieri ossessivi su Internet, calo del controllo degli impulsi, incapacità di porre
fine all'uso di Internet, sentire che Internet rappresenta l'unico amico. Il soggetto è convinto che
Internet sia l'unico luogo in cui si sente bene con se stesso e con il mondo.
Pensare ad Internet quando si è off-line, anticipare il momento in cui si sarà on-line, spendere una
grande quantità di denaro per il collegamento alla Rete possono essere considerati altri sintomi. Un
soggetto con PIU trascorre meno tempo a fare cose che in passato gli davano piacere; arriverà un
momento in cui il soggetto si isola dagli amici “reali” per quelli on-line. Egli, inoltre, prova un forte
senso di colpa per il suo utilizzo della Rete. Spesso mente agli amici o ai familiari circa il tempo che
trascorre on-line e su ciò che fa quando è collegato. Egli sente che ciò che sta facendo non è
pienamente accettabile a livello sociale, ma non riesce a smettere. Il risultato è una diminuzione
dell'autostima e un aumento dei sintomi del PIU.
Un altro modello che tenta di spiegare il fenomeno è quello di John Grohl, della NOVA
Southeastern University della Florida, il quale considera i comportamenti degli internet dipendenti
come “fasici”. Egli infatti ritiene che coloro che vengono considerati internet dipendenti sono
probabilmente nuovi utenti (Grohol, 1999).
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Dopo aver passato una prima fase di “acclimating” (acclimatazione) al nuovo ambiente, si ritrovano
completamente immersi in esso. Poiché questo ambiente è tanto più grande di quanto possano
immaginare, qualcuno rimane invischiato nella fase “enchantment” o (di acclimatazione) per un
periodo di tempo più lungo: questo fenomeno è legato alle nuove tecnologie, ai prodotti, o ai
servizi.
Walther (1999) ha fatto un'osservazione simile basata sul lavoro di Roberts, di Smith e di Pollack
(1996). Roberts ed altri hanno trovato che l'attività di chat-line era fasica, cioè coloro che ne
usufruivano in primo luogo rimanevano incantati dalla cosa, per poi passare nella fase successiva
definita “disillusionment” (disillusione) con la chat e un successivo declino nell'uso di essa,
raggiungendo un equilibrio, in cui il livello di attività di chat è normalizzato.
Alcuni soggetti rimangono nella fase I per un periodo di tempo fin troppo lungo, a volte senza mai
uscirne. Tali soggetti potrebbero essere considerati i soggetti maggiormente a rischio, sui quali
sarebbe consigliabile un intervento specifico per portarli a raggiungere la fase III.
È possibile, inoltre, che la nuova attività trovata (quali ad esempio un Website attraente, una chat
room o un newsgroup) sia in grado di condurlo nuovamente nelle fasi precedenti.
In ogni caso, sostiene lo psichiatra americano, tutta l'attività on line è fasica ed ad un certo punto
chiunque giungerà alla fase III da sè. Tuttavia per qualcuno ciò avverrà in tempi più lunghi che per
altri.
Criteri diagnostici per l’Internet Addiction Disorder (Goldberg, 1995).
Secondo lo psichiatra della Colombia University di New York, Ivan Goldberg, un uso disadattivo di
Internet conduce a disagio clinicamente significativo nel momento in cui si manifestano tre o più
dei seguenti criteri, che ricorrono in qualunque momento dello stesso periodo di 12 mesi:
1. Tolleranza, come definito da ognuno dei seguenti:
- Il bisogno di aumentare la quantità di tempo di collegamento ad Internet per raggiungere
l'eccitazione desiderata,
- Un effetto marcatamente diminuito con l'uso continuato della stesso quantità di tempo su
Internet.
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2. Astinenza, come manifestato da ciascuno dei seguenti:
I criteri caratteristici della crisi d'astinenza:
- L'interruzione (o la riduzione) dell'uso prolungato e pesante di Internet
- Due (o più) dei seguenti, che si sviluppano da diversi giorni ad un mese dopo l'interruzione del
comportamento: agitazione psicomotoria, ansia o pensiero ossessivo circa ciò che sta succedendo
su Internet, fantasie o sogni su Internet, movimenti volontari o involontari di battitura a
macchina con le dita.
