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Le dichiarazioni pubbliche dei dipendenti e l’orientamento al privato rientra-no a pieno titolo tra i problemi emergenti nell’attuale Società dell’Informazione, ma la loro gestione deve tenere conto dei diritti delle persone (innanzitutto della libertà di espressione) e della necessità di supportare i destinatari, che spesso non hanno tutte le informazioni necessarie per interfacciarsi con il sistema pubblico. In questo articolo affronteremo l’art. 12 del Codice di comportamento e, in particolare, le regole sulle dichiarazioni pubbliche dei dipendenti e sull’orientamento al privato.
In questa tappa del nostro viaggio, parleremo dell’art. 5 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici nazionale. Vi condurremo dentro ad un inferno di interferenze, popolato di complici, benefattori, assi nella manica e utili mediatori, che agiscono sotto lo sguardo vigile e severo delle aspettative che si accompagnano ai vincoli associativi e che avvelenano la funzione pubblica.
In questo articolo parleremo di trasparenza, ma non si illudano i nostri lettori: non parleremo di case di vetro, in cui tutto è armonioso, razionale e perfetto.
Scopriremo che la trasparenza non è un sole allo zenit, che cancella tutte le ombre. La trasparenza è solo un lampo breve e improvviso che squarcia le tenebre e, per pochi secondi, rivela qualche particolare del paesaggio. È un sottile filo d’Arianna, che ci aiuta a non perdere la strada nel labirinto oscuro delle asimmetrie informative.
Lo scambio di regali e utilità in ambito pubblico è strettamente regolato dal Codice di comportamento nazionale (art. 4) ed è generalmente vietato. Eppure doni e scambi sono stati sempre molto rilevanti per le società umane, per la loro capacità di creare legami stabili tra le persone. E sono anche un ingrediente essenziale della religione. Quando nei nostri corsi di formazione parliamo di come gestire regali e altre utilità, spesso abbiamo l’impressione di raccontare, in qualche modo, un pezzo di storia dell’umanità. Vi sembra un’esagerazione? Allora seguiteci e vedrete che non ve ne pentirete!
Chi ci guadagna, quando crolla un ponte o quando le frane sommergono intere famiglie, oppure ancora quando un sottopasso si allaga alle prime piogge, intrappolando le automobili in una inaspettata piscina? In alcuni casi queste tragedie sono figlie di accordi corruttivi o dei loschi traffici della criminalità organizzata. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, nessuno ci guadagna e queste tragedie sono figlie di scelte sbagliate, di persone che non sono all’altezza del proprio ruolo e di una miopia che non consente di vedere chiaramente cosa deve essere salvato e cosa, invece, può essere sommerso.
Il mondo della Pubblica Amministrazione è un’aiuola che ci fa tanto feroci, popolata di interferenze, assediata dagli interessi e minacciata da una corruzione invisibile che assolve tutti e miete vittime inconsapevoli. Ma possiamo rendere quest’aiuola un po’ meno feroce tenendo fisso lo sguardo sui principi dell’etica pubblica, proprio come Dante ritrovò le proprie certezze guardando negli occhi Beatrice.
L’art. 8 del Codice di Comportamento impone ai dipendenti pubblici di collaborare al fine di prevenire la corruzione: un dovere che chiama in causa i principi più nobili dell’Etica pubblica! Purtroppo, questo dovere di collaborazione si scontra con una triste realtà: molto spesso i dipendenti che segnalano illeciti (i cosiddetti whistleblower) vengono discriminati dalla propria Amministrazione, oppure sono oggetto di misure ritorsive.
Durante i nostri percorsi formativi sulle tematiche dell'analisi e della valutazione del rischio di corruzione spesso osserviamo che le amministrazioni, nonostante producano delle buone mappature dei processi, hanno difficoltà ad applicare i "fattori abilitanti" identificati dall'Autorità anticorruzione (ANAC), elementi essenziali per determinare il livello di rischio. La difficoltà risiede nella scarsa dimestichezza ad identificare l'evento corruttivo. Se i fattori abilitanti non si applicano all'evento corruttivo o agli elementi che lo caratterizzano, infatti, essi risulteranno poco significativi, decontestualizzati, ridondanti e sostanzialmente privi di utilità.
Ogni giorno, in molte parti del mondo, donne e uomini "suonano il fischietto", per segnalare all'organizzazione in cui lavorano una anomalia nella gestione di un processo, il conflitto di interessi di un commissario di gara o qualunque altro evento o fenomeno che rappresenta un un rischio concreto per l'integrità pubblica. Non tutti lo fanno per promuovere un interesse primario. Anzi. Molto spesso si segnala in via anonima per fare le scarpe a qualcuno. In pochi ma significativi casi, però, chi segnala lo fa perché non può tollerare lo scempio di cui è testimone, uno scempio di diritti, di imparzialità, di risorse e beni pubblici. Oppure perché avverte la presenza di un pericolo incombente per la collettività. Ci si aspetterebbe che chi segnala in assenza di un interesse diretto riceva un premio o quantomeno venga difeso dalla sua organizzazione, ma non è così: i whistleblower sono spesso perseguitati, demansionati, mobbizzati o sanzionati e spesso vengono persino licenziati dalla loro organizzazione.
Con il termine inglese "Revolving Door" si identifica il passaggio di funzionari pubblici e politici dal settore pubblico a quello privato, ma anche l'ingresso nelle pubbliche amministrazioni di esperti e manager provenienti da aziende private. A prescindere dalla qualità dei soggetti che "transitano" per le Porte Girevoli, il passaggio di relazioni e interessi e la connessione che si stabilisce tra settore pubblico e settore privato non sono privi di rischi, perché possono generare situazioni di conflitto di interessi e azzardi morali.
Il conflitto di interessi esogeno, che emerge quando gli interessi della sfera privata di un Agente pubblico entrano in rotta di collisione con gli interessi primari del Sistema Pubblico, non è un fenomeno del tutto imprevedibile. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, i rischi di tale conflitto di interessi vengono sottovalutati dalle persone e dalle organizzazioni e gestiti quando ormai è troppo tardi. Se nel dilemma etico ritroviamo la più alta manifestazione del pensiero, nella corretta gestione del conflitto di interessi esogeno ritroviamo la più alta manifestazione dell'etica pubblica.
La gestione degli incarichi e delle nomine è stata inserita da ANAC tra le "aree di rischio generali". Tuttavia, questa esposizione al rischio è stata rilevata come se fosse un inevitabile dato di fatto, senza soffermarsi in alcun modo sui fattori abilitanti che la determinano. In questo articolo, intendiamo analizzare le dinamiche relazionali e i conflitti di interessi che stanno alla base delle dinamiche corruttive nei processi di cooptazione della classe dirigente. Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2021, nell'ambito dello Spazio Etico, viaggio nel mondo del conflitto di interessi
Il 10 febbraio 2022, la Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato "Le Istruzioni tecniche per la redazione dei sistemi di gestione e controllo delle amministrazioni centrali titolari di interventi del PNRR". La Circolare è un ottimo spunto per ragionare sul futuro della prevenzione della corruzione in Italia. Da una parte, per il PNRR. si tratta di costruire un sistema, l'antifrode, che deve necessariamente integrarsi con l'anticorruzione, ma anche con l'antiriciclaggio (di cui non si fa alcuna menzione nella Circolare). Dall'altra parte, il PIAO rappresenta per gli addetti ai lavori ancora un oggetto misterioso, un contenitore che ha bisogno di acquisire un'autonomia ed una sua visione, ma non può prescindere, anch'esso, da una piena integrazione con l'architettura di prevenzione della corruzione.