3. I sintomi al criterio 2 causano disagio o menomazione nell'area sociale, occupazionale o in
qualche altra importante area di funzionamento.
- L'uso di Internet o di simili servizi in Rete viene impiegato per alleviare o evitare i sintomi di
astinenza.
- Si accede spesso ad Internet con più frequenza e per periodi di tempo più lunghi di quanto era
stato preventivato.
- Persistente desiderio o tentativi falliti di cessare o controllare l'uso di Internet.
- Una grande quantità di tempo spesa in attività legate all'uso di Internet (per esempio effettuare
prenotazioni su Internet, cercare nuovi browser nel Web, organizzare files o scaricare materiale).
- Importanti attività sociali, lavorative o ricreative vengono sospese o ridotte a causa dell'uso di
Internet.
- L'uso di Internet continua nonostante la consapevolezza di avere persistenti o ricorrenti problemi
fisici, sociali, occupazionali o psicologici, i quali molto probabilmente sono stati causati o
esacerbati dall'uso di Internet (perdita del sonno, difficoltà coniugali, ritardi negli appuntamenti
del primo mattino, negligenza nei doveri professionali, oppure sentimenti di abbandono negli
altri significativi).
Uno degli studi pionieristici su questo fenomeno è quello di Brenner (1996) il quale ha condotto
un’inchiesta on-line, dalla quale risulta che i soggetti intervistati riportano una media di 19 ore a
settimana di collegamento ad Internet e oltre dieci segni d’interferenza nel funzionamento della vita
quotidiana.
L’80% del campione presenta almeno cinque di questi segni, tra cui incapacità di amministrare il
tempo, perdita del sonno e dei pasti, ecc. Questi numeri fanno pensare che qualche problema
correlato all’uso della Rete sia normale e non necessariamente imputabile allo sviluppo di una
dipendenza.
Se da un lato alcuni autori oppongono ancora resistenze al concetto di dipendenza senza sostanze,
altri sostengono oggi di poter parlare a tutti gli effetti di dipendenze comportamentali e di
“technological addictions” (Griffiths, 1997).
Griffiths sostiene che le dipendenze da prodotti tecnologici, tra cui Internet, condividono con le
dipendenze da sostanze, alcune caratteristiche essenziali:
- Dominanza (salience): l’attività o la droga dominano i pensieri ed il comportamento del
soggetto, assumendo un valore primario tra tutti i suoi interessi;
- Alterazioni del tono dell’umore: l’inizio dell’attività o l’assunzione della sostanza provoca
cambiamenti nel tono dell’umore, il soggetto può esperire un aumento di eccitazione o maggiore
rilassatezza come diretta conseguenza dell’incontro con l’oggetto della dipendenza;
- Tolleranza: bisogno di aumentare progressivamente la quantità di droga o l’attività per ottenere
l’effetto desiderato;
- Sintomi d’astinenza: malessere psichico e/o fisico che si manifesta quando s’interrompe o si
riduce il comportamento o l’uso della sostanza;
- Conflitto: conflitti interpersonali tra il soggetto e coloro che gli sono vicini, e conflitti
intrapersonali interni a se stesso, a causa del suo comportamento dipendente;
- Ricaduta: tendenza a ricominciare l’attività o l’uso della droga dopo averla interrotta.
Sicuramente la patologia IAD riguarda persone con problematiche psicopatologiche, in modo
particolare dell'area affettiva. Tuttavia, è già possibile evidenziare una totipotenzialità
psicopatologica propria della Rete. Inoltre, è possibile individuare un percorso verso la retomania,
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costituito da una fase iniziale (attenzione ossessiva per la mail-box, periodo di lurker,
polarizzazione ideo-affettiva su temi inerenti la Rete), una fase definibile come “tossicofila”
caratterizzata da un incremento del tempo di permanenza in Rete, sensazione di malessere quando si
è off-line, partecipazione intensa a chat e gruppi di discussione, collegamenti in ore notturne con
perdita di sonno e infine una fase, sicuramente più difficile da raggiungere e correlata a fenomeni
psicopatologici, definibile come “tossicomania”, caratterizzata dall'incontro con le MUD e da
collegamenti così prolungati da determinare compromissione della vita relazionale, sociale e
professionale (Fata, 2002).