L'attuale approccio al conflitto di interessi ha un taglio eminentemente giuridico. In questo articolo, invece, proponiamo una analisi di tipo matematico, finalizzata a misurare l'intensità dei conflitti che si generano tra i numerosi interessi che entrano in gioco nei processi di rilevanza pubblica. Questo approccio consente di identificare particolari "polarizzazioni critiche" che minacciano l'imparzialità, ma promuovono al contempo interessi percepiti come rilevanti. Il nostro metodo può essere applicato alla stima del livello di rischio di corruzione e al trattamento del rischio
La necessità di “rilanciare” le politiche di prevenzione della corruzione in Italia andrebbe affrontata seriamente, avviando un dibattito pubblico sull’efficacia delle misure fin qui adottate. A nostro avviso, l’attuazione delle politiche di prevenzione della corruzione non è apparsa soddisfacente, a causa della combinazione di molteplici fattori tra loro interrelati, tra i quali:
1. L’efficacia delle politiche di prevenzione della corruzione si misura soprattutto con il livello di commitment politico. In questi nove anni abbiamo osservato un progressivo “disimpegno” della politica nazionale, con effetti distorsivi in merito alla responsabilità o titolarità delle politiche. Gli attori del sistema di prevenzione hanno percepito che la prevenzione della corruzione è una “questione degli uffici amministrativi”;
2. Il rischio di corruzione, è un fenomeno complesso e chiama in causa, in particolare, il ruolo e le dinamiche tra interessi che minacciano l’integrità dei decisori pubblici. In questi nove anni ci siamo occupati della corruzione amministrativa ma siamo ancora lontani dal comprendere il fenomeno corruttivo peculiare del contesto italiano e riferito ai diversi ambiti, politico, amministrativo, economico;
3. In generale le organizzazioni della società civile hanno avuto un ruolo marginale e sono state chiamate ad offrire contributi solo in sede di consultazione delle strategie nazionali e locali;
4. L’architettura della trasparenza in Italia, sebbene abbia costituito un notevole passo in avanti per il nostro Paese in termini legislativi, sembra aver disatteso molte delle promesse fatte.
Gli interessi orientano i comportamenti umani: le persone tendono ad adottare i comportamenti che promuovono interessi percepiti come intensi, perché sono strategie che soddisfano bisogni rilevanti. Una buona metodologia di identificazione del rischio di corruzione, quindi, deve in un certo senso prendere in considerazione il nesso che lega dimensione organizzativa e dimensione relazionale.
Con il termine inglese “Revolving Door” si identifica il passaggio di funzionari pubblici e politici dal settore pubblico a quello privato, ma anche l’ingresso nelle pubbliche amministrazioni di esperti e manager provenienti da aziende private. In questo articolo ci occupiamo di quello che è sempre stato un oggetto misterioso della normativa anticorruzione, ma che per noi rappresenta una sfida formidabile in termini di comprensione del fenomeno noto come “conflitto di interessi”, delle sue origini e della potenzialità di interferenza degli interessi privati in ambito pubblico
Il rischio di corruzione è inversamente proporzionale al livello di integrità, cioè diminuisce se l’integrità aumenta. Le qualità dell’organizzazione hanno una distribuzione “tridimensionale” e possono essere usate anche per definire le misure di prevenzione e valutare la loro efficacia.
“Cosa fa girare il mondo?” Chiedetelo a chi si occupa di prevenzione della corruzione: non vi risponderà “l’Amore”, ma …“Il conflitto di interessi”. Eppure, questo diabolico motore del mondo, così roboante e subdolo, viene gestito nelle amministrazioni pubbliche italiane come se fosse un arguto sofisma per burocrati, che induce a riempire gli scaffali di moduli e di dichiarazioni.
Si insinua nella nostra mente e ci fa immaginare scenari corruttivi, azzardi morali e fallimenti etici di ogni tipo: “Tutti gli interessi sono brutti e cattivi. Il funzionario ‘x’ ha un interesse personale nel procedimento … ergo, il funzionario ‘x’ è corrotto!” Spesso senza sapere cosa stanno firmando, spaventati funzionari, RUP, commissari di gara, DEC, adempiono al loro stanco rituale: “Dichiaro l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse, ai sensi della normativa vigente”. Per poi attendere il giorno del giudizio davanti ad un Tribunale Amministrativo.
Il conflitto di interessi, in quanto situazione che può essere percepita come una minaccia all’imparzialità e all’indipendenza di un agente pubblico, viene valutato sotto il profilo della legittimità di un procedimento o di un atto.
Solo recentemente, nell’aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione del 2019, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha inserito la gestione del conflitto di interessi tra le misure generali di prevenzione della corruzione, riconoscendo, tardivamente, che “la tutela anticipatoria di fenomeni corruttivi si realizza anche attraverso l’individuazione e la gestione del conflitto di interessi”.
Le relazioni sensibili sono l’eco-sistema in cui si generano le premesse del patto occulto della corruzione. Certamente questo eco-sistema è molto popolato e anche molto confuso. Nella loro sfera privata, infatti, le persone sono coinvolte in un alto numero di relazioni. In questo articolo, estratto di alcuni capitoli dell’ebook “Etica delle relazioni dell’Agente pubblico”, abbiamo sviluppato un metodo ad hoc, per rappresentare in modo esauriente le relazioni e le loro dinamiche.
L’apprendimento attraverso i dilemmi etici nella prevenzione della corruzione è paragonabile all’apprendimento della storia e della filosofia nella scuola. Conoscere le misure di contrasto alla corruzione non basta. Occorre comprendere come i meccanismi che sono alla base delle dinamiche corruttive, e, cioè, le vulnerabilità organizzative, la configurazione degli interessi ed i meccanismi di automanipolazione, influenzino l’agire degli Agenti pubblici in concreto.
I fondatori di Spazioetico (Massimo Di Rienzo & Andrea Ferrarini) utilizzano i dilemmi etici in formazione praticamente da quando la legge 190/2012 ha inserito la misura della formazione nell’architettura della prevenzione della corruzione, rendendola obbligatoria per le organizzazioni pubbliche.
In questo articolo presentiamo una rivisitazione e uno sviluppo della nota Teoria dell’Agenzia, finalizzata a rappresentare in maniera più appropriata le reti di relazioni che si instaurano nella sfera professionale pubblica e le asimmetrie tra i nodi di tali relazioni. La Teoria dell’Agenzia “Estesa”, che qui presentiamo, consente di includere in tali reti di relazione anche i destinatari dei servizi del sistema pubblico, nonché i soggetti collettivi (elettori, contribuenti, portatori di diritti) nel cui primario interesse il sistema pubblico deve essere orientato.
Da molte parti viene espressa una certa preoccupazione per l’assenza di tassatività delle situazioni che danno vita ad un obbligo di astensione. E’ nostra opinione che se si adottassero misure legislative o regolamentari tali da rendere “tassative” le situazioni di conflitto di interessi, avremmo certamente un beneficio immediato in termini di certezza del diritto, ma faremmo molti passi indietro in termini di cultura della gestione del rischio all’interno delle amministrazioni. Il conflitto di interessi, infatti, può essere valutato sia come vizio di legittimità di un procedimento, sia come fattore abilitante del rischio di corruzione e per questo indagato a livello dell’analisi e valutazione del rischio. In questo senso, l’articolo illustra due metodologie di valutazione delle situazioni di conflitto di interessi fondate sull’uso di “scenari” che integrano i due ambiti e rafforzano la cultura della gestione del rischio di corruzione nelle amministrazioni. Gli autori concludono raccomandando che la valutazione delle situazioni di conflitto di interessi deve diventare una competenza specifica del personale di una stazione appaltante, così come la gestione di tali situazioni deve essere in carico all’organizzazione.
Noi di Spazioetico abbiamo sempre considerato l'università italiana la scuola di formazione della corruzione. Se esiste un altissimo tasso di corruzione nel Paese è anche perché gli stili relazionali e di leadership si apprendono nei percorsi formativi vengono riproposti negli ambiti professionali, pubblici e privati.
Per questo l'università dovrebbe essere il centro della prevenzione della corruzione. Purtroppo ora non solo non è così, ma la tendenza a concepire l'anticorruzione come una sequenza di inutili adempimenti allontana sempre di più la speranza che anche negli atenei si possa cominciare seriamente a costruire una cultura della "ecologia delle relazioni".
Dal novembre del 2019 il Whistleblowing è un istituto riconosciuto a livello europeo. La Direttiva del 23 ottobre 2019 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione stabilisce con una certa chiarezza che il Whistleblowing è un diritto umano e che rappresenta una libertà fondamentale dell’individuo e del lavoratore.