Secondo la letteratura i soggetti che presentano difficoltà a comunicare in maniera consueta, che
caratterialmente tendono al ritiro sociale e che presentano difficoltà nei rapporti interpersonali,
potrebbero essere candidati a rifugiarsi tra le maglie della rete informatica che trasferisce all’utente
una sensazione di onnipotenza: “Internet consente, proprio in virtù della sua rapidità, del suo
annullare le distanze, della sua anonimia, dei suoi molteplici domini, di sperimentare una
condizione virtuale di onnipotenza, legata sia al superamento dei normali vincoli spazio-temporali
sia, e soprattutto, alla possibilità di esplorare differenti aspetti di Sé” (Siracusano, Peccarisi, 1997).
La stessa Sherry Turkle, insegnante al MIT in Scienza, Tecnologia e Società, pur ravvisando
nell’uso di Internet una buona terapia per quei soggetti che riescono ad aumentare la loro autostima
ed a trasferire verso situazioni di Real Life quella sicurezza acquisita, interpretando ruoli di
responsabilità in comunità virtuale; sottolinea che a volte l’individuo, soprattutto l’adolescente,
rischia di perdere il senso del reale ed è portato a considerare la propria vita come un’altra delle
tante finestre che si possono aprire on-line e forse, neanche la migliore
(http://www.quipo.it/WEB/aprile/mostrapr2.html).
Tipi di dipendenza
Le numerose attività che si possono svolgere on-line fanno sì che l’Internet Addiction Disorder non
sia una categoria omogenea di disturbi, ma si manifesti sotto varie forme:
- Cybersexual Addiction: uso compulsivo di siti dedicati al sesso virtuale e alla pornografia. La
dipendenza dal sesso virtuale è uno dei più frequenti sottotipi dell’Internet Addiction: si stima
che un soggetto su cinque dipendenti dalla Rete sia impegnato in qualche forma di attività
sessuale on-line
- Cyber-Relational Addiction: la tendenza ad instaurare relazioni amicali o amorose con persone
incontrate on-line. Le applicazioni maggiormente utilizzate da questi soggetti saranno quindi le
e-mail, ma soprattutto le chat ed i newsgroup. Progressivamente le relazioni virtuali divengono
più importanti di quelle reali ed il soggetto si isola, vivendo in un mondo parallelo, popolato da
persone idealizzate.
- Net Compulsions: i tre principali comportamenti compulsivi che si possono mettere in atto
tramite Internet sono: gioco d’azzardo, partecipazione ad aste on-line, commercio in Rete.
Queste attività hanno diverse caratteristiche in comune: la competizione, il rischio ed il
raggiungimento di una immediata eccitazione (http://www.siipac.it/newaddictions/
internetaddiction.htm).
- Information Overload: la ricerca di informazioni tramite la “navigazione” sul World Wide Web.
Il bisogno di reperire informazioni sta diventando un problema per molte persone, lo dimostra
una ricerca chiamata “Glued to the Screen: An investigation into information addiction
worldwide.” (1997; Shotton 1991). Essa si basa su un campione di 1000 persone provenienti dal
Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Singapore ed Hong Kong; i risultati mostrano che circa il
50% dei soggetti intervistati passa molto tempo a ricercare informazioni sulla Rete ed il 54%
sperimenta un senso di eccitazione quando riesce a trovare ciò che stava cercando. Young
commenta: “Internet semplicemente alimenta la mentalità americana del “fast food” nei
confronti dell’informazione. La gente desidera ardentemente essere sempre al corrente ed avere
accesso alle informazioni, tanto che poi si trova intrappolata in enormi scorpacciate di notizie.”
(1997, pag.2).
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- Computer Addiction: la tendenza al coinvolgimento in giochi virtuali, come per esempio i
MUD’s, giochi di ruolo interattivi in cui il soggetto partecipa costruendosi un’identità fittizia.