L’articolo approfondisce una questione aperta in materia di Whistleblowing: la condotta di segnalazione rappresenta una delle modalità in cui si esercita la libertà di espressione, oppure si tratta di una condotta collaborativa “doverosa” finalizzata a ridurre l’asimmetria informativa “primaria”, pienamente iscritta nell’architettura di prevenzione della corruzione i cui attori sono tutti i dipendenti dell’organizzazione?
Molte amministrazioni, in questi mesi, stanno rivedendo la mappatura dei processi e la valutazione del rischio di corruzione alla base dei propri PTPCT.
Questo articolo, insieme al ciclo di webinar che stiamo tenendo per conto di ANCI Lombardia nell’ambito del progetto Retecomuni - competenze per la legalità, “Rafforzamento Competenze per Contrastare Riciclaggio e Corruzione nella P.A.”, vuole essere un contributo critico a questo percorso di revisione.
L’uso degli scenari nella valutazione dei conflitti di interessi si rivela un’arma molto utile per non cadere vittime della complessità di questo fenomeno. Complessità che ha subito innumerevoli tentativi di riduzione formalistica attraverso l’ingenuo tentativo di “tipizzare” ciò che non è tipizzabile, cioè l’incertezza riguardo ad un comportamento umano.
Proprio questa complessità ci spinge a ricercare approcci multidisciplinari (ahinoi proprio ciò che manca all’attuale anticorruzione italiana). Non possiamo certo cedere alla tentazione di vedere conflitti di interessi anche dove non ci sono, né, tantomeno, fare finta che i conflitti di interessi non esistano, dal momento che una buona prevenzione della corruzione passa proprio dalla capacità di valutare e gestire i conflitti di interessi.
Per questo abbiamo bisogno di strumenti di analisi raffinati ed efficaci, come gli scenari, così da fondare le nostre valutazioni e le decisioni che su di esse adottiamo su basi solide e su una buona dose di “buon senso”.
Il fenomeno dello Stato sotto sequestro, o State Capture, caratteristico dei Paesi in via di
sviluppo, potrebbe essersi manifestato anche in Italia, per l'esattezza nella ricca ed
efficiente Lombardia, almeno per quanto riguarda la gestione della Sanità regionale. Nell’articolo, gli autori illustrano le dinamiche che hanno portato al sequestro della sanità pubblica, attraverso l’analisi della dimensione relazionale e dei conflitti di interessi dei diversi attori in gioco.
Esiste una diffusa percezione che, una volta che l'emergenza coronavirus sarà rientrata, l'attuale architettura di obblighi e adempimenti che porta il nome di "prevenzione della corruzione" non sarà più sostenibile e sostenuta dalle amministrazioni che vivono l'anticorruzione come asfissiante e per molti versi ostacolante. È davvero l'occasione per un deciso cambio di approccio e di prospettiva. L'articolo propone una nuova modalità di gestione della valutazione del rischio di corruzione, un'attività centrale per la costruzione della strategia di prevenzione della corruzione nelle amministrazioni pubbliche e che viene espressamente richiesta dalla Legge n. 190/2012 e successivamente richiamata dal Piano Nazionale Anticorruzione (PNA) e dai suoi aggiornamenti. Il risk assessment non dovrebbe focalizzarsi più di tanto sui processi a rischio, ma esplorare la dimensione relazionale. In pratica, dobbiamo imparare a prevedere le possibili situazioni di conflitto di interessi e le reti di relazioni su cui corrono gli interessi che entrano in conflitto.
Dove sono i corrotti?
È una domanda che ogni persona impegnata nel prevenire i fenomeni corruttivi dovrebbe farsi prima o poi. “Dove sono i corrotti?” E’ anche la domanda da cui partiamo noi di Spazioetico nella nostra pubblicazione “L’etica delle relazioni dell’Agente pubblico”. Ma siamo piuttosto scettici riguardo al fatto che qualcun altro si ponga la stessa domanda.
Articolo apparso sulla rivista "IL QUOTIDIANO PER LA P.A." in collaborazione con AZIENDITALIA il giorno 7/07/2020
Un dialogo fittizio in cui Massimo Di Rienzo e Andrea Ferrarini, fondatori di SPAZIEOTICO, ragionano sulla necessità di una valutazione strategica del rischio, che non si concentri sui singoli processi, ma su "pattern" molto generali di "accomodamento" degli interessi, che possono essere applicati al contesto specifico delle amministrazioni.
In questo articolo SPAZIOETICO propone una nuova catalogazione dei "conflitti di interessi".
Conflitto di interessi "esogeno", "apparente", "endogeno" e "inerente".
I diversi conflitti di interessi possono essere descritti ognuno nella loro specificità, semplicemente assumendo il punto di vista dei diversi "ruoli" troviamo nel "Modello di Agenzia Estesa": principale delegante, principale delegato, agente e destinatario.
La necessità di costruire lo " spazio etico " dei cittadini del futuro è ormai una pratica consolidata a livello internazionale e si costruisce e si realizza attraverso la cosiddetta " formazione valoriale " (o " formazione all'etica, alla legalità, all'integrità "). Ma lo scopo di tali iniziative è anche di promuovere l'integrità dei decisori pubblici del futuro, politici, amministratori, tecnici che saranno chiamati a scegliere avendo come unico riferimento l'interesse pubblico. Nello spirito del principio di partecipazione ci viene richiesto di passare da una " educazione al rispetto delle regole " ad una " educazione al rispetto e alla comprensione delle regole ". I bambini/e cioè, devono poter partecipare in alcuni casi alla formazione delle regole che li riguardano, in altri almeno alla comprensione e alla condivisione di esse.
This article discusses the theoretical differences between civil religion, political religion and religion and their relationship based on the non-optional. While Emilio Gentile has provided a foundation to explore civil and political religions, he has not provided a definition for his understanding of what a religion is and the possible antithesis to religious organisation. In order to define the civil and political variants of religion accurately, a solid understanding of religion, its place in history and how it has changed needs to be addressed. This article explores a definition of religion that understands the civil and political variants by situating them within the non-optional element of religion. Crucial to the non-optional element is the idea of 'choice'. It is, therefore, the conclusion of this article that choice, the non-optional basis of religion, is the core difference between what is a civil religion, a political religion and a religion.
Andrea: Caro Massimo cos'è lo spazio etico? Noi ci chiamiamo Spazioetico e abbiamo studiato molti fenomeni: la corruzione, il conflitto di interessi, le politiche di trasparenza … Però lo spazio etico è rimasto sempre sullo sfondo. Come se fosse qualcosa di assodato e insondabile… Massimo: E' lo spazio dei comportamenti non esigibili per legge, come suggerito da Lord Moulton. In un articolo del 1924 (Law and Manner) John Fletcher Moulton immagina una terra di mezzo che si estende tra la legge e la libertà assoluta: è il dominio delle manners, cioè delle buone maniere, lo spazio del "fare ciò che dovresti fare, anche se non sei obbligato a farlo".
Sempre più spesso @spazioetico viene chiamato a realizzare percorsi formativi sulla prevenzione della corruzione nelle società e enti di diritto privato controllati e partecipati dalle P.A.. Ci viene espressamente richiesto di sviluppare scenari e casi (dilemmi etici, real-case scenario) che riguardano processi organizzativi e relazioni che si strutturano, si sviluppano e "tossificano" all'interno oppure "intorno" a queste complesse organizzazioni.
Abbiamo scritto questo articolo per suggerirvi alcune direttrici su cui sviluppare le attività previste dai PTPC e le future ricerche sui fenomeni corruttivi: le relazioni (interpersonali, di scambio e di delega), gli interessi (primari e secondari) e le interazioni (convergenze e conflitti) tra interessi. Non si tratta di argomenti nuovi, ma è nuovo il punto di vista da cui questi argomenti devono essere trattati.