L’anonimato consente di esprimere se stessi liberamente e di inventare dei personaggi che
sostituiscono la vera personalità dell’individuo. E’ come nel teatro greco: gli attori indossano
delle maschere per interpretare vari personaggi, che poi si toglieranno una volta scesi dal palco
scenico. Su Internet si possono sperimentare sé alternativi e costruirsi una vita parallela, che può
essere così coinvolgente e gratificante da assumere un’importanza addirittura maggiore di quella
reale. Il soggetto vive così una sorta di sdoppiamento, intrappolato nel bisogno di uscire dalla
propria vita quotidiana per trasformarsi nel personaggio virtuale, sul quale proietta tutti i suoi
desideri e le sue illusioni (Oliverio Ferraris e Malavasi, 2001).
Ricerche sull’IAD
I termini dipendenza, abuso o addiction sono stati finora utilizzati in riferimento a sostanze
chimiche, ma ormai sempre più spesso si ritrovano nella letteratura scientifica riferimenti alle
cosiddette “nuove dipendenze” in relazione a oggetti, strumenti, situazioni o comportamenti. In
questi casi è lecito chiedersi: cosa dà gratificazione nella dipendenza da Internet? Da che cosa si
diventa dipendenti?
Seguendo la teoria dei bisogni di Maslow (1970) potremmo ipotizzare che molti soggetti trovano
una soddisfazione nell'uso di alcuni servizi (chat, mailing list, newsgroup) che facilitano il contatto
interpersonale, il riconoscimento sociale, il senso d'appartenenza e l'autorealizzazione; seguendo la
teoria freudiana delle pulsioni notiamo che gran parte della Rete è rappresentata da siti con
materiale sessuale o pornografico; un approccio comportamentista individuerebbe nei “centri del
piacere” di Olds la matrice psicofisiologica del craving (desiderio persistente ed intenso nei
confronti di un oggetto o di un comportamento) associato ad alcune attività on-line (ad esempio il
gioco d'azzardo), come è già stato ipotizzato per la dipendenza dai videogiochi.
In tutte le dipendenze comportamentali, dove non esiste un agente tossico paragonabile alla
sostanza che induce dipendenza fisica, è sempre importante valutare il comportamento di abuso dei
soggetti alla luce di eventuali variabili psicologiche e psicosociali preesistenti (ad esempio difficoltà
di relazione, belief patogeni e disadattivi, situazioni sociali carenti), o di concomitanti
psicopatologie (ad esempio una nevrosi ossessiva, un quadro depressivo).
Si è costituito un ampio dibattito, relativo al rischio di “Internet Addiction” o di “Internet Related
Psichopathology”, cioè all’effetto psicologico e psicopatologico che l’abuso può comportare su un
soggetto vulnerabile e potenzialmente catturabile nelle “reti cibernetiche”. Le ricerche relative al
fenomeno di “Dipendenza da Internet” si sono moltiplicate velocemente e si è costituito un ampio
dibattito in cui hanno trovato voce ed espressione opinioni contrastanti ed ipotesi differenti.
Sulla scia dell’interesse che in America ha suscitato l’attività di studio e di analisi del fenomeno da
parte di Kimberly Young, docente di Psicologia all’Università di Pittsbourgh e fondatrice di un
centro di terapia e sostegno per le “Dipendenze on-line”(COLA), anche in Italia si è prodotto un
terreno fertile di ricerca grazie a Cantelmi, Del Miglio, Talli, Caretti, D’Andrea i quali hanno
fornito l’input per ulteriori studi.
Il limite, però, delle ricerche finora condotte, sta nell’impossibilità, allo stato attuale, di ottenere dati
statisticamente significativi e generalizzabili relativi ad un eventuale rapporto di causalità tra abuso
della Rete e psicopatologia. Pur valutando i comportamenti disadattivi, i vissuti personali
problematici degli utenti virtuali, non si è conseguita certezza nel ritenere che essi siano il frutto, in
linea causale, dell’abuso della Rete, di Internet e di un’eccessiva immersione nella dimensione
virtuale.