Mappando i processi si assume il punto di vista dell'organizzazione: si presuppone che le persone siano oneste, ma che i processi in cui le persone sono coinvolte siano vulnerabili alla corruzione. Questo punto di vista organizzativo, questo approfondire la vulnerabilità dei processi è il nocciolo del fondamentale cambio di rotta proposto da ANAC nel 2015. Ecco, nel 2019 noi auspichiamo che si realizzi un secondo cambio di rotta: che si ritorni a parlare delle persone. Delle persone che spesso vivono in modo tossico le proprie relazioni, oppure non sanno gestire correttamente le interazioni tra interessi primari e interessi secondari. Delle persone fragili, che innescano la corruzione.
Si tratta di un cambio di rotta ancora tutto da realizzare.
In questo articolo ci occupiamo di uno dei meccanismi più ambigui attraverso cui si manifesta il fenomeno corruttivo e si instaurano i conflitti di interessi tra individui e tra individui e organizzazioni: il DONO. Quando ci siamo trovati ad approfondire, qualche anno fa, l'articolo 4 del codice di comportamento dei dipendenti pubblici (divieto di accettazione di regali o altre utilità) abbiamo avuto l'impressione di trovarci di fronte, in qualche modo, alla storia dell'umanità. Vi sembra di esagerare? Allora seguiteci e vedrete che non ve ne pentirete!
Una recente decisione del T.A.R. pone diversi interrogativi dal momento che scandaglia la cosiddetta "dimensione soggettiva" del segnalante. Terreno assai minato, a dire il vero, perché coinvolge la dimensione culturale ed etica di colui o colei che supera un dilemma a volte assai pesante ed assume la decisione di rivelare fatti e circostanze illecite.
L' anticorruzione, così come viene pensata oggi in Italia, non funziona molto bene. Il disegno di legge elaborato dal Governo potrebbe rendere più efficace il contrasto alla corruzione spicciola e amministrativa. Ma sarebbe necessario rendere più incisive ed efficaci le strategie di prevenzione. Passando dalla teoria alla pratica, presentiamo in questo articolo due strumenti che possono essere utilizzati dai RPCT (Responsabile della prevenzione della corruzione) e che, a nostro parere, possono migliorare la capacità delle pubbliche amministrazioni di prevenire la corruzione ed identificare i comportamenti a rischio:
1. Le indagini interne (internal audit),
2. lo STRESS TEST.
Gli audit interni sono uno strumento già adottato da molte amministrazioni. Lo STRESS TEST, invece, è un nuovo strumento su cui @spazioetico sta lavorando da tempo. Lo STRESS TEST è una metodologia di intervento che va molto di moda in ambito bancario e serve per determinare se le organizzazioni bancarie abbiano capitale sufficiente a reggere l'impatto di un ambiente economico più difficile rispetto a quanto previsto. Solo che noi lo proponiamo per testare la tenuta dei processi organizzativi sottoposti a eventuali "attacchi corruttivi".
La QUESTIONE, da cui si dovrebbe SEMPRE partire è: le politiche di prevenzione e contrasto alla corruzione funzionano? Se ci limitiamo a consultare i dati e le informazioni disponibili a livello internazionale la risposta sembra essere piuttosto chiara: NO. Seconda domanda. Perché non funzionano? La risposta sembra risiedere nel fatto che le politiche si basano su teorie che spiegano solo parzialmente il fenomeno corruttivo. Esse, infatti, sono state costruite, a volte inconsapevolmente come in Italia, esclusivamente sulla base della teoria Principale-Agente.
La promozione di sempre maggiori standard di legalità nelle organizzazioni pubbliche e private non sembra arrestare il verificarsi di scandali di corruzione e di situazioni di ampia e diffusa illegalità. E' un problema di falsa percezione o ci sono delle ragioni più profonde? Ad esempio, quanto conta la formazione? E quanto conta come si fa formazione in questo settore? Quando si tratta di promuovere l'integrità attraverso la formazione, le organizzazioni pubbliche e private fronteggiano lo stesso dilemma: privilegiare la diffusione tra i dipendenti delle procedure adottate in risposta ai rischi e delle norme che si applicano ad un determinato ambito, oppure promuovere l'autonomia decisionale e la capacità dei dipendenti di categorizzare correttamente un evento? La formazione alla conformità (o "compliance aziendale") in ambito privato e la cosiddetta "formazione specialistica" in ambito pubblico si concentrano su quello che un dipendente non dovrebbe fare. L'ethics training in ambito privato o la "formazione valoriale" in ambito pubblico, invece, si concentrano su quello che i dipendenti dovrebbero fare in termini di corretta identificazione di un evento critico e di gestione dell'evento stesso. Anche a causa della difficoltà di reperire specialisti che possedessero uno spettro di competenze tali da assorbire entrambi i campi. In realtà molti osservatori ritengono che una combinazione dei due approcci sia la soluzione migliore, se si pensa che le attuali piattaforme tecnologiche per la formazione consentono di svolgere la formazione alla conformità aziendale a distanza, mentre la formazione valoriale garantisce i risultati migliori se fatta in presenza.
Che cosa è l'imparzialità? A volte la percepiamo come un "meccanismo di funzionamento" delle organizzazioni, specialmente quelle pubbliche. In questo senso l'imparzialità è una "regola", nel senso etimologico della parola "regola" che veniva utilizzato dagli antichi romani. Si trattava di un'assicella di legno diritta, che serviva a tirare le linee. Quindi l'imparzialità sembra essere un "sistema regolatore" del funzionamento del settore pubblico. A questo fa riferimento esplicito la Costituzione italiana quando afferma: "I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione" (articolo 97). A volte, però, si manifesta come un "valore", un principio di riferimento dell'etica pubblica. Nei Codici etici e di condotta il principio di imparzialità viene inserito nei primi articoli, dove si enunciano, appunto, principi e valori di riferimento. A volte l'imparzialità sembra essere una "qualità" dell'agente o del decisore pubblico. Questa interpretazione sembra la più fallace, dal momento che l'imparzialità è una qualità dell'organizzazione (come ben espresso in Costituzione quando si parla degli "uffici pubblici") e delle decisioni che essa esprime, mentre una qualità dell'agente necessaria affinché l'azione amministrativa sia "imparziale" potrebbe essere l'indipendenza e la terzietà di giudizio. L'imparzialità sembra essere anche un "interesse". Studiando il conflitto di interessi in ambito pubblico ci siamo accorti che tra gli interessi che devono essere promossi dall'agente pubblico l'imparzialità rappresenta un interesse primario espresso dal "principale" pubblica amministrazione/governo. Anche se a me sembra, a dire il vero, che non sia corretto dire che esiste un interesse primario all'imparzialità. L'imparzialità rappresenta il meccanismo che permette di salvaguardare alcuni interessi primari, tra cui, ad esempio, la preservazione delle corrette condizioni di concorrenzialità di un mercato (locale, nazionale, internazionale). Comunque la si voglia vedere, in maniera simile ai quanti di energia, l'imparzialità assume diversi stati a seconda di come viene osservata.
Come è noto esiste un assai controverso rapporto tra liste di attesa in ambito sanitario e libera professione intramuraria (ALPI). E' un tema arcinoto e sembra sempre che tutti cadano dal fatidico pero quando succede che, al fine di trarre personale o altrui vantaggio, qualche medico compia un azzardo morale. Ma anche in assenza di reati penali spesso si è testimoni (anche diretti) di comportamenti che nulla hanno a che fare con l'etica pubblica. C'è anche da dire che si sono fatti passi in avanti e che esistono sistemi più o meno funzionanti (al netto della propaganda politica) che permettono di tenere sotto un certo controllo questa "relazione pericolosa". Ma per escogitare le soluzioni andrebbero conosciuti in profondità tutti i meccanismi che facilitano comportamenti devianti e che spesso con una certa superficialità vengono liquidati con la predisposizione alla disonestà dei protagonisti. Alcuni commentatori consolidano una personale avversione verso la prevenzione della corruzione basando le proprie argomentazioni sul fatto che essa non sarebbe, allo stato attuale, in grado di contrastare tali fenomeni. Con un po' di oggettività il nostro punto di vista è, invece, che la prevenzione della corruzione non è in grado di arginare questi fenomeni se rimane ad un livello meramente formalistico e se le organizzazioni pubbliche non si assumono la responsabilità di analizzare adeguatamente e di gestire altrettanto seriamente le anomalie che emergono.