Essendo un fenomeno di recente acquisizione, è necessario disporre di un maggior numero di
ricerche, di confronti e validazioni ulteriori. Sicuramente è però innegabile che vi siano delle
difficoltà, dei vissuti problematici e dei disagi rilevanti, riscontrabili in quei fruitori della Rete e
delle tecnologie virtuali, incapaci di farne un uso moderato ed equilibrato. Gli eccessi, in ogni caso,
risultano negativi, così come qualsiasi abuso è controproducente per il soggetto. L’importante è
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accostarsi a tale sistema, in grado di offrire dei vantaggi innegabili, con attenzione, senza lasciarsi
irretire dal fascino della simulazione e dal senso di onnipotenza e controllo che la Rete è in grado di
evocare. Solo disponendo di un senso di identità solido e stabilizzato e di un buon senso di realtà,
aperti al mondo e all’ “altro”, è possibile trarre dal virtuale, il massimo vantaggio con il minimo
danno.
Finora gli studi psicologici sull'argomento si sono interessati prevalentemente al fenomeno della
dipendenza da Internet; tale interesse non ha sempre reso giustizia alla natura complessa della Rete,
alla sua dimensione interpersonale (solitamente infatti si accosta la internet-dipendenza a
psicopatologie come il gioco d'azzardo patologico o il Compulsive Buying, dove gli aspetti sociali e
relazionali sono in secondo piano), alla molteplicità dei bisogni individuali che Internet, nella sua
indeterminatezza, può soddisfare.
Secondo un'indagine condotta dall’università britannica di Hertfordshire, su un campione di 445
utenti, si è visto che i soggetti cosiddetti “dipendenti” da Internet sono in proporzione sia maschi
che femmine in egual misura ed hanno un’età media intorno ai 30 anni, contraddicendo lo stereotipo
che fossero esclusivamente maschi teenagers. (Petrie, Gunn, 1998).
In tale studio è stata messa a punto una scala di misurazione, la “Use and Attitudes Scale” attraverso
la quale è stato possibile valutare l’alto rapporto significativo fra alto uso di Internet ed
atteggiamenti positivi nei confronti del Internet da un lato, e depressione e introversione dall’altro.
Gli autori concludono che i soggetti dipendenti da internet sono effettivamente introversi e
probabilmente maggiormente predisposti a soffrire di depressione
(http://phoenix.herts.ac.uk/sdru/Helen/inter.html).
Secondo la psicologa statunitense Young i soggetti più a rischio per lo sviluppo di un Internet
Addiction Disorder sarebbero individui tra i 15 e i 40 anni di età, con difficoltà socio-comunicative
legate a problemi psicologici e psichiatrici, sia familiari che relazionali.
L’elemento fondamentale che emerge dalla ricerca è comunque che, mentre i normali utenti non
riportano interferenze nella vita quotidiana e vedono Internet come una risorsa, i soggetti dipendenti
subiscono da moderati a gravi problemi, a causa dell’abuso della Rete (Young, 1996).
Tali problemi sono di varia natura e si manifestano in diversi ambiti della sfera personale.
Nell’ambito relazionale e familiare i problemi si manifestano quando il soggetto aumenta
progressivamente le ore di collegamento, diminuendo il tempo disponibile da dedicare alle persone
significative e alla famiglia. Il virtuale acquista un’importanza maggiore della vita reale, dalla quale
il soggetto tende ad estraniarsi sempre di più, arrivando anche a trascurare gli oneri domestici. Si
riportano addirittura casi in cui madri dimenticano di andare a prendere i figli a scuola e di
preparare loro i pasti. Il matrimonio viene spesso compromesso a causa dei frequenti rapporti
amorosi che nascono in Rete e che a volte si concretizzano in vere e proprie relazioni
extraconiugali.
In ambito lavorativo e scolastico, l'eccessivo coinvolgimento nelle attività di Rete distoglie
l'attenzione dal lavoro e dalla scuola. Inoltre i collegamenti esageratamente prolungati, addirittura
anche durante le ore notturne, portano allo sconvolgimento del regolare ciclo sonno-veglia e ad una
stanchezza eccessiva, che invalida il rendimento scolastico e professionale.
La dipendenza da Internet provoca anche disturbi di salute: numerosi problemi fisici che possono
insorgere stando a lungo seduti davanti al computer (disturbi del sonno, irregolarità dei pasti, scarsa
cura del corpo, mal di schiena, stanchezza degli occhi, mal di testa, sindrome del Tunnel Carpale).
Infine dal punto di vista economico i problemi insorgono nel momento in cui il soggetto partecipa
ad aste, usufruisce di servizi di commercio on-line e gioco d’azzardo virtuale. Un’altra attività che
può compromettere la stabilità finanziaria è la fruizione di materiale pornografico: molti siti di
questo tipo infatti richiedono il numero della carta di credito all’utente che li vuole visitare.
In particolare, sarebbero maggiormente esposte alla nuova sindrome, personalità caratterizzate da
tratti ossessivo-compulsivi e/o tendenti al ritiro nelle relazioni sociali e/o con aspetti di inibizione
nei rapporti interpersonali per le quali la IAD può rappresentare un nuovo tipo di comportamento di
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evitamento che porta il soggetto a rifugiarsi nella Rete per non affrontare le proprie problematiche
esistenziali (Del Miglio, et al., 2001).
Questionari per l’IAD
Dal momento in cui Ivan Goldberg propose provocatoriamente di introdurre nel DSM IV l’Internet
Addiction Disorder, i questionari di autovalutazione on-line hanno riscosso un gran successo.
Internet addiction questionnaire, di John Suler
Il questionario, disponibile in lingua inglese, fu immesso nella Rete nel 1996. Valuta soprattutto
l'uso che viene fatto di Internet, non tralasciando gli aspetti di tipo relazionale ad esso connessi.
Alle 22 domande proposte il soggetto può dare risposte del tipo sì/no. Come previsto da tutti gli
altri questionari vi è una sezione dedicata alle generalità della persona. Ecco alcuni esempi. Item 7:
“Usi Internet anche per motivi professionali?”. Item 10: “A volte navigo nella rete nonostante abbia
cose più importanti da fare”. Item 14: “Ho cancellato/rimandato un appuntamento perché volevo
spendere più tempo in rete” (Suler, 1999; 1998).
Internet usage survey, di Viktor Brenner
Secondo l'autore l'Internet Usage Survey rappresenta il primo tentativo di valutazione degli effetti
psicologici indotti dall'uso di Internet. Il questionario, realizzato nel 1996, è disponibile in lingua
inglese e si compone di due sezioni: generalità della persona e stile di vita in relazione ad Internet.
Quest'ultima parte comprende 44 domande di cui le prime quattro con risposte multiple, le altre 40
con risposte del tipo vero/falso (http://www.mu.edu/dept/ccenter/intro_srv.html).
Internet stress survey, di Morton C. Orman
È forse l'unico questionario disponibile in Rete a misurare i comportamenti a rischio di dipendenza
da Internet con soli 9 item. Le risposte sono del tipo sì/no. L'autore fornisce una griglia di
autovalutazione di tipo quantitativo in base al numero delle risposte positive (ad esempio, da 0 a 3
“sì” non ci sono rischi di dipendenza, niente da 7 a 9 “sì” vi è un'elevata probabilità a divenire
dipendente). L'esiguo numero di item previsti rende questo strumento di facile impiego e diffusione
(http://www.stresscure.com/hrn/addiction.html).
Internet addiction survey, di Kimberley Young
Il questionario, presentato in Rete in lingua inglese, ma anche in forma ridotta in italiano, è stato
somministrato a circa 400 soggetti. Si compone di 5 parti per un totale dì 162 item.
Parte prima: vengono rilevati i modelli comportamentali riguardanti l'uso di Internet, i
comportamenti a rischio di tossicomania ed eventuali dipendenze da farmaci o altre sostanze,
presenti o passate. Questa parte si compone di 12 domande con risposte del tipo sì/no.
Parte seconda: prevede 170 domande volte a rilevare le caratteristiche di personalità di una
potenziale tossicomania da Internet. Le domande sono generiche, con risposte del tipo
vero/falso/non so. Inserite sempre in questa parte ci sono altre 15 domande riguardanti la capacità di
problem-solving. Ciascuna di esse ha una sola risposta corretta sulle 3 proposte.
Parte terza: si compone di 21 gruppi di 4 frasi che valutano il livello di depressione che accompagna
spesso i disturbi da tossicomania. Il soggetto deve scegliere la frase che più si avvicina al suo stato
emotivo presente.
Parte quarta: viene misurata un'altra caratteristica che si riscontra spesso nei disturbi tossicomanici:
la ricerca di emozioni. Gli item sono composti di 40 gruppi suddivisi in due frasi (A e B); la persona
deve indicare quale delle due è più vicina al suo modo di sentire.
Parte quinta: quest'ultima parte riguarda le generalità della persona (sesso, età, scolarità, livello di
occupazione, ecc.). I risultati dell'indagine possono essere visionati nello stesso sito in cui è
presente il questionario (http://www.pitt.edu/~ksy).
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UADI, Uso, Abuso e Dipendenza da Internet, di Tonino Cantelmi e Carla Del Miglio
L’ U.A.D.I. è composto da 80 item con modalità di risposta a cinque punti (scala Likert); il
campione è formato da utenti abituali della Rete intervistati in modalità off-line. Le risposte del test
sono state valutate in base a cinque fattori: Evasione compensatoria, che riguarda l’uso di Internet
all'insegna dell'evasione, quale atto di compensazione rispetto alle difficoltà della vita reale
quotidiana; Dissociazione, che riguarda alcuni sintomi dissociativi insieme alla tendenza
all'alienazione e all'allontanamento-fuga dalla realtà; Impatto sulla vita reale, che descrive le
conseguenze sulla vita reale dell'uso di Internet; Sperimentazione, che si riferisce all'uso di Internet
come spazio privato, come laboratorio sociale di sperimentazione del sé, come terreno per il gioco e
la regressione; e Dipendenza che contiene item che riguardano alcuni comportamenti e sintomi
della dipendenza, in particolare tolleranza, astinenza, compulsività e ipercoinvolgimento.
I.T.T., Internet Trap Test, di Moreno Marcucci
Attraverso questo test è il quale è possibile individuare i seguenti profili degli utenti di internet:
- l’utente regolare: il soggetto può rimanere a volte connesso più a lungo, ma ha il pieno controllo
della situazione;
- l’utente a rischio: colui che sperimenta le prime esperienze in Rete, non è ancora a conoscenza
delle tecniche per muoversi nel web, ma, mosso dalla curiosità, comincia a provare, utilizzando
assiduamente le chat in cui tende ad acquisire una nuova identità;
- l’utente abusatore: chi presenta diversi problemi a causa di Internet .Utilizza il web nonostante la
consapevolezza di aver un problema di natura sociale, lavorativo, psichico o fisico causato o
accentuato da Internet;
- l’utente dipendente: il soggetto che è completamento preso dalla Rete. Prolunga il periodo di
tempo di collegamento, la grande quantità di tempo del soggetto viene spesa alla ricerca del
materiale da utilizzare in Rete, interrompe o riduce attività sociali, lavorative o ricreative a causa
dell’utilizzo di internet; tolleranza marcata: cioè necessita di quantità di ore notevolmente più
elevate del web per sentirsi soddisfatto; sintomi astinenziali: ansia, tremori, pensieri ossessivi su ciò
che sta accadendo in Rete in quel momento (http://www.dooyoo.it/review/457705.html).
Terapia di tipo comportamentale
Il trattamento dell’internet dipendenza è molto simile a quello delle altre patologie compulsivi,
rientrando nelle stesse categorie diagnostiche.
I comportamenti disadattivi sono facilmente trattabili mediante tecniche psicoterapeutiche
tradizionali di tipo cognitivo-comportamentali (http://www.meta-religion.com/Psychiatry/Disorders
/internet_addiction_ disorder.htm).
Come già precedentemente affermato, Caretti (2001) sostiene che gli stimoli provenienti dalla Rete
possano contribuire allo sviluppo della patologia in soggetti già predisposti.
Anche secondo il modello cognitivo-comportamentale di Richard Davis (2001) lo sviluppo dell’uso
patologico del Internet deriva da uno stato psicopatologico preesistente, rappresentato da
depressione, ansia sociale e vari tipi di psicosi.
Parecchi altri fattori rinforzano lo sviluppo ed il mantenimento di questo disturbo. In primo luogo,
ci sono rinforzi comportamentali che funzionano da stimoli condizionati. Essi comprendono il
luogo in cui si trova il computer, la sedia su cui ci si siede, il contatto con la tastiera e il mouse, il
suono del ventilatore del computer e vari altri segnali, emessi dai software del computer stesso.
Attualmente, esistono diversi modelli di trattamento della cosiddetta “Internet Addiction”, ognuno
dei quali, però, privo di sufficienti risultati sperimentali.
Quello proposto da Kimberly Young (1999) si basa sul modello per il trattamento di altre forme di
dipendenza. In esso, si suggerisce una riorganizzazione del tempo trascorso nella Rete in altre
attività. Si forniscono suggerimenti pratici per tenere sotto controllo le ore di collegamento, per
l'astinenza, all'interno di un programma settimanale ben definito.
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Si tratta di tecniche cognitivo-comportamentali definite dalla Young “strategie di disintossicazione”
e costituite da 20 itinerari progettati ad hoc per i singoli individui.
Anche il modello di intervento proposto da Richard Davis (2001) è di stampo comportamentale: si
compone di passi e strategie da mettere in atto nel corso delle 11 settimane di trattamento.
L'obiettivo finale consiste nel riavvicinamento del soggetto alla propria rete sociale, cosa che era
stata evitata fino a quel momento.
Esistono, inoltre, i gruppi di supporto, efficaci nel caso in cui la dipendenza da Internet sia stata
favorita dalla mancanza di supporto all'interno della rete sociale di appartenenza.
Inoltre i gruppi di auto-aiuto, online e/o offline, composti da persone che condividono il medesimo
problema, si prefiggono di stabilire ed osservare precise regole per l'utilizzo di Internet, in modo da
riacquisire il controllo della propria vita.
In Italia il modello elaborato da Nardone è il frutto di una prima fase esplorativa di una ricerca-
intervento da lui condotta con i suoi collaboratori su 71 pazienti nel corso del 2001 (Nardone,
Cagnoni, 2001).
Secondo l'Autore, nonostante si sia giunti alla formulazione di una idea di funzionamento del
problema, si devono ancora conseguire dati di "efficacia ed efficienza", relativi al superamento del
problema e al mantenimento dei risultati raggiunti nel tempo, e durata media dell'intervento.
Il presente modello si distacca dalla definizione diagnostica di “dipendenza da Internet”, perché il
funzionamento del disturbo si distanzia dalla definizione di dipendenza presente nella letteratura,
nella quale vengono addotti tre meccanismi: tolleranza, astinenza e craving.
Nelle patologie legate all'uso di Internet, secondo Nardone, ciò che perpetra il legame alla Rete non
è l'astinenza, cioè il bisogno di attenuare le sensazioni negative derivanti dalla sospensione
dell'oggetto in questione, ma la ricerca di sensazioni piacevoli.
Dal momento che questo tipo di compulsione si basa sul piacere e non sulla sofferenza risulta molto
difficile eliminarla.
Egli propone due tipi di trattamento: per le patologie basate sul meccanismo compulsivo “perverso”
cioè quelle basate sul piacere (dipendenza da internet o gioco d’azzardo) si prescrive al soggetto il
rituale, ma con una diversa sequenza o struttura, in modo tale da smontare a sua insaputa la struttura
piacevole su cui si è radicato il meccanismo stesso; per le patologie basate sul meccanismo
“ossessivo-compulsivo”, il cui il meccanismo fondamentale è basato non sul piacere, ma sul
tentativo di mantenere il controllo (ad esempio il trading on line), si prescrive al soggetto di
compiere il rituale in questione in precise circostanze di spazio e tempo, in modo che il compito
venga percepito in modo gravoso, per le imposizioni prescritte.
Conclusioni
Alla luce di questa breve trattazione dell’Internet Addiction Disorder, possiamo osservare che la
Rete possiede caratteristiche allettanti in particolare per quei soggetti con bassa autostima o con
difficoltà relazionali: la dimensione dell’anonimato, che favorisce la disinibizione, la possibilità di
trovare supporto sociale on-line e di creare identità parallele a quella reale, possono facilmente
rappresentare fattori di rischio per lo sviluppo di una vera e propria dipendenza da Internet.
Numerosi sono i test ideati da ricercatori nazionali e internazionali, quali l’Internet Addiction
Survey della Young o l’UADI di Cantelmi e la Del Miglio.
Numerose sono anche le terapie di supporto per coloro che manifestano tale patologia: la terapia
maggiormente consigliata in questi casi è quella cognitivo-comportamentale.
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